Giugno 14th, 2011 Riccardo Fucile
HANNO CONTRIBUITO AL QUORUM ANCHE IL 57,6% DEGLI ELETTORI DEL TERZO POLO, IL 39,5% DEI LEGHISTI E IL 25% DI CHI SOLITAMENTE NON VOTA… PERCENTUALI TRA IL 75% E L’80% TRA CHI VOTA A SINISTRA
Gli inviti ad andare al mare rivolti loro da Berlusconi e Bossi non sono bastati, anzi forse sono pure risultati sgraditi e hanno determinato una reazione opposta.
Secondo una rilevazione fatta da Emg per il TgLa7, il 44,8% degli elettori del Pdl ha deciso di dire la sua sui referendum, così come il 39,5% di quelli della Lega.
Siamo di fronte a un evidente segnale di scontento degli elettori del cemtrodestra, tanto che il legittimo impedimento, il voto più strettamente legato al premier, ha preso gli stessi Sì degli altri quesiti.
Anche il Terzo Polo ha scelto a grande maggioranza, il 57,6%, di esprimersi in coerenza con l’invito di andare a votare espresso da Fini e Casini.
Ovviamente altissima l’affluenza tra gli elettori di sinistra: il 77,5% di quelli del Pd sono andati a votare, insieme all’80,5% di quelli dell’Idv e al 75,2% di Sel.
Ha deciso di andare a votare anche il 66,5% degli indecisi e il 25% di coloro che solitamente non votano mai.
Ha pagato il “voto civico”, composto da coloro che solitamente sono poco inclini a scegliere un partito.
Ma soprattutto nel risultato finale ha influito l’elettorato di centrodestra.
Prendendo in esame l’analisi dell’Istituto Cattaneo, “l’astensionismo aggiuntivo”, ovvero la percentuale di non votanti oltre la normale quota di astensionisti, si è avuto solo in minima parte in Lombardia e Veneto, mentre il successo maggiore si può riscontrare in Liguria, Trentino e Molise.
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Giugno 14th, 2011 Riccardo Fucile
NELLE AMMINISTRATIVE DI IERI IL PDL HA PERSO I SINDACI…IL TERZO POLO: “E’ LA SVOLTA”…DA BAGHERIA A VITTORIA, DA NOTO A LENTINI IL PDL ESCE SCONFITTO…SU 11 COMUNI IL PDL NE PERDE 9
L’onda lunga del referendum abbatte anche il tradizionale fortino del centrodestra.
E in Sicilia Pd e Terzo Polo fanno man bassa di successi nel secondo turno delle amministrative.
Da Bagheria a Vittoria, i centri più grandi interessati dai ballottaggi, da Noto a Lentini: l’alleanza che sostiene il governo regionale vince quasi ovunque.
Conquista sei Comuni su undici, mette lo zampino nelle affermazioni di altri candidati sostenuti da liste civiche e lascia al Pdl la guida di due soli enti, Favara e Patti.
Un risultato che fa esultare Pierferdinando Casini: «Questo straordinario successo dimostra che il Terzo polo è decollato nella regione e che si possono prospettare nuove forme di collaborazione con il Pd, davanti a una pretesa di autosufficienza assai arrogante del Pdl e dei suoi alleati. Oggi è la giornata dei referendum – dice il leader dell’Udc – ma invito a riflettere su ciò che è maturato in Sicilia».
Quello di far coincidere i ballottaggi delle amministrative con il referendum, d’altronde, era stata una scelta precisa, fatta dalla giunta di Raffaele Lombardo su richiesta del Pd.
Tutti i candidati anti-berlusconiani, nell’Isola, avevano fatto campagna elettorale per se stessi e per i quattro “sì”.
L’effetto-traino, alla luce dell’esito elettorale, ha funzionato.
A cominciare da Bagheria, centro di oltre cinquantamila abitanti alle porte di Palermo, dove l’Udc ha candidato un ex consigliere provinciale del Pdl, Vincenzo Lo Meo, che al secondo turno ha trovato l’appoggio di un Pd prima diviso.
Era venuto lo stesso Casini, venerdì, a sostenere la volata finale del suo rappresentante, e mercoledì lo aveva preceduto il presidente della Camera Gianfranco Fini.
In quello che è stato il regno di Totò Cuffaro, il candidato sostenuto da Terzo Polo e Pd ha sconfitto l’ultimo erede dell’ex governatore in carcere per favoreggiamento alla mafia: Bartolo Di Salvo, un ingegnere sponsorizzato dal ministro delle Politiche agricole Saverio Romano.
Ce n’è abbastanza perchè Giampiero D’Alia, capogruppo al Senato dell’Udc, parli di «terza sberla per Berlusconi».
Anche perchè la stessa alleanza, dall’altra parte dell’Isola, a Noto, ha premiato Corrado Bonfanti, candidato di Fli vicino a Fabio Granata: «La terra del 61 aO – dice il vicepresidente della commissione Antimafia – può diventare esattamente l’opposto, ovvero terra bruciata per questo centro- destra capeggiato dal Pdl».
«Quella fra Terzo Polo e Pd è un’alleanza decisiva», dice il senatore del Pd Beppe Lumia e in tanti ora parlano di conferma del «modello Macerata», di una indicazione a favore del centrosinistra allargato che giunge dall’estremo Sud.
A Vittoria il candidato del Pd Giuseppe Nicosia ha vinto con un cartello che, al ballottaggio, si estendeva dall’Udc a Sinistra e Libertà .
E a Lentini, in provincia di Siracusa, il nuovo sindaco Alfio Mangiameli rappresenta una coalizione che va dal Terzo Polo all’intera Federazione della Sinistra.
In Sicilia, già nel 2009, c’erano state le avvisaglie della crisi del Pdl: Lombardo aveva rotto con i “lealisti” fedeli a Schifani e Alfano e aveva formato una giunta con i finiani, aprendo poi al Pd e all’Udc dei casiniani sopravvissuti a Cuffaro.
Una parte dei democratici ora chiede a Lombardo di contribuire alla costruzione di una alleanza ancora più vasta, con l’apporto di Idv e Sel, in vista delle future elezioni regionali.
Ma sia la sinistra che il governatore non si sono detti sinora disponibili.
Il voto di ieri può aprire nuovi scenari.
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Giugno 14th, 2011 Riccardo Fucile
MARONI E ZAIA HANNO CONTRAVVENUTO ALLE INDICAZIONI DEL SENATUR E SONO ANDATI A VOTARE….LA BASE DEL CARROCCIO E’ IN RIVOLTA: IN VIA BELLERIO REGNA IL CAOS E SI BRANCOLA NEL BUIO
Bossi aveva detto che non era proprio il caso, ma Maroni a votare ci è andato.
Lo aveva detto, il leader della Lega, domenica sera, a urne ancora aperte, addirittura violando l’obbligo del silenzio elettorale.
Consapevole che il raggiungimento del quorum avrebbe stampato in faccia al governo quella che Roberto Calderoli ieri ha definito la «seconda sberla», dopo quella delle amministrative.
Ma il ministro dell’Interno ha voluto lo stesso infilare nell’urna le due schede sull’acqua.
Non un gesto isolato dentro il Carroccio: il governatore del Veneto Luca Zaia ha votato e ha detto quattro Sì, intestandosi così almeno una parte della vittoria dei referendari.
Come del resto hanno fatto molti sindaci, a cominciare da quello di Varese Attilio Fontana (al quale il Capo avrebbe telefonato per lamentarsi).
Molti elettori del Carroccio si sono adeguati, come dimostra l’alta affluenza alle urne registrata in zone ad alta intensità leghista.
Soprattutto di questo si parla adesso fra dirigenti e militanti: i quattro referendum hanno segnato la fine del monolitismo nel Carroccio, per la prima volta Bossi non è stato in grado di dettare la linea.
E ieri la sua voce si è fatta sentire.
Momento difficile, e dalle parti del Cerchio magico (al vertice di ieri in via Bellerio erano assenti i due capigruppo Reguzzoni e Bricolo) partono bordate controMaroni e Calderoli: «Fanno gli anti-governativi stando al governo… ».
Già , la linea.
Per ora resta quella dettata ieri sera da Bossi alla Padania, che oggi titola: «Sberle e coraggio».
Le sberle di cui parla Calderoli, e il coraggio evocato da Maroni contro Tremonti.
Con un corollario: a differenza del Pdl, la Lega non sottovaluta affatto la portata–negativa per il governo – di questi referendum.
Ma per il resto, quando mancano solo cinque giorni al raduno di Pontida, si brancola nel buio.
Ancora non si capisce quale sia il «forte messaggio» che il Senatur dovrebbe consegnare al suo popolo dal palco allestito sullo storico pratone, per convincere Berlusconi (e Tremonti) che per andare avanti il governo deve dare segnali precisi su tasse e immigrazione.
Chissà se basterà a una base molto irrequieta, come insiste un senatore, chiedere al governo di allentare la tenaglia del patto di stabilità , per consentire ai Comuni virtuosi almeno di investire quel che hanno accantonato.
Sarà un caso, ma per la prima volta i manifesti che convocano il raduno di Pontida, non hanno alcun titolo.
La linea, per così dire, l’ha dettata ieri Calderoli dopo il vertice in via Bellerio con Bossi, Maroni e Cota: non possiamo abituarci alle sberle.
Punto.
L’impressione, ad ascoltare quel che bolle nel pentolone del “movimento” è che si brancoli nel buio.
E che neppure Bossi, al momento sia in grado uscire da una situazione di stallo con un colpo di reni.
L’ala maroniana è in forte fibrillazione, quasi sul piede di guerra.
«O si fanno subito le grandi riforme, osi stacca la spina», conferma un colonnello vicinissimo a Bobo.
Da Verona, il sindaco Flavio Tosi (maroniano pure lui, ma si è guardato bene dall’andare a votare) dice che «bisogna tornare a parlare dei temi che stanno a cuore alla gente, altro che toghe rosse».
E attribuisce le colpe della «sberla» tutte a Berlusconi, perchè «una buona fetta di elettorato ha voluto esprimere un forte dissenso nei confronti del premier».
Lo hanno fatto gli elettori, lo deve fare la Lega.
E da Treviso, il pro-sindaco Gian Carlo Gentilini rincara la dose: «Con i referendum i cittadini, non il Parlamento, hanno sfiduciato il governo; Berlusconi deve farsi da parte, lo devono capire anche i soloni del Pdl».
Sala Rodolfo
(da “La Repubblica“)
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Giugno 14th, 2011 Riccardo Fucile
IL SENATUR TENTATO: CRISI DI GOVERNO A OTTOBRE PER NON PERDERE IL CONTROLLO DEL PARTITO … IL PREMIER CERCHERA’ DI GIOCARSI L’ULTIMA CARTA: QUELLA DELLA RIFORMA FISCALE, MA POTREBBE NON BASTARE
E’ depresso per questa ennesima sconfitta, preoccupato per l’ultimo sondaggio riservato che ha proiettato ieri il Pd come primo partito davanti al Pdl.
Il Cavaliere ieri ha provato a depotenziare il risultato del referendum inserendolo nel vento degli “indignados” che spira nel Continente.
«È un voto di protesta che c’è in tutta Europa – ha commentato con i ministri presenti al pranzo con gli israeliani a villa Madama – era inevitabile, prima o poi, che arrivasse anche da noi. Ma per il governo non cambia nulla».
Se questa è la linea ufficiale, dietro le quinte la preoccupazione per la tenuta della Lega è invece diventata un’ossessione.
Non è tanto il comportamento di Umberto Bossi a far tremare il premier, quanto «l’anarchia» che sembra regnare a via Bellerio.
«Se c’è qualcuno che ha perso i referendum– spiegano nel Pdl – quello sicuramente è Bossi, molto più di Berlusconi. E stato lui a invitare a non andare a votare, mentre il premier si è limitato a dire che lui non sarebbe andato, lasciando a tutti libertà di scelta».
Insomma, non è dal Senatur che Berlusconi si aspetta sorprese.
E semmai la «guerra dei colonnelli» a fargli vivere con ansia la vigilia di Pontida e, soprattutto, la verifica parlamentare che inizierà il 21 giugno al Senato (e il giorno successivo alla Camera).
E non l’hanno certo rassicurato le notizie che gli sono state riferite ieri da Montecitorio, dove la maggioranza è stata costretta a rinviare a stamattina il voto sul decreto sviluppo.
«La Lega sta facendo strani giochi al rialzo–commenta un uomo del govemo incaricato di seguire la partita – e per questo siamo costretti a mettere la fiducia».
E’ da qualche settimana che il Cavaliere sta seguendo con particolare attenzione quanto sta accadendo nel Carroccio.
Gli vengono riferiti movimenti in corso, posizionamenti strategici degli uomini di punta della Lega – da Maroni a Calderoli, da Zaia a Cota– in vista di un clamoroso cambio di linea.
Da attuarsi magari non ora ma ad ottobre, con una crisi di governo.
Una tentazione che ora sta valutando anche il Senatur.
«Bossi non tiene più i suoi – è il passa parola tra gli uomini più vicini al Cavaliere–e dobbiamo aspettarci di tutto. Ormai non si fanno più problemi a contraddirlo pubblicamente, come dimostra proprio la vicenda dei referendum».
Da Pontida, la prossima settimana, inizierà il progressivo allontanamento del Carroccio da Berlusconi, fino al definitivo sbullonamento dell’asse del Nord che ha retto per questi anni la maggioranza.
