Febbraio 15th, 2011 Riccardo Fucile
DAVANTI AL COLLEGIO, I DIFENSORI POTREBBERO RIPROPORRE UNA SERIE DI ECCEZIONI, TRA CUI QUELLA RELATIVA ALLA COMPETENZA… SARANNO TRE DONNE A GIUDICARE IL PREMIER
Cristina Di Censo ha depositato il decreto che dispone il giudizio per il presidente del Consiglio.
Una scelta motivata da ben trenta pagine di documento.
La prima udienza è stata fissata per il prossimo sei aprile.
“Sussiste la prova evidente per rinviare a giudizio Silvio Berlusconi”.
E’ anche su questa base che la Di Censo ha deciso.
Inoltre, il giudice ha confermato la competenza milanese del procedimento.
E lo ha fatto prendendo in considerazione tutte le obiezioni emerse dalla memoria difensiva del premier.
Non solo, ma il prossimo sei aprile, il premier verrà giudicato alla quarta sezione presieduta da giudizi donna, Carmen D’Elia, Orsolina De Cristofaro e Giulia Turri.
“Il peggio che si poteva pensare”, ha commentato Gaetano Pecorella, deputato del Pdl e già avvocato del premier.
“Vedendo un milione di donne in piazza contro il presidente Berlusconi — ha proseguito – non credo che possa costituire un vantaggio un collegio di tre donne, anzi forse sarebbe davvero opportuno che il principio della parità in qualche misura possa essere rispettato anche nei tribunali”.
Parti lese nel procedimento sono tre dirigenti della questura di Milano e la stessa Ruby-Karima.
Tutti soggetti che, almeno sulla carta, potenzialmente potrebbero decidere di costituirsi parte civile. Cosa che, sempre da un punto di vista puramente teorico, potrebbe fare anche la presidenza del consiglio.
Sarebbe un vero e proprio paradosso giuridico: l’istituzione Presidenza del Consiglio che si costituisce parte civile per ottenere il risarcimento di un danno subito dalla persona del presidente del consiglio.
Adesso la difesa ha 30 giorni di tempo per presentare un’istanza di rito alternativo, come il patteggiamento, o più verosimilmente il rito abbreviato, che comporta la riduzione di un terzo della pena prevista e inoltre si svolge davanti a un gip, a porte chiuse, e non in pubblico dibattimento.
La difesa di Berlusconi potrà presentare le sue istanze sulla competenza funzionale e territoriale davanti ai giudici del dibattimento.
ll giudizio immediato, che viene disposto quando la prova viene considerata evidente, prevede il salto dell’udienza preliminare (che si svolge davanti al gup) e lo svolgimento del processo.
Nel caso dei reati contestati al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (concussione e prostituzione minorile) la competenza a giudicare è del tribunale collegiale, formato da tre magistrati.
Il decreto di giudizio immediato contiene anche l’avviso che l’imputato può chiedere il giudizio abbreviato ovvero l’applicazione della pena su richiesta (il cosiddetto «patteggiamento»).
Decorsi i termini previsti per la richiesta di giudizio abbreviato, il decreto di giudizio immediato è trasmesso con il fascicolo al giudice competente per il giudizio.
Davanti al collegio i difensori potrebbero riproporre una serie di eccezioni, tra cui quella relativa alla competenza.
Per la concussione è prevista una pena dai 4 ai 12 anni, per la prostituzione minorile dai 6 mesi ai 3 anni.
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Febbraio 15th, 2011 Riccardo Fucile
UN ALTRO BEL BIGLIETTO DA VISITA PER L’ITALIA: DALL’EUROPA AGLI STATES, DA SUD AMERICA ALL’ASIA SI PARLA DI NOI SOLO PER UN PRIMO MINISTRO INDAGATO PER PROSTITUZIONE MINORILE
Con prevedibile velocità la notizia della decisione di sottoporre a processo immediato
il primo ministro italiano Silvio Berlusconi è rilanciata dai siti di informazione internazionale.
“Processo per accuse sessuali” scrive la Bbc dove si afferma che il primo ministro italiano dovrà rispondere delle accuse di aver pagato per fare sesso con una minorenne e abuso di potere.
“Processo per Berlusconi” titola anche il Guardian che rilancia subito la notizia con una ‘breaking news’ anticipando ulteriori particolari.
Il New York Times in home page sul sito scrive: “Berlusconi incriminato per prostituzione…”.
