SI VOTA: MARINI DOVREBBE AVERE SULLA CARTA 790 VOTI, BEN 118 IN PIU’ DEL NECESSARIO, MA TUTTO E’ POSSIBILE
CON 436 PD, 232 PDL, 39 LEGA, 71 MONTIANI E 12 SPARSI, L’EX SINDACALISTA DOVREBBE RAGGIUNGERE I DUE TERZI DI VOTI NECESSARI… MA IERI BEN 111 PARLAMENTARI DEL CENTROSINISTRA NON ERANO D’ACCORDO, TRA CUI RENZIANI, SEL, SERRACCHIANI, MADIA, TABACCI, VERINI, MARINO E CROCETTA… I BADANTI PADAGNI E “SCELTA CINICA” VANNO SUBITO A SOSTEGNO DELL’INCIUCIO
È l’ora delle verità .
Le Camere sono riunite per votare il nuovo Presidente della Repubblica.
Dopo l’accordo tra Bersani, Berlusconi e Monti potrebbe quindi essere il giorno di Franco Marini al Quirinale. Ma pesa l’incognita franchi tiratori.
Il Pd è spaccato con Renzi che ha fatto sapere che non voterà per l’ex leader della Cisl. Anche Vendola e i suoi si sfilano: voteranno Rodotà , il candidato indicato dai 5 Stelle dopo le rinunce di Gabanelli e Gino Strada.
Da parte sua Marini, intervistato questa mattina fuori dalla sua abitazione, ha spiegato che «è una battaglia dura». «Spero si possa fare bene. Oggi – ha aggiunto l’ex leader Cisl – De Mita mi ha fatto una telefonata, mi ha fatto molto piacere. L’augurio è che il mio partito possa ritrovare una forte unità . Scissione? Ma quale scissione».
«Sono in corsa e me la gioco fino in fondo», ha confidato Marini agli amici abruzzesi (politici e non) sentiti al telefono nelle ultime ore.
IL PD SPACCATO
Alle 10 alla Camera è iniziato il primo scrutinio. Sarà decisivo? Chissà .
Non è detto infatti che il tentativo di eleggere Marini riesca. L’asticella è piazzata a quota 672 voti, e sul “lupo Dc” c’è già la fiera opposizione di Renzi, ribadita ieri sera con un piglio da capo-partito: «I nostri parlamentari», proprio così ha detto, «non lo voteranno, ve lo immaginate Marini al telefono con Obama? È un dispetto al Paese».
Specie tra le fila dei democratici ci si attende una folla di «franchi tiratori», qualcuno anche nel Pdl e tra i montiani.
Il conto è presto fatto. Il no della truppa di Matteo Renzi vale 51 voti, quello di Nichi Vendola altri 47.
«La spaccatura è determinata dalla candidatura di Franco Marini, uno nome rispettabile, tuttavia non è la personalità adeguata a interpretare il passaggio drammatico che abbiamo di fronte», ha spiegato il leader di Sel.
La relativa sorpresa di giornata è la Lega, che ha annunciato che alla prima votazione sceglierà Marini: sono altre 39 schede.
Sulla carta l’ex presidente del Senato dovrebbe invece contare su 790 voti: 436 del Pd, 232 di Pdl, 39 della Lega e 71 dei montiani, altri 12 sparsi del centrosinistra. Silvio Berlusconi è giunto a Montecitorio in ritardo saltando così le prime due chiamate per poi votare alla terza.
REBUS NUMERI
Che cosa accadrà in Aula non è così semplice da prevedere.
La lista di chi non scriverà «Franco Marini» nella scheda per il Quirinale è lunga.
Abbastanza lunga per dire che il quorum nelle prime tre votazioni, quelle che richiedono la maggioranza dei due terzi dei grandi elettori, non è per nulla sicuro.
Oggi Marini ha bisogno di almeno 672 voti su 1007.
Sulla carta fra deputati, senatori e rappresentanti degli enti locali – dovrebbe superare quota 700.
Ma il condizionale è d’obbligo, perchè orientarsi nel ginepraio dei distinguo, dei non detti, dei se e dei forse non è semplice.
Basti dire che l’assemblea serale del Pd si è chiusa con 222 sì, 90 no e 21 astensioni, e che al momento della conta mancavano 102 grandi elettori.
Hanno annunciato voto contrario i prodiani (almeno tre fra Camera e Senato), i veltroniani (una decina), i parlamentari vicini a Civati, un pezzo dei «giovani turchi».
Non voteranno per Marini Deborah Serracchiani e Marianna Madia, Bruno Tabacci, Walter Tocci e Walter Verini, il candidato sindaco di Roma Ignazio Marino.
Non voterà per l’ex leader della Cisl nemmeno il presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta.
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