Febbraio 4th, 2011 Riccardo Fucile
UN SONDAGGIO RIVELA CHE SONO SEMPRE PIU’ ACCETTATI: IL 52% DEGLI ITALIANI E’ FAVOREVOLE A CONCEDERGLI IL DIRITTO DI VOTO…IN ITALIA SI CREDE CHE SIANO IL 25% DELLA POPOLAZIONE, INVECE RAGGIUNGONO SOLO IL 7%
Un Paese senza immigrati? 
Impossibile: oltre sette italiani su dieci ritengono i lavoratori stranieri indispensabili alla nostra economia.
Non solo.
Il 52% è favorevole a concedergli il diritto di voto amministrativo.
E i reati?
Oltre la metà degli italiani crede che anche l’immigrazione legale aumenti il numero di crimini commessi nel Paese.
A misurare gli orientamenti dell’opinione pubblica italiana è il terzo rapporto “Transatlantic Trends: Immigration” curato, tra gli altri, dal German Marshall Fund of the United States e dalla Compagnia di San Paolo.
La lunga indagine fotografa le opinioni dei cittadini di Stati Uniti, Canada e di alcuni Paesi europei (Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Spagna, Olanda) sulla questione immigrazione.
Cosa emerge?
Rispetto al 2009, cala in tutti i Paesi (con la sola eccezione del Canada) il numero delle persone che considera l’immigrazione più un problema che un’opportunità : il 52% negli Stati Uniti (nel 2009 era il 54%) e il 45% in Italia (l’anno prima era il 49%).
La percentuale sale tra chi si dichiara politicamente di destra.
E ancora: in tutti gli Stati monitorati, i cittadini sovrastimano il numero dei migranti residenti (gli italiani credono che siano il 25% della popolazione, ben lontani dal 7% del dato reale).
Per quanto riguarda il nostro Paese, anche quest’anno il rapporto mette in evidenza le molte contraddizioni del caso-Italia.
Il 56% degli italiani ritiene infatti che anche gli immigrati in regola contribuiscano a far crescere la criminalità (l’anno precedente tale percentuale si fermava a quota 34%).
Ciò detto, stupisce che ben il 52% degli intervistati (uno dei dati più alti tra i Paesi monitorati) è a favore del diritto di voto amministrativo agli immigrati regolari e il 69% (il dato record in Europa) non crede che i lavoratori stranieri tolgano lavoro agli italiani.
Di più: ben il 76% ritiene che gli immigrati coprano i posti con carenza cronica di manodopera.
Non è tutto. In base al sondaggio, il 37% degli italiani crede che i musulmani siano ben integrati.
E il 47% ritiene che l’immigrazione sia una questione da gestire a livello europeo e non più solo nazionale.
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Febbraio 4th, 2011 Riccardo Fucile
LONTANA DA RIFLETTORI E POLEMICHE, HA 44 ANNI E CON VARIE DECISIONI IMPORTANTI ALLE SPALLE: DALLE BESTIE DI SATANA A FORMIGONI, DA DON VERZE’ ALLE RONDE PADANE… NON SI PUO’ CERTO DARLE UNA COLLOCAZIONE POLITICA
Poco più di un anno fa si è trovata di fronte Massimo Tartaglia, il quarantenne con problemi psichici che aveva lanciato in faccia a Silvio Berlusconi una statuina del Duomo di Milano.
E come prima cosa, ha deciso di tenerlo in carcere, perchè fuori avrebbe potuto essere di nuovo pericoloso.
Poi lo ha rinviato a giudizio per lesioni gravi.
Ora la gip del tribunale di Milano Cristina Di Censo riceve sulla scrivania un’altra pratica che ha a che fare con il Cavaliere, questa volta in veste non di vittima, ma di indagato per concussione e prostituzione minorile.
Sarà lei a decidere, probabilmente entro martedì, se il presidente del consiglio dovrà essere processato o meno con rito immediato, come richiesto dalla Procura.
Un giudice donna, dunque, che ha lavorato in silenzio e senza esporsi su inchieste delicate, spesso con importanti risvolti politici.
Nata a Piombino (Livorno) 44 anni fa, prima di approdare all’ufficio gip di Milano Cristina Di Censo ha lavorato alla Procura di Busto Arsizio, in provincia di Varese, dove tra l’altro ha fatto parte del collegio di corte d’Assise che ha condannato le celebri «bestie di Satana», cinque giovani giudicati colpevoli di tre omicidi commessi per «frustrazione», secondo le motivazioni della sentenza.
Nella culla della Lega, nel 1998 ha invece assolto sette persone che a Saronno avevano dato vita a una «ronda padana» e avevano bloccato due ladri d’auto, beccandosi così un’accusa di usurpazione di funzione pubblica. L’anno dopo è don Luigi Verzè, fondatore dell’ospedale San Raffaele e grande amico di Berlusconi, a uscire indenne da un processo che lo vedeva imputato di ricoveri non autorizzati dalla Regione per la sperimentazione dell’Urod, un farmaco disintossicante antidroga.
Nel 2007, il trasferimento a Milano e il primo caso importante nel suo nuovo ufficio: il rinvio a giudizio per aggiotaggio del patron della Lazio Claudio Lotito e del costruttore capitolino Roberto Mezzaroma.
Sono diversi i potenti su cui la Di Censo si pronuncia, per i motivi più vari.
Nel 2008 archivia una querela di Fabrizio Del Noce contro Claudia Mori: sul “Corriere della Sera”, la cantante aveva accusato il direttore di Raiuno di fare un «uso privato della tv pubblica».
Niente più che un «intangibile diritto di critica», sentenzia il gip, per di più basato su «fatti precisi e pertinenti».
Anche Roberto Formigoni ha avuto modo di attendere con apprensione alle sue decisioni, che poi gli sono risultate favorevoli.
Nel 2010, infatti, il giudice Di Censo ha archiviato gli esposti dei Radicali che denunciavano irregolarità nella raccolta delle firme per la lista del neo-rieletto governatore.
Un caso politico-giudiziario incandescente, dove l’«eterno» Formigoni rischiava seriamente di dover tornare a casa.
Intanto, nell’ufficio della gip toscana passano i fascicoli di importanti fatti di cronaca.
Nel novembre 2010, Cristina Di Censo dà il via libera al sequestro di un grande cantiere in zona Bisceglie a Milano, 300 mila metri quadri di edilizia residenziale che stava venendo su, secondo la Procura, in un terreno inquinato da due milioni di metri cubi di rifiuti tossici mai bonificati.
E ancora, in veste di gup, è lei che condanna a 16 anni di reclusione Oscar Guerrero Herrera: nel febbraio 2010 aveva ucciso un giovane egiziano, scatenando una violenta rivolta «etnica» in viale Padova, nella periferia della città .
Proprio ieri sono state rese note le motivazioni della sentenza: quell’omicidio non è stato una scintilla di rabbia, ma il frutto di uno scontro tra bande di «cittadini extracomunitari», interessate a «marcare il territorio».
Difficile, insomma, affibbiare un’etichetta politica, e men che meno «rossa», al giudice che a giorni si pronuncerà sul presidente del consiglio.
Le cronache non riportano sue dichiarazioni, nè prese di posizione di alcun genere.
Il Gip Caterina Di Censo ha scelto il silenzio, anche quella mattina dell’agosto 2010 in cui scoprì che qualcuno, mai identificato, era penetrato nel suo ufficio e in quelli di altri colleghi alla ricerca di carte su un’indagine allora sconosciuta al pubblico: il «caso Ruby».
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Febbraio 4th, 2011 Riccardo Fucile
A QUASI DUE ANNI DAL TERREMOTO TANTI SONO ANCORA SENZA CASA….GLI ASSISTITI RESTANO SEMPRE 38.965… UNO SFOLLATO, SFRATTATO DALL’ALBERGO, SI INCATENA PER PROTESTA
Imprese lente coi lavori, cittadini che perdono l’alloggio provvisorio, una emergenza
abitativa ancora irrisolta, a 22 mesi dal terremoto.
Giornate caratterizzate da una doppia protesta.
Alla Regione un cittadino si è incatenato per sollevare il caso dello sfratto dall’albergo e dell’impossibilità di rientrare nella sua abitazione originaria.
Al Comune una famiglia rimasta intrappolata nelle maglie della burocrazia ha riconsegnato le chiavi al sindaco con tanto di polemica.
Aveva avvisato più volte i politici dello spinoso caso della sua abitazione. I lavori in ritardo, la scadenza dei termini di legge a rischio, lo spettro della perdita dell’alloggio provvisorio.
«Risolvetelo finchè siete in tempo». Nessuno ha ascoltato il suo appello, lanciato anche a nome di altre persone che si trovano nelle sue stesse condizioni.
Alla fine Renato Vitturini, fotografo collaboratore del Messaggero, ha inscenato una clamorosa protesta incatenandosi ieri mattina davanti alla sede della giunta regionale a palazzo Silone.
Il gesto eclatante è stato attuato dopo aver ricevuto l’invito, dalla struttura di gestione dell’emergenza, ad abbandonare entro 48 ore l’albergo di Lucoli, dov’è ospitato temporaneamente insieme alla madre, in quanto l’abitazione principale, situata nel condominio Filadelfia di via Caprini, zona San Giuliano, è tornata agibile.
«Il provvedimento ci coglie di sorpresa», ha dichiarato.
«Adesso dove andiamo vivere io e mia madre? Alla Sge hanno informazioni sbagliate».
Trascorso il termine di 6 mesi, per le abitazioni B, la ditta deve terminare i lavori. Le ripercussioni dei ritardi le pagano i cittadini che perdono il diritto all’assistenza abitativa.
I lavori in quel condominio, già oggetto di furiose polemiche per una controversia infinita tra imprese, amministratori, tecnici e residenti, non sono stati completati e in tanti sono ancora fuori casa.
Vitturini, ricevuto negli uffici della Sge, ha poi deciso di sospendere la protesta a metà mattinata dopo le rassicurazioni ricevute.
«Ho dato mandato agli uffici commissariali di trovare una soluzione normativa idonea».
Lo ha annunciato il commissario per la ricostruzione Gianni Chiodi.
«Per il caso singolo», ha aggiunto Chiodi, «e per molti casi simili segnalati, è necessario stabilire il principio secondo cui le inadempienze non dipendenti da comportamenti dei cittadini non devono avere conseguenze sugli stessi. Ed è il caso che si è presentato, con un’impresa che non ha terminato i lavori nei tempi stabiliti e un cittadino rimasto senza alcuna copertura assistenziale. Per questo stiamo lavorando affinchè, se conseguenze devono esserci, per la mancata conclusione dei lavori in tempi certi, queste devono ricadere su chi è responsabile e non sui cittadini incolpevoli».
Mattinata di agitazione anche negli uffici provvisori del Comune a Villa Gioia, dove, come aveva promesso, il critico d’arte Emidio Di Carlo, insieme alla figlia, la scrittrice Stefania, è andato di buon mattino per riconsegnare le chiavi del suo alloggio del progetto Case al sindaco
Massimo Cialente il quale gli aveva risposto che «la materia non è di mia competenza, essendo passata la gestione alla Sge».
In questo caso, il problema sollevato dai cittadini è legato al cambio di esito di agibilità dell’abitazione occupata alla data del 6 aprile 2009.
La casa era stata riclassificata come B il 21 dicembre 2010, il che comporta, come precisato in una nota dall’avvocato Paola Giuliani, responsabile della funzione Assistenza alla popolazione, la perdita dei requisiti per mantenere l’alloggio del progetto Case.
Tuttavia la famiglia, impossibilitata a rientrarvi, è rimasta senza tetto. Anche questo caso è all’esame dei tecnici.
Sono 38965 le persone assistite nel Comune dell’Aquila e nei 56 centri del cratere sismico.
Si tratta di 715 unità in meno rispetto al 5 gennaio scorso.
Il dato è aggiornato alla data del primo febbraio.
Lo rende noto la Struttura gestione emergenza.
Sono 14684 le persone beneficiarie del contributo di autonoma sistemazione (11714 all’Aquila e 2970 nei Comuni del cratere); 22499 le persone alloggiate tra progetto Case, Map e affitti; 1454 le persone alloggiate in strutture ricettive (di cui 1017 nell’Aquilano, le altre nelle restanti province abruzzesi e 32 fuori regione) e 328 nelle caserme della Guardia di Finanza e Campomizzi.
Enrico Nardecchia
(da “Il Centro” giornale abruzzese)
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Febbraio 3rd, 2011 Riccardo Fucile
IL GOVERNO DEGLI ACCATTONI E DEI TRADITORI DELLA DESTRA ANNASPA IN ACQUE SEMPRE PIU’ AGITATE… IL CAPOCOMICO SI INVENTA SVOLTE, SCOSSE E RIFORME CHE AVREBBE POTUTO FARE 18 ANNI FA…LA LEGA HA PAURA DEL VOTO PERCHE’ GLI ITALIANI HANNO CAPITO CHE IL FEDERALISMO PATACCA PORTERA’ SOLO PIU’ TASSE PER TUTTI… MA LA POLTRONA NON LA MOLLANO E DI ELEZIONI NON VOGLIONO SENTIR PARLARE: PREFERISCONO COMPRARE SINGOLI DEPUTATI E VIVERE ALLA GIORNATA
Partiamo da alcuni dati resi noti da vari sondaggi: oltre il 60% degli italiani ritiene che Berlusconi debba dimettersi e una percentuale ancora più alta pensa che egli debba presentarsi ai giudici di Milano.
Fatta la tara di chi non ha un’opinione, solo il 30% pare disposto ad immolarsi per difendere il gran Sultano e appena un 20% non lo critica per i suoi atteggiamenti libertini (da cui nasce il Popolo del Libertinaggio)-
Il Pdl è dato al 27% contro il 25,5% del Pd (sondaggio Ipsos), il centrosinistra supera il centrodestra di una forbice tra il 2% e il 4%.
Il Terzo Polo è dato al 18,5%, la Lega è in fase calante (dal 13% di qualche mese fa, ora oscilla intorno all’11%).
Avanza Vendola che ha superato il 9%, mentre un 40% di italiani non sa ancora se e chi voterà , in caso di elezioni.
La maggioranza al Senato ormai Pdl-Lega se la scordano, non è più sicura neanche quella della Camera.
Se si andasse a votare, per Berlusconi sarebbe la fine e quindi egli cerca solo di mobilitare le truppe e di mettere sacchetti lungo gli argini del fiume, sperando che non trabordi, mentre Bossi arranca oscillante tra gli improperi dei padani che cominciano ad accorgersi di essere stati presi per il culo.
Altro che le riforme che Berlusconi annuncia dalla sala-caverna del Bunga Bunga di Arcore alla moda di Bin Laden, mentre i suoi miliziani talebani sparano dai tetti contro chiunque osi violare il coprifuoco del conformismo.
Sono le stesse riforme di cui parla da 18 anni e mai messe in atto: chi le ha sentite promettere quando era bambino ormai va a prendere i propri figli a scuola.
Non fatevi ingannare: mentre le amazzoni Maria Vittoria e Danielona invitano alla carica, le truppe delle chiappe d’oro sono più pronte alla ritirata strategica ormai, che all’attacco.
Tutto quello che c’era da sbagliare i piediellini sono riusciti a farlo, tutto quello che c’era da acchiappare lo hanno nascosto nelle casseforti, tutto quello che c’era da vendere alla Lega lo hanno regalato alle fameliche truppe padagne solo per pararsi il culo dai processi.
Ormai questa e’ diventata la Repubblica del rag. Spinelli che stacca assegni per remunerare puttane, madri di Noemi e persino fidanzate che pagano gli affitti a chi va a letto col proprio fidanzato presunto.
Se il Pdl dovesse cambiare simbolo, potrebbe trovare confacente il palo della lap dance della sala del Bunga Bunga, così tanti fintidestri, venduti sulla via di Arcore, potrebbero trovare “l’ancoraggio valoriale” di cui cazzeggiano sui media.
Per uomini “tutti di un pezzo” troviamo adatto un simbolico “pezzo di palo” intorno al quale dare vita alle contorsioni politiche che li ha portati a corte.
Un governo che si regge sul voto di parlamentari che hanno cambiato in pochi anni fino a 5 partiti, alcuni sotto processo, altri indagati, altri stimolati da agopunture e dentiere rifatte.
Un partito dove vengono promosse a incarichi pubblici amanti che si esibiscono la sera con le tette al vento al palo della lap dance, dove a Palazzo entrano prostitute che si lamentano pure dei pochi inviti e minacciano di portare via l’argenteria da casa, dove un premier chiama da Parigi per far “adottare” la piccola fiammiferaia marocchina che per tacere su chi le ha messo nella busta bigliettoni da 500 euro pensa bene di chiedere 4,5 milioni.
Questa sì che è destra, questa sì che è rivoluzione liberale, questa sì che è CUL-tura (molto culo) di destra, altro che noi che siamo cresciuti con le insane letture di Gentile ed Evola, Sorel e Brasillach, Prezzolini e Spirito, Celine e D’Annunzio, Henry De Monterlant e Drieu, Platone e Codreanu.
Altro che storia dei pellerossa e dei visi pallidi, ci siamo persi il testo fondamentale per poterci definire berlusconiani: “il culto dei culi flaccidi”.
Flaccidi ma ben attaccati alla poltrona.
Finchè dura e finchè il voto non li separi.
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Febbraio 3rd, 2011 Riccardo Fucile
FINI BLOCCA IL DECRETO “PIU’ TASSE PER TUTTI”…PER IL PDL “SI VA AVANTI LO STESSO”…BOSSI CHE AVEVA MINACCIATO ELEZIONI IN CASO DI PARITA’, ORA SE LA FA SOTTO ANCHE LUI
E’ finita 15 pari la votazione nella cosiddetta “bicameralina” sul federalismo
municipale.
Nonostante i tentativi del governo, che ha cercato di scongiurare fino all’ultimo momento questo risultato modificando il testo più volte, il risultato finale è che il parere formulato dal relatore è sostanzialmente respinto.
Un ultimo tentativo di salvare il decreto lo aveva fatto a pochi minuti dal voto la Lega, chiedendo di procedere per parti separate, ma il tentativo è stato bocciato dalle opposizioni.
Per evitare il blitz, infatti, Massimo Barbolini e Felice Belisario (Idv) hanno ritirato le loro relazioni e quindi la Lega ha ritirato la propria proposta.
Il senatore di Fli Mario Baldassarri ha votato contro ed è risultato decisivo per il pareggio .
Le interpretazioni sul valore del pronunciamento della commissione sono però divergenti.
“E’ solo un parere consultivo, il governo può tranquillamente andare avanti con il decreto sul federalismo”, sostiene il vicepresidente della Camera Antonio Leone (Pdl).
“Niente elezioni, andiamo avanti con il decreto” ha rincarato il presidente della Bicamerale Enrico La Loggia, sostenendo che il voto in Bicamerale sancisce che “è come se il parere della bicamerale non fosse stato espresso: come prevede la legge si può fare benissimo il decreto, anche nella versione modificata sulla quale c’è il parere favorevole della commissione Bilancio del Senato”.
Ed ancora: “Troppi del Terzo polo, la commissione va rivista”.
Di segno opposto il giudizio del Pd. “Si tratta di una doppia bocciatura, sia di natura politica che nel merito del provvedimento. Il centrodestra e il governo traggano le conseguenze”, ha commentato Davide Zoggia, responsabile Enti locali dei democratici.
“Il governo prenda atto che non ha la maggioranza per approvare il federalismo. Ora apra la crisi”, ha insistito l’altro pd Francesco Boccia. “Vediamo che fa il governo di fronte a questa bocciatura, per noi dovrebbe ritirarsi”, ha aggiunto il capogruppo dell’Idv al Senato, Felice Belisario.
“No comment” dopo il voto invece da parte del ministro dell’Economia Giulio Tremonti.
Subito dopo il pronunciamento il responsabile di Via XX Settembre si è recato a un vertice di maggioranza a Palazzo Grazioli insieme a Silvio Berlusconi e allo stato maggiore della Lega.
Stando ad indiscrezioni, anche il Carroccio sarebbe d’accordo nell’andare avanti in aula malgrado la bocciatura della commissione.
Ancora ieri sera Umberto Bossi giurava però che un pareggio non sarebbe bastato a scongiurare l’interruzione anticipata della legislatura e il ricorso alle urne.
Stamane il ministro delle riforme si era trincerato invece dietro ad un “Vediamo, vediamo”, in attesa di vedere gli effetti pratici del suo incontro di qualche ora prima con Gianfranco Fini.
La vittoria a maggioranza, infatti, era legata all’atteggiamento di un senatore di Fli, Mario Baldassarri. Il quale, iniziata la riunione, ha gelato i presenti, sillabando: “La mia valutazione del provvedimento non può essere positiva”.
Al di là delle schermaglie polemiche, il voto di oggi sembra avere un significato molto chiaro.
Secondo l’articolo 7 del regolamento della Commissione, il decreto si intende respinto, almeno in commissione: “Le deliberazioni della commissioni sono adottate a maggioranza dei presenti, considerando presenti coloro che esprimono voto favorevole o contrario. In caso di parità di voti, la proposta si intende respinta”.
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Febbraio 3rd, 2011 Riccardo Fucile
GLI SCENARI DOPO IL VOTO: PIU’ COMPLICATO IL PERCORSO DEL DECRETO… LE IPOTESI AL VAGLIO NON LASCIANO TRANQUILLA LA LEGA: PORTARE LA LEGGE ALLE CAMERE, RINUNCIARE ALL’OK DEI COMUNI O RICOMINCIARE TUTTO DACCAPO
Ci sono pareggi che aprono scenari più complicati di una sconfitta.
La metafora sportiva descrive bene lo stallo in cui potrebbero trovarsi maggioranza e governo dopo il voto di di oggi della Bicamerale sul fisco municipale.
Fallito anche il pressing finale sul finiano Baldassarri, che si è arenato ieri sull’istituzione di un fondo per gli inquilini, e fatti salvi ripensamenti dell’ultima ora, restano i numeri di un pari annunciato: 15-15.
Un risultato che complica le cose per un provvedimento a cui la Lega ha legato la sopravvivenza della legislatura.
Nonostante l’impegno del Presidente del Consiglio ad andare avanti e il vertice notturno con il Carroccio, una cosa è certa: senza una maggioranza politica in Commissione l’iter del decreto sul fisco municipale è destinato ad allungarsi.
E la querelle interpretativa, che si è subito aperta, testimonia le difficoltà di trovare un percorso che non suoni come una forzatura del dettato legislativo e che metta al sicuro il provvedimento dal ricorso di qualsiasi cittadino. Almeno tre le strade allo studio dell’esecutivo:
1) Portare il testo così com’è (e quindi con le modifiche volute dall’Anci) alla prova delle Camere.
2) Eludere l’esito del voto in Commissione e tornare in Consiglio Dei Ministri (perdendo le modifiche volute dai Comuni, avverte l’opposizione) per la deliberazione finale.
3) Azzerare tutto e procedere con una nuova approvazione preliminare da parte del Cdm e un nuovo esame in Conferenza Unificata e in Bicamerale. Un’ipotesi, la terza, che appare difficilmente praticabile per il tempo necessario, mentre è già calendarizzato, nei lavori della Commissione, l’esame dello schema di decreto che riguarda le Regioni a statuto ordinario e i costi e i fabbisogni del sistema sanitario.
Il regolamento della Commissione.
Il punto di partenza obbligato è il voto odierno.
Pdl e Lega con la senatrice dell’Svp Helga Thaler diranno il loro sì alla proposta del relatore La Loggia.
Scontato, dichiarazioni alla mano, il no di Pd e Idv con i 4 voti allineati del Terzo Polo (Baldassari, D’Alia, Lanzillotta, Galletti).
Parità perfetta.
A questo punto il regolamento della Commissione all’art.7 parla chiaro: “Le deliberazioni della Commissione sono adottate a maggioranza dei presenti, considerando presenti coloro che esprimono voto favorevole o contrario. In caso di parità di voti la proposta si intende respinta”.
Contrariamente a quanto successo per i tre decreti attuativi precedenti, quindi, la palla tornerebbe al governo senza un parere positivo della Commissione.
“Il dato politico non può passare inosservato”, ha già avvertito il Pd, “non ci sono le condizioni nè politiche nè giuridiche per andare avanti”.
Senza dimenticare, poi, che la bozza al vaglio della Bicamerale è quella che ha ottenuto il sì dell’Anci, mentre sul testo originario i Comuni avevano posto il loro veto.
“Un parere non espresso”, secondo il presidente Enrico La Loggia, consentirebbe comunque un ritorno al Consiglio Dei Ministri per il pronunciamento finale.
Solo sulla versione iniziale del provvedimento, ribatte il segretario della Commissione, Linda Lanzillotta (Api) sottolineando come “in mancanza di una procedura corretta, a parte l’aspetto promulgativo, si rischi di esporre tutto il sistema ai ricorsi di qualunque cittadino”.
In realtà che la strada da seguire non sia tanto chiara neanche alla maggioranza lo dimostra che sulla questione è stato chiesto un parere ai presidenti di Camera e Senato.
Ad illustrare il responso di Fini e Schifani sarà probabilmente lo stesso La Loggia nella conferenza stampa convocata dopo il voto.
Cosa prevede la legge.
Il dibattito maggiore ci concentra comunque su quanto prevede la legge delega 42/2009, quella che istituisce anche la Commissione Bicamerale e le assegna il compito di “esprimere i pareri sugli schemi dei decreti legislativi”. Sono almeno due i passi che si prestano a interpretazioni divergenti, entrambi contenuti nell’articolo 4, comma 2.
Nella parte iniziale si afferma: “decorso il termine per l’espressione dei pareri di cui al comma 3, i decreti possono essere comunque adottati”.
Una dicitura che sembrerebbe andare incontro alla maggioranza.
Meno chiara appare l’interpretazione di quanto segue: “Il governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, ritrasmette i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni e rende comunicazioni davanti a ciascuna Camera. Decorsi trenta giorni dalla data della nuova trasmissione, i decreti possono comunque essere adottati in via definitiva dal Governo”.
E’ evidente, spiega Lanzillotta, “che in questo caso il governo non avrebbe nessun parere a cui non intende conformarsi”.
L’esecutivo potrebbe comunque andare in Aula per spiegare le sue ragioni, chiedere eventualmente un voto e dopo 30 giorni adottare comunque il provvedimento.
Con i numeri di Montecitorio perennemente in bilico, fanno notare dall’opposizione, paradossalmente, per un provvedimento tanto caro a Umberto Bossi, potrebbero essere preziosi gli umori dei Responsabili composti da diversi esponenti di Noi Sud.
Non è l’unica votazione a rischio.
Per il momento è passata in secondo piano la questione del voto in Commissione Bilancio, nonostante secondo l’opposizione, “diverse misure contenute nel provvedimento lascino dubbi sulla copertura finanziaria”. Formalmente la Bilancio dà un parere al governo e non alla Bicamerale e quindi contrariamente ad altre commissioni si riunirà dopo il voto di oggi, spiegano in Parlamento.
A leggere tra le righe, notano alcuni esponenti centristi, con “i numeri in bilico anche in questo caso a Montecitorio, la mossa mira a non aggravare la situazione e a levarsi per il momento d’impaccio”.
Che il quadro sia già abbastanza complesso infatti non c’è dubbio: quanto basta per far perdere la pazienza a chi sul federalismo fiscale ha puntato tutto.
Pasquale Notargiacomo
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 3rd, 2011 Riccardo Fucile
RAFFA, ARIS E LE “ROMANE”, DECINE DI DONNE COINVOLTE…MOLTE FANNO LE PENDOLARI TRA LE RESIDENZE DEL CAVALIERE E VIA DEL PLEBISCITO
Chi sono le “romane”? 
Perchè le ragazze “milanesi” del bunga bunga, lagnandosi al telefono per i mancati pagamenti di Berlusconi, sono invidiose delle invitate ai “giri di Roma”?