Il conservatore The Times apre l’home page con la foto del premier italiano e titola: “Berlusconi a processo per accuse sessuali…”
Il francese Le Monde titola: “la giustizia italiana decide un processo immediato contro Silvo Berlusconi”.
El Mundo titola: “Berlusconi sarà giudicato per abuso di potere e prostituzione di minorenni” e apertura sul caso Ruby anche per El Pais che spiega come il premier dovrà comparire davanti al Tribunale di Milano, dove sono pendenti già diversi processi nei suoi confronti.
La tedesca Bild scrive: “Scandalo sessuale, Berlusconi a processo” e commenta: “lo scandalo del bunga bunga ha le sue conseguenze”.
La Frankfurte Allemaine Zeitung titola asciuttamente: “A causa di uno scandalo sessuale con una giovane marocchina il presidente del consiglio italiano a giudizio”.
La Welt apre il suo sito parlando di “rito immediato” per il primo ministro italiano e pubblica una foto di un nervoso Berlusconi che si aggiusta il nodo alla cravatta.
In Giappone l’Asahi Shinbun scrive: “Nel caso dello scandalo di prostituzione minorile col primo ministro italiano Berlusconi, oggi, il giudice delle indagini preliminari di Milano ha incriminato il premier con l’accusa di prostituzione minorile e abuso di potere”.
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Febbraio 15th, 2011 Riccardo Fucile
“SONO ELETTO DAL 100% DEGLI ISCRITTI A FUTURO E LIBERTA’, AVRO’ IL DIRITTO DI DECIDERE CHI DOVRA’ GOVERNARE IL PARTITO?” … ALLA BASE DELLA DIVISIONE, QUESTIONI LOCALI E LE SOLITE AMBIZIONI PERSONALI
«Piccole questioni, presto si risolveranno».
Gianfranco Fini si tiene per un giorno lontano da Montecitorio e dalla guerra dei nuovi colonnelli di Fli.
Ventiquattr’ore dedicate per intero a Elisabetta e alle figlie, dopo le fatiche, le soddisfazioni ma anche le tante amarezze che gli ha riservato il congresso fondativo alla Fiera di Milano.
Ma la testa è dentro il groviglio di veti e controveti dei senatori “moderati”, ai quali il leader non intende cedere.
Lo racconta a chi gli ha parlato più volte ieri. «Essendo stato eletto dal cento per cento degli iscritti a Fli – è il suo ragionamento – avrò pure il diritto di decidere chi dovrà governare il partito. Io ho fatto una scelta: mi sono autosospeso. Non potrò essere io a reggere, ma abbiamo bisogno di un partito vero e di una guida certa e decisa».
E su questo punto, ribadirà ai “dissidenti” che lo sentiranno e lo vedranno oggi, non intende fare marcia indietro.
Non si torna a una guida collegiale, a un coordinamento allargato, in ogni caso non si torna indietro sulle decisioni già prese.
Meglio perdere qualche pedina, se sarà il sacrificio richiesto, ma dar vita a un partito «vero e compatto».
Perchè c’è una guerra da combattere, fuori il recinto ristretto di Futuro e Libertà .
Fini sa che in questa disputa tutta interna c’è molto di personale, ci sono le insofferenze caratteriali nei confronti di Bocchino da parte di una fetta del partito, c’è «una cosa tutta campana tra il nuovo reggente e Viespoli» per dirla con qualcuno dei finiani.
Ma i senatori sul piede di guerra – da Viespoli a Saia, da Valditara a Menardi –vogliono portare a casa qualcosa dalla riunione di oggi annunciata in pompa magna.
Non usciranno in massa da Fli, questa l’ipotesi più attendibile dopo il febbrile giro di consultazioni di ieri.
I dieci senatori firmeranno un documento fortemente critico nei confronti delle scelte imposte da Fini.
Chiederanno una parziale correzione di rotta, una gestione «più collegiale» del partito appena nato.
Si dichiareranno insoddisfatti dell’ufficio di presidenza e della scelta di Della Vedova quale capogruppo alla Camera.
Eppure, è proprio la designazione dell’ex radicale il segno di rottura, di discontinuità col passato targato An, quella sulla quale il presidente della Camera ha voluto scommettere a ogni costo.
Sebbene lo stesso deputato fosse disposto, viste le fibrillazioni, a fare un passo indietro.
Se Fini è rimasto alla finestra, ieri Bocchino, Menia e altri hanno lavorato alla ricucitura.
