“VOGLIONO NORMALIZZARE MILANOâ€: CHE ACCADE A PALAZZO DI GIUSTIZIA?
SI E’ APERTA UNA LOTTA INTERNA CHE RISCHIA DI SCREDITARE LA GIUSTIZIA
«Normalizzare Milano ». Questa è la frase che ricorre, dentro la procura.
È questo il «timore» che serpeggia. E in qualche modo lascia intravedere che cosa ci può essere al di là dell’attacco frontale che il procuratore aggiunto Alfredo Robledo ha sferrato a marzo al procuratore capo Edmondo Bruti Liberati.
«Normalizzare» vuol dire depotenziare, avvelenare, sminuire un ufficio in cui, da parecchi pubblici ministeri che badano al sodo, si sente dire: «Mettete in fila i nostri risultati negli ultimi quattro anni. Abbiamo scoperchiato crimini dei politici, della ‘ndrangheta e di Cosa Nostra, crimini dei colletti bianchi della Finanza, dei medici ».
Non solo: «Noi magistrati milanesi, per non sprecare tempo, abbiamo cominciato a impiegare, quando si può, i “riti immediati”.
In questo modo il tribunale riceve in tempi rapidi le carte e può giudicare in primo grado in tempi decenti, anche l’appello arriva in tempi più rapidi rispetto al passato.
Tutto questo è un bene per i cittadini, ma può dare fastidio a chi vede allontanarsi la possibilità delle prescrizioni dei processi».
Il barometro della procura segna, come mai nel passato, brutto tempo. E le previsioni portano ancora pioggia e tempesta. Forse sino a luglio: è un mese cruciale.
Perchè il 6 ci sono le elezioni dei magistrati ed è in atto una campagna elettorale molto vivace e senza esclusione di colpi. E perchè, sempre, a luglio Bruti potrà ottenere la proroga di altri quattro anni come capo della procura.
«Azzoppare» lui, può essere uno dei modi per «normalizzare » un ufficio che dagli anni Settanta «applica il principio che la legge è uguale per tutti».
Esagerazioni? Fatto sta che l’altro ieri Edmondo Bruti Liberati le ha cantate chiarissime all’Aggiunto. Appena chiusa l’indagine Expo coordinata da Ilda Boccassini, con sette arresti e ottanta perquisizioni, ha smentito le ricostruzioni di Robledo sull’assegnazione del fascicolo Expo; ha denunciato il rischio di «fuga di notizie» dopo il suo esposto al Csm; e ha sostenuto che Robledo, autoescluso dal vivo delle indagini, aveva persino rischiato di intralciarle con un pedinamento fuori luogo.
Infine, senza mezzi termini, Bruti — attenzione — ha chiesto al Csm più celerità nella decisione, perchè le indagini in corso sono importanti e occorre lavorare «in un clima di normalità , fuori dai riflettori sul “preteso” scontro nella procura di Milano».
I riflettori invece aumentano la potenza. Ieri Robledo ha replicato, dichiarandosi «leso nella dignità »; assicurando che «Bruti ha detto il falso»; che «sono radicalmente inventate e prive di qualunque fondamento le affermazioni» del capo sul pedinamento. E ha chiesto di essere ancora ascoltato dal Csm.
Come era stato un «inedito» l’esposto di Robledo al Csm, così è un inedito anche quanto successo ieri: Antonio Racanelli, magistrato, membro del Csm, e di Magistratura indipendente, ha chiesto al ministro Andrea Orlando («Stanno emergendo fatti gravi», ha detto) di inviare un’ispezione alla procura di Milano.
Una richiesta che, un tempo, veniva avanzata dagli avvocati di Berlusconi, fanno notare da Milano: ormai rassegnati a resistere sotto l’acquazzone.
In questo batti e ribatti, va aggiunto che se Bruti ha ricevuto critiche al Csm sulle sue scelte da Nunzia Gatto, Ferdinando Pomarici, Nicola Cerrato e Manlio Minale, non si può scambiare per dissenso il silenzio di tre procuratori aggiunti di peso, come Nobili, Romanelli e Forno, che rispettano Bruti Liberati e le sue decisioni.
E, intorno a Milano, gli schieramenti sono molto più frammentati e risentono del clima elettorale.
Bruti — va ricordato — è stato una delle anime di Md, ma nel 2010, al suo arrivo a Milano, la corrente di Area si era spaccata tra chi (ex Md) voleva lui (che ha vinto) e chi (ex Verdi) voleva Pomarici (perdente).
E oggi, mentre Area scema nei consensi, Magistratura indipendente sale.
Robledo stava in questa corrente, considerata di destra, ma non è per niente detto che abbia l’appoggio dell’intera corrente: dentro M. I. c’è infatti qualche ruggine tra la vecchia «ala nobile» dei Davigo e dei Maddalena e i nuovi, rappresentati da Cosimo Ferri, figlio dell’ex ministro.
Piero Colaprico
Leave a Reply