Destra di Popolo.net

FABIO GRANATA E FILIPPO ROSSI GIOVEDI 23, ALLE ORE 18, A GENOVA PRESENTANO “IL FUTURISTA”

Giugno 19th, 2011 Riccardo Fucile

ATTESO APPUNTAMENTO PER LA DESTRA GENOVESE CON IL DIRETTORE DELLA RIVISTA MOVIMENTISTA E IL VICEPRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ANTIMAFIA…. I DUE ESPONENTI FINIANI PARLERANNO NELLA PRESTIGIOSA LOCATION DI PALAZZO DUCALE, IN PIAZZA MATTEOTTI… FUTURO E LIBERTA’ PER UNA GENOVA FUORI DAGLI STECCATI

Due voci fuori dal coro, sicuramente due esponenti di area finiana fuori da schemi precostituiti e dal carattere anticonformista che li ha portati ad assumere posizioni anche “provocatorie”. Filippo Rossi è stato uno degli intellettuali di riferimento di FareFuturoweb per lungo tempo, fino alla realizzazione del nuovo progetto “il Futurista” che ha assunto sia la forma redazionale sul web che la cadenza settimanale in edicola.
Animatore di Caffeina e organizzatore di numerosi confronti con intellettuali di aree diverse, Filippo è uno spirito libero, slegato da schemi culturali pregressi, convinto che la destra del futuro vada fondata su nuovi presupposti, costruiti attraverso un percorso nuovo e comune, patriottico, laico e repubblicano.
Le stesse basi, ma in chiave politica, sono l’elemento che caratterizzano Fabio Granata, considerato uno dei più stretti collaboratori di Gianfranco Fini nella nuova avventura di Futuro e Libertà .
Fabio è un punto di riferimento per la Destra che difende la legalità , il rispetto delle Istituzioni e della magistratura.
Nelle sua veste di stimato vicepresidente della Commissione Antimafia è stato protagonista di numerose iniziative a sostegno degli operatori della giustizia e della sicurezza nella lotta che portano avanti contro la criminalità  mafiosa in territori difficili come in Sicilia.
Si è impegnato nell’opera di moralizzazione della casta politica, proponendo un rigoroso codice etico per chi entra nelle Istituzioni.
Spesso ha rappresentato l’anima critica anche in Futuro e Libertà  convinto che nella coerenza delle scelte politiche risieda il futuro di una destra deberlusconizzata che ambisca un domani a governare il Paese.
Un partito nuovo che sappia volare oltre i vecchi schematismi e le tradizionali alleanze., per ritornare a parlare di valori, di idee e di programmi.
La presentazione de “il Futurista” è fissata per le ore 18 di giovedì 23, a Genova , nella splendida cornice di Palazzo Ducale (P.za Matteotti 5, primo piano) e nella prestigiosa sala (g.c.) della Società  di Letture e Conversazioni Scientifiche.
Ora che lo sapete, cercate di esserci…

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BLUFF PONTIDA: IL SOLITO BOSSI ALZA (SI FA PER DIRE) LA VOCE, MA POI, INVECE DEI FUCILI, IMPUGNA LA PISTOLA AD ACQUA

Giugno 19th, 2011 Riccardo Fucile

LA LEGA GOVERNA DA OTTO ANNI SU DIECI E SE LA PRENDE SEMPRE CON GLI ALTRI: STAVOLTA TOCCA AL PREMIER, AD EQUITALIA, A CHI NON SA CALCOLARE LE QUOTE LATTE, ALLE BOLLETTE DELL’ENEL, A TREMONTI… BOSSI SI DIMENTICA PERSINO DOVE ABITA A ROMA ED E’ FREDDO CON MARONI CHE GLI VOLEVA RUBARE LA SCENA…SE LA LEGA PERDE LE POLTRONE ROMANE SI SFASCIA: TROPPI GLI INTERESSI DI POTERE DEI CAPIMANDAMENTO LOCALI

