VERTICE E GOVERNO: I TRE SEGRETARI BULLETTI DA URNA
LE OPINIONI DI MENTANA, VIROLI E ANNUNZIATA SULLA SITUAZIONE POLITICA CHE SEMBRA RITORNATA CONFLITTUALE
Enrico Mentana
Bersani sa benissimo che l’articolo 18 sarà toccato.
Alfano sa altrettanto bene che la legge anti-corruzione si farà .
Al leader del Pd fa un gran piacere che non si riformi la Rai, così potrà continuare additarla ad esempio del perdurante conflitto di interessi dell’ormai ex premier.
E al segretario del Pdl non importa nulla del matrimonio gay, che non è certo all’ordine del giorno.
Perchè allora si agitano così? Perchè litigano e lanciano veti e proclami?
Entrambi fanno i bulli prima delle riunioni con Monti nel disperato tentativo di modificare l’immagine che fin qui hanno dato: i due partiti boa del centro-destra e del centro-sinistra allineati e coperti a sostegno dello stesso governo, appiattiti dietro a un gruppo di professori chiamati per paradosso a fare i supplenti. Alfano e Bersani, ma anche Casini e Fini, si sono accorti che a due mesi scarsi dal test delle elezioni amministrative, i loro partiti rischiavano di diventare invisibili, magari a vantaggio di chi, specularmente, sta cavalcando ogni battaglia anti-governativa anche per mettersi in mostra.
Ma almeno Di Pietro e Vendola questo lavoro l’hanno sempre fatto, e per la Lega è un ritorno alle origini…
Lucia Annunziata
Il bivio del Prof: finire o governare
I partiti giocano alla campagna elettorale a spese del governo Monti.
Al riparo del fatto che tanto il Governo non può cadere, si fa un po’ di battaglia politica per rimobilitare un elettorato disilluso. Ponendo condizioni all’esecutivo, ma senza metterne in discussione l’impianto.
Un po’ come quando al sicuro sotto l’ “ombrello Nato” (fantastica definizione fatta propria anche da Enrico Berlinguer) nel dopoguerra in Europa molti giocarono a fare gli antiamericani.
Ma nelle agitazioni attuali della politica c’e’ anche un pezzo di realta’ solida e potenzialmente devastante per il governo dei tecnici.
Assetto televisivo (Rai) e giustizia, i nodi in cui siamo arenati dal 1994, non sono evidentemente aggirabili.
Così come non lo è la richiesta da parte del paese di avere un riconoscimento, una relazione con l’attuale esecutivo.
I tecnici sono così arrivati, forse persino prima di quanto ci si aspettasse, a un bivio: decidere se rimanere solo una esperienza “ombrello” (e lentamente estinguersi) o se pienamente (e politicamente) governare.
Maurizio Viroli
La tregua sta per scadere
Della tregua che fino ad oggi ha retto fra i partiti politici e il governo Monti, si potrebbe dire, con le celebri parole di Ernesto Calindri, “non dura, dura minga, non può durare”.
I segni di tensione e conflitto che emergono da varie parti paiono confermare la diagnosi.
Le ragioni che inducono a pensare che il sostegno dei partiti al Governo Monti non possa protrarsi ancora a lungo sono principalmente due.
La prima, è che la tregua è nata dalla paura degli uni (Berlusconi e i suoi) di andare incontro ad una sconfitta disastrosa; e dalla paura degli altri (Pd) di non vincere le elezioni. Appena gli uni o gli altri valuteranno di poter vincere, addio governo Monti.
La seconda, è che la ragion d’essere di ogni partito è governare, e non è pensabile che un partito lasci per lungo tempo ad altri l’onere e l’onore del potere esecutivo.
Se lo facesse, dovrebbe inevitabilmente fronteggiare serie defezioni e conflitti interni. In presenza dell’opposizione aperta di uno dei due partiti maggiori, Monti, se incoraggiato dal Quirinale, potrebbe decidere di rassegnare le dimissioni e di presentarsi alle elezioni.
Se fosse disposto a compiere un tale passo, probabilmente vincerebbe, tanto è profondo e diffuso, nell’opinione pubblica, il disprezzo per i partiti politici.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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