TRA SALLUSTI E BELPIETRO E’ CRISI DI COPPIA IN DIRETTA TV
QUESTIONE DI LIBERISMO O DI COPIE VENDUTE?… LA MANOVRA DI TREMONTI APRE UN NUOVO CAPITOLO DELLA FAIDA INFINITA TRA “LIBERO” E “IL GIORNALE”
Questione di liberalismo o più banalmente di copie?
La manovra “socialista” o “comunista” del governo regala un nuovo e inedito capitolo della faida infinita tra “Libero” e “Giornale”, i due quotidiani più letti dai berlusconiani.
Il primo, fondato da Vittorio Feltri, è di proprietà della famiglia romana degli Angelucci.
Il secondo è controllato da Paolo Berlusconi, il fratello del premier.
Ma stavolta Feltri, protagonista di un incredibile andirivieni tra le due redazioni (oggi è al “Giornale”), non c’entra nulla.
A darsele di brutto sul ring della pancia di destra, incazzata per la tassa di solidarietà in nome della rivoluzione liberale, sono i due ex “secondi” del Diretùr.
Da un lato Maurizio Belpietro, numero uno di “Libero”.
Dall’altro Alessandro Sallusti, direttore responsabile del “Giornale”.
Lo scontro è andato in diretta su La 7 qualche sera fa, al programma “In Onda” di Luisella Costamagna e Luca Telese.
Ed è stato Sallusti a dare addosso a Belpietro, colpevole di fare titoli e articoli contro la manovra, guidando la fronda del Pdl: “Io trovo un’analogia tra le posizioni espresse da Belpietro e quelle di Bersani e Di Pietro. Anzi Di Pietro mi sembra più moderato di Belpietro”.
Il direttore di “Libero” non ha tirato la gamba indietro e si è buttato nella rissa, rinfacciando a Sallusti che Nicola Porro, vicedirettore del “Giornale” per l’economia, scrive le stesse cose sul blog ma non sul quotidiano, per la serie “Cavaliere non ci sono parole”.
Osserva Belpietro col suo ghigno da mastino: “Anche Porro è come Bersani e Di Pietro?”.
La lite continua e affronta un’altra questione cruciale.
Belpietro: “Qualcuno non vuole raccontare la verità a Berlusconi. Ecco, caro Cavaliere, te la diciamo noi che ti conosciamo da più anni di chi ti parla adesso. Io non voglio assistere al suicidio del centrodestra. Così il premier perde 500mila voti”.
Ribatte Sallusti: “Significa che tu consideri dei deficienti gli elettori di centrodestra, una manica di egoisti irresponsabili che non comprendono quando è il momento di fare sacrifici”.
Uno spettacolo vero, che aumenta il caos e le lacerazioni nella maggioranza, ormai ridotta a una guerra per bande.
Anche giornalistiche.
E quando si tratta di “Libero” e “Giornale” la guerra è soprattutto di copie.
Il conflitto va avanti da undici anni, da quando Feltri portò in edicola “Libero” il 18 luglio del 2000.
Oggi la differenza reale tra i due giornali cugini che si odiano è di circa 50mila copie: 105mila per Belpietro, 155mila per Sallusti.
Entrambi in calo costante, hanno ripreso un po’ di fiato in questa convulsa estate politico-economica ma è il “Giornale” ad avere i nervi più fragili, come dimostra il paragone di Sallusti su Belpietro come Bersani.
Il primo motivo è che l’ultimo ritorno di Feltri da “Libero” non avrebbe portato copie (si sperava almeno in 20-30mila).
Il secondo è legato all’attualità : Belpietro cavalca l’onda della destra anti-manovra mentre il “Giornale” non può farlo.
Lo dimostra anche la schizofrenia di Sallusti e Feltri su Giulio Tremonti: prima la minaccia di un metodo Boffo, poi la difesa del ministro dell’Economia, infine di nuovo gli avvertimenti: “Non è più tempo di primedonne”.
E ieri, per la cronaca, Feltri ha ricordato che l’unico regime italiano a non aver accumulato debito è stato quello di Benito Mussolini.
Per una volta è stato costretto a scrivere la verità .
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