Giugno 9th, 2011 Riccardo Fucile
CASTELLI E BRUNETTA STARNAZZANO CHE NON VOGLIONO PAGARE IL CANONE PER SENTIRE TRAVAGLIO, SANTORO SNOCCIOLA I DATI: “ANNO ZERO E’ COSTATO 6 MILIONI E NE FA INCASSARE 45 ALLA RAI, SIAMO NOI CHE PAGHIAMO MINZOLINI”… LA BECERODESTRA DELLA VERGOGNA E DELLA CENSURA HA MOSTRATO IL SUO VOLTO: E’ TEMPO DI UNA DESTRA CIVILE, MAI PIU’ CON CERTA FECCIA UMANA
Ultima chiamata per la Rai.
Michele Santoro, adesso che il contenzioso con l’azienda non è più a tre con i giudici, mette viale Mazzini alle strette: “Vorrei che lei, presidente Garimberti, scegliesse in libertà se in questa azienda una trasmissione così la volete o no. Io non ho ancora firmato con nessun altro editore e quindi da domani teoricamente potrei essere disponibile a riprendere questo programma al costo di un euro a puntata nella prossima stagione”.
Il conduttore ha scelto il prologo dell’ultima puntata di Annozero per il suo affondo, forse non finale.
“Caro presidente Garimberti, se fossi in lei non mi preoccuperei di quello che sto per dire, ma di quello che lei sta per fare — ha iniziato il conduttore -. Chi è il vero artefice del destino della Rai? Io sono un giornalista della Rai. Anche Celentano è della Rai. Chi è che gli impedisce da anni di fare un programma sulla tv pubblica?”.
E proprio durante una telefonata in diretta del Molleggiato scoppia la polemica. Il ministro Roberto Castelli, ospite in studio, si dice democratico ma anche “stufo di pagare Travaglio con i mie soldi”.
A queste parole, Santoro non si contiene: “Adesso basta. Noi non prendiamo un euro dal canone — urla -. Dovete lasciare libera la Rai, fuori i partiti!”. “Dovete capire che c’è gente che non si compra — continua -, noi siamo del mercato”.
E mentre Santoro mette nell’angolo i vertici Rai, Antonio Verro, consigliere di maggioranza di viale Mazzini, va a trovare Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli.
Lo stesso consigliere che in giornata si era espresso negativamente contro un’altra trasmissione Rai, ‘Ballarò’, chiedendo più pluralismo.
“Nella mia visione della vita c’è la dignità del lavoro — spiega Santoro — che è la condizione della libertà ”.
Perchè il giornalista, ricorda lui stesso, oltre ad essere “della Rai” è anche figlio di un ferroviere.
“Quando si attacca la gente come me — continua — offende la gente come mio padre, perchè gli impedisce di avere un sogno”.
Eppure, adesso è stanco. ”Non si può sempre resistere resistere resistere”, spiega.
Il conduttore è in attesa del giudizio della Cassazione sul suo reintegro, già disposto dai giudici in primo grado e in appello, che hanno anche rigettato il ricorso dell’azienda.
Un contenzioso che “si è ritenuto di far cessare per recuperare la piena reciproca autonomia decisionale”, spiegava la Rai tre giorni fa in una nota, annunciando il divorzio “consensuale” dell’azienda da Santoro.
Una fuoriuscita, quella del conduttore, posta come condizione per qualunque accordo da viale Mazzini.
”Io non voglio più andare in onda perchè lo decidono i giudici — sottolinea il conduttore -. Ma anche se avessi vinto in Cassazione, non sarei stato contento. Perchè non sarei stato considerato uno della Rai, ma uno graziato dai giudici di sinistra”.
Una battaglia che parte da lontano.
E che ha il suo scontro principale nel 2002, quando il presidente del Consiglio emana quello che è passato alla storia della televisione come ‘Editto bulgaro’. “Biagi, Luttazzi e Santoro hanno fatto un uso criminoso della televisione pubblica”, dice il premier da Sofia.
Risultato: i tre vengono allontanati dalla Rai.
E Santoro apre il suo contenzioso con l’azienda, ancora non concluso.
In mezzo ci sono polemiche, una telefonata in diretta dell’ex direttore generale della Rai Mauro Masi e uno scandalo.
“Uno scandalo mondiale”, lo definisce oggi Santoro. ”Presidente Napolitano — è l’appello del conduttore — ci rendiamo conto che siamo l’unico Paese in cui l’arbitro della comunicazione è espresso direttamente dai partiti?”.
