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UN MESE DOPO L’ALLUVIONE IL GOVERNO HA FINITO I SOLDI E I SINDACI FERMANO LE RUSPE

LE ZONE APPENNINICHE FALCIDIATE DALLE FRANE, QUELLE IN PIANURA INVASE DA ACQUA E FANGO… E APPENA RICOMINCIA A PIOVERE TUTTO COME PRIMA

“Quasi 9 miliardi di danni”: a un mese esatto dall’alluvione che ha messo in ginocchio l’Emilia-Romagna, la Regione di Stefano Bonaccini ha stilato una stima del disastro, ancora provvisoria, e l’ha messa di fronte al governo. Perché i soldi servono e ne servono subito: entro l’autunno vanno messi in sicurezza gli argini dei fiumi, e ripristinare le strade divelte dall’acqua. Opere urgenti per cui servono quasi 2 miliardi. Il minimo per riportare la serenità tra i cittadini che ancora oggi guardano con terrore al cielo ogni volta che piove.
Trenta giorni dopo l’alluvione ancora il commissario per le ricostruzione non c’è: e senza il commissario dal governo non arriveranno fondi. “Questo non è un bancomat” ha spiegato il ministro della Protezione Civile Nello Musumeci. Il tema è tutto lì: va gatto un piano per evitare che possa succedere ancora. Ma sul quando e soprattutto sul chi lo dovrà coordinare resta lo stallo. Gli enti locali premono per un nome con cui interloquire, da Roma si fa melina spiegando che va capito prima cosa c’è da fare per scegliere chi dovrà poi farlo.
Intanto nelle province colpite la conta dei danni non è ancora finita: se le città sono ormai sgombre dal fango, le esondazioni hanno reso acquitrini terreni agricoli. Il fango ha distrutto interi raccolti: 12mila le aziende agricole danneggiate che si aggiungono agli oltre 70.300 edifici coinvolti dal maltempo e 14.200 imprese danneggiate. Otto miliardi di danni a cui andranno aggiunti auto e mezzi persi, il mancato fatturato e la ricostituzione delle scorte delle aziende.
Già finiti i soldi per l’emergenza
Intanto i 200 milioni arrivati per le emergenze già erogati sono già finiti tanto che i sindaci sono costretti a fermare le ruspe perché non hanno copertura finanziaria. Così gli enti locali si caricano di debito fuori bilancio per incaricare aziende edili per aprire a volte anche solo una strada per portare medicinali, alimenti a chi vive in territori ancora isolati.
E proprio dalle province arrivano ancora impellenti richieste d’aiuto. Ad un mese dall’alluvione, molte attività sono ancora inagibili per la gran quantità di fango e detriti come succede a una attività turistica a Castenaso
“Io tutto ciò che avevo l’ho investito in quell’attività e ora non ho più niente” racconta Patrizia Passatempi, titolare del ristorante I Laghetti a Gianluca Notari di BolognaToday. “Ho cercato tra i volontari un elettricista e un imbianchino perché è tutto da rifare. L’allagamento è arrivato un metro e ottanta centimetri di fango e quindi dovuto buttare tutto: ora tutti i macchinari, tutta l’attrezzatura e tutto l’allestimento sono in giardino. Io altri soldi da investire non ne ho, ripeto: tutto ciò che avevo l’ho investito in quella attività”. Qui come altrove è ancora incessante l’opera dei volontari. “In molti vengono, anche fuori da Bologna, specialmente il fine settimana – spiega ancora la titolare del ristorante – io gli faccio da mangiare e mi sembra il minimo, ma è tutto ciò che posso fare”.
I volontari ancora al lavoro
Si attendono in rimborsi ma come raccontano altri ristoratori gli aiuti sono sempre troppo pochi: “Sono arrivati i moduli della Regione per la richiesta del rimborso ma sinceramente io con 5mila euro mi ci pulisco un dente” spiega Laura Cavallini di Sasso Marconi.
La terra all’esterno dello stabile che ospita la Trattoria Ganzole è ancora tutta lì e nelle cantine ci sono ancora due metri e venti di fango. “Sono stati portati via tanti camion di detriti, ma appena ricomincia a piovere ritorna tutto come prima. Siamo a un mese dall’alluvione, ma sembra ancora il secondo giorno. Tutti vengono a stringere mani, a parlare, a brigare, ma alla fine dovrò fare tutto io” spiegano a Bolognatoday.
“L’acqua continua ad uscire anche dal fiume Idice” conferma Sandra Rambaldi dal Centro Ippico Montefano di Budrio “Piano piano, ma esce. La situazione è identica ad un mese fa, con il dubbio però che se anche iniziassimo a ripulire i fabbricati l’acqua e il fango potrebbero rientrare”.