La leadership di Silvio Berlusconi, così come il sostegno alle politiche di Giulio Tremonti, non sono scontati e qualcosa potrebbe cambiare nei prossimi mesi se il premier e il ministro dell’Economia non verranno incontro alle richieste della Lega, soprattutto in materia fiscale.
Per il momento però l’ipotesi di una rottura dell’asse Carroccio-Pdl e di conseguenti elezioni anticipate non è all’ordine del giorno perchè   votare oggi significherebbe far vincere la sinistra.
Ma “la leadership di Berlusconi potrebbe finire con le prossime elezioni”.
E’ questo in estrema sintesi il messaggio che l’intervento di Umberto Bossi dal palco di Pontida recapita a Roma.
Davanti a una folla di 20.000 persone che ha più volte interrotto il discorso del leader scandendo l’urlo “secessione-secessione”, Bossi ha parlato per circa tre quarti d’ora.
Più una sequenza di battute che un vero e proprio discorso.
Un comizio tutto sommato deludente per chi dal tradizionale raduno si aspettava una svolta dopo le “sberle ” prese dal Carroccio in occasione di elezioni amministrative e referendum e indicazioni chiare per il futuro del “movimento verde”.
Il primo punto toccato da Bossi sono state le tasse. Ricordando che “la pressione fiscale ha superato ogni limite”,
Il Senatur ha invitato Berlusconi e Tremonti a percorrere tutte le strade possibili per reperire nuove risorse, a cominciare dalla riduzione dei costi della politica (parlano proprio loro che hanno sputtanato 300 milioni per far svolgere i referendum staccati dalle amministrative n.d.r.) e dallo stop alle missioni di pace.
Innanzitutto quella in Libia che “ci è costata un miliardo di euro”.
Poi va cambiato il patto di stabilità .
“Giulio – ha avvisato Bossi – lascia stare i Comuni. Bisogna riscrivere il patto di stabilità . Caro Giulio se vuoi ancora i voti della Lega in Parlamento per i tuoi provvedimenti ricorda che non puoi toccare i Comuni, gli artigiani, le piccole e medie imprese altrimenti metti in ginocchio il Nord”.
Mosse, quelle sul fisco, dalle quali dipende il futuro sostegno del Carroccio al premier.
“Caro Berlusconi – ha spiegato – la tua premiership è in discussione dalle prossime elezioni se non saranno effettuate una serie di cose” (quindi per ora può andare avanti)
Precisando poi che “non c’è nulla di scontato” e “sulla leadership di Berlusconi può darsi che la Lega dica stop”.
L’apertura di una crisi di governo su iniziativa leghista non sembra però all’ordine del giorno perchè, ha avvertito Bossi, “non ci prenderemo la responsabilità  di far andare in malora il paese” in quanto se si andasse alle elezioni subito “questo sarebbe un momento favorevole alla sinistra”.
Al centro del comizio del Senatur anche la rivendicazione del trasferimento dei dicasteri da Roma al Nord.
“Berlusconi aveva già  firmato il documento poi si è cagato sotto” (ha parlato il capitano coraggioso)”, ha affermato Bossi spiegando di aver siglato insieme a Roberto Calderoli “due decreti ministeriali” per il trasferimento in Lombardia:
“Il mio Ministero e quello di Calderoli – ha detto – verranno in Lombardia a Monza, dove il sindaco ci ha messo a disposizione una sede” presso la Villa Reale. “Ci ha già  consegnato la targa del Ministero per Villa Reale”, ha precisato.
Roba da avanspettacolo.
Sul palco di Pontida c’è stato spazio anche per due brevi interventi di Calderoli e Maroni.
Quest’ultimo in particolare è stato acclamato dalla folla che sin dal mattino esponeva striscioni inneggianti a una sua nomina a Palazzo Chigi.
“Il Capo già  ha detto tutto, ha detto cose molto chiare e molto forti: chi ha orecchie per intendere, a Roma, ha già  inteso”, ha sentenziato.
Parlando poi della crisi in Libia, Maroni ha sostenuto che “i missili non sono intelligenti, per fermare i profughi c’è solo un modo fermare la guerra” (insomma, sparagli per ora rimane solo la seconda opzione n.d.r.)
“Abbiamo contro la Nato – ha aggiunto – che ha detto che non può fare un blocco navale per i clandestini in uscita, abbiamo contro l’Europa che non ci aiuta e la magistratura che è a favore dei clandestini”.
Quello che Maroni finge di dimenticare è che esisitono le leggi delle società  civile che impediscono l’approvazione di norme discriminatorie e razziste e a cui lui non si è uniformato.
Un intervento invece, quello di Bossi, senza un concetto espresso in modo lineare, ora contro Equitalia e un governo (il suo) che ha fatto peggio della sinistra disturbando troppo gli evasori fiscali, ora federalista e ora secessionista, ora   critico sulle ganasce fiscali alle auto e ora difensore dei delinquenti delle quote latte.
Un discorso dove pone 12 condizioni a Berlusconi per andare avanti che solo un ricattato potrebbe accettare perchè altrimenti basterebbe rispondere a Bossi: “Hai perso le elezioni quanto noi; vuoi andare da solo? Quella è la porta e poi vediamo quanti poarlamentari resterebbero col culo per terra”.
Una farsa a Pontida, l’ennesima celebrata nel “vecchio teatrino della politica”   in cui Silvio è maestro.

