“PER FAVORE AIUTATECI, QUI LA GENTE MUOREâ€: SU PROPAGANDA LIVE L’ORRORE DEL CENTRO DI DETENZIONE LIBICA
IL SERVIZIO DI FRANCESCA MANNOCCHI DALL’INFERNO DI TRIK AL SIKKA, UNO DEI CENTRI GESTITI DAI TRAFFICANTI LIBICI CON I SOLDI DI GOVERNI EUROPEI CRIMINALI
“Per favore, per favore aiutami. La gente qui muore. Ti stiamo implorando. Sentiamo il rumore delle bombe ogni giorno, ogni giorno”.
È il disperato appello affidato alla giornalista Francesca Mannocchi da Mohammed, 35enne del Ghana, finito nel centro di detenzione libico di Trik al Sikka dove vengono rinchiusi i migranti fermati dalle autorità libiche.
Il servizio, andato in onda ieri su La7 a Propaganda Live, documenta le condizioni di degrado totale in cui sono costretti a vivere i migranti bloccati in Libia.
“Qui non c’è acqua, ci danno due cucchiai di cibo al giorno. Puzziamo, non abbiamo vestiti nè scarpe. Ci hanno tolto tutto. Non ho più un telefono per avvertire mia moglie e i miei bambini che sono vivo. Vogliono che torniamo nel nostro Paese? Ok. Ma non qui, fate qualcosa per noi, vi prego”.
“Dopo quello che ha raccontato ieri Francesca Mannocchi a Propaganda Live non dovrebbero più esserci dubbi: no al rinnovo degli accordi con la Libia e subito una commissione d’inchiesta per indagare su quanto accaduto. Non farlo significherebbe essere complici”, così in un tweet Matteo Orfini, parlamentare del Partito Democratico.
Sempre Mannocchi, su L’Espresso, racconta un altro spaccato della Libia che è un atto d’accusa nei confronti degli accordi stretti da Roma con la Libia. Si tratta di un’intervista ad Abdul Rhaman Milan detto “Bija”, l’uomo accusato di essere un trafficante e invitato in italia nel 2017.
“Ho ricevuto l’invito [in Sicilia] da Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) tramite la Guardia costiera che fa parte della Marina libica. Il viaggio non riguardava solo l’Italia ma anche Tunisi e la Spagna. È stato un viaggio molto fruttuoso, in Italia abbiamo cambiato posto ogni giorno, in Sicilia, a Roma, nel Lazio. È stato utile perchè abbiamo visitato le navi dell’Operazione Sofia e della Guardia costiera italiana, il centro di accoglienza in Sicilia a Mineo”, racconta Bija.
“Abbiamo incontrato membri del Ministero dell’Interno […]. Non ricordo i nomi, non chiederli perchè non ricordo”. Il ministro Minniti? “Non so, forse, non ricordo”. “Siamo andati anche alla Guardia Costiera italiana — prosegue il libico — alla Croce Rossa italiana, al Ministero della Giustizia italiano e poi siamo andati al Palazzo del Ministero dell’Interno stesso”.
Italia complice di una associazione a delinquere.
(da agenzie)
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