VENTI ISCRITTI M5S HANNO IMPUGNATO L’ELEZIONE DI DI MAIO COME CANDIDATO PREMIER
DEPOSITATO L’ATTO DALL’AVV. BORRE’ CON CUI SI CHIEDE LA CANCELLAZIONE DEL RISULTATO… TRA LE CONTESTAZIONI L’INDAGINE PER DIFFAMAZIONE CHE RIGUARDA DI MAIO, LE LIMITAZIONI ALLA CANDIDATURA E L’ESCLUSIONE DEGLI ESPULSI REINTEGRATI
Riccardo Giuseppe Di Martiis, assistito dall’avvocato Lorenzo Borrè, impugna le Gigginarie, ovvero la competizione che ha portato alla scelta di Luigi Di Maio come candidato premier del MoVimento 5 Stelle alle prossime elezioni politiche.
Di Martiis aveva corso per la candidatura a sindaco con il MoVimento 5 Stelle a Venezia ma alla fine aveva ritirato la candidatura con la sua lista, dando via libera all’avvocato Davide Scano.
Nell’atto di citazione si legge che Di Martiis intende impugnare sia il regolamento che portava alla candidatura nel M5S che il risultato delle votazioni che hanno plebiscitariamente incoronato Luigi Di Maio a Rimini il 23 settembre scorso.
Di Martiis si muove insieme ad altri venti iscritti al MoVimento 5 Stelle, che impugnano per violazioni al Non Statuto e al principio di eguaglianza tra gli iscritti alle associazioni. Nell’atto si segnala la presunta violazione dell’articolo 7 del Non Statuto che dispone l’incandidabilità di chi è sottoposto a procedimento penale “per qualunque reato”, ricordando che Di Maio è indagato per diffamazione di Marika Cassimatis a Genova e si segnalano anche le iniziative giudiziarie nei confronti del reuccio da parte di Giovanni Favia e Roberto Maroni.
E contesta la limitazione della candidabilità ai soli portavoce, l’esclusione degli espulsi reintegrati dal tribunale e la mancata convocazione di diversi associati.
Nell’atto Riccardo Di Martiis afferma di non aver ricevuto la mail che lo invitava al voto, probabilmente a causa dei problemi della piattaforma dopo gli interventi di adeguamento del sistema operativo del M5S effettuati dalla Casaleggio nell’estate dell’hacking.
Poi l’avvocato Borrè passa ai motivi di impugnazione.
Il primo è il fatto che le regole del voto, emanate dal blog di Beppe Grillo nel settembre scorso, prevedevano l’esclusione di chi non fosse mai stato eletto con il MoVimento 5 Stelle, andando in contrasto con l’articolo 7 del Non Statuto, che recita: “i candidati saranno scelti fra i cittadini italiani, la cui età minima corrisponda a quella stabilita dalla legge per la candidatura a determinate cariche elettive, che siano incensurati e che non abbiano in corso alcun procedimento penale a proprio carico, qualunque sia la natura del reato ad essi contestato”.
L’introduzione del principio della candidabilità dei soli portavoce previsto dalle regole per la consultazione avrebbe inciso sulla libertà di candidatura degli associati al M5S introducendo il filtro di “una carica extrassociativa che viola il principio di uguaglianza tra soci”.
Sostiene poi il ricorso che è illegittima la regola che prevedeva l’esclusione di chi era parte ricorrente o attrice in ricorsi contro il MoVimento 5 Stelle e il suo garante (che dovrebbe essere Beppe Grillo).
L’atto poi contesta la norma che impediva la candidatura a chi è stato iscritto ad altri partiti e torna sulle motivazioni di impugnazione del gennaio scorso in una citazione sempre seguita dall’avvocato Borrè.
(da “NextQuotidiano”)
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