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LA LISTA DELLA SPESA CHE LA LEGA VUOLE PRESENTARE ALLA CASSA DI SILVIOMARKET

Giugno 19th, 2011 Riccardo Fucile

LE 12 RICHIESTE MESSE NELLO SCADENZIARIO DA “BARCOLLO MA NON MOLLO” (LA POLTRONA)…ENTRO 180 GIORNI IL PRODOTTO VA CONSUMATO: MA IL TEMPO PER LA LEGA E’ SCADUTO E LA SUA MERCE ORMAI AVARIATA

Al termine del comizio di Umberto Bossi, sul prato di Pontida è stato distribuito un volantino con le 12 richieste che il Carroccio chiede al governo di realizzare nei prossimi 180 giorni.
Entro due settimane, secondo la Lega, il consiglio dei ministri deve approvare la riforma costituzionale che prevede il dimezzamento del numero dei parlamentari e il senato federale (con relativo suicidio di molti deputati leghisti).
L’approvazione definitiva di questa riforma dovrà  avvenire da parte del Parlamento entro 15 mesi.
La Lega chiede inoltre l’approvazione da parte del consiglio dei ministri del decreto legge sulle missioni militari con riduzione dei contingenti impegnati all’estero.
Entro 30 giorni, invece, per il Carroccio devono essere approvati altri sei punti: l’attivazione delle procedure per l’attribuzione di ulteriori forme di autonomia alle regioni che le abbiano richieste; approvazione delle misure per la riduzione delle bollette energetiche; riforma del patto di stabilità  interno per i Comuni e per le Province; taglio dei costi della politica; finanziamento del trasporto pubblico locale; prime norme per l’abolizione delle ganasce fiscali e delle misure «vessatorie» di Equitalia.
La Lega chiede inoltre che entro 60 giorni venga approvata la metodologia per la definizione dei costi standard da applicarsi alle amministrazioni dello Stato.
Entro l’estate del 2011 il Carroccio chiede di approvare la proposta di legge di riforma fiscale e l’approvazione definitiva in Parlamento entro la fine dell’anno. La soluzione definitiva del problema delle quote latte dovrà  essere definita entro l’autunno del 2011, mentre entro il dicembre di quest’anno dovrà  essere definito il codice delle autonomie.

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GIULIA BONGIORNO: “PDL SCONFITTO NON SOLO NELLE URNE: IL PRIMO COLPO E’ STATO DELLE DONNE”

Giugno 19th, 2011 Riccardo Fucile

“ENERGIE SPRECATE PER LE LEGGI AD PERSONAM”…”LE PRIORITA’ DEL GOVERNO SONO DIVERSE DA QUELLE DEI CITTADINI”…”LA LEGGE DEVE ESSERE UGUALE PER TUTTI”

Presidente, secondo lei le due ultime sconfitte elettorali della maggioranza sanciscono anche la sconfitta della politica della giustizia fin qui seguita?
Tre. Non bisogna dimenticare il 13 febbraio, quando per la prima volta si è manifestata in modo chiaro l’insofferenza verso il premier. Le donne hanno riempito le piazze spontaneamente, mosse dal desiderio, direi quasi dalla necessità , di prendere le distanze dal modello femminile proposto da Silvio Berlusconi. Quindi rivendico il primato delle donne: il primo colpo è stato il loro.
Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia della Camera e alter ego di Gianfranco Fini sulla giustizia, non ha dubbi sul peso politico di quella manifestazione
Dietro non c’erano disegni o strategie, solo l’impulso e la responsabilità  di dire basta Molte scendevano in piazza per la prima volta, ma l’insofferenza era tale che non hanno potuto fare a meno di partecipare.
Poi ci sono state le urne. Quanto hanno contato le vicende processuali di Berlusconi?
Non credo abbiano avuto un peso le vicende processuali in sè, piuttosto il modo in cui lui ha scelto di comportarsi
L’attacco alle toghe non doveva essere la carta vincente?
Questa strategia ha avuto un appeal subito dopo Mani pulite. Quando emerse la consapevolezza degli eccessi nella carcerazione preventiva, mentre alcuni continuavano a solidarizzare con i pm, altri ne misero in discussione i metodi e Berlusconi intercettò questi umori, tanto che all’inizio la sua sembrò una battaglia garantista, quasi nell’interesse generale. Oggi, invece, è chiaro a tutti che quando inveisce contro la magistratura lo fa unicamente nel proprio interesse.
L’azione di questo govemo sulla giustizia muove da una premessa politica: c’è una persecuzione giudiziaria nei confronti del premier, paradigmatica di una magistratura faziosa e irresponsabile. Da qui le leggine per fermare i processi, e la riforma “epocale”. Condivide questo ragionamento politico?
Per esperienza personale, posso dire che un po’ tutti gli imputati si sentono vittime di complotti. Il punto è che se tutti si sentissero legittimati ad attaccare i giudici, a eludere i processi, a “vendicarsi”, sarebbe il caos. Berlusconi non è molto diverso da ogni altro imputato se non fosse che ha il potere di legiferare, e così tenta di farsi giustizia da sè.
In tre anni,per la giustizia è stato fatto poco o niente. Come presidente della commissione Giustizia non si sente frustrata per questo magro bilancio?
Di certo, una notevole parte di energie, di risorse e di tempo è stata impiegata per leggi pro-Berlusconi. E questo è molto grave, il Parlamento non dovrebbe mai essere utilizzato per full personali. Inoltre, poichè energie, risorse e tempo non sono illimitati, è evidente che quelli utilizzati per fare le leggi ad personam sono stati giocoforza sottratti ad altre leggi utili alla comunità  L’anomalia quindi è doppia per quel che si è fatto e per quel che si è trascurato di fare.
Un po’di autocritica?
A dire il vero io ho contrastato una serie di leggi che voleva Berlusconi prima ancora della rottura tra il premier e Fini. La mia posizione aspramente critica risale alla legge sulle intercettazioni, il primo provvedimento fortemente voluto da Berlusconi. Non credo si possa dire che ho cambiato idea solo quando Fli è passata all’opposizione.
Lei è anche avvocato e di pm e giudici ne ha incontrati molti. Quante volte si è imbattuta in una giustizia “ingiusta” perchè il pm non è separato dal giudice?
Ho visto un po’ di tutto: giudici succubi dei pm, ma anche giudici e pm del tutto autonomi e indipendenti La separazione delle carriere è un principio di civiltà . ll giurista britannico Herbert Hart sosteneva che nella legge c’è una parte di facile interpretazione e una zona di penombra in cui il giudice di volta in volta esercita la sua discrezionalità . Ecco, il fatto che il giudice sia “terzo” garantisce che la discrezionalità  sia esercitata in assoluta indipendenza.
La guerra presuppone che vi siano due litiganti: anche lei ritiene che la magistratura abbia le sue responsabilità ?
Che alcuni magistrati non siano stati all’altezza del loro compito è un dato certo, e un magistrato non all’altezza può creare danni gravissimi e irreparabili. Ma trovo sbagliato il concetto di guerra, e inaccettabili i toni usati. Credo inoltre che il premier attacchi la magistratura con un duplice scopo: difendere se stesso e guadagnare consensi. Mi ha colpito vedere in tv persone, evidentemente non in grado di valutare l’operato della magistratura, che insultavano giudici e pm proprio come fa Berlusconi. Finora il premier è stato abile nel fornire un bersaglio all’aggressività  di quella parte di opinione pubblica che sente sempre e comunque il bisogno di avere un nemico. Un bersaglio che, guarda caso,è anche il suo. Ma ora anche questa strategia ha stancato tutti.
Mancano due anni alla fine della legislatura, se ci si arriverà : la riforma “epocale” è davvero la priorità ?
Innanzitutto, una riforma costituzionale che viene definita “epocale” sarebbe dovuta partire all’inizio e non poche settimane fa. Ma a parte questo, il problema è lo scollamento tra le priorità  del governo e quelle dei cittadini Come ha ricordato anche il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, ai cittadini e al paese serve una giustizia credibile ed efficiente. Dunque è in questa direzione che bisognava e bisogna muoversi.

Stasio Donatella
(da “il Sole 24 Ore”)

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LEGA, IL TENORE E’ STANCO, LA FARSA STA FINENDO

Giugno 19th, 2011 Riccardo Fucile

CANTERA’ DA SOLO, SENZA IL SOLITO CORO DEI RUFFIANI, IN UN PRATONE DIMEZZATO DIVENTATO PARCHEGGIO… PORRA’ COME CONDIZIONI BALLE SPAZIALI, COME SE NON AVESSE PERSO VOTI PERSINO PEGGIO DEL PREMIER… GLI EREDI STRINGONO I TEMPI: SPERANO CHE IL “CARO ESTINTO” LASCI   POLTRONE E NON DEBITI

Pare proprio che questa volta, e sarebbe la prima volta, il coro non salirà  sul palco.
Niente odi leghiste e niente lodi padane al nostro Segretario Federale, al nostro Umberto, al nostro Condottiero che non sbaglia mai.
Sarà  la sua festa, d’accordo e come sempre.
Ma questa volta canterà  solo lui, Umberto Bossi, il tenore stanco di Pontida.
La politica attende il suo comizio di domenica e già  si sa che sarà  a metà , di quelli brevi, giacchè la malattia non consente troppa fatica.
A metà  come il pratone, che pure questo non è più quello di una volta: quel che c’era se l’è preso da anni un supermercato, quel che resta è un parcheggio.
Ci sarà  il sole, oggi, e se i leghisti saranno pochi la colpa non potrà  essere del brutto tempo.
Già  questa, l’incertezza su quanti saranno, dice abbastanza sul disorientamento dei militanti. Quello degli elettori, il più evidente, il più allarmante, si è già  visto tra amministrative e referendum.
E’ stata una pessima sorpresa, per Bossi, e alla Lega non basta scaricar le colpe sul premier per sentirsi meglio.
Sul palco avrà  pochi minuti di tempo per convincere, per trovare un motivo – il blocco navale per evitare barconi dalla Libia, ad esempio – che costringa Berlusconi a dar ragione alle sue richieste e alle sue proteste.
Il tenore canterà  l’inno della Lega che vuole la libertà , padroni a casa nostra, mai più con Roma ladrona.
Canzoni già  sentite, come quella sui ministeri che si debbono trasferire al Nord, e così la Consob, e così Rai2.
O sulle tasse da ridurre.
O sui Comuni virtuosi che non meritano i vincoli del Patto di Stabilità .
Ma Bossi sa, come ha annotato in questi giorni su un quadernetto d’appunti, che perfino tra dirigenti e militanti la stanchezza e i dubbi sono in fermento.
E che cresce la quota di chi tollera a fatica l’alleanza con il Cavaliere, zavorrata da feste, inchieste, promesse, battute, errori ed elezioni perse.
Ancora una volta, a Pontida, la Lega deve affidarsi a Bossi per conoscere la scaletta della prossima puntata.
Ma il coro che non c’è dice che perfino il Capo ha capito che gli spazi di manovra si vanno stringendo, e i rischi aumentano.
Il coro non parla per evitare che un accenno a Berlusconi possa scatenare fischi, o anche applausi, o comunque caos.
A fine aprile, alla festa dei Giovani Padani milanesi, Bossi era stato interrotto da un ultrà : «Umberto, mandiamo a casa Berlusconi!».
Non aveva risposto mandandolo a quel paese, ma con un cauto «Va pian». Come dire che non era ancora il momento, ma quel momento sarebbe arrivato.
Non sarà  nemmeno oggi, il momento.
O almeno così lasciano intendere da via Bellerio, dove ieri si sono presentati tutti, da Calderoli a Castelli e Maroni, e mancava solo lui, il Capo.
Perchè Bossi potrebbe essere ancora convinto che l’alleanza, nonostante gli sberloni, possa ancora regalare qualche medaglia, possa aumentare il bottino leghista di questi ormai lunghi anni di governo.
Con Berlusconi, nonostante il diverso parere di parecchi leghisti, l’intesa per andare avanti ci sarebbe.
Ma sul suo quadernetto Bossi ha segnato la domanda che in questa settimana si è sentito ripetere più spesso: «Andare avanti per fare che?».
Da Pontida qualsiasi ultimatum avrà  come scadenza settembre, al solito raduno di Venezia.
E per capire se Bossi ha davvero in mente di mandare a casa Berlusconi, anche se non subito, basterà  aspettare un eventuale accenno a una nuova legge elettorale.
E’ lì che si potrebbe nascondere l’inizio dello strappo con il Cavaliere.
Sarebbe l’indicazione per nuove elezioni politiche già  nella primavera prossima, come Maroni ha previsto da mesi.
Con una nuova legge elettorale che vede il Pd già  disponibile alla discussione, pronto ad approfittarne per rompere l’alleanza Lega-Pdl.
E una Lega che potrebbe presentarsi al voto in solitudine.
Prima, però, Bossi dovrà  decidere cosa vuole dalla sua Lega.
Se dev’essere Partito o Movimento, se è di lotta o di governo, se è confessionale o laica, se è nazionale o padana, se sta a destra per convinzione o convenienza.
Nell’ultimo anno il suo comizio più lungo è durato un quarto d’ora, e dunque non c’è da aspettarsi un gran discorso.
E più che la voce dal palco ci sarà  da aspettare la reazione dei militanti, magari gli stessi che chiamano «Radio Padania» per gridare basta con questa alleanza.
«Non ci lasceremo trascinare a fondo», aveva promesso Bossi dopo la sberla delle amministrative.
Oggi li dovrà  convincere.
E non sarà  semplice.

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“TRA NOI SERVE IL RICAMBIO RISCHIA ANCHE L’UMBERTO” : TREVISO SCOPRE IL DISSENSO

Giugno 19th, 2011 Riccardo Fucile

LA BASE LEGHISTA INVOCA IL RITORNO ALLE ORIGINI, MA IL TEMPO E’ SCADUTO…PRIMA INVOCAVANO LA SECESSIONE, ORA TIFANO PER LA SUCCESSIONE (A BOSSI)

Se fosse per i leòn veneti, i lighisti della Razza Piave, altro che staccare la spina al governo:
loro farebbero saltare proprio tutto l`impianto elettrico.
Il fatto è che una volta tifavano solo per la secessione.
Adesso qualcuno è (anche) per la successione.
«Ci vuole ricambio, i totem vanno messi da parte – dice “l`eretico” Bepi Covre, ex sindaco di Oderzo e ex parlamentare del Carroccio, oggi “solo” imprenditore ma ancora molto ascoltato nella galassia della Liga veneta – Anche Bossi, certo. Uno intelligente come lui, uno che per la Lega è un mito, deve capire che è arrivato il mo mento di passare la mano».
Dicono i legologhi veneti che chiamarlo frondismo è fuorviante e prematuro.
Lo considerano «fermento di una base militante inquieta».Sempre più allergica al compromesso governativo forza-leghista «inconcludente».
Sempre più determinata nel chiedere ai vertici del movimento un ritorno alla Lega delle origini.
Anche a costo di infrangere l`ortodossia bossiana.
Anche sbandierando, come stanno facendo molti amministratori locali, la dissociazione in totale autonomia di una bella fetta di classe dirigente leghista (Zaia in primis) sul referendum: mentre Bossi invitava a infischiarsene, sindaci, consiglieri e assessori regionali veneti invitavano la gente a esprimersi sui quattro quesiti.
E a infilare nell`urna una sfilza di “si”.
«Le nostre municipalizzate funzionano benone e quindi abbiamo difeso l`acqua pubblica -ammette il deputato trevigiano Guido Dussin, commissione ambiente e lavori pubblici- Il nucleare non ci interessa e sul legittimo impedimento abbiamo la nostra opinione».
Veneto terra di infedeli?
Forse le cose non stanno proprio così.
Ma che i nervi siano tesi è più che evidente.
Lo riconosce anche il segretario regionale (e sindaco di Treviso) Gianpaolo Gobbo, al quale tocca il ruolo di pompiere.
Prima sottolinea che dal Veneto per Pontida partiranno 51 pullman («più del solito»).
Poi concede che «sì, l`amarezza in giro c`è. L`esposizione mediatica di Berlusconi ha dato fastidio. Bisogna cambiare marcia».
I dissidenti veneti? «Solo qualche rampante. In generale nessuno mette in discussione la leadership di Bossi».
Secchiate di acqua sul fuoco. Ma i tizzoni restano accesi.
Cos`altro avrebbe spinto, altrimenti, Franco Manato, assessore regionale all`Agricoltura, a dettare alle agenzie un comunicato che in altri tempi sarebbe parso superfluo: «La Lega ha un solo leader che si chiama Bossi. Chi non è d`accordo esca e vada nel Terzo polo, nel girone degli incerti o degli eretici»?
Per dire il clima di agitazione.
L`insofferenza verso Berlusconi è uno dei punti. «Se non ci saranno risposte concrete da Berlusconi torneremo alle origini», ancora Dussin.
Ma non è il solo. Riaffiorano le tentazioni “eretiche”.
Quello che Manato chiama «virus frazionista».
Il dissenso in Veneto covava da tempo: a farlo deflagrare- sotto traccia – sono arrivate le due “sberle” elettorali.
«La politica di Bossi non ha pagato, troppi sì e troppi “prego si accomodi” a Berlusconi – ragiona un importante dirigente del Carroccio che rivendica l`anzianità  della Liga Veneta (1980) sulla Lega Lombarda (1984) – Forse oltre che su un cambio di passo bisognerebbe ragionare anche su un cambio di leadership».
Il problema del dopo-Bossi inizia a porsi.
«In politica tutto è possibile, tanto più se soffriamo un berlusconismo che non funziona», ragiona Gianantonio Da Re, sindaco di Vittorio Veneto.
Alla vigilia di Pontida, tra i parlamentari veneti è tutta una corsa a celebrare la guida del Capo, con tanto di minacce ai potenziali frazionisti.
Il mestrino Corrado Callegari: «I personalismi da noi hanno sempre avuto vita breve.
Chi ci ha provato è sempre uscito con le ossa rotte». L`unico che continua a sparare da queste parti è lo sceriffo Gentilini. Ma sa dove mirare.
«Basta con le Ruby, Rubynetti…Se perdiamo Milano, Berlusconi deve lasciare», aveva tuonato il prosindaco trevigiano prima della vittoria di Pisapia.
Pare che non abbia ancora perso la speranza.

Paolo Berizzi
(da “La Repubblica”)

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CARFAGNA, GELMINI, PRESTIGIACOMO: LE TRE DONNE MINISTRO NELLE CARTE E ALLA CORTE DI BISIGNANI

Giugno 19th, 2011 Riccardo Fucile

IL NOME DEL CONSULENTE SPUNTA ANCHE IN UN’INCHIESTA SUI CASALESI… MINISTRI E IMPRENDITORI LO CONSULTAVANO E SI AFFIDAVANO AI SUOI INTERVENTI… INFLUIVA SULLE NOMINE NEGLI ENTI STATALI E IN QUELLE DEI SERIVIZI SEGRETI: UNA FITTA E OSCURA RETE DI AMICIZIE CHE EMERGE DAI VERBALI

Il nome di Luigi Bisignani è emerso anche in un’indagine avviata dalla magistratura di Napoli sul clan camorristico dei Casalesi.
I pubblici ministeri lo hanno iscritto nel registro degli indagati e poi hanno trasmesso gli atti ai colleghi Henry John Woodcock e Francesco Curcio, titolari dell’indagine sulla presunta associazione segreta.
A rivelarlo è lo stesso giudice nella sua ordinanza di custodia cautelare, quando elenca «i dati di riscontro» alle contestazioni formulate dall’accusa contro lo stesso Bisignani e il parlamentare del Pdl Alfonso Papa.
E così fornisce un indizio forte per comprendere quanto ampio sia lo scenario nel quale si muove l’uomo d’affari, ritenuto il vero motore di questo gruppo che, tramite Papa e altre «fonti», avrebbe utilizzato notizie riservate «per favorire o ricattare persone, tra cui anche membri delle istituzioni».
Ci sono imprenditori, dirigenti d’azienda, ufficiali delle forze dell’ordine nella rete di Bisignani. Ma ci sono anche numerosi politici, alcuni esponenti del governo.
Le intercettazioni telefoniche svelano i suoi tentativi di condizionare nomine e appalti pubblici tessendo la tela delle proprie relazioni.
Non solo: per mesi nel suo ufficio di piazza Mignanelli di Roma una microspia piazzata per ordine dei magistrati ha registrato incontri e colloqui.
Il resto lo hanno fatto gli interrogatori di centinaia di testimoni ascoltati negli ultimi mesi, ma anche le sue ammissioni di fronte ai magistrati.
Dichiarazioni «parziali» ritenute comunque attendibili dal giudice che infatti ha deciso di accogliere la richiesta di arresto, ma soltanto ai domiciliari.
Con il sottosegretario alla Presidenza Gianni Letta, interrogato nel febbraio scorso quando ha confermato il legame, i rapporti erano costanti.
E poi ci sono i contatti con il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo che è stata intercettata mentre era nell’ufficio dell’uomo d’affari e proprio su questo è stata ascoltata nei mesi scorsi dalla Procura di Napoli.
Non è l’unica.
Ci sono anche quelli con la titolare dell’Istruzione Mariastella Gelmini, che Bisignani lo avrebbe consultato frequentemente, come lei stessa avrebbe confermato quando i pubblici ministeri le hanno chiesto di chiarire la natura di alcune conversazioni.
Sembra essersi invece incrinata l’antica amicizia con il sottosegretario Daniela Santanchè – che proprio lui avrebbe sostenuto per la nomina governativa – tanto che lo stesso Bisignani ha dichiarato a verbale: «Papa mi disse che ci saremmo potuti levare delle soddisfazioni con Il Giornale e ciò disse, ritengo, perchè sapeva che io non avevo grandi rapporti con Il Giornale e con Sallusti per via della Santanchè e della politica che Il Giornale stava facendo contro Fini».
Nei mesi scorsi è stata ascoltata come testimone la titolare delle Pari Opportunità  Mara Carfagna, ma il suo staff assicura che l’interrogatorio «si riferiva all’attività  di dossieraggio contro l’attuale presidente della Regione Stefano Caldoro e ai suoi scontri con Nicola Cosentino».
Il parlamentare del Pdl Alfonso Papa poteva contare sulle informazioni carpite tra ufficiali e sottufficiali delle forza dell’ordine.
Ma gli elementi raccolti durante l’indagine di Napoli mostrano come Bisignani potesse contare sulla fedeltà  di molti generali e colonnelli della Guardia di Finanza e dei carabinieri.
Dalle telefonate emerge un suo interessamento per la nomina del generale Adriano Santini a direttore dell’Aise, il servizio segreto militare, dove è effettivamente approdato.
Il capo del servizio di intelligence è stato interrogato ma ha cercato di minimizzare il ruolo dell’uomo d’affari nella sua designazione.
Un tentativo di ridimensionare i suoi rapporti con il gruppo e in particolare con il parlamentare del Pdl Alfonso Papa, lo ha fatto anche il generale Paolo Poletti, attuale vicedirettore dell’Aisi, il servizio segreto civile.
Un mese fa i magistrati lo hanno convocato per sapere come mai l’ex magistrato avesse ottenuto un alloggio della Guardia di Finanza a Roma e soprattutto che tipo di rapporto continuavano a coltivare.
«L’assegnazione di una foresteria – ha dichiarato Poletti – mi fu chiesta dal Comando Generale, come spesso avviene quando ci sono magistrati che per ragioni di servizio si trasferiscono e nel caso specifico ciò era avvenuto dopo la nomina di Papa al ministero della Giustizia. Da allora mi è capitato di incontrarlo qualche volta per un caffè, ma nulla di più».
Frequentava i politici Luigi Bisignani, ma grande influenza aveva anche sui vertici di aziende statali o a partecipazione come l’Eni e Finmeccanica – guidate dai suoi amici Paolo Scaroni e Pierfrancesco Guarguaglini – tanto da poter influire sulle nomine di alcuni dirigenti e sulle assunzioni di impiegati e manager.
Agli atti dell’indagine risultano contatti e trattative con l’entourage di Luca Cordero di Montezemolo per lo spostamento di voti relativo agli assetti interni di Confindustria.
In particolare, ci sarebbe stato l’interessamento per favorire alcuni personaggi indicati proprio da Bisignani.
Svariati testimoni hanno raccontato di aver ottenuto grazie al suo interessamento e a quello di Papa consulenze, ma anche contratti a tempo indeterminato.
Un capitolo di indagine ancora in fase di esplorazione riguarda alcuni appalti assegnati da Palazzo Chigi.
Uomo chiave in questo settore sembra essere Antonio Ragusa, ex generale dei carabinieri poi transitato nei servizi segreti, da sempre ritenuto vicino a Bisignani.
I pubblici ministeri lo hanno interrogato per ricostruire l’iter di alcune commesse visto che ha l’incarico di capo del dipartimento per le Risorse strumentali della presidenza del Consiglio. Tra i lavori «contestati» c’è quello per l’informatizzazione di Palazzo Chigi affidato alla «Italgo spa» di Anselmo Galbusera che di Bisignani è amico da tempo e ora risulta indagato proprio perchè sarebbe stato favorito illecitamente.
Molte circostanze Bisignani le ha ammesse e chiarite negli interrogatori delle scorse settimane.
La sua nuova versione la racconterà  lunedì mattina, quando sarà  interrogato dal giudice alla presenza dei suoi avvocati Fabio Lattanzi e Gianpiero Pirolo.
«Risponderà  alle domande – assicura Lattanzi -, chiarirà  il proprio ruolo sulle contestazioni che gli vengono mosse. E soprattutto specificherà  come Papa gli abbia fornito nel tempo moltissime notizie che si sono rivelate infondate.
Lui raccoglieva le informazioni ed effettivamente poi ne discuteva con Letta, ma non si trattava di rivelazioni su notizie riservate, erano soprattutto discussioni sulle inchieste».
Una versione diversa da quella che Bisignani ha già  messo a verbale, quando ha specificato di aver «informato Letta delle informazioni comunicatemi da Papa e in particolare di tutte le vicende che potevano riguardarlo direttamente o indirettamente come la vicenda riguardante Verdini…».

Fiorenza Sarzanini
(da “Il Corriere della Sera”)

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DAI “FURBETTI DEL CONDONO” MANCANO 4,2 MILIARDI DI EURO: DOPO IL VERSAMENTO DELLA PRIMA RATA NON HANNO PAGATO PIU’ NULLA

Giugno 19th, 2011 Riccardo Fucile

DENUNCIA DELLA CORTE DEI CONTI: LA CIFRA EVASA PERMETTEREBBE DI COPRIRE L’INTERA MANOVRA DI MANTENIMENTO DEI CONTI PUBBLICI PER IL 2011…E AVANZEREBBE ANCHE 1 MILIARDO

Hanno aderito al condono fiscale, ottenendone i benefici pagando solo la prima rata, poi una volta estinta la ‘lite’ con il Fisco, non hanno più versato nulla.
E alcuni “non propriamente ignari”, si sono organizzati poi per risultare ‘incapienti’, impedendo di fatto allo Stato di recuperare le somme relative alla sanatoria.
Sono ‘i furbetti’ del condono che, scovati dalla Corte dei Conti, devono ancora versare nelle casse dello Stato 4,2 miliardi di euro, cioè una cifra che consentirebbe di coprire l’intera manovra di mantenimento dei conti pubblici per il 2011 e avere anche un miliardo in più.
La magistratura contabile mette comunque in guardia: attenzione a non aiutare i furbetti non estendendo anche loro la norma che limita la possibilità  di porre ipoteche ma al di sopra di debiti con l’amministrazione di 20.000 euro.
Il decreto però è sostanzialmente ‘blindato’ alla Camera in attesa del voto di fiducia e nel testo attuale non esiste una fattispecie di contribuenti esclusa dalla norma segnalata dalla Corte.
A distanza di anni – spiega la magistratura contabile – rimane ancora rilevante, pari a 4,2 miliardi di euro, il credito dello Stato verso chi ha utilizzato le diverse sanatorie previste nel 2003-2004.
Hanno rateizzato gli importi senza poi versarli.
A fronte del carico lordo iniziale da riscuotere, aumentato per interessi e sanzione a circa 6,3 miliardi, erano stati disposti sgravi per un ammontare complessivo di 1,192 miliardi, con conseguente attestazione del carico netto da riscuotere a circa 5,117 miliardi di euro.
A fine dicembre 2010 risultavano riscossi circa 910 milioni di euro, che rappresentano il 17,8% del carico netto.
Rimangono pertanto da riscuotere circa 4,207 miliardi.
Oltretutto la Corte rileva come per l’anno 2010 si nota una diversa e minore capacità  di riscossione rispetto alle previsioni che non hanno beneficiato neppure di importi aggiuntivi rispetto alle previsioni di recupero ordinario.
La proiezione nel tempo della definitiva riscossione, ai ritmi attuali, pone un orizzonte (teorico) di circa dodici anni: una durata di tempo inaccettabilmente lunga, anche in considerazione del fatto che la letteratura sull’istituto dei condoni individua, tra i motivi giustificativi della loro adozione un’accelerazione del gettito nel breve periodo.
Per quanto riguarda il decreto Sviluppo la Corte dei Conti segnala “la possibilità  che, in sede di conversione l’ipoteca venga limitata ai crediti superiori ai 20.000 euro. E’ auspicabile che tale modifica non riguardi la fattispecie delle rate da condono non versate”.
Va inoltre ricordata la previsione   in forza della quale: “per le entrate tributarie dello Stato l’ufficio, qualora venga a conoscenza di nuovi elementi reddituali o patrimoniali riferibili allo stesso soggetto, può reiscrivere a ruolo le somme già  discaricate, purchè non sia decorso il termine di prescrizione decennale”.

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