UN ANNO DI GOVERNO: IL NULLA DI GIORGIA
QUELLI DI MONTI, RENZI, DRAGHI E CONTE AVEVANO FATTO DI PIU’: I DATI
Oggi il governo Meloni compie un anno dal suo insediamento ufficiale. Finora non ha offerto nessuna misura degna di nota, solo un po’ di retorica sui migranti, fedeltà atlantica e comiche familiari.
Cosa avevano fatto i governi precedenti in questo stesso arco di tempo? Guardando indietro agli ultimi dieci anni, la riforma più incisiva sembra essere il Reddito di cittadinanza, che Meloni ha cancellato. Altre riforme sono state tutte in peggio.
Le lacrime di Monti
Del governo Monti si conoscono solo le lacrime. Quando prende il posto dell’ormai dimissionario Berlusconi, il governo “con il loden” interviene in corsa per raddrizzare i conti pubblici e prepara una manovra di bilancio da 27 miliardi nel 2012. Le scelte imboccate sono note: la riforma Fornero delle pensioni che alza d’improvviso l’età pensionabile di tre anni creando il fenomeno disastroso degli “esodati”. Si ottengono risparmi netti di spesa per 2,9 miliardi nel 2012, che in prospettiva saranno 18 miliardi nel 2018. Sul fronte delle entrate si anticipa l’Imposta municipale sugli immobili (Imu) con l’aumento delle rendite catastali, l’aumento delle accise di carburante, il prelievo sui capitali “scudati”, l’aumento dell’imposta di bollo. Fornero avvierà anche la prima riforma del mercato del lavoro con una modifica dell’articolo 18, che introduce il risarcimento ai licenziamenti ingiustificati. Ma non basta: con Monti il Parlamento approva il nuovo articolo 81 della Costituzione con la parità di bilancio inscritta nella Carta e in Europa andrà ad approvare il Fiscal Compact, con il piano draconiano di rientro del debito pubblico. Monti è il governo che più ha cambiato la vita delle persone
Letta, chi era costui?
Il governo Letta prosegue nel 2013 l’esperimento delle larghe intese by Napolitano. Durerà pochi mesi, il tempo di una legge di Bilancio da 12,4 miliardi di euro. Desideroso di lavorare con “il cacciavite” Letta resta nella semplice manutenzione: piccola riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, piccoli sgravi contributivi alle imprese, piccola riduzione dell’Irap, noiosissime deducibilità fiscali compresa una più frizzante deducibilità del 20 per cento dell’Imu dalle imposte sui redditi delle imprese per gli immobili strumentali, detrazioni Irpef per le spese di ristrutturazione edilizia, la riqualificazione energetica e l’acquisto di mobili ed elettrodomestici.
Per coprire le spese anche Letta interviene sull’imposta di bollo, e poi la riduzione delle agevolazioni e delle detrazioni di imposta puntando a 10 miliardi nel biennio 2015-2016. Non mancherà ovviamente un accenno al mito della spending review, disattesa e un programma straordinario di dismissione di immobili pubblici da 1,5 miliardi nel triennio (disatteso anche questo). Letta non lascerà tracce..
Renzi con le slides
Letta viene scalzato da Matteo Renzi grazie ancora una volta a Napolitano nell’illusione che sia più capace nelle riforme istituzionali. Lui parla di “svolta buona” e la illustra con delle slides. In vista delle Europee 2014 decide di stanziare 9 miliardi per garantire ai lavoratori che guadagnano fino a 26 mila euro l’anno i famosi 80 euroun “bonus” che risulterà dalle busta paga di maggio. Grazie a questo regalo ai lavoratori dipendenti, Renzi si concederà però il diritto di inasprire le condizioni del mercato del lavoro. Nasce così nel 2015 il Jobs Act, in cui brilla il contratto “a tutele crescenti” che elimina l’articolo 18 in caso di licenziamenti ingiustificati. Per dargli una spinta il governo stanzia un miliardo per incentivare le assunzioni a tempo indeterminato e si stanziano 6,5 miliardi per abolire la componente lavoro dell’Irap. Renzi ridurrà in seguito anche l’Ires, la tassa sugli utili societari, portandola al 24%. Do ut des anche sulla scuola: vara il piano da circa centomila assunzioni, ma rilancia il “super-preside” e gli aumenti “di merito”, rende obbligatoria l’alternanza scuola-lavoro e anche le nuove assunzioni alla fine, senza una riforma organica, finiscono solo per fare da tampone. La corsa di Renzi finirà nel 2016 con il fallimento del progetto di riforma costituzionale. Farà giusto in tempo ad approvare le Unioni civili che consentono una forma di matrimonio anche tra persone dello stesso sesso.
Gentiloni, l’usato sicuro
Dopo i fuochi d’artificio renziani si torna all’usato sicuro di Gentiloni. La manovra del 2018 vale 20,4 miliardi, di cui 15,7 servono a non far scattare l’aumento dell’Iva eredità dell’ultimo Berlusconi.
