SUBITO DOPO IL VOTO PIU’ DI UN LEADER RISCHIA DI ESSERE FATTO FUORI DAI NEMICI INTERNI: NELLA LEGA SALVINI HA BLINDATO I FEDELISSIMI ED EMARGINATO I GIORGETTIANI MA DEVE FRONTEGGIARE SEMPRE PIÙ SCONTENTI
NEL PD BONACCINI SMANIA PER DETRONIZZARE LETTA E NEL M5S GRILLO È GIA’ PRONTO AD APRIRE LA FAIDA PER IL POST-CONTE… IN FORZA ITALIA BISOGNERA’ SOLO CAPIRE SE, TELEFONANDO A BERLUSCONI, RISPONDERA’ ANCORA LA RONZULLI
«Ora si fa il massimo per aiutare Enrico Letta». Nelle recenti parole di Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna, candidato in pectore alla segreteria del Partito democratico già quando il leader era Nicola Zingaretti, la parola chiave è l’avverbio: «ora». Inteso: vietato parlare di questioni interne al Pd prima del voto del 25 settembre. Dopo, ecco, dopo potrebbe aprirsi un’altra fase: fare il massimo per diventare segretario.
Ma mica quello dei dem è l’unico anticipo di congresso di partito che si consuma alle Politiche.
Sentite Luca Zaia, presidente della Regione Veneto: «Le liste? Non le ho fatte io e non rispondo di quello che faccio. Le analisi si fanno alla fine». Poi la chiosa d’obbligo: «Ora lavorare pancia a terra per portare a casa il risultato». Ora. Pure in Veneto gli avverbi sono il sale della politica.
Quindi c’è il Movimento 5Stelle, dove sono almeno in due gli aspiranti leader che aspettano con ansia di verificare a quanto si fermerà la rimonta, o presunta tale, di Giuseppe Conte: Virginia Raggi e Alessandro Di Battista. L’ex sindaca di Roma, pur quarta su quattro candidati veri alle comunali della Capitale, si sente pronta per il grande salto: «Ero candidabile — ha detto polemicamente subito dopo la sua esclusione dalle liste — per il futuro dicono alle alleanze di questi anni». Ci sarebbe pure Beppe Grillo, che ben più di Dibba è sembrato ansioso di liberarsi della leadership di Conte.
Paradossi dell’era del Rosatellum, nella quale i leader possono plasmare come creta i gruppi parlamentari, escludendo gli sgraditi e promuovendo i pretoriani, e però rischiano di avere il controllo assoluto di deputati e senatori e non più quello del partito. Dei suoi fedelissimi Conte ha addirittura fatto un pacchetto, prendere o lasciare, gli iscritti grillini hanno preso.
Non è dato sapere quanti parlamentari eleggerà il Movimento — ma certo saranno al 90 per cento sangue del sangue del suo presidente. Che però ha bisogno di restare almeno in doppia cifra per continuare a dirigerli da capo politico. Sotto, la faida è garantita ed aprirla potrebbe essere appunto Grillo.
Il caso più complesso è senz’altro quello di Salvini. Anche le candidature della Lega sono salvinismo puro: fuori i giorgettiani, fuori i Sì Vax e fuori i filo Ue; dentro tutti i fedelissimi del Capitano, vecchi e nuovi. Eppure l’ex ministro dell’Interno e aspirante tale si trova nella situazione scomoda di rischiare d’essere l’unico sconfitto di una coalizione vincente.
Nelle rilevazioni degli ultimi sondaggi il partito di Meloni cresce ancora e lo fa a scapito della Lega, anche al nord. Non è impensabile che FdI — di fatto il partito che esprime la vera candidata premier — possa addirittura doppiare la Lega. Per Salvini il Viminale potrebbe essere solo un premio di consolazione, prestigiosa quanto ultima tappa del suo cursus honorum.
Chi invece può solo arricchire il curriculum è Bonaccini. Nel Pd non è un mistero la sua ambizione. Il governatore non farà mai la prima mossa. Scenderà in campo solo se gli sarà chiesto. Non dalle correnti, anzi in questi anni ha più volte rifiutato la corte di Base riformista, la corrente di Lorenzo Guerini e del non ricandidato Luca Lotti. Ma la richiesta non è un problema: in caso di disfatta a chiedergli di scendere in campo sarebbe il fronte dei sindaci: Giorgio Gori, Dario Nardella, Antonio Decaro e altri, gli stessi che già erano pronti a lanciarlo quando doveva essere lo sfidante di Zingaretti. La nascita del Conte bis fermò l’operazione.
Ci sarebbe anche un altro partito che potrebbe uscire malconcio dalle urne: Forza Italia. Ma è una forza politica senza congressi e senza successione. Resterà solo da capire se, chiamando Silvio Berlusconi, a rispondere per lui sarà ancora Licia Ronzulli.
(da La Repubblica)
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