Il fatto che Roberto Maroni abbia esplicitamente escluso un sostegno della Lega a un governo tecnico o di unità nazionale non viene considerato sufficiente a palazzo Grazioli per allontanare il sospetto di un nuovo «ribaltone».
Anche perchè, se davvero in autunno ci fosse una crisi di governo, Napolitano farebbe tutto quanto è in suo potere per evitare che il paese resti senza guida in un momento così difficile: con la Finanziaria alle porte.
Anche i Responsabili, aggrappati a questa legislatura come i naufraghi a un salvagente, non farebbero responsabilmente mancare il loro appoggio a un governo guidato da un tecnico o dal ministro dell’Economia.
«Vedrete – prometteva ieri Berlusconi – il 22 ci saranno sorprese. Arriveranno altri a sostegno della maggioranza».
Ma anche tra i Responsabili l’insofferenza verso il governo è crescente e lo dimostra l’assenza prolungata ieri di un loro esponente (Antonio Milio) in commissione Bilancio alla Camera dove si votava sul decreto sviluppo.
Il premier, per uscire dall’angolo, è ora deciso ad accelerare al massimo sulla riforma fiscale. L’ultima carta a sua disposizione.
Indispettito per la “melina» del ministro dell’Economia, Berlusconi è determinato a farsi consegnare le bozze della riforma in tempo per il dibattito parlamentare del 22 giugno.
Così da poterla annunciare in aula nei dettagli e placare in questo modo il malcontento della maggioranza.
Anche sull’aspetto della comunicazione il capo del governo cambierà registro. E la nota di ieri a commento dei referendum, così diplomatica nei toni, viene segnalato da palazzo Chigi come il primo, tangibile, segno di un cambio di passo.
L’altro fronte che si è aperto ieri con il voto sul referendum è quello della giustizia. Berlusconi ha infatti già perso a Milano il primo plebiscito contro i magistrati, ma ieri è arrivata la sanzione finale degli italiani.
Quel 57% di elettori che si sono espressi bocciando il legittimo impedimento costituiscono, di fatto, una sconfitta delle leggi ad personam e un via libera politico alle procure.
Il timore del Cavaliere è che ora tutti i pm riprendano con rinnovata lena a dargli addosso, sentendosi le spalle coperte dal voto referendario.
Ad ottobre potrebbe arrivare la sentenza sul processo Mills.
A quel punto l’ala di lotta del Carroccio avrebbe una ragione in più per togliere il sostegno al Cavaliere.
Bei Francesco
(da “La Repubblica“)
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Giugno 14th, 2011 Riccardo Fucile
NUCLEARE, ACQUA, LEGITTIMO IMPEDIMENTO: COSA HANNO ABROGATO GLI ITALIANI E COSA CI ASPETTA
E adesso che i referendum sono passati, cosa cambia davvero? Le reazioni a catena dei quattro Sì anticipano qualcosa di nuovo sul futuro dell’Italia.
Non c’è più il legittimo impedimento“
Qui a Milano vogliono fare quattro processi contemporaneamente. Ma dovranno adeguarsi un po’ anche loro alle esigenze del premier. E soprattutto della difesa”. Come ogni lunedì, giorno fissato per le udienze dei processi milanesi a carico di Berlusconi, ieri Niccolò Ghedini era in aula.
Stakanovista, persino erculeo nel gestire tutti i filoni di difesa, deve anche pensare a fare il deputato.
E adesso, senza legittimo impedimento, cosa cambierà ?
“Niente — cantilena Ghedini —, con la corte continueremo a comportarci secondo il principio della leale collaborazione suggerito dalla Consulta”.
Insomma, chiedere di giustificare le assenze per impegni di governo ormai non si può più, e il rischio è che qualche processo possa andare a sentenza prima del previsto. A meno che, circumnavigando il referendum, si agisca su altri fronti.
Per esempio, già oggi la conferenza dei capigruppo al Senato potrebbe decidere di calendarizzare in aula il disegno di legge sulla prescrizione breve: dopo tre letture è praticamente pronto per andare al voto al Senato (dove la maggioranza non ha problemi di quorum).
Se dopo il 22 giugno la Camera si assestasse, magari puntellata da nuove nomine governative, le carte in tavola cambierebbero a favore di Berlusconi. Ancora una volta.
Niente nucleare: più rinnovabili e carbone
Al contrario, mani legatissime per esecutivo e Parlamento sulla questione nucleare. Almeno nei prossimi cinque anni non sarà possibile proporre nè legiferare sul tema, rispettando la volontà popolare che si è appena espressa.
Quindi, più investimenti sulle fonti energetiche tradizionali come carbone e gas (sempre caro a Berlusconi, specie quando arriva dall’amico Putin) e anche sulle rinnovabili.
Sarà tutto un fiorire di — inquinantissime — centrali a carbone o sboccerà una vera passione ecologista?
La Borsa di Milano ieri ha puntato sulla seconda ipotesi: in una giornata negativa per il mercato, Enel Green Power ha guadagnato bene, e tutto il comparto ha funzionato sull’onda del voto.
In difficoltà le utilities
Negativo invece in Piazza Affari l’andamento delle compagnie che gestiscono l’acqua: già nelle ultime settimane il mercato aveva subodorato la tendenza facendo perdere a titoli come Acea, Hera e Iren valori tra il 5 e il 10 per cento.
“Ed è solo l’inizio — spiega Ugo Mattei, del Comitato acqua —. Nel momento in cui la Gazzetta Ufficiale pubblicherà l’esito del risultato, dandogli valore di legge, noi chiederemo ai Comuni un calo immediato del 7 per cento sulle bollette emesse dalle società secondo la previsione del decreto Ronchi.
Dubito però sullo spirito collaborativo, i contratti firmati non prevedono l’ipotesi del cambio di legge in corsa, quindi le varie amministrazioni dovranno cercare una soluzione”.
Per i comitati, dunque, è già ora di pensare al dopo: abolito il concetto di rendimento garantito sugli investimenti, cancellato il pericolo di obbligo di gara per i servizi pubblici (inclusi trasporti e rifiuti) o di rafforzamento dei privati nell’azionariato, si ragiona sulle prospettive.
“Abbiamo restituito un pezzo di Italia agli italiani — chiude Mattei —. E vigileremo perchè nessuno faccia marcia indietro.
C’è il disegno della Commissione Rodotà in Senato, abbiamo una nostra proposta da offrire, l’importante è ci sia una volontà seria di affrontare queste tematiche. Nell’interesse comune, non di chi vuol far fruttare i capitali”.
Chiara Paolin
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 14th, 2011 Riccardo Fucile
L’ANALISI DEL VOTO HA EVIDENZIATO CHE IL 40% DEGLI ELETTORI DI PDL E LEGA SONO ANDATI A VOTARE E QUATTRO SU CINQUE SI SONO SCHIERATI PER QUATTRO SI’…. O SI SA INTERPRETARE IL CAMBIAMENTO E SI OPERANO SCELTE CORAGGIOSE O SI MORIRA’ CON I RONCHI IN CASA E GLI URSO ALLA PORTA
Gli elettori di centrodestra che sono andati a votare (secondo le stime diffuse dal Tg La7 oltre il 40 per cento dell’elettorato di Pdl e Lega) non hanno rifiutato di ritirare la scheda verde, quella in cui si chiede agli elettori se vogliono che il presidente del consiglio e i ministri siano protetti da norme particolari.
Ma si sono espressi chiaramente.
Contro Berlusconi e i suoi, che da 17 anni continuano a sostenere la necessità di leggi per mettere la politica al riparo dai processi.
Un colpo durissimo che conferma l’esito delle elezioni amministrative, ma soprattutto un segnale di cui l’esecutivo non potrà non tenere conto, quando si tratterà di discutere e approvare altre norme in questo senso, come il processo breve o i limiti sulle intercettazioni telefoniche.
L’analisi è chiara: ben il 40% dell’elettorato di Pdl e Lega è in libera uscita, non risponde più ai comandi della premiata copia Be-Bo e va “dove lo porta il cuore” (e il cervello).
Il che vorrebbe dire, in termini di voti, il 40% del 37% di consensi derivanti dalla somma dei due partiti, qualcosa come il 14% di proiezione reale alle politiche.
Qualsiasi partito di centrodestra che avesse come ambizione quella di puntare a fare propria quella parte di elettorato avrebbe intuito il vento di cambiamento nel Paese e avrebbe rischiato i 4 Sì.
Come, per convinzione ideologica, abbiamo fatto noi e, in Fli, solo i fans di Fabio Granata e Flavia Perina.
Dato che quei vecchi arnesi della politica come Ronchi e Urso volevano 4 No (grande capacità la loro di captare i segnali del popolo italiano), si è preferito lasciare libertà di voto.
Questo dimostra due cose:
1) una strategia rinunciataria dove “non si perde e non si vince mai”.
2) una carenza culturale di fondo che fa emergere le contraddizioni di un partito che da un lato reclama il rispetto delle istituzioni e la funzionalità delle stesse, ma che poi, di fronte alla scelta “rendere efficiente il settore pubblico o regalare la gestione dei servizi ai privati” preferisce abdicare al suo ruolo.
Se Fli si fosse schierata per il Si’ sul nucleare e l’acqua pubblica, oggi sarebbe l’unico partito non di sinistra a poter dire di aver vinto i referendum.
Futuro e Libertà pare invece vittima della sindrome di Stoccolma, quella per capirci che fa innamorare la rapita dei suoi sequestratori.
Nel caso di Fli le sembianze dei rapinatori assumono quelle di Ronchi e Urso che condizionano sempre la scelta di Fini, costretto a mediare come se glielo avesse ordinato il medico.
Se qualcuno vuole un partito del 3% è giusto continuare così fin alla consunzione, ma se si ha l’ambizione di volare alto occorre da un lato coraggio nelle scelte, unito a capacità autocritica, dall’altro la sensibilità di captare il vento che cambia e saper prendere la posizione giusta nel momento adatto.
Non si può stare irrigiditi alla fermata del tram e lasciare passare tutte le vetture senza mai salire a bordo non avendo chiara la direzione di guida e le fermate successive.
Inutile a quel punto munirsi persino del biglietto.
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Giugno 14th, 2011 Riccardo Fucile
IN 20 ANNI MESSI DA PARTE 20 MILIARDI IN MENO….SI E’ PASSATI DA 4.000 A 1.700 EURO PRO CAPITE
Risparmio ridotto al minimo per finanziare la spesa corrente.
È l’effetto della crisi globale che continua a cambiare le abitudini delle famiglie italiane.
Dopo aver tagliato i consumi, è quindi calata anche la capacità di risparmiare. Al punto che negli ultimi cinque anni i debiti sono schizzati alle stelle fornendo una fotografia dell’Italia molto simile a quella degli Stati Uniti dove, da sempre, si compra a credito.E il cuscinetto di sicurezza che fino ad oggi ha messo al riparo i conti dello Stato inizia a sgonfiarsi.
Le cifre dei bilanci famigliari arrivano dall’Adusbef che, elaborando dati della Banca d’Italia, ha calcolato una crescita della passività del 55% da 595,6 a 923,3 miliardi di euro.
Nel frattempo si è dimezzato il “forziere” accumulato negli anni è sceso da 60 a 30,6 miliardi (-49%). Anche perchè nell’immaginario collettivo il mattone resta il bene rifugio per eccellenza e così l’acquisto della casa è in cima ai desideri degli italiani: per un terzo delle famiglie l’investimento immobiliare è la principale forma di utilizzo del surplus monetario.
Secondo Adusbef, infatti, a crescere sono proprio i debiti a «medio e lungo termine» passati da 425,6 a 643,4 miliardi di euro.
Cifre destinate — in larga misura — alla spesa per mutui, ma in tempo di crisi rispettare le scadenze delle rate è diventato più difficile e l’associazione a tutela del consumatore sottolinea come dal 2006 al 2010 sia «notevolmente» aumentato il numero delle famiglie in difficoltà nell’onorare i propri impegni: le sofferenze sono salite del 46,9%.
A due cifre anche il tonfo dei risparmi che tra il 2002 e il 2010 è arrivato al -67,75%. Nell’ultimo anno è addirittura sceso del 26,6%.
Per il presidente Adusbef, Elio Lannutti, e il segretario dell’associazione, Mauro Novelli «il risparmio privato declina velocemente al perdurare della crisi finanziaria internazionale e un numero sempre maggiore di famiglie in difficoltà vede chiudersi il canale bancario e deve far ricorso alle finanziarie, a tassi crescenti».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche i dati presentati dall’Ufficio Studi di Confcommercio: negli ultimi 20 anni il risparmio complessivo si è ridotto di circa 20 miliardi.
Addirittura, se nel 1990 ogni 100 euro di reddito ne generavano 23 di risparmio, lo scorso anno la soglia è scesa sotto i 10 euro.
In termini reali, quindi, il risparmio annuo pro capite è calato del 60%: da 4mila a 1.700 euro.
Un trend negativo e preoccupante nel lungo periodo, ma — almeno per il momento – il confronto con gli altri Paesi vede l’Italia in una posizione di vantaggio.
Nello studio Adusbef si sottolinea come «pur cresciuti dal 2004, i nostri debiti privati del 2010 superano appena il 60% del reddito disponibile».
Per le famiglie francesi si avvicina all’80%, in Germania sale al 90% e in Spagna al 110%.
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Giugno 14th, 2011 Riccardo Fucile
SONO 20.000 I VIGILI DEL FUOCO PRECARI SENZA FERIE, PERMESSI E MALATTIA…BEN 864 I PILOTI ALITALIA E AIR ONE …INFINE SONO 8000 I MEDICI PRECARI, CON ALTRI 4.000 A RISCHIO POSTO DI LAVORO
Mettereste la vostra vita nelle mani di un precario? Già lo fate senza saperlo.
Infatti la denuncia del ministro Tremonti sull’abuso dei contratti atipici coinvolge anche professioni delicate come vigili del fuoco, piloti d’aereo e medici.
«Ci sono 20mila vigili del fuoco precari» spiega Riccardo Coladarci, vigile del fuoco precario e delegato per Roma dell’Alvip, l’associazione dei lavoratori (tutti) vittime del precariato.
«Si organizzano corsi per formare vigili volontari precari, che andrebbero impiegati nelle emergenze e non, come avviene, per sopperire a una carenza permanente di organico. Non abbiamo ferie, nè permessi di studio, nè malattia e non possiamo permetterci di assentarci per evitare ritorsioni. Però in servizio facciamo riferimento al contratto nazionale. Come precari non abbiamo diritto al servizio lavanderia interno e quindi portiamo a nostre spese giaccone e pantaloni antifiamma in lavanderie che lavano via anche lo speciale trattamento ignifugo. Abbiamo i doveri di un assunto ma non i diritti».
Non solo, casco, guanti, giaccone e pantaloni antifiamma dovrebbero essere, per legge, personali, invece i precari lo condividono con altri colleghi.
Come accade anche per la categoria dei piloti civili. Anche qui tanti i precari.
Un esempio: nei gruppi Air One e Alitalia pre-Cai lavoravano 2.500 piloti, 864 dei quali sono entrati in cassa integrazione dalla fine del 2008.
«I cassintegrati vengono richiamati con contratti a termine e poi tornano in cassa integrazione» dice Sandro Apolloni, vice direttore dipartimento tecnico Unione Piloti (UP), cassintegrato.
«A ottobre 2012 finirà la cassa integrazione, poi tre anni di mobilità . Chi non potrà andare in pensione si troverà senza lavoro e senza pensione».
In tutto ciò i piloti precari devono sempre assicurare il massimo livello di sicurezza, sostenendo per legge costosi corsi di addestramento, rinnovando licenza e certificato medico.
«Se sei precario devi pagare di tasca tua dai 250 agli 800 euro l’ora per ogni simulazione di volo» dice Roberto Spinazzola, di Alitalia-Cai.
Anche la richiesta “lavorare meno lavorare tutti” non è stata accolta, come dice Riccardo Rosi, responsabile cassintegrati UP, cassintegrato. «I precari coprono la carenza di un organico sempre più ridotto: crescono i pensionati ma non gli assunti».
Situazione simile anche per i medici precari, circa ottomila secondo le stime della Funzione pubblica (Fp) Cgil Medici.
Ci sono poi i precari “invisibili”, con rapporti di lavoro anomali come consulenze e “gettoni”. «I tagli alla spesa regionale metteranno in pericolo 4mila posti di lavoro di medici tra i 35 e i 45 anni» dice Massimo Cozza, segretario nazionale della Fp Cgil Medici.
«Si bloccherà il turnover, sovraccaricando i medici assunti, che già fanno orari assurdi, tra straordinari e ferie non godute».
Questa instabilità genera inefficienza, specialmente in settori nevralgici come il pronto soccorso. Il rischio di errore clinico inoltre aumenta nelle ultime ore del turno.
«Perciò abbiamo protestato in Toscana perchè le anestesiste in maternità non vengono rimpiazzate, sovraccaricando i medici rimasti. Al Policlinico di Roma abbiamo ottenuto che i precari, quasi tutti in pediatria, rimangano fino a fine anno, anche se il contratto è scaduto a maggio. I piccoli pazienti si sarebbero trovati senza assistenza».
Oggi si deve lottare persino per essere precario.
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Giugno 14th, 2011 Riccardo Fucile
IL PROCESSO ALL’EX SINDACO SI APRE CON UNO SPACCATO DI SCAMBI DI FAVORI, POLTRONE, SOLDI…”ERO CIRCONDATO DA PERSONE INCAPACI E DOVEVO MUOVERMI IN MEZZO AI RICATTI”
Un sindaco sotto ricatto.
Si presenta così Flavio Tuzet davanti ai giudici del tribunale di Ferrara.
