TORINO SCOPRE IL LATO DEBOLE DI CHIARA APPENDINO
LE IMMAGINI E I FERITI DI PIAZZA SAN CARLO HANNO SVELATO LE CRITICITA’ DI UNA AMMINISTRAZIONE CHE SI SENTIVA INVIOLABILE
Il primo grande inciampo.
Una caduta che Chiara Appendino sta pagando e, come prevedono i tempi della politica, continuerà a pagare ancora per un po’.
Innanzitutto scricchiola il tandem Chiamparino-Appendino. “Il sistema Torino non ci ha fatto bella figura”, insiste il presidente del Piemonte. I fatti di piazza San Carlo, nel giorno della finale di Champions, gli oltre 1500 feriti, costano al sindaco di Torino la fine della sua inviolabilità e riaprono, nella città sabauda, una dinamica di scontro tra partiti che in quest’ultimo anno era stata un po’ silente.
E anche dentro i 5Stelle il primo cittadino più amato d’Italia non è più un tabu: “Alla vigilia delle amministrative questa non ci voleva”, dice qualcuno dopo che il senatore Airola, che aveva criticato apertamente il primo cittadino, è stato silenziato.
Sta di fatto che il primo a rompere la luna di miele tra Appendino e persone che contano, poteri della città , è stato proprio Sergio Chiamparino, presidente fino a tre anni fa della fondazione bancaria Compagnia di San Paolo.
Lui, che l’ha sempre difesa, che è sempre stato dalla sua parte iniziando anche un lavoro in sinergia, adesso mette in discussione l’operato della sindaca.
Non lo fa con un attacco diretto, ancora può essere presto, ma al Corriere della Sera dice: “Il sistema Torino ha dato prova di non saper governare la situazione, si è mostrato impreparato, mettendo a rischio la sicurezza dei suoi cittadini e di chi era arrivato per vedere la partita”.
Ma, aggiunge, “non è che si può mettere in croce una sola persona, è chiaro gli errori sono stati molti e ben distribuiti”.
Sottolinea che non si può mettere in croce solo Chiara Appendino ma, nello stesso tempo, non le fornisce alibi. Anzi, oggi come mai era stato fatto prima d’ora, lo stesso presidente della regione fa notare un certo imbarazzo.
Lo stesso imbarazzo, raccontano ambienti del Pd torinese, che si respira in città e nel rapporto tra Appendino e i cosiddetti poteri forti che prima e dopo la campagna elettorale l’hanno sostenuta.
Ma ora in una certa Torino si parla di impreparazione e addirittura di dilettantismo. Non che sia venuto meno l’asse con personaggi di spicco del cotè industrial-finanziario, dalla Fiat alla Camera di commercio e agli istituti bancari.
Ma sicuramente l’immagine di una città come Torino, balzata alle cronache nazionali come un luogo pericoloso e non ben controllato, è quella che la società torinese più influente non avrebbe voluto vedere, considerando che ha investito molto sulla figura di una politica giovane e innovativa che proprio da quel tipo di ambienti proviene.
Per la Appendino la batosta è stata forte.
Oggi, per la prima volta, velatamente, non nasconde un complesso di colpe: “È evidente – dice – che qualcosa non ha funzionato. Come amministrazione siamo pronti ad assumerci le eventuali responsabilità che dovessero emergere dall’inchiesta della magistratura”. La pressione che ha addosso è forte, basti pensare che ha pianto dopo aver incontrato i genitori del bambino ferito.
Anche il quotidiano La Stampa ha aperto il giornale con un titolo che dice molto: “Il piano d’emergenza fantasma”.
Sottolineando poi che è stata ignorata la circolare diffusa dal capo della Polizia Franco Gabrielli con le linee guida da adottare in occasione dei grandi eventi.
Ha parlato di quanto avvenuto anche l’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia: “Quello che conta è prenderci tutti le nostre responsabilità , senza scaricare su altri o sul caso quello che è accaduto. Se è vero che la piazza era piena di cocci di bottiglie vendute abusivamente, che sono state poi la causa di tanti ferimenti, occorre anche un severo controllo delle norme di sicurezza”.
Sicurezza, quindi. Il mantra di questi giorni in una Torino che si è risvegliata improvvisamente insicura con un’amministrazione che, almeno sabato sera, si è scoperta debole.
Il Pd, rimasto schiacciato un anno fa dalla vittoria di Chiara Appendino, adesso vede con una certa soddisfazione questa prima crisi di fiducia.
E non manca di sottolinearla: “Credo che la responsabilità della Appendino e della sua Giunta sia quella di aver assolutamente sottovalutato l’enorme rischio a cui era esposto quell’evento e le giustificazioni addotte sono ancor meno convincenti”.
Prova a gettare acqua sul fuoco il candidato premier in pectore M5S, in piena campagna per le amministrative, ma sa bene che uno scivolone del genere può costare caro.
Soprattutto perchè in ballo c’è la credibilità dei pentastellati come amministratori sui territori.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply