“È L’UNICA SCELTA PER CAMBIAREâ€: IL MOLLEGGIATO SI SCHIERA CON GRILLO
CELENTANO: “MI FIDO DI BEPPE NONOSTANTE LA PARTITOCRAZIA DICA CHE NON SAREBBE IN GRADO DI GOVERNARE. E A MILANO PUNTO SU AMBROSOLI”
Comincio a pensare che c’è del giusto nella sana minaccia di quel proverbio che dice: “Un popolo ha il governo che si merita”.
Dev’essere assolutamente vero, altrimenti non avremmo votato quelli che, da Andreotti in poi (e probabilmente anche prima), non hanno fatto altro che distruggere “il bel Paese”, e non solo fisicamente. Basta guardare con quale orrendo criterio costruiscono le città , ormai ridotte a un’ammucchiata di oscuri corridoi di cemento, le cui pareti ai bordi delle strade, fatte, non di case (come qualcuno osa chiamarle), ma di veri e propri loculi “tombali”, si innalzano arroganti fino a oscurare in fondo alla via il sereno tramonto del sole.
Ed è qui, insisto, il motivo della crisi.
Che non riguarda solo l’Italia ma l’intero Pianeta.
Le metropoli, come le chiamano i grandi “Tombiliaristi della scempia edilizia”, mortificano l’anima fino ad ammalare il cuore dell’uomo.
Le città , che prima erano dei paesi e prima ancora dei borghi, rispecchiano inevitabilmente l’umore dell’uomo e quindi la sua creatività .
Creatività che, dal famoso boom economico dopo la seconda guerra mondiale, è andata via via annientandosi grazie al modo osceno di costruire. E così l’uomo, che non si accorgeva, si rattristava senza capire il perchè.
Vi siete mai spiegati perchè l’uomo di oggi, che sia ricco o povero, entrambi schiacciati da questa crisi planetaria, è così pauroso?
Non si investe perchè non si sa in che cosa investire e qualunque titolo può crollare da un momento all’altro.
Le famiglie sono costrette a lesinare anche su ciò che devono mangiare per paura di non arrivare alla fine del mese. Centinaia di piccole e medie imprese chiudono rinunciando a lottare.
Tutto questo, che è tremendo, non si chiama neanche paura, ma sfiducia. Che è molto peggio e più terrificante.
Sfiducia quindi nel prossimo e nello Stato che ti abbandona, sfiducia nel tuo vicino di casa, che si espande a macchia d’olio e anche con i tuoi figli sei guardingo.
E allora? Perchè tutto questo pessimismo? Ve lo siete mai chiesto? Io sì.
Perchè ovunque vai, ovunque ti volti, non si vede uno straccio di segno che sia un segno o un colore anche pallido che da qualche parte spunti e ti dia la speranza che qualcosa cambi.
Che si metta in moto un che di possibilmente tangibile dai risultati imnediti e non a lunga scadenza come promette la politica: “In cinque anni faremo questo, abbasseremo le tasse, l’Imu, chi se ne frega del Sud, separeremo la Lombardia dal-l’Italia. Usciremo dall’Euro” (frase maldestra che anche il nuovo purtroppo pronuncia).
Insomma ciò che serve è qualcosa che incoraggi.
Qualcosa di concreto, di solido, in modo che lo si possa vedere con la luce dei nostri occhi senza aspettare domani ma ieri, prima che le elezioni ci dividano.
E allora sarà giusto e sacrosanto fare il tanto atteso confronto fra i politici, compreso Grillo.
Tutti insieme appassionatamente per buttare giù viale Sarca, o qualche altra via in qualunque città d’Italia.
Insomma, io non so come dirlo ed è probabile che non riesca a rendere bene l’idea di ciò che vorrei farvi capire. Certo non è facile.
È un po’ come quando i politici dicono e ripetono fino alla noia cose come: “Dobbiamo incrementare la crescita” — ma non ci dicono come — “dobbiamo creare posti di lavoro” — ma non ci dicono come.
Per cui, proverò a fare un esempio di basso profilo politico su Milano, che nel caso specifico ritengo invece un vantaggio.
In fondo a viale Sarca qualcuno ha costruito una serie di palazzi messi a schiera come dei giganteschi ossari, dove purtroppo andranno ad abitare delle persone vive che respirano. Se per esempio li demolissimo tutti e in quella ampia zona ricreassimo un quartiere con i tratti della vecchia Milano per ritrovarne il volto, dove tutto era a misura d’uomo, con i piccoli negozi in cui era inevitabile scambiarsi uno sguardo, un saluto di serena convivenza, a differenza degli asettici centri commerciali, nei quali invece lo abbassiamo lo sguardo per non perdere tempo.
Ecco io penso che, se lo potessimo fare, tra abbattere il brutto e ricostruire il bello, potremmo dare lavoro come minimo a due-trecento persone, senza contare l’indotto che ne deriverebbe sia dal punto di vista materiale che sentimentale .
Poichè la cosa più eclatante è l’energia positiva che si sprigionerebbe durante la creazione di un opera all’interno della quale, una volta completata, tornerebbero a rifiorire il sorriso e la gioia di abitare in un quartiere che la gente ama.
E quando si ama niente ti può fermare, il gioco dei sorrisi è già nell’aria e ti sussurra cose nuove da fare, fino a ritrovare anche il gusto di aggiustare e non di gettare una cosa quando si rompe.
Ma il popolo, come dice il proverbio, “ha il governo che si merita”.
Quale sarà dunque il “prossimo” che ci meritiamo?
Stavolta la risposta non si farà attendere molto. Mancano solo tre giorni al responso e la sorpresa credo che sarà grande: nonostante la partitocrazia si affanni a divulgare che, quand’anche Grillo vincesse, non sarebbe comunque in grado di governare perchè non ha esperienza.
Certo, questo è vero.
Ma quelli che hanno esperienza fin ad ora dove ci hanno portato?
Se è vero che invochiamo il cosiddetto cambiamento, non abbiamo altra scelta. Dobbiamo votare per lui, pur sapendo che qualche disagio non mancherà proprio a causa della sua inesperienza.
Nessuno nasce imparato e il suo movimento imparerà presto.
Del resto non c’è cambiamento, qualunque esso sia, che possa sfuggire a un periodo di scombussolamento e quindi di assestamento.
Se davvero vogliamo il cambiamento, dobbiamo affrontarlo con tutte le sue conseguenze.
Anche Ambrosoli, che è un bravo avvocato, non ha esperienza di governo, ma dobbiamo votare per lui se vogliamo che le cose cambino, perchè lui è il nuovo.
La Lombardia è il grande punto di riferimento per tutta l’Italia.
E Ambrosoli è l’uomo giusto. Per come parla, per come ride e per come guarda.
Io mi fido di lui e con lui mi piacerebbe intrattenermi in una conversazione interessante su quella che sarà “la grande Prateria Lombarda”.
Adriano Celentano
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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