L’ex primo cittadino di Cento è imputato di istigazione alla corruzione e minacce.
Era la primavera del 2008 e la sua maggioranza stava scricchiolando dopo l’uscita di tre consiglieri.
Di fronte allo spettro del commissariamento andò in scena una corposa “campagna acquisti”, con offerta di soldi e poltrone ai reprobi e minacce nei confronti di un consigliere dell’opposizione.
Ora tocca a lui difendersi.
E a sentire le sue dichiarazioni più che un aula di giustizia sembra di spiare all’interno di un confessionale.
“Ero circondato di incapaci e dovevo muovermi in mezzo ai ricatti” sospira davanti alle toghe. È solo il preludio al rosario di affari, favori, scambio di poltrone che, con un candore disarmante, sta per salmodiare.
Un episodio su tutti.
All’indomani della sua elezione viene avvicinato da Paolo Matlì, oggi coordinatore comunale del Pdl, all’epoca in forza ad Alleanza nazionale, partito di riferimento anche dell’ex primo cittadino.
“Mi disse dopo pochi mesi dal mio insediamento che poteva farmi cadere quando voleva, perchè aveva 270mila euro a disposizione per corrompere sei consiglieri di maggioranza”.
La circostanza viene confermata nel corso del dibattimento dal coimputato che parlerà dopo di lui.
Ma i soldi non erano l’unica moneta di scambio in questo feudo del centrodestra consegnato dal ballottaggio del 30 maggio al centrosinistra.
“Ci sono i posti della Fondazione Patrimonio Studi, dove su cinque consiglieri tre sono di nomina politica spettante al Comune, c’è la Cmv… Si decide a chi darli, come penso facciano tutti”.
Uno di questi posti andò proprio ad Antonio Baroni uno dei consiglieri più contesi al momento del voto di fiducia del 2008 (fu lui a denunciare ai carabinieri il presunto tentativo di corruzione operato nei suoi confronti).
Al processo Baroni disse che gli vennero offerti 20mila euro per far cadere Tuzet.“Baroni mi diceva che eravamo seduti sopra una montagna d’oro e che bastava allungare la mano per prenderlo — racconta Tuzet -. In quei giorni mi confidò che era stato avvicinato per votare contro il bilancio. Aggiunse che gli offrirono 20mila euro, ma che lui ne valeva almeno 50mila. Chiese del denaro anche a me”.
Baroni non voterà contro e otterrà una poltrona alla Patrimonio studi e successivamente nel collegio della Fondazione Zanandrea.
“Incarichi non di responsabilità , ma di mera visibilità ” specifica l’imputato.
E in effetti a quel tempo i consiglieri della Patrimonio studi non erano retribuiti.
Ci penseranno loro stessi a darsi lo stipendio, deliberando una prebenda di 600 euro mensili.
Un’altra comoda poltrona finì nel curriculum di Adriano Orlandini.
Stiamo parlando dell’uomo che, a capo della coalizione di centrosinistra sfidò Tuzet al ballottaggio di cinque anni fa.
Insomma il capo dell’opposizione.
Fu il suo voto a salvare colui che fino ad allora era il suo nemico politico numero uno. Dal successivo rimpasto gli verrà affidata la carica di presidente del consiglio comunale (“incarico retribuito con circa 1000/1500 euro al mese”), “proprio in funzione del suo aiuto” ammette Tuzet, salvo poi correggere il tiro e aggiungere che “con lui si era fatto un più ampio discorso politico per iniziare un nuovo corso”.
Cambi di casacca e manovre che non avevano lasciato indifferente l’elettorato. “Voci”, come le definiscono i testimoni, di compravendite di consiglieri giravano con insistenza a Cento.
Con tanto di listino prezzi e scommesse al rialzo. Come al più classico mercato delle vacche.
E allora il pm Nicola Porto gli chiede se ne fosse a conoscenza, di queste voci. “Giravano da sempre” ammette quasi stupito dalla domanda Tuzet: “questo è l’ambiente in cui mi sono venuto a trovare; io ho solo cercato di evitare il commissariamento del Comune, perchè sarebbe stato ancora peggio per Cento”.
Le “confessioni” di questo medico prestato alla politica vanno verso la conclusione. Non prima però di spargere un po’ di fiele dietro la sua porta che si chiude. “Si andava avanti a ricatti — allarga le braccia -. E bisognava accettare. Non credo che sia una cosa tanto strana, nei Comuni è la normalità ”.
Una normalità che è costata la sconfitta elettorale. Ma Tuzet non si cruccia. Anzi. “Sono contento che il Comune sia passato al centro-sinistra”.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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