Quelle che fanno “queste cene anche due o tre volte alla settimana”.
C’è uno spaccato, nelle intercettazioni della Procura di Milano, che riaccende i riflettori su uno scenario di cui si era già occupata due anni fa un’altra Procura (Bari) con un’inchiesta ancora aperta (sempre per prostituzione).
Che tipo di serate si svolgono a Palazzo Grazioli, la residenza romana del presidente del Consiglio?
C’è una telefonata tra Nicole Minetti e Barbara Faggioli.
E’ il 23 gennaio 2010 e le due ragazze spettegolano sui compensi ricevuti da altre Papi girl a Arcore.
Ce l’hanno con Raffaella Fico, soubrette in partenza per l’Isola dei famosi. “Stando a Roma – dice Minetti – lei lo vedeva anche là , lo sai che a Roma fanno queste cene due o tre volte alla settimana… nell’ultimo periodo un po’ meno, ma prima sì”.
“Davvero?”. “Sì – aggiunge il consigliere regionale del Pdl – lo so perchè mi chiamavano, poi me l’ha detto anche la Raffi (Fico) stessa. Io mi sono un po’ avvicinata a lei per capire anche i giri di Roma”.
“Essì”. “(a Roma) due o tre volte la settimana (Berlusconi) vedeva spesso Cinzia, Valeria e Raffa”.
Riferimenti al “giro romano” anche nella chiacchierata tra Minetti e Aris Espinoza.
E’ l’11 gennaio. Post-serata a villa San Martino. “erano tutte là così, la Giada e gente varia di Roma”, fa Aris.
Si possono isolare tre tipologie di “ragazze” che frequentano – molte a pagamento – le feste di Berlusconi: le ospiti di Arcore, quelle di Palazzo Grazioli; e quelle che fanno la spola tra le due dimore (e Villa Certosa).
Tra queste ultime figurano Ioanna Visan, la Fico, Barbara Guerra, Barbara Faggioli, Marystell Polanco, Aris Espinoza, le gemelle Imma e Eleonora De Vivo.
L’elenco completo comprende decine di donne: molte straniere, alcune prostitute.
Ma torniamo all’estate 2009.
Tra Bari e Roma deflagra lo scandalo delle escort a Palazzo Grazioli.
Di fronte ai pm baresi due prostitute raccontano le loro “marchette” in via del Plebiscito.
“Nel letto eravamo io, due ragazze di Roma e Berlusconi”, mette a verbale Terry De Nicolò.
“Oltre a me a palazzo c’erano molte escort, per lo meno cinque”, è il racconto di Patrizia D’Addario, la protagonista del secondo scandalo sessuale (dopo Noemi) che nel 2009 coinvolge Berlusconi.
I magistrati vogliono capire come funziona quel giro di sesso a gettone: una trentina di ragazze inviate nelle case del capo del governo dall’imprenditore barese Giampaolo Tarantini, il sensale indagato per prostituzione e arrestato per droga. D’Addario e De Nicolò parlano di festini, di donne pagate e portate a palazzo senza nessun controllo all’ingresso.
D’Addario è per la prima volta a Palazzo Grazioli il 15 ottobre 2008.
In quell’occasione si rifiuta di trascorrere la notte nel “letto grande” regalato al premier da Vladimir Putin.
Ci rimarrà la notte del 4 novembre.
Ma perchè il 15 ottobre Patrizia, “affittata” per 2 mila euro, lasciò Palazzo Grazioli?
“Andare via non è stato un colpo di testa – sostiene la escort – . Le orge non mi sono mai piaciute e avevo intuito che mi sarei trovata in quella sgradevole situazione se fossi rimasta dopo la cena e i balli”.
Altre quattro prostitute entrate a Palazzo Grazioli, invitate da Tarantini, sono Vanessa Di Meglio (5 settembre e 8 ottobre 2008), tale Karen e Niang Kardiatou (10 dicembre 2008, anche per loro 1000 euro), e Sonia Carpendone, detta Monia, che giunge a Roma da Milano con una ragazza che si presenta come sua sorella ma che – raccontò Giampaolo Tarantini – “appresi da lei chiamarsi Roberta Nigro” (una dei 28 testimoni interrogati dai legali del premier per controbattere alle accuse dei pm del Ruby-gate).
Fu pagata per “fermarsi dal presidente” (17 dicembre 2008) anche Camilla Cordeiro Charao (“Scorie” su Rai2), ex compagna del figlio di Adriano Galliani.
E’ passato un anno e mezzo da quelle testimonianze.
Ora le luci dello scandalo Ruby tornano a illuminare la residenza più “istituzionale” del presidente del Consiglio.
Alcune delle “arcorine” dei bunga bunga erano ospiti abituali anche lì.
Annina Visan ci va l’8 ottobre e il 16 ottobre 2008 (“la pagai 1000 euro in vista di una prestazione sessuale con il presidente”; Tarantini).
Con lei c’è la showgirl Barbara Guerra.
Ma come sono i party “romani”? Chi invita le ospiti?
Quando non provvede direttamente il padrone di casa, molto attiva è Sabina Began, l'”Ape Regina” che presentò Tarantini al premier.
“Sono io che organizzo le feste”, ha confidato in un’intervista a Sky Tg24. Began a palazzo Grazioli è una presenza fissa da anni.
Raccontano che le rare volte in cui non è “in lista” irrompe rivolgendosi al Cavaliere con tono di scherno.
Ha molte e belle amiche, soprattutto straniere, e le presenta a Berlusconi. Intensa attività di pr svolge anche la deputata Maria Rosaria Rossi, già organizzatrice delle cene al castello di Tor Crescenza, e il cui nome compare nelle carte dell’inchiesta di Milano.