Il riferimento è all’Agcom che, tra i numerosi attacchi alla trasmissione, ha un posto di rilievo.
Quello nel fascicolo della procura di Trani, in cui compaiono le telefonate tra un ex dipendente dell’Autorità garante per le Comunicazioni, Giancarlo Innocenzi, e il premier.
Conversazioni in cui Berlusconi chiede di mettere fine a programmi come ‘Annozero’ e commenta che se l’Agcom non ne è capace allora fa davvero “schifo”.
“C’è una cosa che ha urtato la mia sensibilità — ha aggiunto il giornalista -. Voi dicevate che ero in onda per giudici, ma mentre ‘Annozero’ incassava milioni di euro, questi erano spesi da avvocati per portarmi in tribunale fino in Cassazione”.
”Se la mia andata via serve ad evitare il bombardamento di ciò che rende grande il servizio pubblico, come Fazio, Gabanelli, Dandini, Iacona – prosegue Santoro — preferisco andare via”.
“Ora al diavolo ‘Annozero’ — conclude — comincia l’Annonuovo”.
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Giugno 9th, 2011 Riccardo Fucile
“CHI ACQUISTA AUTONOMIA PER AVERE IN FUTURO POTERE NEGOZIALE, CHI LITIGA SENZA USCIRE, CHI SI CANDIDA A FARE IL GIAPPONESE DELLA FORESTA BERLUSCONIANA”… “LA CACCIA A UN COLPEVOLE E’ TOCCATA A CASINI E FINI, ORA TOCCA A TREMONTI”
Per aver invocato il libero dissenso in un partito monarchico, un anno fa Italo Bocchino fu minacciato di espulsione dal redivivo collegio dei probiviri del Pdl.
Lui, Carmelo Briguglio e Fabio Granata.
Ma il provvedimento non venne mai discusso perchè nel frattempo i finiani fondarono Futuro e libertà , di cui Bocchino è vicepresidente.
Bocchino, il tutti contro tutti nel Pdl per lei è uno spettacolo imperdibile.
Io assisto nel ruolo di premartire.
Oggi i martiri spuntano a getto continuo. Galan contro Tremonti. Alemanno contro Calderoli.
Nel Pdl sta impazzendo la maionese. Accade quando manca una linea e non ci sono vie d’uscita. Una deriva inevitabile in un partito ancora padronale, nonostante tutto, e che continua a essere appiattito sulla Lega.
La lunga agonia del berlusconismo.
Io individuo tre tipi di atteggiamenti.
II primo?
Quello alla Miccichè, che vuole fare i gruppi autonomi di Forza del Sud. Per la serie: io voglio organizzarmi adesso per avere un potere negoziale nel post-Berlusconi.
Il secondo?
Il comportamento di chi vuol rimanere leale al Cavaliere, ma si muove lo stesso senza uscire. Riguarda la maggior parte di quelli che litigano.
Riposizionamento strisciante ma ineluttabile, che spacca anche i Responsabili.
Appunto.
Terzo e ultimo atteggiamento?
I giapponesi della foresta berlusconiana. Coloro che pensano in futuro a gestire non un partito al 36 per cento, come quando c’era Fini; non un partito al 28 con il solo Berlusconi; ma una formazione al 15 per cento.
Questione ex An: la Biancofiore ha detto che hanno il correntismo nel sangue.
Il problema non è il correntismo.
E qual’è?
Gli ex an sono entrati in un nuovo mondo che avevano un leader forte, Fini. Senza, quelli rimasti nel Pdl sono orfani di prospettiva. E saranno trattati sempre più come appestati.
Poi c’è la caccia a Tremonti, altro capitolo a parte.
Qui il problema è a monte.
Cioè?
Berlusconi, a turno, ha sempre bisogno di un colpevole che non gli fa fare le cose. Deve giustificare tutte le promesse non realizzate sin dal ’94. Ha cominciato con Bossi, poi Casini e Fini. Adesso tocca a Tremonti.
Nella balcanizzazione avanza la novità delle primarie. Chi le vuole finte, per riconsacrare Berlusconi, chi vere per la successione.
Con o senza il premier, mi pare siano comunque primarie di stampo berlusconiano.
Ma se B. non si candidasse, Fini non potrebbe avere la tentazione di correre perla leadership del centrodestra?
No, lo escludo.
Per Granata sarebbe meglio se Fini si dimettesse da presidente della Camera.
Improponibile. Le istituzioni vanno onorate sino alla fine. E poi, senza Fini, Berlusconi metterebbe un altro suo uomo lì.
D’Esposito Fabrizio
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Giugno 9th, 2011 Riccardo Fucile
“BASTA ESSERE SUCCUBI DI BOSSI”… SI SFASCIA ANCHE IL GRUPPO DEI “RESPONSABILI”: NOBILE LITE TRA MOFFA E SARDELLI PER LA POLTRONA DI CAPOGRUPPO…ALCUNI ANDRANNO CON MICCICHE’, ALTRI AL GRUPPO MISTO
Dieci deputati e quattro senatori. Sono almeno quattordici i parlamentari fedeli a Gianfranco Miccichè che usciranno dal Pdl.
Lui, il leader di Forza del Sud, tra i fondatori di Forza Italia e artefice del 61 a O siciliano del 2001, lo dice chiaro e tondo: «Non si può più essere succubi della Lega e dei capricci di Bossi».
Eccole le nuove grane per Silvio Berlusconi: alla Camera i partiti di governo tornano pericolosamente a lambire la quota di sicurezza di 316 deputati.
Perchè se da un lato il ribelle Miccichè assicura che «oggi rimaniamo nella maggioranza», dall’altro giura che se «prenderanno ancora in giro il Mezzogiorno ce ne andiamo».
Intanto l’obiettivo è chiaro: «L’importante è distanziarci dal Pdl, non ci vogliamo più confondere con chi non rappresenta il Sud».
La strada di Forza del Sud è sempre più lontana dal governo.
Miccichè garantisce che «non chiediamo poltrone». Tanto che potrebbe anche rinunciare al suo posto da sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega al Cipe.
Oggi vedrà Berlusconi a Palazzo Grazioli e se il Cavaliere gli chiederà di lasciare lui lo farà .
Per ora i suoi – che alla Camera si riconoscono perla cravatta arancione- fara nno un sottogruppo al Misto, ma puntano a raddoppiare arrivando a venti e formare un gruppo vero e proprio.
I primi arrivi potrebbero essere quelli dei tre deputati di Noi Sud – Iannaccone, Belcastro e Porfidia – dati in uscita dai Responsabili.
E potrebbero arrivare anche nomi eccellenti come i finiani Andrea Ronchi (che però da tempo smentisce l’ipotesi), Adolfo Urso e Pippo Scalia, anche se l’operazione sembra difficile nonostante gli ottimi rapporti.
Intanto il governo quando si parlerà di meridione, finanziaria compresa, ballerà («noi lo vogliamo condizionare»).
A questo punto alla Camera gli uomini del movimento arancione tracciano due scenari: se rimaniamo nel Misto ci sentiremo «liberi, svincolati dalla maggioranza» e voteremo di testa nostra volta per volta.
Mettendo il governo ogni giorno sotto pressione.
Se invece riusciranno ad arrivare a quota venti, fare un gruppo e partecipare alle riunioni di maggioranza allora si sentiranno tutelati alle decisioni prese con gli altri partiti di governo.
Il punto, lamentano alcuni arancioni in Transatlantico, è che chi è in predicato di passare a Forza del Sud è messo «sotto forte pressione» da parte del Pdl.
Quindi se si troverà i bastoni tra le ruote, Miccichè assicura che non risponderà all’esecutivo.
Intanto la maggioranza balla anche per colpa dei ResponsabiIi.
I salvatori del governo e del premier, accorsi in maggioranza per la fiducia del 14 dicembre, sono sempre più spaccati al loro interno.
Al punto che hanno dovuto rinviare di una settimana l’elezione del capogruppo.
Una parte dei responsabili preme per Silvano Moffa, l’ex finiano che lasciò i futuristi in favore della maggioranza proprio la mattina della fiducia.
Sul fronte opposto i sostenitori di Luciano Sardelli, attuale reggente della formazione. E le fibrillazioni dei Responsabili mandano ancora una volta la maggioranza sulle montagne russe.
Tanto che ieri la presidente della commissione Cutlura Valentina Aprea ha dovuto interrompere i lavori sul decreto Sviluppo perchè mancavano i numeri, causa assenze dei Responsabili.
