STORIA DI “SCATENO”, IL GOLDEN BOY DI PROVINCIA CANDIDATO A TUTTO
DE LUCA VOLEVA FARE IL SINDACO DI MESSINA MA ANCHE QUELLO DI TAORMINA… UNA VOLTA SI SPOGLIO’ A PALAZZO DEI NORMANNI
Era candidato a tutto, Cateno De Luca: all’Assemblea regionale, a sindaco di Messina ma anche di Taormina.
Dopo essere stato primo cittadino di Fiumedinisi, il suo paese, e della vicina Santa Teresa Riva.
Un’ubiquità politica che rientra perfettamente nei contorni di un personaggio eclettico e bizzarro, un golden boy di provincia in politica dall’età di 15 anni, protagonista di una carriera borderline, sempre a cavallo fra inchieste giudiziarie e iniziative a dir poco originali.
Candidato a tutto, sì. All’Ars entrò nel 2008, nelle truppe autonomiste di Raffaele Lombardo. Si mise subito in mostra.
Nel senso che si svestì pubblicamente nelle stanze del Parlamento, davanti ai commessi sbigottiti, e rimase nudo, avvolto solo nella bandiera della Trinacria e con la Bibbia in mano, per protestare contro l’esclusione dalla commissione Bilancio.
Con Lombardo, De Luca ha avuto sempre un rapporto conflittuale. Troppo ambizioso, questo Masaniello dell’entroterra messinese, per restare imprigionato nel recinto dell’Mpa. Prima della fine della scorsa legislatura, nel 2012, decise di correre da solo addirittura per il ruolo di governatore, alla guida del suo movimento – Sicilia Vera – fondato qualche anno prima.
La campagna elettorale si aprì con una convention in grande stile al teatro Politeama, roba da fare invidia alle kermesse di Berlusconi, e i muri delle città siciliane furono tappezzati dei suoi 3×6 con slogan reboanti: “Io rivoluziono la Sicilia. Scateno de Luca”, il più memorabile.
Non centrò l’elezione a Palazzo d’Orleans, naturalmente, anche perchè già azzoppato da un’inchiesta (e un arresto nel 2011) sul presunto sacco edilizio di Fiumedinisi. Prese l’1,2 per cento. Non si arrese.
Negli ultimi cinque anni ha fatto il sindaco di Santa Teresa Riva, forte sempre di un consenso che gli deriva anche dalla gestione di un’associazione, la Fenapi, che ora torna nella nuova inchiesta che gli irrobustisce la fama di “impresentabile”.
Da tempo con il suo avvocato, Carlo Taormina, battagliava per lo spostamento della sede – da Messina a Reggio Calabria – del suo processo per gli abusi edilizi di Fiumedinisi: su De Luca pende una richiesta di condanna a 5 anni.
Ma oltre a difendersi nelle aule giudiziarie, il pirotecnico leader di Sicilia Vera è nel frattempo andato all’assalto di Ars e Comuni.
Ha promesso di “prendere a calci nel culo i poltroni e i malati di professione” del municipio messinese, ma il primo passo della sua rentrèe in pompa magna nell’agone elettorale l’ha fatto candidandosi nelle liste dell’Udc per l’Ars e conquistando il seggio con più di cinquemila voti.
Solo ieri aveva scritto ai suoi elettori chiedendo scusa per il fatto di non poter ringraziarli a uno a uno: domani, spiega su Facebook, “c’è l’ultima udienza del mio calvario giudiziario che dura da 11 anni”.
Non aveva messo in conto, “Scateno”, l’ultimo imprevisto.
(da “La Repubblica”)
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