ZAIA VUOLE SALVARE IL SUO VICE FORCOLIN
DOPO AVER DETTO CHE NESSUNO DEI TRE CONSIGLIERI LEGHISTI COINVOLTI NELLO SCANDALO BONUS SAREBBE STATO RICANDIDATO, ORA IL VOLTAFACCIA PER MANTENERE GLI EQUILIBRI INTERNI DELLA LEGA VENETA
Luca Zaia in difficoltà medita di salvare almeno uno dei “furbetti del bonus”. Il governatore del Veneto si ritrova tra due fuochi, con il rischio che Matteo Salvini lo cucini a fuoco lento.
Da un lato, si è intestato da subito la linea della severità contro i furbastri del bonus, lanciando il “Me Too al contrario” con l’effetto mediatico di apparire più “duro e puro” dell’insolitamente silente (e prudente) segretario del partito.
Dall’altro lato, è rimasto vittima della sua stessa intransigenza: dopo aver ventilato l’orientamento a non ricandidare i tre consiglieri regionali “colpevoli” di aver preso i 600 euro di sostegno anti-coronavirus alle partite Iva, orientamento poi confermato dal commissario leghista in Veneto Lorenzo Fontana, si ritrova con giunta e consiglio regionale in subbuglio a un mese di distanza dalle elezioni che dovrebbero sancire il suo trionfo.
Con il paradosso di un figurone davanti all’opinione pubblica versus un costo politico tutto da calcolare. E il sospetto che l’attendismo di Salvini faccia parte di una strategia per ridimensionare il competitor interno più ingombrante.
Così, per evitare di scottarsi, Zaia medita una exit strategy, pur consapevole che è stretta e impervia: sacrificare i due consiglieri Riccardo Barbisan e Alessandro Montagnoli, ma salvare il suo vicepresidente Gianluca Forcolin.
Fatto sta che la notte ha portato il governatore veneto a più miti consigli. “Incontrerò i consiglieri e poi renderò note le decisioni” ha avvertito. Probabilmente domani.
La parola, insomma, alla difesa, prima della sentenza definitiva. Ma Zaia già mette in campo una differenziazione di circostanze: i primi due hanno effettivamente preso il bonus per poi darlo in beneficenza – “Non è affatto illegale, bensì un tema di opportunità ” – mentre il terzo “è socio di minoranza di uno studio associato che ha presentato domande per i soci e i clienti”.
Colpa, dunque, di una socia dello studio legale. Una giustificazione di per sè debole, non troppo diversa da quella del Dem piemontese Diego Sarno (che comunque si è autosospeso dal Pd), secondo cui sarebbe stata la fidanzata consulente fiscale a inoltrare una serie di richieste per i propri clienti, infilando nel gruppo anche la sua.
Ovviamente la questione è tutta politica. Al rigore veneto non ha fatto da contrappunto un analogo pugno duro nella Lega nazionale.
Salvini, dopo due giorni di silenzio, si è espresso: “Ho dato indicazione che chiunque abbia chiesto o incassato il bonus venga sospeso e in caso di elezioni regionali imminenti non ricandidato”.
Oltre all’esclusione delle liste di tre fedelissimi, c’è un’altra prospettiva che turba il periodo pre-elettorale del Doge. Se si confermassero le indiscrezioni per cui via Bellerio imporrà a consiglieri e assessori regionali di correre sotto le insegne della lista per Salvini premier anzichè, come accadde la prima volta, in quelle a sostegno diretto di Zaia, sarebbero punti percentuali persi.
Allora, inimicarseli del tutto, potrebbe rivelarsi un errore. Sono valutazioni da fare in fretta. Forse, guardandosi le spalle.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply