SOCIAL STRIKE: IN PIAZZA CHI NON HA DIRITTO DI SCIOPERO
E NASCONO I LABORATORI A TUTELA DEI PRECARI
Marta si è data malata. Giovanni si è inventato il matrimonio di un cugino. Marta e Giovanni sono giovani precari.
Ma oggi lei non era ammalata e lui non era a festeggiare le nozze di un parente. Erano in piazza a Roma al corteo per lo sciopero sociale organizzato da reti di precari come loro, sindacati di base, studenti e centri sociali.
Al lavoro hanno dovuto dire una piccola bugia: perchè da precari lo sciopero non se lo possono permettere, pena il licenziamento.
Questo 14 novembre, che viaggia sui social sull’hashtag ‘#14n’ e scorre in tantissime città italiane con mobilitazioni, presidi e cortei, è fatto di inevitabili contraddizioni.
E’ il lancio di un “social strike” – come lo chiamano gli organizzatori “strikers” – per chi non gode nemmeno del diritto di sciopero: precari e partite Iva vere e false, contratti a termine e a progetto, collaboratori a vita, interinali, migranti ecc. P
er quelli che “non verranno certo aiutati dal Jobs Act di Renzi che abolisce solo una forma di lavoro precario, il co.co.pro: ce ne sono altre 40…”, ti dicono in piazza.
“Strike” come sciopero, certo, ma anche come ‘colpire’, in inglese.
La giornata di oggi è il frutto del lavoro di diverse reti di precari e studentesche per ‘colpire’, scuotere un sistema economico, politico e anche sindacale che non li garantisce e non li rappresenta.
Non è lo sciopero di un sindacato, nonostante il proficuo dialogo di queste reti precarie con Maurizio Landini della Fiom, che non a caso proprio oggi ha celebrato la prima giornata di sciopero di categoria con una manifestazione a Milano.
Il 14 novembre non è la giornata di sciopero di un segmento di lavoratori, ma è lo sciopero delle molteplici figure del lavoro contemporaneo. O almeno è questo il tentativo degli ‘strikers’.
Un tentativo, lo dicono anche loro, l’inizio di un percorso che finora ha dato vita a una ventina di laboratori locali nelle città , nuclei che vorrebbero organizzare la variegata rappresentanza precaria, oltre le attuali forme sindacali, lontani anni luce anche dalla Cgil di Susanna Camusso e il suo sciopero generale del 5 dicembre: “Non ci rappresenta”, ti dicono in piazza.
Alla vigilia delle mobilitazioni, gli ‘strikers’ romani volantinano a sera a San Lorenzo, quartiere studentesco e della movida notturna.
Distribuiscono volantini sulla manifestazione, denunciano il Jobs Act del governo Renzi e anche il programma europeo di ‘Garanzia giovani’ come una “scatola vuota”. “L’Italia — c’è scritto — mette a disposizione 1,5 miliardi di euro in tre anni, distribuiti dal Youth European Initiative, il Fondo sociale europeo, e il cofinanziamento nazionale. Il programma è partito il primo maggio 2014. Al 9 ottobre si sono registrati a Garanzia Giovani 236.969 giovani, la maggior parte dei quali ancora in attesa del primo colloquio di informazione e orientamento. Solo il 25 per cento è stato preso in carico dai centri per l’impiego…”.
Soprattutto, alla vigilia delle mobilitazioni, gli ‘strikers’ non sanno fare una stima della partecipazione ai cortei. “Può essere duemila persone come diecimila…”. Cautamente vaghi. Difficile fare previsioni quando chi dovrebbe seguirti non può anche quando vuole.
Non tutti osano come Marta e Giovanni, non tutti si possono permettere di mentire al datore di lavoro. Anche molti organizzatori dello strike, ti raccontano al corteo, non hanno potuto fare gli strikers oggi. Perchè precari e per questo ‘legati’ al posto di lavoro.
Un paradosso che rende complicatissimo tutto il percorso dello sciopero sociale, laboratori locali compresi.
Eppure, alla fine, il bilancio degli organizzatori supera le aspettative. La giornata è lunga.
A Roma inizia alle 7 con un blitz alla sede dell’Acea. Gli strikers si presentano con una gigantografia di Super Mario, l’idraulico immaginario dei videogiochi, per protestare contro i distacchi delle forniture di acqua e luce operati da Acea su chi non paga le bollette: “Almeno 300 al giorno e senza preavviso”, denunciano.
Poi c’è il corteo da piazza della Repubblica all’Esquilino, un po’ di petardi e lancio di uova davanti al ministero dell’Economia e all’ambasciata tedesca. Traffico in tilt nella capitale e nelle altre città .
Solo nella alluvionata Genova ci sono ben cinque cortei. A parte i momenti di tensione con le forze dell’ordine a Milano e Padova, tutte le mobilitazioni sono state organizzate per sfilare pacificamente: “Per non rovinare il percorso appena avviato”, spiegano gli strikers.
Il lavoro per organizzare la rappresentanza del lavoro liquido e invisibile, a tempo e non garantito, è appena nato.
Gli strikers contano molto sul dialogo con Landini, il segretario della Fiom che, ti spiegano, “pure si pone il problema di riorganizzare collettivamente la rappresentanza sindacale”.
Solo due giorni fa, Landini era all’assemblea di studenti e precari alla Sapienza a Roma.
Dopo il 14 novembre ci saranno altre date di mobilitazione, a ridosso del voto parlamentare sul Jobs Act che “non risolve il problema del precariato, anzi…”, ripetono in piazza.
Il futuro è incerto: nel lavoro come nel diritto di sciopero.
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