La loro assenza avrebbe mandato sotto il governo sugli emendamenti.
D’Argenio Alberto
(da “La Repubblica“)
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Giugno 9th, 2011 Riccardo Fucile
NEL PDL VOLANO INSULTI, ACCUSE E MINACCE TRA LE CORRENTI.. CHI FA CIRCOLARE VIZI PRIVATI ALTRUI E CHI PIANGE AL TELEFONO CON SILVIO, CHI FA LEVA SUI TRASCORSI SENTIMENTALI CON IL PREMIER E CHI SI LAMENTA OGNI GIORNO… IL PDL, NATO PER PORRE FINE ALLE CORRENTI, SEMBRA ORMAI IL COLOSSEO, TANTI SONO GLI SPIFFERI
Una è “matta”, l’altro in “malafede”.
C’è “l’avanzo dell’Msi”, il “democristiano”, “il socialista”.
Eppoi? Beh, ecco le allusioni, i giochi di parole su nomi e cognomi, i riferimenti ad abitudini private e non tra i veri membri della maggioranza.
Per carità , sia ben chiaro, tutto a mezzo stampa, dal vivo si incontrano raramente e prima dei vertici ci pensa Silvio Berlusconi e qualche fedelissimo a ricomporre i cocci. E che cocci.
Chi circonda il premier racconta di telefonate continue, di lamentele, qualcuno-qualcuna simula anche lacrime o sfrutta il ricordo dei tempi passati.
La tattica sentimentale è sempre la migliore.
Con Berlusconi così avvolto dai problemi da appisolarsi con il cellulare in mano, quindi svegliato da un colpetto sulla spalla dal Letta di turno e subito lesto a rassicurare un immediato intervento.
Ma c’è un problema: se fino a qualche anno fa gli episodi erano meramente sporadici, negli ultimi tempi c’è stato un crescendo tipo “Bolero” di Ravel che ha fatto incrociare veti e promesse.
Della serie: alla fine ha scontentato tutti.
Ecco quindi le continue minacce di dimissioni di Giulio Tremonti, le perenni pretese di Umberto Bossi, le risposte di Giancarlo Galan e le urla indispettite di Gianni Alemanno e Renata Polverini contro le esternazioni pseudo-elettorali di Roberto Calderoli.
Berlusconi quando ha fondato il Pdl ha detto: niente correnti.
Per poi dividere il partito in percentuali aziendalistiche: 70 per cento a Forza Italia e 30 a quelli di An.
Passato qualche anno, non ci sono le correnti, no, neanche le galassie.
C’è solo tanta, tanta gente che si insulta, in tailleur o giacca e cravatta.
Qualcuno gli dica che sono anche alleati.
Alessandro Ferrucci
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 9th, 2011 Riccardo Fucile
IN CASO DI ABROGAZIONE DEL LEGITTIMO IMPEDIMENTO, GIA’ SI PENSA A UN’ALTRO SISTEMA PER GARANTIRE L’IMPUNITA’ AL PREMIER…A RISCHIO 15.000 PROCESSI
Se tra domenica e lunedì si raggiunge il quorum e vincono i sì per cancellare definitivamente anche l’ultimo brandello del legittimo impedimento, i berlusconiani hanno già pronta la contromossa.
L’hanno studiata, facendo i calcoli perfino sui giorni, gli esperti giustizia del Cavaliere.
Tra di loro lo chiamano “il risarcimento”. Consiste nell’approvare subito al Senato, senza l’ombra di modifiche, la prescrizione breve per gli incensurati.–
Lo sconto che, senza sottoporre il premier allo stress delle udienze a Milano e a quello di una possibile condanna per corruzione di un testimone, cancella d’un colpo il processo Mills.
E con esso il rischio di una condanna, anche se solo in primo grado, per corruzione. Brutta figura, per un premier, in Italia e all’estero. Prescrizione prevista a febbraio. Sconto di sette mesi. Dibattimento chiuso in autunno.
Il “risarcimento” dunque.
Portare a casa una norma ad personam molto contestata perchè, come sempre in questi casi (vedi la blocca processi o il processo breve vecchia versione), essa non chiude solo “un” processo, quello di Berlusconi addosso al quale è stata confezionata, ma fulmina pure tutti gli altri che si trovano nelle stesse condizioni.
Quindicimila processi all’aria è la stima del Csm e dell’Anm, tra cui alcuni sensibili (s’è parlato della strage ferroviaria di Viareggio).
