STRAGE DI USTICA, HOLLANDE LEVA IL SEGRETO DI STATO: “QUELLA NOTTE I CACCIA ERANO IN VOLO”
SVOLTA FRANCESE, INTERROGATI 14 EX SOLDATI, PRIME AMMISSIONI
La Francia ha deciso a sorpresa di collaborare all’inchiesta sulla strage di Ustica.
E alcuni ex militari dell’Armèe de l’air hanno ammesso per la prima volta davanti ai magistrati italiani che il 27 giugno 1980 i caccia della base di Solenzara in Corsica, sospettati di essere direttamente coinvolti nell’abbattimento del DC9 Itavia, volarono fino a tarda sera.
Viene così smentita la versione che Parigi ha accreditato per 34 anni, secondo cui la base chiuse alle 17.
Cioè, quattro ore prima che l’aereo civile italiano con 81 persone a bordo esplodesse nel cielo di Ustica.
La svolta è clamorosa, anche se non ancora decisiva. E non può essere stata presa senza un’autorizzazione politica al più alto livello, forse dello stesso presidente Hollande.
Le prime ammissioni sbugiardano infatti la posizione ufficiale tenuta per tutti questi anni nei confronti dei governi italiani, alle cui richieste Parigi aveva sempre risposto con una certa irritazione.
Ma ora qualcosa starebbe cambiando perchè, a quanto risulta, questa improvvisa e inaspettata disponibilità sarebbe frutto di una più ampia volontà di alzare il velo sul ruolo svolto dalle forze armate francesi in una delle stagioni più calde del Mediterraneo.
Sono quattordici gli ex militari della base di Solenzara che sono stati ascoltati in Francia dal procuratore aggiunto della Repubblica di Roma Maria Monteleone e dal sostituto Erminio Amelio. E si tratta solo di un primo round.
I magistrati francesi hanno concesso ai colleghi italiani una seconda tornata di interrogatori e si sono impegnati a fornire tutta la documentazione in possesso della Difesa sui movimenti delle unità aeree e navali nel Tirreno, finora negata o consegnata parzialmente.
Le richieste di rogatoria trasmesse a Parigi hanno avuto un iter lungo e complesso. Inizialmente le autorità francesi avevano sostenuto di non essere in grado di rintracciare gli ex militari della base di Solenzara, identificati per nome e cognome. Risposta risibile, che confermava la linea di chiusura che per 34 anni aveva segnato lo stallo nella richiesta alla Francia di collaborare all’inchiesta fornendo una spiegazione sul ruolo dei caccia della base di Solenzara in quella tragica sera.
Risibile soprattutto se confrontata con i dati oggettivi in mano ai magistrati:
– i tabulati del radar della difesa aerea di Poggio Ballone, che mostravano le tracce di almeno due caccia francesi in volo verso il cielo di Ustica, in un orario assolutamente compatibile con lo scenario di guerra aerea nel quale il DC9 è stato poi abbattuto;
– la testimonianza del generale dei carabinieri Antonio Bozzo, braccio destro del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, che la sera del 27 giugno 1980 si trovava in vacanza a Solenzara e vide i caccia francesi decollare dalla base fin dopo la mezzanotte;
– la conferma fornita dalla Nato al giudice istruttore Rosario Priore sul fatto che quelle tracce corriospondessereo a dei caccia, senza però un’identificazione della nazionalità poichè nel 1980 la Francia era parte dell’alleanza ma non del dispositivo militare.
Alla vigilia del trentaquattresimo anniversario della strage, l’inchiesta sta dunque facendo dei cruciali passi in avanti.
Ma non è solo la Francia ad avere aperto uno spiraglio insperato verso la ricerca della verità .
La Nato ha fornito ai magistrati italiani nuovi dettagli che confermano lo scenario di guerra nel quale il DC9 Itavia sarebbe stato abbattuto per errore, quasi certamente in uno scontro tra uno o due Mig libici che si nascondevano vicino all’aereo civile e uno o più caccia alleati.
La Nato avrebbe anche identificato come americano l’aereo radar Awacs che incrociava sull’isola d’Elba al momento della strage, avendo la piena capacità di “vedere” tutto ciò che accadeva nel cielo tra Ponza e Ustica.
Ma c’è anche una portaerei, anche questa individuata dalla Nato nel mare di Ustica, che incredibilmente sfugge ancora all’identificazione.
La videro (e lo hanno confermato a verbale) piloti e assistenti di volo di alcuni aerei civili sulla stessa rotta del DC9 Itavia poco prima della strage. E le tracce dei suoi caccia ed elicotteri in azione sono visibili nei tracciati radar sopravvissuti a manipolazioni e distruzioni.
I magistrati della Procura di Roma hanno interrogato in questi giorni anche due ex piloti militari italiani — Giovanni Bergamini e Alberto Moretti — che il 27 giugno 1980 erano in volo ma rientrarono alla base di Grosseto prima dell’esplosione.
Quella sera erano in volo anche altri due piloti — Ivo Nutarelli e Mario Naldini — che secondo la ricostruzione formalizzata ai magistrati dagli specialisti della Nato, incrociarono il DC9 quasi certamente vedendo il Mig o i Mig libici nella sua “ombra radar” e poi segnalarono l’allarme massimo volando triangolarmente sulla base e premendo anche il pulsante del microfono per tre volte senza parlare, come prescritto dal manuale.
Purtroppo sono entrambi morti nell’incidente delle Frecce Tricolori a Ramstein nel 1988, su cui molti sospetti si sono addensati.
Ma il colonnello Moretti, che nelle ore successive all’incidente che fece una strage (67 morti tra il pubblico oltre a Nutarelli, Naldini e al capitano Alessio) assunse il comando delle Frecce tricolori e partecipò all’inchiesta, afferma con decisione che si trattò di un “tragico errore di manovra” di Ivo Nutarelli e liquida ogni ipotesi di sabotaggio legata alla strage di Ustica come “una bufala”.
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha incontrato una settimana fa i magistrati Monteleone e Amelio per una messa a punto di tutte le rogatorie internazionali in piedi.
Molti i paesi a cui l’Italia si è rivolta (oltre alla Francia, anche Stati Uniti, Belgio, Germania) e in alcuni casi inspiegabili le risposte ricevute. Come quella del Belgio, che aveva due caccia sulla base di Solenzara, ma a 34 anni di distanza ha affermato di non voler dire nulla sulla vicenda per “motivi di sicurezza nazionale”.
C’è poi il capitolo a parte che riguarda la Libia.
L’archivio dei servizi segreti di Gheddafi (con le carte su Ustica) sembra sia finito nelle mani dell’MI6 britannico. E l’ex braccio destro del colonnello, Abdel Salam Jalloud, che ora vive a Roma sotto la protezione dei nostri servizi si è paradossalmente rifiutato non solo di rispondere alle domande dei magistrati ma anche di firmare il verbale del mancato interrogatorio.
E’ la storia infinita di Ustica. A cui solo il sostanziale appoggio del governo ai magistrati può imprimere una svolta decisiva.
Adesso, chiedono i familiari delle vittime attraverso la presidente dell’Associazione, Daria Bonfietti, serve un gesto politico sul piano internazionale.
Un gesto deciso, per mettere nell’angolo chi sa e non ha ancora parlato.
Andrea Purgatori
(da “Huffingtonpost”)
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