VENETO. LA LEGA REGOLA I CONTI DOPO IL FLOP ALLE URNE: 11 ESPULSIONI IN 4 PROVINCE
PUNITE LE CRITICHE ALLA LINEA DI SALVINI
Per ora le purghe decise dalla Lega in Veneto nei confronti di propri aderenti ribelli sono 11, ma altre potrebbero arrivarne in futuro, quando dovessero concludersi procedure ancora aperte. Minacciate da oltre un anno, ma rimaste in frigorifero per paura di contraccolpi elettorali, le espulsioni si sono adesso materializzate in almeno quattro province venete, Venezia, Padova, Treviso e Verona. Sono l’effetto sia delle critiche piovute sulla gestione delle candidature nelle comunali del 2022 (in particolare Padova e Verona), sia delle liste preparate alle politiche dello scorso settembre, che hanno registrato l’esplosione di Fratelli d’Italia, i quali ha praticamente doppiato la Lega per numero di voti in tutta la regione, anche nelle roccaforti leghiste, diventando la forza trainante del centrodestra.
L’espulsione più importante è quella di Fabrizio Boron, 52 anni, padovano, che cominciò a fare il consigliere di quartiere leghista nel lontanissimo 1995, quando aveva appena 24 anni. Nel 2014 e 2015 è stato assessore all’edilizia privata del comune di Padova. Nel 2015 è entrato in consiglio regionale (dove ha presieduto la commissione Sanità) ed è stato rieletto nel 2020 con la lista Zaia Presidente. Un fedelissimo, quindi, una vita all’ombra del Carroccio, anche se la sua posizione è da tempo quella di un eretico.
Ad esempio, da quando la Lega è stata commissariata da Matteo Salvini, che ha designato a dirigerla il giovane Alberto Stefani, Boron non sarebbe in regola con i contributi che ogni rappresentante leghista eletto è tenuto a versare nelle casse del partito.
La decisione del comitato di disciplina e garanzia della segreteria federale della Lega ha quindi una giustificazione ufficiale legata a questioni di rispetto delle regole interne, a cui si aggiunge l’appoggio che avrebbe dato a Mestrino, in provincia di Padova, all’ex vicesindaco che ha corso contro il sindaco leghista uscente.
Ma questa è un’accusa che Boron respinge. Ha infatti dichiarato al Gazzettino: “Io non ho sostenuto alcun candidato contro la Lega, sono andato una sera su invito di alcuni militanti espulsi a sentire le loro ragioni, ma non c’è un solo atto contro. La verità è che se perdiamo Vicenza, Padova e Verona e chi porta il partito a questi livelli viene promosso, non ci siamo. Ma c’è dell’altro. Se osserviamo bene, gli espulsi sono delegati al congresso regionale, Michele Rettore è addirittura nel direttivo provinciale. La manovra secondo me è togliere voti a chi vuole contrastare Stefani-Bitonci-Ostellari”. Con queste parole, Boron ha rincarato la dose nei confronti della dirigenza salviniana del partito. È la sostanza di quello che aveva detto quando il candidato leghista a Padova, nel 2022, era stato sonoramente sconfitto al primo turno dal rieletto Sergio Giordani. Allora Boron aveva dichiarato: “Tre persone a Roma hanno deciso il candidato Peghin e l’hanno calato dall’alto senza ascoltare quelli che in città ci vivono. Sapevo che ci saremmo schiantati e l’avevo detto”. Lo ha ribadito adesso visto che il centrodestra ha perso Piove di Sacco: “Scelte calate dall’alto. Non siamo più il partito dei militanti, ma un club privato”.
Le espulsioni ufficiali sono quattro nel padovano e sette a Vedelago (Treviso), altre due sarebbero in arrivo a Sona (Verona) mentre a Motta di Livenza undici militanti si sono dimessi per aver appoggiato un candidato sindaco contrario a quello della Lega. Sullo sfondo c’è però il congresso regionale, atteso da anni che ora dovrebbe essere celebrato dopo l’elezione di 420 candidati. Lo scontro sarà feroce. Il commissario Alberto Stefani si presenta appoggiato da Salvini. L’assessore regionale Roberto Marcato, fedele a Luca Zaia (che in apparenza resta alla finestra), è il principale sfidante in netta antitesi al segretario federale, visto che le espressioni usate da Boron sono molto simili alle critiche che ha formulato nei confronti dei vertici della Lega. Come terzo incomodo potrebbe spuntare l’ex assessore Franco Manzato, trevigiano, appoggiato dalla vecchia guardia composta dall’ex segretario regionale Gian Paolo Gobbo e da un altro eretico, l’eurodeputato Gianantonio Da Re che è l’ultimo segretario eletto del partito in Veneto.
(da agenzie)
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