Un dato che il Guardasigilli Angelino Alfano ha smentito e nettamente ridimensionato. Ma che ha preoccupato il Quirinale.
Tant’è che proprio lì il capo del governo avrebbe voluto spedire il suo ministro, trattenuto poi dallo stesso presidente, poco incline a trattative sulla giustizia che abbiano come oggetto le leggi per il Cavaliere.
Ma con un referendum perso alle spalle, e la prospettiva di interpretarlo come la definitiva bocciatura di una politica della giustizia tutta imperniata sulla vendetta di Berlusconi contro le toghe per via dei suoi processi, scatterebbe per il premier la linea dell’ultimo favore, dell’ultima volta, dell’ultima legge per se stesso.
Per la quale chiedere anche a Napolitano una sorta di lasciapassare del tutto speciale. Tant’è che il vice capogruppo al Senato Gaetano Quagliariello ha fatto il primo passo e ha chiesto al presidente Renato Schifani di mettere il calendario la prescrizione breve.
Un passo ufficiale, con toni soft com’è nello stile dell’uomo, ma con l’esplicito riferimento a un voto che determini l’entrata in vigore immediata della norma già sottoposta a due passaggi parlamentari.
Sarebbe l’ultima legge ad personam.
Questo gli ambasciatori con il Colle sono stati incaricati di far sapere a Napolitano. L’ultimo salvacondotto rispetto alla “fabbrica” delle norme “salva Silvio” che tenevano banco fino a un mese prima delle elezioni amministrative.
Processo e prescrizione breve, dibattimento lungo (più potere agli avvocati e divieto di usare le sentenze definitive), il comma blocca Ruby (sospensione obbligatoria in caso di conflitto d’attribuzioni, proprio come per l’ultimo processo milanese).
Cui si aggiunge la riforma della giustizia, considerata sempre come una lezione per indebolire e ridurre al silenzio le toghe.
Ma adesso il clima è cambiato.
La sconfitta alle amministrative viene vista anche come la bocciatura della politica contro i magistrati.
Il futuro sarà diverso e la legge sulla prescrizione sarebbe destinata a mettere un sigillo su una stagione che va in soffitta. Ma sull’operazione, studiata nei dettagli, aleggia da ieri la brutta sortita della maggioranza nel voto al Senato sul ddl anti-corruzione.
Timori e preoccupazioni per un malessere serpeggiante che potrebbe aggravarsi, soprattutto tra le truppe leghiste, di fronte a un nuovo intervento legislativo per chiudere un processo del Cavaliere.
Ma, a ieri sera, l’orientamento era quello di un rischio da correre.
Liana Milella
(da “La Repubblica“)
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Giugno 9th, 2011 Riccardo Fucile
SI TRATTA DI CIRCA 3,2 MILIONI DI AVENTI DIRITTO AL VOTO: SE NON SI CONTEGGIASSERO IL QUORUM SCENDEREBBE…. DI PIETRO PRONTO AL RICORSO IN CASSAZIONE
Fortuna cha quest’anno una copia della Costituzione ce l’hanno tutti sul comodino.
Da leggere ormai come un giallo: l’articolo 75 apre il sipario, per i referendum votano “tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati”, ma il brivido viene quando si considera che siccome i residenti all’estero hanno già imbucato le loro schede il 1 giugno rispondendo a quesiti sul nucleare diversi da quelli di domenica e lunedì prossimi, non è affatto chiaro se quei voti siano validi o meno , se la Cassazione possa stilettarli o se tocchi invece alla Corte costituzionale decidere il destino finale del referendum più strapazzato nella storia repubblicana.“La situazione è caotica, ogni passaggio svela aspetti inediti, nessuno può dire davvero come andrà a finire” è il giudizio del costituzionalista Gaetano Azzariti.
Che procede con passo felpato: “Supponiamo ci sia una grande partecipazione al voto, un’evidentissima volontà popolare: tutte le stranezze fin qui accumulate potrebbero trovare all’improvviso una soluzione definitiva — dice Azzariti —. Se invece i 3,2 milioni di residenti fuori confine fossero determinanti nel raggiungere il quorum, le ipotesi diventerebbero tante.
Primo caso: i comitati chiedono alla Cassazione di non tener conto del blocco estero, così da abbassare il numero totale degli aventi diritto.
