ULTIMA FORZATURA: RICICLATI I COLLEGI DEL ’93
PER VOTARE IN AUTUNNO SI USANO I COLLEGI DI UN’ITALIA CHE NON C’E’ PIU’, RISCHIO INCOSTITUZIONALITA’
C’è un metro che, forse più di ogni altro, misura la fretta di questa legge elettorale dei quattro giocatori. Ed è il metro dei collegi che dovranno essere utilizzati in una legge che in parte è proporzionale e in parte basata, appunto, su collegi uninominali: 225 i collegi alla Camera, 112 al Senato.
L’accordo, in commissione, prevede che il governo ha una delega a disegnare i collegi entro un anno ma — leggete bene questo passaggio — qualora la legislatura dovesse finire anticipatamente prima che il governo abbia provveduto a ridisegnarli, si andrà a votare con quelli già definiti usati ai tempi del Mattarellum.
Tradotto: col voto a settembre (o ottobre) — vero oggetto dell’accordo Renzi-Grillo-Berlusconi-Salvini, si usano i collegi disegnati nel 1993. Allora però alla Camera i collegi erano 475 e al Senato 225.
Domanda: come si fa a usare i collegi del Mattarellum per una legge che ne prevede molti di meno, come quella in discussione?
Ecco la trovata, messa nera su bianco in un emendamento su cui i quattro partiti sono d’accordo: per i collegi alla Camera di questo Porcellinum si usano, così come furono disegnati allora, i collegi del Senato del Mattarellum, visto che il numero è lo stesso (225). Per il Senato i 225 collegi vengono accorpati a due a due, col resto di uno ovviamente affibbiato in modo casuale a qualche regione, perchè 112+112 fa 224. Pare che la regione fortunata ad averne tre sia il Lazio.
Detta così, pare solo un ingranaggio tecnico di numeri e confini geografici.
Prendo la vecchia cartina, ne faccio una copia e la uso per Camera, ne faccio un’altra copia, sbianchetto qualche confine e la uso al Senato.
Il problema, in verità , è politico. E anche, per molti, costituzionale.
Alfredo D’Attorre (Mdp) è molto scettico: “È la prima volta — dice — che in una legge elettorale si mette il disegno dei collegi. Cioè che un parlamentare è chiamato a decidere sui dettagli di un collegio in cui si deve candidare”.
Anche i centristi di Ap hanno sollevato rilievi di costituzionalità su cui chiederanno un intervento di Mattarella.
Il problema c’è, ed è serio.
Effettivamente — basta fare una ricerca d’archivio — l’altra volta che si utilizzò una legge basata sui collegi — il Mattarellum — si è proceduto in modo diverso.
Una volta promulgata, i collegi furono disegnati dal Viminale con i suoi uffici statistici e demografici, sulla base dell’ultimo censimento utile.
È evidente la differenza, che alimenta i dubbi di costituzionalità . Per la legge attuale, pur di fare in fretta e furia, si utilizzano i collegi disegnati sulla base di un’Italia che non c’è più, quella del censimento Istat del 1991. E non quella del censimento Istat 2011.
Una rapido giro sul sito dell’Istat conferma ciò che è facilmente intuibile: due Italie molto diverse come popolazione, si pensi al fenomeno immigratorio e alle famiglie dei “nuovi italiani”; o si pensi alle zone devastate da eventi sismici dove il numero di abitanti è molto cambiato.
Basta prendere i collegi del 1993, accorparli con un tratto di penna, e utilizzarli senza tener conto della demografia reale? Chissà .
Su quelli del Senato, racconta più di un parlamentare, sono venute fuori delle difformità evidenti: alcuni sono da 300mila abitanti, altri vengono da 700mila, insomma la casualità pura.
È chiaro il perchè di questo unicum: la fretta.
Il Viminale, di prassi, impiega 45 giorni a disegnare i collegi, un periodo durante il quale è evidente che non si possono sciogliere le Camere.
Significa che sarebbe complicato, con la legge approvata al Senato entro il 10 luglio, andare al voto il 24 settembre, vero cemento dell’accordone a quattro.
(da “Huffingtonpost”)
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