Le coperture ammontano a 8,6 miliardi, di cui 3,5 miliardi sono tagli di spesa e 5,1 miliardi entrate aggiuntive. Come Letta siamo di nuovo al cacciavite, le misure sono basate su sgravi di contributi del 50% per assumere i giovani fino a 29 anni e del 100% per i giovani del Sud, un piccolo rafforzamento del Reddito di inclusione voluto dal governo Renzi il cui finanziamento però non supera i 2 miliardi. Rimane in piedi la riforma Fornero, mitigata dal pannicello dell’Ape sociale. Resistono misure filo-impresa come i super e iper-ammortamenti, al 250%, legato all’acquisto di strumenti per la digitalizzazione. Anche Gentiloni conferma gli Ecobonus sui lavori edili e allarga il Sismabonus alle case popolari. E prevede anche una forma di condono con la rottamazione delle cartelle e delle liti per circa 6 miliardi..
Il contratto giallo-verde
Il terremoto elettorale del 2018 cambia le coordinate del panorama politico. A sorpresa Lega e M5S decidono di dare vita a un “contratto di governo” formando il primo governo Conte. Il Contratto compone un programma “double-face” in cui i due partiti inseriscono le proprie priorità. E due di queste segneranno una fase politica. Nasce il Reddito di cittadinanza voluto dai 5 Stelle, che permetterà ad oltre 3 miilioni di persone di avere per la prima volta un reddito minimo, mentre Salvini, contro la legge Fornero, ottiene “quota 100” un sistema di uscita accelerato dal lavoro. Nel corso del primo anno il governo vara anche il Decreto Dignità, che limita la possibilità di reiterare contratti di lavoro temporanei. La Lega si intesta gli orribili decreti anti-migranti, vengono tagliate, simbolicamente, le “pensioni d’oro” e sterilizzato in parte l’aumento dell’Iva. Contestualmente alla manovra di Bilancio il primo governo Conte approva anche la “spazzacorrotti” che aumenta le pene per la corruzione dei colletti bianchi.
La prova del Covid
Il governo Conte cade nell’estate 2019 sostituito dal secondo esecutivo dell’“avvocato del popolo” stavolta alleato del Pd. La manovra per il 2020 vale circa 23 miliardi di euro e deve soprattutto affrontare la sterilizzazione dell’aumento dell’Iva, mentre si concentra su un taglio del cuneo fiscale, la proroga dei sussidi alle imprese di Industria 4.0 e quelli per l’Ape sociale, confermando quota 100. Nascono tasse anti-inquinanti come la Sugar e la Plastic tax, e sul fronte delle entrate si punta soprattutto sulla lotta all’evasione (anche proseguendo la fatturazione elettronica voluta dal governo Renzi). Si riduce anche l’utilizzo del contante da tremila a mille euro. Ma la prova cruciale del nuovo governo sarà la pandemia da Covid. Il governo avvierà un lockdown generalizzato e inedito su scala mondiale, realizzando un protocollo di sicurezza sanitaria con imprese e sindacati. Il lockdown viene accompagnato dalla corresponsione di un vasto piano di bonus a fondo perduto per chi non può lavorare. È il decreto “Cura Italia” e la lista dei provvedimenti è davvero molto lunga: bonus da 1000 e 600 euro per una serie di libere professioni, artigiani, commercianti, cococo; il Reddito di emergenza, il reddito di ultima istanza, aumento della Cig in deroga, rifinanziamento della Naspi, bonus per colf e badanti, sostegno ai mutui prima casa, e altro ancora. Nasce il Superbonus al 110% per rilanciare l’economia tramite l’edilizia. Il debito pubblico schizza al 150%, ma l’Italia sopravvive alla crisi. Nel luglio dello stesso anno arriva il più grande aiuto a fondo perduto da parte dell’Unione europea (69 miliardi) con il Next Generaion Eu che per il nostro paese stanzia 191,5 miliardi comprensivi anche dei prestiti che ammontano a 122 miliardi.
Migliori per gioco
Conte viene fatto saltare dal solito Renzi e grazie anche ai buoni uffici del presidente della Repubblica Sergio Mattarella nasce il governo Draghi nel febbraio del 2021. E si torna al businness as usual: incentivi alle imprese, piccoli tagli al costo del lavoro, “quota 100” che diventa “quota 102” e il Reddito di cittadinanza, che inizia a essere revisionato. Draghi taglia l’Iva su molti prodotti ma rinvia al 2023 la Plastic e la Sugar tax. Proroga il Superbonus, estendendolo alla fine del 2022 anche ai proprietari di prime case monofamiliari, per cui altrimenti sarebbe scaduto il 30 giugno 2022. Affida la campagna vaccinale al generale Figliuolo che prosegue l’organizzazione già allestita dal governo Conte, e procedere all’attuazione del Piano nazionale di Ricostruzione e resilienza (Pnrr)
(da il Fatto Quotidiano)
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