Sanno di poter contare al Senato su colleghi che comunque non lasceranno Fli e che peseranno nella riunione di oggi a Palazzo Madama.
Così Francesco Pontone, ex amministratore di An, e Mario Baldassarri, presidente della commissione Finanze: «Gli organigrammi contano, nella fase di transizione sarebbe stato meglio mantenere lo status quo, Fini ha deciso altrimenti. Ma conta di più il fatto di avere una strategia chiara e decisa e su questo il presidente è stato inequivocabile».
Fughe e rotture da scongiurare anche secondo Maria Ida Germontani, che spera «non accada nulla di drammatico, d’altronde Viespoli è un politico di esperienza».
Capo dei dissidenti, è vero, ma pur sempre titolare di una carica di tutto rispetto, presidente dei senatori, che perderebbe se anche uno solo dei suoi si defilasse.
Anche Urso, nuovo portavoce, è tornato ieri a lavorare a pieno regime alla presidenza della fondazione di FareFuturo che non intende lasciare.
Il fatto è che fuori, i berlusconiani hanno cominciato la caccia ed era inevitabile.
A guidare il pressing, neanche a dirlo, l’ex finiano Silvano Moffa, ora a capo dei “responsabili”.
Ha sentito Viespoli, ha sentito Urso.
Per adesso per lui porte chiuse.
Ma non nega le trattative, fa propaganda e allude: «Non mi stupirei se molti di loro, proprio quei nomi ll, facessero la stessa scelta che ho fatto io. Si può avviare una riflessione seria con coloro che pensavano di vedere un altro film» (lui di film da comparsa, da Rauti a Fini, ne ha già visti parecchi in effetti…ndr)
Lopapa Carmelo
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 15th, 2011 Riccardo Fucile
PER IL GIUDICE CRISTINA DI CENSO SUSSISTE LA PROVA EVIDENTE PER IL RITO IMMEDIATO A CARICO DEL PREMIER, ACCUSATO DI CONCUSSIONE E FAVOREGGIAMENTO DELLA PROSTITUZIONE MINORILE DALLA PROCURA DI MILANO… SARA’ GIUDICATO DA TRE MAGISTRATI DONNA
Per il Gip di Milano, Silvio Berlusconi deve essere processato con rito immediato. 
Lette le carte della Procura milanese, Cristina Di Censo ha disposto il giudizio immediato per il premier, accusato dei reati di concussione e prostituzione minorile nell’ambito del caso Ruby.
Il Gip ha inoltre fissato l’udienza: si terrà davanti alla quarta sezione penale il prossimo 6 aprile alle ore 9,30.
Dove Berlusconi sarà giudicato da tre donne, stando a quanto comunicato dalla cancelleria della quarta sezione penale: i magistrati Carmen D’Elia, Orsola De Cristofaro e Giulia Turri.
Parti lese, la stessa Ruby, al secolo Karima El Mahroug, marocchina, e il ministero dell’Interno.
Per il Gip Di Censo, dunque, sussiste la prova evidente per rinviare a giudizio Berlusconi con rito immediato.
Questa la prima reazione della difesa: “Non ci aspettavamo nulla di diverso” dichiara Piero Longo, difensore di Berlusconi con Niccolò Ghedini.
Dalla notifica del decreto, Berlusconi ha quindici giorni di tempo per decidere se ricorrere a riti alternativi, che in caso di condanna concedono lo sconto di un terzo della pena.
“In data odierna – si legge in una nota firmata dal presidente dell’ufficio Gip di Milano, Gabriella Manfrin – il giudice per le indagini preliminari Cristina Di Censo, ha depositato il decreto con cui si dispone ai sensi degli articoli 453 e seguenti del codice di procedura penale, giudizio immediato a carico dell’onorevole Silvio Berlusconi”.
Al premier la Procura di MIlano contesta di aver abusato della qualità di presidente del Consiglio per indurre i funzionari della Questura di Milano, la notte del 27 e 28 maggio dell’anno scorso, ad affidare Ruby alla consigliera regionale Nicole Minetti e per avere avuto rapporti sessuali con la giovane marocchina ad Arcore.