“La rottura dell’argine è ancora tutta lì. Ci hanno detto che l’acqua dovrebbe rientrare nel letto del fiume entro fine giugno, ma ci crederò solo quando l’avrò visto. Il punto è che per entrare nei fabbricati e pulire con il fango bisogna creare una via d’accesso che, ci hanno detto, dovrebbe essere a spese nostre. Ora io dico: noi avevamo speso soldi per l’attività, paghiamo le tasse, spendiamo per mantenere i nostri cavalli in un altro centro e ora dobbiamo anche pagare per questo? Mi sembra assurdo. I rimborsi della Regione vanno dai 3mila ai 5mila euro, ma naturalmente non sono ancora stati dati. Le domande vanno inviate entro il 30 giugno e magari qualche domanda verrà anche rifiutata. Che poi io dico: 3mila euro per chi ha avuto una casa distrutta mi sembra davvero una presa in giro”.
In tutta la regione, come comunicato dalla Protezione Civile, finora i cantieri di “somma urgenza” attivati sono 74, per una spesa totale di 93 milioni di euro. A Forlì sono ancora duemila le persone sfollate, 930 le famiglie con danni in casa e 300 quelle che devono ricorrere agli aiuti anche per mangiare. Tra i danni alle famiglie anche quelle alle autovetture. Solo a Forlì sono 350 i “veicoli alluvionati” rimossi a spese del Comune all’inizio dell’emergenza e raccolti nel grande parcheggio della fiera. I veicoli sono nella piena disponibilità dei proprietari e circa un centinaio di mezzi sono stati ritirati per tentare una riparazione. Sono circa 250 quelli ancora presenti nel deposito comunale. Situazione simile nel cesenate dove sono circa 600 gli sfollati dell’alluvione mentre ogni giorno la struttura di volontariato delle “Cucine Popolari” distribuiscono circa 120 pasti agli alluvionati. Ottocento le famiglie che hanno chiesto il rimborso aiuti.
Nell’anniversario della tragedia non si può dimenticare che questa tragedia ha portato via per sempre 14 persone, la metà delle quali nella provincia di Ravenna. Il 79enne Giordano Feletti. Il 73enne Delio Foschini e la moglie 71enne Dorotea Dalle Fabbriche. L’89enne Giovanni Sella. Il 75enne Giamberto Pavani. Il 68enne Fiorenzo Sangiorgi, trovato dopo una settimana. La 92enne Neride Pollini. Ma anche l’86enne Remo Bianconcini, morto nella “prima ondata” di maltempo, quella del 2 maggio. Morti per i quali la Procura di Ravenna ha aperto un fascicolo per l’ipotesi di reato di disastro colposo a carico di ignoti.
A Forlì perse la vita Vittorio Tozzi, 67 anni, morto la sera di martedì 16 in via Firenze 45 mentre cercava di recuperare i suoi animali al piano terra della sua casa, mentre la moglie lo attendeva al piano superiore. È stata la donna a gridare aiuto dal balcone di casa, attirando le attenzioni dei soccorritori che si sono precipitati sul posto. Ma per l’uomo non c’era stato nulla da fare, travolto dall’ondata di acqua. Sono stati rinvenuti il giorno dopo, sempre a Forlì, Franco Prati, 64 anni, e di Adriana Mazzoli, 53 anni. I cadaveri di marito e moglietrovati all’interno della loro casa di via Padulli 26, probabilmente allagata in pochi istanti dalla grande massa d’acqua che si riversava dal Montone, il cui argine è lì vicino, in una strada che è un poco più bassa rispetto alla via Emilia, di cui è traversa.
Era ancora al lavoro nella loro azienda a Ronta Marinella Palma Maraldi, 69 anni, e il marito Sauro Manuzzi, 73 anni. In via Masiera II producevano e confezionavano le erbe officinali e fiori per la pasticceria. Avvisati dalla figlia della rottura degli argini a Cesena non hanno fatto in tempo a mettersi in salvo. Marinella è scivolata ed è caduta nell’acqua e la corrente, che era molto forte l’ha trascinata via. Il suo corpo è stato poi ritrovato a circa 20 chilometri di distanza, sulla spiaggia di Zadina di Cesenatico. Sauro ha provato nella disperazione a cercarla, annaspando nell’acqua ma non ce l’ha fatta e dallo sforzo ha perso il fiato. Si è accasciato su un piccolo promontorio. A Calisese aveva perso la vita Riccardo Soldati: era in casa con la moglie ed era uscito nel giardino proprio quando detriti e fango sono scesi dal monte, investendolo e uccidendolo sotto il peso dello smottamento.
(da agenzie)

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