TRIVULZIO, I CONTI CHE NON TORNANO: SI INDAGA SUI PAZIENTI SPOSTATI PRIMA DI MORIRE
I PM VOGLIONO VEDERCI CHIARO: TRA I DEGENTI TRASFERITI CI SONO VITTIME SFUGGITE ALLE STATISTICHE
Ci sono i tanti anziani, oltre 200 solo a Milano dall’inizio dell’epidemia, deceduti nei reparti del Pio Albergo Trivulzio. E poi ci sono i pazienti che sono stati trasferiti e sono morti negli ospedali della città , finora sfuggiti a ogni statistica sulle vittime nel polo geriatrico.
Ma tra le denunce che continuano ad arrivare in procura, ci sono anche quelle di parenti di ospiti che hanno visto i propri cari contagiarsi al Pat, con i classici sintomi del Covid ma senza una diagnosi di positività , e poi morire nelle strutture esterne.
L’ultimo caso la scorsa notte: una signora di 74 anni, ricoverata al Pat l’11 febbraio, trasferita al pronto soccorso dell’ospedale San Giuseppe il giorno dopo Pasquetta, e morta nella notte tra ieri e mercoledì.
Un altro caso era stato documentato da Repubblica lo scorso 6 aprile, quando la figlia di un’anziana 87enne aveva raccontato del trasferimento di sua madre all’ospedale di Garbagnate, dov’era in fin di vita dopo essere risultata positiva al Covid.
Altri sono di questi giorni: un signore che era al Pat con la moglie è stato trasferito al Fatebenefratelli, e lì è morto. Un paziente del reparto di fisioterapia finisce al San Carlo, viene trovato positivo al Covid, e anche lui muore.
I pazienti trasferiti
I casi di degenti trasferiti – quasi tutti in una situazione di insufficienza respiratoria – e morti in ospedale sono una decina. E anche su questi decessi, la procura vuole vederci chiaro.
Acquisendo le testimonianze delle famiglie e recuperando le cartelle cliniche negli ospedali di destinazione e i referti medici, comprendenti i verbali di dimissioni, custoditi al Pat. Materiale da aggiungere a quello già raccolto dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Milano, che lavora all’inchiesta del procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e dei pm Mauro Clerici e Francesco De Tommasi.
In tutti i casi, la diagnosi di positività è arrivata solo in ospedale, dove poi il decesso è stato rubricato come causato dal coronavirus.
La Guardia di Finanza sta continuando a raccogliere le tante testimonianze di chi ha perso un proprio caro, al Trivulzio e nelle altre rsa milanesi. In un periodo in cui il rischio contagio è ancora alto, gli investigatori invitano i denuncianti a inviare un file audio con la propria storia, che poi verrà formalizzata in un esposto alla fine dell’emergenza, ma che permetterà da subito di far partire le indagini.
Il comitato
Intanto il comitato “Verità è giustizia per le vittime del Trivulzio” chiede che venga realizzata un’indagine epidemiologica all’interno della Baggina. «Serve per acquisire le prove scientifiche dei reali tassi di mortalità e di malattia dei pazienti, medici e infermieri, causati dall’epidemia del Covid-19 – dice Alessandro Azzoni, figlio di un’ospite del Pat e portavoce del comitato – . L’indagine dovrebbe essere estesa a tutti gli ospedali e alle Rsa della Lombardia in cui sono emerse criticità . Chiediamo aiuto alla scienza proprio perchè non vogliamo vendetta ma solo giustizia».
Uno strumento che servirebbe a capire meglio come il virus sia entrato all’interno della struttura, se a causa dei trasferimenti dagli ospedali o per altri motivi. Anche su questo sta lavorando attivamente la procura, che ha allargato gli accertamenti anche ai movimenti di pazienti arrivati a marzo al Trivulzio e nelle altre case di riposo, dove sono stati accolti anche malati non positivi per alleggerire gli ospedali.
Malati che, in assenza di tampone, hanno avuto una semplice diagnosi di polmonite. Intanto, la lettera sottoscritta dai medici, infermieri e tecnici del Trivulzio contro i vertici è stata inviata alle istituzioni, tra cui il ministero della Salute e il sindaco di Milano Giuseppe Sala, per ribadire come «la triste verità è che a fronte della situazione della diffusione del virus all’interno del Pat siamo stati lasciati completamente soli, e senza direttive univoche sul trattamento dell’epidemia».
(da “La Repubblica”)
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