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Febbraio 15th, 2011 Riccardo Fucile
IL “PISTOLA” DELL’ATTENTATO TAROCCO SUBITO, DELLA ESCORT DI FINI INCRIMINATA PER ESSERSI INVENTATA TUTTO E DELL’INVENZIONE DEL FALSO ATTENTATO A FINI, ORA HA LA CONCORRENZA DI SALLUSTI CHE PUBBLICA IL PISTOLINO DI VENDOLA, NOEMI VESTITA DA ORSOLINA, GLI AMORI GIOVANILI DELLA BOCASSINI E LE FOTO DELLA MORI SOTTO LA CASCATA
A furia di insistere, gli sconvolgenti scoop del Giornale e di Libero, uniti alle manifestazioni di Mutanda Ferrara e Crudelia Santanchè, sortiscono i primi effetti: secondo un sondaggio di Ilvo Diamanti per Repubblica, il 59% degli italiani è convinto che B. è colpevole, il 20 che è innocente e il restante 20 non sa.
Ma gli sforzi dei signorini grandi firme convinceranno presto anche gli incerti. Un mese fa Belpietro rivelò che una escort era pronta a dimostrare di aver fatto sesso a pagamento con Fini; e che un supertestimone era pronto a giurare che ad Andria si stava organizzando un falso attentato a Fini per incolparne il solito B.
Ora la escort è stata incriminata per essersi inventata tutto e il supertestimone ha confessato di essersi inventato tutto.
Perchè si fossero rivolti proprio a Belpietro, detto anche Bufala Bill dopo la storia tragicomica del presunto attentato sventato dal suo caposcorta, è inutile spiegarlo: si sa che a Libero non si butta via niente.
Per non essere da meno, ieri il Giornale ha piazzato altri due colpi da maestro.
Dopo “gli amori segreti della Boccassini” (nel 1980 aveva un fidanzato giornalista e, di tanto in tanto, lo baciava, dunque B. è innocente); dopo gli altarini di Catherine Spaak (“esordì diciassettenne nel film La voglia matta vietato ai 14” dove “il vecchiaccio Tognazzi impazziva per lei, la sua frangia e il suo bikini”, dunque non può indignarsi per i bungabunga, dunque B. è innocente); dopo le foto di Noemi e dell’amica Roberta vestite da orsoline a Villa Certosa (dunque B. è innocente), lo zio Tibia sfoderato un altro titolone coi fiocchi: “Ecco il leader nudo (e in un luogo pubblico).
Non è Berlusconi”. E chi sarà mai?
La foto sfocata di tre giovani con una strisciolina nera sulle pudenda potrebbe ingannare, ma la didascalia non lascia dubbi: “Un giovane Nichi Vendola nel campo nudisti di Capo Rizzuto”.
Uno scoop mica da ridere: “Foto imbarazzante di Vendola… difendeva la libertà sessuale, ora lo acclamano come paladino dell’etica… Sinistra in piazza, ma l’unica foto scandalo è quella del suo Vendola”.
Capìta la doppia morale della sinistra in piazza?
Un milione di persone difende la dignità della donna e intanto 32 anni fa Vendola se ne stava nudo in una spiaggia di nudisti.
Poi dicono che non ci sono più le inchieste di una volta.
Ma ecco il secondo scoopone: Claudia Mori, pure lei in piazza, “nel 1985 nel film Joan Lui diretto e interpretato da Celentano (il marito, ndr) indossa un vestito bianchissimo sotto una cascata d’acqua: trasparente ovunque, tutto compreso, seno e pure il resto, il pube s’intende”.
La logica è stringente, non si scappa: la Mori non deve permettersi di manifestare per la dignità delle donne e B. è innocente.
E che dire di Francesca e Cristina Comencini che organizzano la protesta delle donne, dimenticando che il padre Luigi pervertì intere generazioni con un Pinocchio televisivo ad alto contenuto erotico?
Che ci faceva la pornofata turchina con quel burattino dal naso di legno che si allungava e si accorciava?
Immaginiamo la calca nella redazione del Giornale in questi giorni febbrili: segugi da riporto e da compagnia trafelati davanti all’uscio di Sallusti brandiscono prove sempre più schiaccianti dell’innocenza del padrone e dell’incoerenza della sinistra.
Molto richiesta la foto di Rosy Bindi nel giorno della prima comunione con un abitino da suora molto osè che lascia scoperte le caviglie.
Vale oro Susanna Camusso ritratta a un corteo di metalmeccanici in una tuta blu che fa intravedere curve molto pericolose e manda in tilt un’intera catena di montaggio, con gravi danni alla produzione.
