SPARATI E MAZZIATI, LA LIBIA CI MITRAGLIA CON LE MOTOVEDETTE REGALATE DALL’ITALIA: ERA UBARI 660, UNA DI QUELLE REGALATE DA MINNITI AI LIBICI
ABBIAMO CEDUTO META’ MEDITERRANEO CENTRALE PERMETTENDO ALLA LIBIA DI SPOSTARE DI FATTO A 75 MIGLIA LE PROPRIE ACQUE TERRITORIALI QUANDO IN TUTTO IL MONDO IL LIMITE E’ DI 12 MIGLIA
Alla faccia del Paese amico! Hanno sparato per uccidere. Ci sparano e noi li finanziamo. E gli regaliamo pure le motovedette da dove ci bersagliano.
Incredibile ma vero. Come vere, ma non incredibili visto chi le pronuncia, sono le parole del ministro degli Esteri Luigi Di Maio: “Al di là degli sconfinamenti dei nostri pescherecci, è inaccettabile che la guardia costiera libica spari segnali di avvertimento ad altezza uomo”.
Così il titolare della Farnesina, commentando a L’Aria che tira su La 7 l’incidente che ha visto coinvolti l’altro ieri alcuni pescherecci italiani e una motovedetta libica. “Adesso dobbiamo dirci la verità, quelle acque dove vanno questi pescherecci sono acque pericolose e sono proibite da noi da 10 anni”, ha aggiunto Di Maio, sottolineando che “dall’altra parte del mare c’è un Paese che è ancora in un processo di pace”. “Ringrazio la Marina militare, lo Stato Maggiore della Difesa ed il ministro Guerini, con il quale ieri (giovedì, ndr) sono stato al telefono tutto il pomeriggio per capire le condizioni del comandante”, ha tenuto a precisare Di Maio, aggiungendo che “se c’è una minaccia alle nostre imbarcazioni parte l’elicottero della Marina però questo non vuol dire che si può andare a pescare lì”.
Siamo al più ridicolo cerchiobottismo: hanno fatto male a sparare, e ci mancherebbe altro, ma “questo non vuol dire che si può andare a pescare lì”. In altri termini: ve la siete voluta.
Sparati e mazziati
“Sono vivo”. Sono state queste le prime parole di Giuseppe Giacalone, comandante del peschereccio ‘Aliseo’, al suo arrivo al porto di Mazara del Vallo. Visibilmente scosso e con una fasciatura bianca sulla testa, dove è stato colpito da alcune schegge del finestrino della sua barca dopo l’attacco della Guardia costiera libica, ha incontrato il vescovo Domenico Mogavero e poi abbracciato i suoi familiari. Subito dopo il comandante ha lasciato il porto senza incontrare i giornalisti.
Ieri il figlio Alessandro, che ha parlato con il padre via radio, ha raccontato che i pescatori sul peschereccio “sono stati inseguiti per due ore” e che “alla motovedetta sparavano ad altezza d’uomo”. Appena sceso dall’imbarcazione un lungo abbraccio con i suoi familiari. “Il comandante Giacalone è molto giù di morale, d’altro canto è stato sfiorato da un proiettile e psicologicamente la situazione è grave. E’ una vicenda che sta lasciando il segno, speriamo che si riprendano al più presto e che abbiano il coraggio di tornare in mare”, ha detto monsignor Domenico Mogavero.
Oltre ogni limite
La nave della cosiddetta Guardia costiera libica che giovedì ha sparato al largo della Libia contro i due pescherecci italiani Artemide e Aliseo, ferendo il comandante di quest’ultimo, era stata donata dall’Italia alla Libia.
La donazione era avvenuta nel 2018 nell’ambito di un piano di aiuti e legittimazione politica in favore delle milizie che facevano riferimento all’allora governo libico di Fayez al-Serraj, affinché intercettassero le navi dei migranti che partivano dalle coste libiche per raggiungere l’Italia.
Come si vede dalle foto dell’incidente pubblicate dalla Marina militare italiana, la nave della Guardia costiera libica mostra il numero 660 dipinto sulla fiancata. Il numero rende possibile identificarla come la “Ubari-660”, una delle due navi donate del 2018 dal governo guidato da Paolo Gentiloni, il cui ministro dell’Interno era Marco Minniti. L’accordo fra il governo di Gentiloni e le milizie legate a Serraj, appoggiato anche dall’Unione Europea, è da allora molto criticato, dato che la Guardia costiera libica è composta da milizie armate che compiono sistematiche violazioni dei diritti umani nei confronti dei migranti.
Le persone intercettate in acque libiche sono inoltre riportate in Libia in centri di detenzione gestiti da trafficanti di essere umani, a volte in combutta con le stesse milizie. Decine di inchieste giornalistiche e delle organizzazioni internazionali hanno dimostrato che nei centri di detenzione i migranti vengono sistematicamente torturati, picchiati, stuprati, schiavizzati e ridotti alla fame. Non sono disponibili dati certi su quante persone vengano respinte ogni mese dalla cosiddetta Guardia Costiera libica, ma si pensa siano diverse centinaia.
L’accordo prevedeva la consegna di dieci ex navi della Guardia costiera italiana, consegnate solo nel 2019, e di due ex motovedette classe Corrubia dismesse dalla Guardia di Finanza italiana. Una di queste ultime due era la “660-Ubari”, arrivata a Tripoli nel novembre del 2018, e l’altra era la “Fezzan-658”, entrambe utilizzate in questi tre anni per pattugliare la zona SAR (e quindi per facilitare le operazioni per riportare i migranti in Libia).
La nave “660-Ubari” era finita di recente al centro di un altro caso dopo che nell’ottobre del 2020 il ministero della Difesa della Turchia aveva diffuso su Twitter alcune immagini della nave utilizzata da personale turco nel corso di un addestramento della Guardia costiera libica: nel corso del 2020 la Turchia aveva infatti intensificato la sua presenza in Libia a sostegno dell’allora primo ministro al -Serraj e secondo diverse fonti anche assunto il controllo delle acque libiche.
I pescherecci italiani Aliseo e Artemide colpiti dai colpi esplosi dalla nave “660-Ubari’ erano partiti da Mazara del Vallo, in Sicilia, e al momento dell’incidente stavano navigando circa 30 miglia al largo delle acque di Misurata, nella parte occidentale della Libia. Un portavoce della Marina libica, Masoud Ibrahim Abdelsamad, ha detto all’Ansa che nelle acque territoriali libiche stavano navigando «quattro o cinque pescherecci senza alcun permesso da parte del governo libico», aggiungendo che erano stati esplosi solo colpi di avvertimento in aria. Il comandante dell’Aliseo, Giuseppe Giacalone, ha smentito questa ricostruzione, spiegando che gli spari erano rivolti verso i pescherecci.
(da Globalist)
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