Tra le strette amicizie capitoline del premier c’è poi un’altra donna rimasta finora nell’ombra: è brasiliana, si chiama Miriam Marcondes.
Oltre a animare le feste – riferiscono fonti che frequentano Palazzo Grazioli – cura gli spostamenti di molte “ospiti” tra Roma e Milano.
Chi sono? E come ci si diverte nel palazzo dei vertici di governo?
Tra le più assidue della sala da pranzo (e delle feste), oltre alle già citate si segnalano la pugliese Imma Di Ninni (Un due tre stalla), l’ex gieffina Carolina Marconi (una delle Tarantini-girl), la cantante sassarese Cristina Ravot, la neo gieffina Valentina Costanzo, leccese, per gli amici “la segretaria”, e Giada Culite (Il lotto alle otto).
Di quest’ultima, della Marcondes e di Letizia – assunta a Medusa dopo una laurea in legge – si dice si diano un gran daffare per rallegrare le serate a palazzo con dei balletti.
Allestiti con l’aiuto di coreografi.
Le “grazioline” si travestono cambiandosi di abito nelle camere. Chi ha assistito agli spettacolini racconta di una cosa a metà tra il Bagaglino, il Lidò e il Burlesque.
Gli spettatori abituali dei dopo cena? Il capo del governo, il presidente di Medusa Carlo Rossella e Tarak Ben Ammar, potente produttore tunisino e vecchio amico di Berlusconi.
A fine serata tra le ragazze scatta lo stesso spirito di competizione delle feste di Arcore.
Il premier viene avvicinato, coccolato, blandito: addirittura nel suo studio.
Chi chiede denaro, chi una casa, chi un aiuto.
Nella capitale – emerge dalle carte – il metodo di cessione degli appartamenti alle “ragazze” è lo stesso già sperimentato alla “Dimora Olgettina” di Milano 2.
Ne discutono al telefono, il 17 settembre 2010, Minetti e Imma De Vivo. “Possiamo vedere questo trilocale e poi al limite, se lui decide di mettere anche un’altra persona… come ha fatto lì… ha fatto anche a Roma di solito così. Ha messo una o due poi è andata la terza”.
Così vanno le cose a Roma, “due o tre volte alla settimana”.
Paolo Berizzi
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 3rd, 2011 Riccardo Fucile
SENZA DECRETO LEGGE NON POTRA’ MAI FUNZIONARE, AMMESSO CHE INTERESSI QUALCUNO: LE DOMANDE SONO STATE APPENA 91 IN LOMBARDIA E 22 IN SARDEGNA (UNA RIGUARDAVA VILLA CERTOSA, PROPRIETA’ DEL PREMIER)….INVECE CHE LAVORO, IL BLUFF DEL GOVERNO HA GENERATO FINORA SOLO LA PROTESTA DEGLI IMPRESARI EDILI
Il Cavaliere sognava («con immodestia», precisò) di passare alla storia grazie al grande Piano per la casa che nel 2008 era stato uno dei pilastri della campagna elettorale berlusconiana.
Confessò la debolezza davanti alla telecamere di Porta a Porta, tre giorni prima delle elezioni, ricordando quasi con commozione il piano varato nel 1949 da Amintore Fanfani.
Paragone ardito, visto com’è andata finora.
Perchè a quasi tre anni di distanza il presidente del Consiglio ha dovuto prendere atto di un imbarazzante buco nell’acqua.
«Siamo fermissimi: non si può fare niente. Abbiamo fatto un Piano casa per ampliare le abitazioni, abbattere vecchi edifici, aumentare del 33% la cubatura. Ma non mi risulta che siano stati aperti cantieri», ha detto alla conferenza stampa di fine anno, il 23 dicembre 2010.
La colpa? Silvio Berlusconi punta il dito contro i «politici professionisti» dei Comuni e degli enti locali, dove «il rilascio delle licenze è sempre un’opportunità per introiti illeciti ».
Comunque un’ammissione clamorosa di impotenza, alla luce della determinazione con la quale il premier, nel marzo del 2009, quando dal fronte delle Regioni erano stati sollevati numerosi problemi, aveva sentenziato: «Decideremo noi».
E ora, fra emendamenti (abortiti) al Milleproroghe, promesse e annunci, siamo al terzo, quarto, o forse quinto tentativo di rilancio.
Vedremo quale coniglio uscirà venerdì dal cappello del consiglio dei ministri.
Il flop non ha risparmiato nemmeno le amministrazioni in mano all’attuale maggioranza: nonostante Berlusconi si fosse esposto a più riprese in prima persona.
«Garantisco che le Regioni di centrodestra daranno via al Piano casa entro la fine del mese», aveva proclamato il 13 giugno del 2009.
Arrivando a precettare i governatori a lui fedeli, poche ore prima delle regionali del 2010: «Dove vinceremo approveremo immediatamente il Piano casa ».
E così, più o meno, è stato.
Dei risultati attesi, però, nemmeno l’ombra.
La Lombardia, per esempio. In quella Regione la legge che ha recepito il piano nazionale è passata a tambur battente.
Peccato che le domande, sei mesi fa, fossero soltanto 91. Novantuno su 1.546 Comuni.
Volume d’affari, si e no 200 milioni, come ha scritto sul Corriere Andrea Senesi, contro i sei miliardi previsti dal governatore Roberto Formigoni. Seguendo le più elementari regole dello scaricabarile la responsabilità del fallimento è stata addossata ai sindaci, colpevoli di non aver garantito un’adeguata grancassa all’operazione.
Nella Sardegna di Ugo Cappellacci, invece, le pratiche erano appena 22.
Una di queste riguardava Villa Certosa, la residenza di Berlusconi. Oggetto: costruzione di bungalow abitabili.