Quotatissimi i dagherrotipi giovanili che immortalano Di Pietro all’asilo con il dito nel naso, il piccolo Bersani sul fasciatoio col pistolino di fuori infarinato di borotalco e un baby D’Alema già baffuto e occhieggiante con sguardo lubrico e la nurse che lo impomata con la pasta di Fissan.
Titolo: “Incastrati! I moralisti senza morale della sinistra, ecco le prove. Dov’era la Boccassini?”.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 15th, 2011 Riccardo Fucile
GLI SBARCHI SONO INIZIATI A GENNAIO, IL GOVERNO HA AGITO TARDI E MALE…SI E’ PUNTATO TUTTO SUL CORRIDOIO LIBICO, TRALASCIANDO LE ALTRE VIE DI ACCESSO
È la tempesta perfetta. 
L’onda migratoria è pronta ad abbattersi sulle coste italiane.
Gli ingredienti? Disoccupazione crescente, popolazioni giovani, crisi politiche.
Il risultato? Oltre un milione di nordafricani guardano oggi al di là del mare.
E “l’esodo biblico”, di cui parla il ministro dell’Interno Roberto Maroni, rischia di affondare per sempre le politiche migratorie del governo.
“L’idea di puntare tutto sull’accordo con la Libia si è rivelata miope – attacca Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati – ci si è limitati a tappare il buco del Mediterraneo centrale, senza badare agli altri buchi che si andavano aprendo: primo, quello via terra, sulla direttrice Turchia-Grecia; secondo, quello ora in partenza dalla Tunisia. È prevedibile che i rifugiati provenienti dal Corno d’Africa e dall’Africa subsahariana usino adesso la breccia aperta in Tunisia per raggiungere l’Italia. Il governo ha sottovalutato il problema, che era già prevedibile nel mese di gennaio, quando gli sbarchi dei tunisini sono cominciati ad aumentare. Non solo. Ha anche tardato ad aprire il centro d’accoglienza di Lampedusa e a coinvolgere l’Europa”.
Il Trattato con la Libia, che prevede tra l’altro la cessione di 6 unità navali della Guardia di Finanza alle autorità libiche, è molto oneroso.
Ed è strettamente legato all’accordo per la chiusura del contenzioso coloniale, che prevede investimenti da parte dell’Italia in infrastrutture per circa 3,4 miliardi di euro.
“Il terremoto politico del Nord Africa – sostiene Gian Carlo Blangiardo, docente di demografia alla Bicocca di Milano e collaboratore della fondazione Ismu – rischia di far saltare tutte le previsioni sui flussi migratori”.
La fondazione Ismu ha, infatti, stimato che da qui al 2030, anche in assenza di particolari crisi politiche nei Paesi d’origine, circa 900mila nuovi immigrati arriveranno in Italia, provenendo da cinque Stati africani.
Quali? Marocco (444.642 nuovi residenti), Egitto (123.569), Senegal (122.780), Nigeria (108.614), Tunisia (71.897).
Già oggi questi cinque Paesi incidono sui residenti africani totali in Italia per ben il 79,3%.
“Tutti i fattori sociologici, economici e politici che spingono a emigrare restano forti – conferma Lorenzo Coslovi, ricercatore del Cespi (Centro studi politica internazionale) – il rafforzamento dei controlli, compresa la discutibile politica dei respingimenti in mare, ha finora frenato i flussi”.
E oggi? “Se saltano i controlli alle frontiere tutto può succedere, ma attenti agli allarmismi: i viaggi restano cari e rischiosi, non tutti sono disposti a imbarcarsi”.
E qual è il giro d’affari legato a questa nuova ondata migratoria?
Dalle indicazioni dell’intelligence emerge una sorta di “tariffario” per il trasferimento illegale di migranti. L’Aisi (ex Sisde) ha segnalato che “per la direttrice nordafricana il corrispettivo preteso dai trafficanti oscillerebbe tra un minimo di 1000/1200 dollari a un massimo di 4000/5000, con la possibilità di frazionare l’importo versando ai gestori delle diverse fasi del percorso le provvigioni per le rispettive tratte”.
Vladimiro Polchi
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 15th, 2011 Riccardo Fucile
LA POLIZIA E’ RIMASTA SENZA MUNIZIONI, IL VIMINALE ORDINA: STOP ALLE ESERCITAZIONI…. I SINDACATI DI POLIZIA: “L’ENNESIMO SCANDALO DOVUTO AI TAGLI SULLA SICUREZZA, E POI PARLIAMO DI ALLARME TERRORISMO”… CHE BEL GOVERNO DI FINTA DESTRA
Le cartucce provenienti dalla Repubblica Ceca sono difettose.
