TAGLIATE LE INDENNITA’ DI 200 ONOREVOLI VIP DEL 15%, MA IL DEPUTATO NON VUOLE PIU’ FINANZIARE IL PARTITO
LA RIDUZIONE COLPIRA’ CHI INCASSA PER LE PRESIDENZE DELLE COMMISSIONI DA 1.000 A 4.000 EURO
Taglio del 15% per tutte le indennità aggiuntive percepite da circa 200 parlamentari, tra componenti degli uffici di presidenza di Camera e Senato, presidenti, vice e segretari di commissioni e giunte.
L’input di Gianfranco Fini è stato recepito dai collegi dei questori dei due rami del Parlamento, riuniti per mettere a punto le misure che lunedì saranno varate in via definitiva.
Si parte da subito col taglio ai più privilegiati tra i privilegiati (da mille a 4 mila euro al mese in più).
Ma nel vertice è stato anche deciso che il rimborso per il “portaborse” resterà forfettario per il 50 per cento, senza bisogno di alcuna “pezza giustificativa”. Nonostante la marcia indietro rispetto alla stretta iniziale, in Transatlantico monta il malessere in tutti i gruppi.
Perchè a quel budget i deputati hanno attinto finora per versare il contributo ai rispettivi partiti.
Ora che duemila euro andranno coperti da contratti e bollette “veri”, gli onorevoli non vogliono più devolvere i restanti 1.800 ai loro tesorieri.
Confermato invece il passaggio dal vitalizio al sistema contributivo, evitando però il conseguente aumento del netto in busta paga che già più di un imbarazzo stava provocando in tempi di magra. Il varo ufficiale a Montecitorio è previsto lunedì, a Palazzo Madama slitta a martedì.
I parlamentari del Pd versano ogni mese 1.500 euro al partito. Come i loro colleghi dell’Udc.
Alla Lega la quota sale a 1.800 euro.
Più light la “tassa” nel Pdl, 800 euro solo su base volontaria.
Ora però la scure sul contributo per il “portaborse”, divenuto contributo per l’esercizio del mandato (3.690 euro alla Camera, 4.100 al Senato), sta per spaccare parlamentari e loro gruppi di appartenenza.
Il taglio alla fine sarà inferiore al previsto, gli onorevoli dovranno giustificare con contratti e bollette solo la metà di quel budget, dunque continueranno a essere corrisposti loro a forfait tra i 1800 e i 2000 euro al mese.
Ma è poco più della cifra che dovrebbero continuare a corrispondere ai loro partiti. Molti sono pronti ad aprire il caso. Intanto, come spiega il questore del Senato Benedetto Adragna, la figura del portaborse sarà disciplinata da un ddl messo a punto dagli stessi questori o dagli uffici di presidenza, non da iniziative individuali (vedi Moffa).
In ogni caso, sarà esclusa la possibilità di ricorrere al giudice del lavoro per i collaboratori ai quali non viene rinnovato il contratto.
I questori di Camera e Senato hanno confermato l’adeguamento delle nuove pensioni (col sistema contributivo e non più vitalizi) alle figure “non contrattualizzate” della pubblica amministrazione.
Ovvero a magistrati, prefetti e generali dell’esercito.
Come pure viene confermato lo slittamento dell’età pensionabile ai 60 anni (con più legislature) o 65 (con una sola) sia nell’uno che nell’altro ramo del Parlamento.
Misura drastica che fa scivolare anche di un decennio la quiescenza per una generazione di cinquantenni. Infatti alla Camera pendono già 18 ricorsi che il Consiglio di giurisdizione interna, presieduto da Giuseppe Consolo (Fli), esaminerà il primo febbraio.
Se i ricorsi, per lo più di ex parlamentari, saranno accolti, altre decine se non centinaia ne seguiranno.
I collegi dei questori hanno messo nero su bianco anche il passaggio al sistema contributivo per tutto il personale delle rispettive amministrazioni. Il presidente del Senato Schifani ha già varato un decreto in materia.
Deputati e senatori continueranno a percepire i loro 3.500 euro netti mensili a titolo di diaria, per le spese di mantenimento a Roma.
Adesso anche il Senato, come già la Camera da qualche mese, introduce il registro delle presenze che consentirà di penalizzare con una decurtazione da 200-300 euro ogni assenza del parlamentare in commissione.
Finora la penalità era in vigore solo per quelle in aula.
Il nuovo sistema entrerà in vigore a febbraio e comporterà anche a Palazzo Madama il ricorso appunto a un registro da firmare.
Da quando il meccanismo è stato adottato a Montecitorio, in autunno, le presenze alle riunioni di commissione fino ad allora al lumicino sono aumentate in misura esponenziale.
Molto probabile che il fenomeno si ripeta al Senato.
Così come la diaria, anche l’indennità netta di circa 5 mila euro mensili resta comunque intatta.
Voci che sommate alla quota forfaittaria rimasta a titolo di rimborso per il portaborse (1.800 alla Camera, 2000 al Senato), compongono uno “stipendio” netto che per gli onorevoli si aggirerà adesso attorno ai 10.300-10.500 euro.
Deputati e senatori pagano l’Irpef solo sull’indennità in senso stretto, una delle tre voci del loro “stipendio”.
Di conseguenza, si avvantaggiano di un risparmio del 53 per cento rispetto agli altri contribuenti.
La stima è stata elaborata da Fiscoequo. it, sito dell’associazione per la legalità e l’equità fiscale. “Per i parlamentari – si legge nello studio – il benefit è sempre esentasse. Grazie ad una interpretazione estensiva della norma da parte dei due rami del Parlamento ogni anno deputati e senatori incassano circa 110.000 euro senza pagare l’Irpef, con un risparmio d’imposta di circa 50.000 euro. Il deputato tipo riceve in un anno complessivamente 246.295 euro (indennità lorda annua di 135.400 euro e altri benefits pari a 110.895) e subisce una tassazione ai fini Irpef pari a 44.628 Euro. Se le stesse somme, a titolo di stipendio e di benefit, fossero corrisposte a qualsiasi altro cittadino, manager o alto dirigente, l’imposta Irpef dovuta ammonterebbe a 95.031 Euro”.
Conclusione: “Un risparmio di imposta di 50.403 euro”.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
Leave a Reply