Forse il premier del «governo del fare» sperava nell’effetto emulazione. Ma non ha funzionato…
A modo suo, tuttavia, il presidente del Consiglio ha ragione. I problemi sono in periferia.
Anche se più che nei «politici professionisti» le responsabilità della paralisi locale del Piano casa vanno individuate nella incredibile stratificazione di regole e competenze locali in materia urbanistica.
Una faccenda ben nota a Palazzo Chigi fin da quando si è cominciato a discutere il progetto, fra mille difficoltà , con le Regioni.
Tanto che, il governo aveva promesso di sbloccare la situazione con un decreto legge per semplificare le procedure edilizie.
Quel provvedimento, però, nessuno l’ha ancora visto.
Dal varo del piano è trascorso un anno e mezzo e il governo ha dovuto incassare anche una protesta di piazza senza precedenti degli imprenditori edili.
Per ora quella «sferzata da 50 miliardi di euro all’economia » nella quale confidava Berlusconi ancora un anno fa grazie al Piano casa, resta una pia illusione.
Sergio Rizzo
(fa “Il Corriere della Sera“)
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Febbraio 3rd, 2011 Riccardo Fucile
LA RUBY, CON PRECEDENTI PER FURTO, E’ IN FONDO UNA PRINCIPIANTE…LA POLANCO CONVIVEVA CON UN TRAFFICANTE DI COCAINA, LA DE VIVO CON UN FIDANZATO AGLI ARRESTI DOMICILIARI PER CAMORRA, LA MONREALE CON UN ESPONENTE DELLA MAFIA BARESE, LA SAVINO E’ INDAGATA PER RICICLAGGIO CON I BOSS DELLA FAMIGLIA PARISI, SABINA BEGAN ERA LEGATA A UN TRAFFICANTE DI DROGA KOSSOVARO, LELE MORA SUBI’ UN ARRESTO PER DROGA A VERONA
Non c’è solo il bunga-bunga. 
Ad Arcore e nelle altre residenze di Silvio Berlusconi entrano, senza controlli, decine di persone che vivono sul crinale tra legalità e illegalità , a volte in rapporti stretti con narcotrafficanti e camorristi.
Karima El Marhoug, la Ruby che ha scatenato l’ultima indagine giudiziaria sul presidente del Consiglio, è denunciata per furto e frequenta, a Milano e a Genova, personaggi non proprio specchiati.
Ma è alle prime armi, se confrontata con altre ragazze che hanno partecipato alle feste di Arcore, di Palazzo Grazioli, di Villa Certosa.
Marysthell Garcia Polanco conviveva, nel residence di via Olgettina, con un trafficante di cocaina arrestato il 4 agosto 2010 e condannato il 26 gennaio 2011 a otto anni di carcere.
Eleonora De Vivo, una delle gemelline portafortuna di Silvio, vive a Napoli assieme al fidanzato, Massimo Grasso, che è agli arresti domiciliari per camorra.
Barbara Montereale, la ragazza entrata a Palazzo Grazioli nel 2008 insieme a Patrizia D’Addario, era la fidanzata di Radames Parisi, rampollo di una potente famiglia della mafia barese.
Elvira Savino, la deputata Pdl che Dagospia ha ribattezzato “la Topolona” , è finita indagata per riciclaggio, insieme a esponenti della famiglia Parisi. Sabina Began, l’Ape Regina che ha tatuato sulla caviglia “S.B. l’incontro che ha cambiato la mia vita”, frequentava Bashkim Neziri, trafficante di droga kosovaro.
E Lele Mora, accusato di essere uno dei fornitori di prostitute di Berlusconi, non ha forse iniziato la sua carriera a Verona, con un arresto per droga?
L’ultima storia è ancora aperta: gli investigatori del gruppo antidroga (Goa) della Guardia di finanza, coordinati dal pm Marcello Musso, stanno indagando sul gruppo di Carlos Manuel Ramirez De La Rosa, 27 anni, domenicano, beccato in flagrante il 3 agosto mentre vendeva 108 grammi di coca.
L’hanno arrestato a casa della Polanco, in via Olgettina 65, dove viene trovata una cassetta di sicurezza con dentro 54.550 euro in banconote, una macchinetta contasoldi e documenti falsi.
Nella cantina di Marysthell, 25 tavolette di cocaina (2,7 chili). Altre 88 tavolette (10 chili) vengono trovate in un box affittato da Ramirez, in via Portaluppi.
Ma quel giorno vengono fermati altri uomini del gruppo e i chili di droga sequestrati sono alla fine più di 18.
Anche Nicole Minetti viene sfiorata dall’indagine sulla droga: perchè Ramirez utilizza la Mini Cooper verde di proprietà di Nicole Minetti.
Eppure l’auto non viene nè sequestrata nè perquisita.
I rapporti del Goa fanno intendere che la ex igienista dentale di Berlusconi e attuale consigliera regionale del Pdl era all’oscuro dell’uso che veniva fatto della sua auto.
E la sua amica Marysthell ?
“Allo stato”, si legge nel verbale del Goa, “non vi sono elementi probatori che confermino un coinvolgimento della Garcia Polanco nei fatti riconducibili alla detenzione di cocaina”. Ma le indagini continuano.
Di droga ad Arcore si parlò già nel 1995, quando fu arrestato il giardiniere della villa, Massimo Spada, con 30 grammi di cocaina.
La polizia perquisì il suo luogo di lavoro e nella dependence di villa San Martino dove sono sistemati gli spogliatoi del personale trovò una busta con circa mezzo etto di cocaina.
Del resto, nella villa viveva, nei primi anni Settanta, quell’eroico Vittorio Mangano che fu poi condannato per traffico di ben altre quantità di droga. Vecchie storie?
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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