E la Polizia italiana resta senza munizioni per le esercitazioni del personale. La notizia è contenuta in una circolare firmata da Vincenzo D’Agnano, direttore del Servizio Logistico del Ministero dell’Interno, che ha come oggetto “munizionamento calibro 9 Nato parabellum e da esercitazione: comunicazione indisponibilità “.
“Come è noto – scrive D’Agnano – a seguito di diversi inconvenienti verificatisi nel corso delle esercitazioni di tiro presso Uffici e Reparti del territori nazionale, è stata disposta cautelativamente la sospensione di 8 lotti di cartucce calibro 9 prodotte nel 2009 dalla ditta Sellier&Bellot, e 5 lotti dell’anno prima”.
Si tratta di svariati milioni di cartucce.
“La disponibilità residua – spiega il direttore del Servizio Logistico – che costituisce scorta nazionale per eventuali situazioni emergenziali e per assicurare il regolare svolgimento dei corsi di formazione, è esigua”.
Pertanto, fino a quando non ci sarà un nuovo acquisto (“dopo luglio”), “non potranno essere prese in considerazione e soddisfatte richieste di munizionamento”.
Spiega cosa sia successo Enzo Letizia, segretario dell’Associazione nazionale funzionari di polizia: “Durante le esercitazioni in più casi le cartucce ceche sono esplose. Il difetto è verosimilmente causato da una polvere da sparo troppo “vivace” (che costa anche la metà di altra polvere di maggiore qualità ), che determina una sovrapressione all’interno del bossolo quando si fa fuoco”.
La vicenda ha scatenato la reazione bipartisan dei poliziotti i cui sindacati, domani, incontreranno il vicecapo della Polizia Paola Basilone per parlare di tagli ai bilanci.
Il sindacato di area centrodestra Ugl-Polizia chiederà , ha annunciato il segretario nazionale Filippo Girella, “l’immediata apertura di una indagine interna per verificare se l’uso di proiettili difettosi abbia arrecato rischi per la salute e la sicurezza dei poliziotti. Perchè è stato acquistato materiale straniero quando quello italiano è di primissima qualità ? Se si appurasse che per risparmiare qualche euro è stata messa a repentaglio la salute degli agenti, sarebbe davvero grave e qualcuno ne dovrà rispondere”.
“In questi due anni – osserva Claudio Giardullo, della Silp Cgil – il numero delle scuole per agenti s’è dimezzato. Ora arriva questa riduzione dell’addestramento al tiro che, se non è costante, pregiudica l’efficacia e la sicurezza dell’intervento degli agenti”.
“Questo è l’ennesimo scandalo causato dal taglio dei fondi alla Sicurezza – tuona Franco Maccari, segretario del sindacato “indipendente” Coisp – bastano pochi lotti di proiettili difettosi per paralizzare l’attività di tutta la polizia di Stato. Siamo allibiti di fronte a questi appalti al ribasso che hanno come unico scopo abbattere i costi, incuranti delle conseguenze. Invitiamo i poliziotti italiani a controllare il proprio munizionamento e, se risulterà quello difettoso, chiederemo a tutti di riconsegnare le armi”.
“Se da una parte il ministro dell’Interno Maroni lancia l’allarme terrorismo – conclude Giuseppe Tiani, del Siap – e dall’altra siamo senza munizioni per le esercitazioni, immaginiamo come siamo messi con macchine e altri mezzi logistici. È impensabile che un Paese occidentale come il nostro sia ridotto a comunicare con una circolare di essere senza munizioni. Ma non potevano controllarle quando le hanno acquistate? E ora chi pagherà i danni dei lotti difettosi?”.
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Febbraio 15th, 2011 Riccardo Fucile
CONSIGLI DEI MINISTRI SEMPRE PIU’ BREVI: L’ULTIMO E’ DURATO CINQUE MINUTI, LA MEDIA E’ DI APPENA UN’ORA.. IN 409 GIORNI LA CAMERA SI E’ RIUNITA APPENA 171 VOLTE, IL SENATO 129
Una sola legge sfornata in quarantaquattro giorni. 
E non siamo nel bel mezzo della calura estiva o nel pieno della campagna elettorale.
