SPEZZARE LE CATENE DEL LAVORO POVERO
LA POVERTA’ NONOSTANZE IL LAVORO HA MOLTE CAUSE
La povertà nonostante il lavoro è un fenomeno drammatico e dalle molte cause. Lo ha ben documentato la relazione del Gruppo di lavoro sulle misure di contrasto alla povertà lavorativa, resa nota nella primavera del 2021, che parla di una “catena” di meccanismi e processi che portano, appunto, alla povertà lavorativa.
Ne fanno parte salari insufficienti, ma anche tempi di lavoro ridotti, la composizione della famiglia, in particolare il rapporto tra numero dei componenti e numero dei percettori di reddito, l’azione redistributiva dello Stato (assegni per i figli, detrazioni e deduzioni fiscali, disponibilità di congedi genitoriali e livello della loro remunerazione), la disponibilità di servizi che consentano la conciliazione tra responsabilità familiari e occupazione e l’azione redistributiva dello Stato.
A livello individuale, quindi, vi è certo un problema di troppo bassi salari orari, che non consentono di arrivare a guadagnare un reddito decente neppure lavorando a tempo pieno.
Accade in alcuni settori dei servizi, come è emerso anche di recente a seguito di condanne del tribunale o di proteste di lavoratori “in subappalto” della grande distribuzione. Ma vi è anche un problema di part time involontario, molto aumentato negli ultimi anni, sia tra le donne sia tra gli uomini.
Il rischio di basse retribuzioni è, infatti, particolarmente elevato per i lavoratori occupati solo pochi mesi all’anno, per i lavoratori a tempo parziale e per gli autonomi.
A livello familiare, a questi fattori di rischio si aggiunge quello dello squilibrio tra numero dei percettori di reddito e numero di coloro che da quel reddito dipendono, un rischio particolarmente elevato nelle famiglie dove ci sono più figli minorenni e gli adulti sono a bassa istruzione, tanto più se vivono nel Mezzogiorno, dove non solo la domanda di lavoro è scarsa, ma scarsi sono anche i servizi che favoriscono la conciliazione tra responsabilità familiari e lavorative. Di conseguenza il tasso di occupazione femminile è molto basso.
A fronte di questa catena di cause, la garanzia di un salario minimo adeguato, accompagnato da maggiori controlli sul suo rispetto e da un coinvolgimento di associazioni datoriali, sindacati, lavoratori nel monitorare ciò che succede, appare sicuramente indispensabile, anche se toccherebbe solo un anello della “catena”.
Si può discutere il “quanto” e che cosa deve comprendere, essendo consapevoli che si tratta non solo di garantire l’operatività alle aziende, ma anche di stabilire quale è la soglia di remunerazione del lavoro al di sotto della quale un paese civile e democratico non può scendere.
A questo proposito si parla spesso di produttività. Certo è una questione importante. Ma ci sono lavori a bassa produttività pure importantissimi per il buon funzionamento della vita quotidiana: dal lavoro di cura e domestico ai lavori di pulizia e manutenzione degli spazi pubblici, ad esempio. In Germania la prima forma di salario minimo fu introdotta per le operatrici/operatori socio-sanitari in quelle che corrispondono alle nostre Rsa
Per toccare gli altri anelli della catena occorrono altre misure, tra loro coordinate. Sicuramente occorre intervenire sugli ammortizzatori sociali, per arrivare a una forma di assicurazione dalla disoccupazione, o dal part time involontario, di tipo universale. Ancora più ambiziosamente, si potrebbe iniziare a ragionare sull’idea dell’economista tedesco Guenther Schmid di una sorta di assicurazione del corso della vita, che consenta di affrontare non solo le transizioni “negative” (perdita del lavoro, part time involontario), ma anche quelle positive: l’arrivo di un figlio, il ritorno in formazione.
Occorre anche lavorare a stretto contatto con le imprese per costruire percorsi di formazione e aggiornamento lungo tutto il corso della vita, tanto più necessarie oggi in un contesto di rapide e radicali trasformazione del mercato del lavoro, con particolare attenzione per lavoratori e lavoratrici a bassa qualifica che oggi sono per lo più esclusi dalle, poche, occasioni di formazione e aggiornamento offerte dalle aziende. E, naturalmente, occorre rafforzare le politiche di conciliazione famiglia-lavoro per sostenere l’occupazione femminile. Anche queste sono tutte cose necessarie su cui occorre un confronto che possibilmente non parta da zero. Senza tuttavia usarle come scusa per non fare nulla, a partire dall’anello più semplice: un salario orario decente.
(da la Stampa)
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