“TRA NOI SERVE IL RICAMBIO RISCHIA ANCHE L’UMBERTO” : TREVISO SCOPRE IL DISSENSO
LA BASE LEGHISTA INVOCA IL RITORNO ALLE ORIGINI, MA IL TEMPO E’ SCADUTO…PRIMA INVOCAVANO LA SECESSIONE, ORA TIFANO PER LA SUCCESSIONE (A BOSSI)
Se fosse per i leòn veneti, i lighisti della Razza Piave, altro che staccare la spina al governo:
loro farebbero saltare proprio tutto l`impianto elettrico.
Il fatto è che una volta tifavano solo per la secessione.
Adesso qualcuno è (anche) per la successione.
«Ci vuole ricambio, i totem vanno messi da parte – dice “l`eretico” Bepi Covre, ex sindaco di Oderzo e ex parlamentare del Carroccio, oggi “solo” imprenditore ma ancora molto ascoltato nella galassia della Liga veneta – Anche Bossi, certo. Uno intelligente come lui, uno che per la Lega è un mito, deve capire che è arrivato il mo mento di passare la mano».
Dicono i legologhi veneti che chiamarlo frondismo è fuorviante e prematuro.
Lo considerano «fermento di una base militante inquieta».Sempre più allergica al compromesso governativo forza-leghista «inconcludente».
Sempre più determinata nel chiedere ai vertici del movimento un ritorno alla Lega delle origini.
Anche a costo di infrangere l`ortodossia bossiana.
Anche sbandierando, come stanno facendo molti amministratori locali, la dissociazione in totale autonomia di una bella fetta di classe dirigente leghista (Zaia in primis) sul referendum: mentre Bossi invitava a infischiarsene, sindaci, consiglieri e assessori regionali veneti invitavano la gente a esprimersi sui quattro quesiti.
E a infilare nell`urna una sfilza di “si”.
«Le nostre municipalizzate funzionano benone e quindi abbiamo difeso l`acqua pubblica -ammette il deputato trevigiano Guido Dussin, commissione ambiente e lavori pubblici- Il nucleare non ci interessa e sul legittimo impedimento abbiamo la nostra opinione».
Veneto terra di infedeli?
Forse le cose non stanno proprio così.
Ma che i nervi siano tesi è più che evidente.
Lo riconosce anche il segretario regionale (e sindaco di Treviso) Gianpaolo Gobbo, al quale tocca il ruolo di pompiere.
Prima sottolinea che dal Veneto per Pontida partiranno 51 pullman («più del solito»).
Poi concede che «sì, l`amarezza in giro c`è. L`esposizione mediatica di Berlusconi ha dato fastidio. Bisogna cambiare marcia».
I dissidenti veneti? «Solo qualche rampante. In generale nessuno mette in discussione la leadership di Bossi».
Secchiate di acqua sul fuoco. Ma i tizzoni restano accesi.
Cos`altro avrebbe spinto, altrimenti, Franco Manato, assessore regionale all`Agricoltura, a dettare alle agenzie un comunicato che in altri tempi sarebbe parso superfluo: «La Lega ha un solo leader che si chiama Bossi. Chi non è d`accordo esca e vada nel Terzo polo, nel girone degli incerti o degli eretici»?
Per dire il clima di agitazione.
L`insofferenza verso Berlusconi è uno dei punti. «Se non ci saranno risposte concrete da Berlusconi torneremo alle origini», ancora Dussin.
Ma non è il solo. Riaffiorano le tentazioni “eretiche”.
Quello che Manato chiama «virus frazionista».
Il dissenso in Veneto covava da tempo: a farlo deflagrare- sotto traccia – sono arrivate le due “sberle” elettorali.
«La politica di Bossi non ha pagato, troppi sì e troppi “prego si accomodi” a Berlusconi – ragiona un importante dirigente del Carroccio che rivendica l`anzianità della Liga Veneta (1980) sulla Lega Lombarda (1984) – Forse oltre che su un cambio di passo bisognerebbe ragionare anche su un cambio di leadership».
Il problema del dopo-Bossi inizia a porsi.
«In politica tutto è possibile, tanto più se soffriamo un berlusconismo che non funziona», ragiona Gianantonio Da Re, sindaco di Vittorio Veneto.
Alla vigilia di Pontida, tra i parlamentari veneti è tutta una corsa a celebrare la guida del Capo, con tanto di minacce ai potenziali frazionisti.
Il mestrino Corrado Callegari: «I personalismi da noi hanno sempre avuto vita breve.
Chi ci ha provato è sempre uscito con le ossa rotte». L`unico che continua a sparare da queste parti è lo sceriffo Gentilini. Ma sa dove mirare.
«Basta con le Ruby, Rubynetti…Se perdiamo Milano, Berlusconi deve lasciare», aveva tuonato il prosindaco trevigiano prima della vittoria di Pisapia.
Pare che non abbia ancora perso la speranza.
Paolo Berizzi
(da “La Repubblica”)
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