Per giunta, non si può certamente dire che sia stato un provvedimento particolarmente impegnativo per il Parlamento: la conversione in legge di un decreto approvato dal governo a novembre dello scorso anno sui rifiuti della Campania.
Il bilancio dell’attività legislativa di Camera e Senato dal primo gennaio 2011 è tutto qua.
Un vuoto senza precedenti, che difficilmente sarà colmato.
Date un’occhiata ai calendari: dopo la sfacchinata dal Milleproroghe, altro provvedimento con targa governativa sul quale i deputati si sono accapigliati nel tentativo di infilarci dentro di tutto, comprese norme maleodoranti come il blocco delle demolizioni delle costruzioni abusive in Campania o l’ennesimo condono edilizio, la Camera ha in programma la discussione di alcune interrogazioni, qualche mozione sonnacchiosa e disegni di legge parlamentari senza alcuna speranza di passare.
Basta dire che durante tutto lo scorso anno di proposte non governative ne sono state approvate soltanto dieci. Il minimo storico.
Come al minimo storico sono le sedute.
Nei 409 giorni trascorsi dal primo gennaio del 2010 l’Aula di Montecitorio si è riunita in 171 occasioni.
Ancora più sporadicamente quella di Palazzo Madama. Dove i giorni di seduta sono stati 129.
Conosciamo le obiezioni. «L’attività parlamentare non si può limitare alle sedute. Per esempio, ci sono le commissioni…». Vero.
Ma a parte la singolarità di certi organismi (nel Parlamento del Paese con le leggi più complicate del mondo c’è da anni anche una commissione per la semplificazione normativa, ed esistono ben due diverse commissioni d’inchiesta sulla sanità pubblica), il loro lavoro dovrebbe sfociare quasi tutto nell’Aula.
Per non parlare dei casi in cui le commissioni fanno da tappo, com’è avvenuto in occasione del pareggio sul voto al federalismo.
Un imprevedibile effetto degli scossoni politici che hanno investito il centrodestra, certo.
Ma pur sempre un bel contributo alla paralisi che stiamo vivendo.
La situazione non sarebbe tanto diversa se a votare le leggi fossero soltanto i capigruppo, come ha proposto un paio d’anni fa Silvio Berlusconi («era una provocazione, un paradosso», si corresse poi il premier).
Per il semplice fatto che da votare c’è ben poco.
Quanto sia ormai profondo il senso di inutilità e frustrazione dalle parti del Parlamento lo dice il clamoroso gesto di un senatore ritenuto rispettabile come Nicola Rossi.
Che ha spiegato la sua decisione di gettare la spugna in questi termini: con questo sistema elettorale i parlamentari sono nominati dai partiti, e non avendo investitura popolare non possono avere indipendenza di giudizio, e senza di questa non si lavora. Stop.
Preso atto che tale stato di cose non si può cambiare con un colpo di becchetta magica, non ha potuto fare altro che dimettersi.
Non soltanto dal suo partito, con il quale si trovava comunque in dissenso per ragioni politiche, ma dal Senato.
Consumando così fino in fondo il divorzio da un Parlamento la cui funzione principale è diventata quella di ratificare leggi preconfezionate a scatola chiusa dagli uffici governativi.
Cosa che invece non hanno fatto altri, i quali pure a parole avevano manifestato disagio.
Il leghista Matteo Brigandì, per esempio: «Mi dimetto perchè non ha più alcun senso fare il parlamentare. Le Camere sono state svuotate di ogni loro funzione. Non hanno più alcun potere di iniziativa legislativa e sono state messe nella condizione di fare solo il notaio del governo», ha dichiarato un giorno.
Ma poi è rimasto onorevole fino a quando non è stato nominato dallo stesso parlamento nel Consiglio superiore della magistratura.
Per non parlare del recordman assoluto degli assenteisti, Antonio Gaglione, che è sbottato: «Stare in Parlamento è un lavoro frustrante, una perdita di tempo e una violenza contro la persona».
Dimettendosi subito dopo dal partito, il Pd.
Ma in Parlamento ci è rimasto.
Anche la coerenza ha un prezzo: ovviamente inferiore all’appannaggio da deputato che il Nostro continua a intascare.
Non che l’attività di governo sia particolarmente più frenetica.
Con le energie tutte concentrate a parare i colpi della magistratura che indaga sui festini nelle residenze di Silvio Berlusconi, come dimostrano i recenti propositi di rimettere in cima all’agenda dell’esecutivo il processo breve o il decreto sulle intercettazioni, resta evidentemente poco carburante per altro.
A giudicare dalla durata fulminea delle riunioni di Palazzo Chigi, le discussioni sulle questioni di merito dei singoli provvedimenti sono sempre più rapide. L’ultimo Consiglio dei ministri, quello sull’emergenza degli sbarchi a Lampedusa, è durato cinque minuti d’orologio: dalle 13.35 alle 13.40.
Il 21 gennaio, per esaminare e approvare una decina di provvedimenti, fra cui quisquilie come il Piano sanitario nazionale e la disciplina degli sfratti, oltre a quindici nomine, ci hanno messo poco più di un’ora.
La durata media delle 50 riunioni di governo dal primo gennaio 2010 a oggi è stata di 64 minuti, meno della metà di quella del precedente (e rissoso) esecutivo di centrosinistra.
E questo di per sè potrebbe anche non essere un segnale negativo.
Se non fosse però che mentre il dibattito interno si fa sempre più flebile, rimangono penosamente al palo progetti e riforme che rappresentavano l’ossatura del programma di governo.
Rendendo forse ancora più inutile l’esistenza a Palazzo Chigi, già di per sè sorprendente, di ben due strutture incaricate di seguire il «Programma»: quella del ministro Gianfranco Rotondi e quella del sottosegretario alla Presidenza Daniela Garnero Santanchè.
Qualche caso?
Il rilancio dell’energia nucleare (in clamoroso ritardo) e il piano casa (un flop gigantesco).
Mentre le iniziative per dare «una scossa all’economia», termine coniato dal governo Berlusconi sette anni orsono ma finora senza risultati, sono prigioniere della carenza di risorse economiche, quando non della necessità di recuperare consensi in pericolosa discesa o della mancanza di fantasia, come sta a dimostrare il riciclaggio di vecchie promesse mai decollate.
Piani per il Sud, riforme fiscali…
E siamo poi sicuri che i tempi di alcune proposte, per esempio la riforma della Costituzione nella parte che riguarda l’impresa, siano compatibili con il fiato corto di questa sedicesima legislatura?
Sergio Rizzo
(da “Il Corriere della Sera“)
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Febbraio 15th, 2011 Riccardo Fucile
IL TG MEDIASET A 6 MILIONI DI TELESPETTATORI CONTRO I 5,8 DELLA RAI…MINZOLINI STA DECRETANDO LA MORTE DEL TG1
Il Tg5 delle 20, due sere fa, ha battuto il Tg1 nella gara degli ascolti.
Senza un evidente motivo, il telegiornale di Mediaset ha avuto uno share commerciale del 23,37% con 6 milioni di telespettatori, mentre quello di Augusto Minzolini ha totalizzato il 22,05% con 5 milioni 899 mila telespettatori.
Il sorpasso sorprende ancora di più se si guardano le statistiche di domenica scorsa quando il tg diretto da Clemente Mimun aveva tenuto davanti agli schermi 5.527 telespettatori (share 20,65%), contro i 6.497 (24,36 di share) della prima rete Rai.
Il 23.37% del tg di Canale 5 contro il 22.05% del Tg1 è un dato senza precedenti che impone una profonda riflessione alla Rai.
È impensabile che un patrimonio informativo come quello del primo telegiornale del servizio pubblico finisca dilapidato in una preoccupante caduta libera di ascolti.
I numeri degli altri programmi della serata dimostrano che il problema riguarda specificatamente il tg di Minzolini.
Fuoriclasse, la fiction di Rai1, con protagonista Luciana Littizzetto, ha battuto la concorrenza, sfiorando i 6 milioni di telespettatori (5.905.000, con il 19,90% nel primo episodio, scesi a 5.534.000 (-21,91% – nel secondo).
Su Raitre, Che tempo che fa, con Fabio Fazio che la domenica ha tra gli ospiti fissi proprio la Littizzetto ha avuto 5 milioni 158 mila spettatori e il 17,04%.
Dal lato della concorrenza, Amici su Canale 5 è stato seguito da 4 milioni 115 mila spettatori, 18,60%.
Appena tornato, Affari Tuoi, su Rai1, ancora condotto da Max Giusti, ha avuto 6 milioni 57 mila spettatori (19,80%), battendo Striscia la domenica di Canale 5, 4.171.000 (13,82%).
Quindi il problema non sono in generale i programmi Rai, ma specificatamente il Tg di Scodinzolini.
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