Secondo caso: si chiede invece di considerare valido il voto perchè coincidente nella sostanza con il quesito bis (tesi appena espressa dalla stessa corte)”.
Ieri Di Pietro ha annunciato di aver già pronti i ricorsi da presentare in Cassazione domani e poi lunedì, a urne chiuse, per chiedere di escludere dal conteggio del quorum gli italiani residenti fuori confine.
Perchè, in un certo senso, il pasticcio governativo sul nucleare finirebbe per dare una mano ai referendari: eliminando in blocco la questione esteri, il quorum italico si abbasserebbe parecchio, mentre salirebbe la possibilità di vedere passare i quattro sì.
Ma, come in ogni buon giallo, è pronto a spuntare un finale a sorpresa: il governo potrebbe chiedere l’annullamento in toto del referendum.
Come? Se davvero passasse lo scorporo dei voti esteri, si potrebbe invocare il leso diritto dei concittadini che, pur essendosi espressi, vengono poi esclusi dal computo finale.
Se invece i voti venissero conteggiati nonostante la difformità della formula, verrebbe magari sottolineata la differenza tra i due testi costringendo ancora una volta i giudici a stabilire se conti più la volontà comune o la difformità dei quesiti.
Insomma un gran caos, con una soluzione semplicissima: “Basterebbe che Maroni dicesse una parola chiara — conclude Azzariti —. Visto che fin qui tutti i problemi sono nati da tardive azioni del governo sul nucleare, il ministro ha oggi tutta l’autorevolezza per indicare quale sarà l’atteggiamento dell’esecutivo di fronte ai dubbi del voto estero. Decreti legge improvvisati e ricorsi d’urgenza ci hanno portato fin qui, almeno una parola di chiarezza sul punto sarebbe un impegno serio davanti agli italiani”.
Ma le parole sul referendum scarseggiano.
In tv soprattutto, come ha ribadito spesso l’Agcom denunciando un vero e proprio bavaglio anti-voto.
E non pare ci sia gran voglia di prendere posizione nemmeno sul problema della scarsa affidabilità della macchina elettorale via posta.
Ieri, al question time, il ministro per i rapporti col Parlamento, Elio Vito , ha risposto a un’interrogazione su mezzo milione di plichi inviati in Germania: molte elettrici, che hanno assunto il cognome dei mariti o i cui cognomi erano stati mal trascritti, non li hanno ricevuti.“Tutto sistemato” ha replicato il ministro, aggiungendo che non risultano altri casi simili e che le nuove schede grigie saranno regolarmente presenti nei seggi italiani.
In realtà segnalazioni preoccupate sono giunte da più parti, tanto che lo stesso Casini — non esattamente un pasionario del referendum — ha invitato il governo a prestare maggiore attenzione al voto estero.
I precedenti pericolosi non mancano.
Nel 1999 il referendum per l’abolizione della quota proporzionale nelle elezioni per la Camera fallì il quorum per circa 150mila voti: l’anno dopo, in occasione di un aggiornamento delle liste elettorali degli italiani all’estero, furono cancellati oltre 300 mila nominativi, defunti o irreperibili. Stavolta la cifra clou è 25.332.487: “Le tutele sono assai inferiori in questi contesti – conferma Alessandro Pace, costituzionalista -. E tutto si complica ora che tocca scegliere tra il rispetto del diritto, del suo valore anche formale, e il senso autentico della scelta democratica. Cioè: è chiaro che chi ha votato contro il nucleare sulla vecchia scheda dice la stessa cosa di un elettore antinuclearista con quesito riformulato, e bisognerebbe salvare la volontà espressa da entrambi più che fermarsi ai vincoli tecnici. Ma se poi una forzatura portasse a invalidare tutto, si sommerebbe la beffa al danno”.
Eccolo, dunque, il killer che si aggira tra le pieghe di una consultazione costretta a diventare battaglia politica: stressare norme e istituzioni fino al punto di non ritorno, ottenendo risultati opposti all’obiettivo democratico.
In fondo i cittadini desiderano solo essere ben informati ed esprimere un giudizio.
Ma non è così facile, specie se si è elettori della Lega: il partito ha stabilito ieri la libertà di voto, Bossi e Tosi dichiarano però che non andranno alle urne, Maroni attende gli eventi.
Sperando di non dover fare il cameriere-assassino.
Chiara Paolin
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 9th, 2011 Riccardo Fucile
“LIBERO” VIVE GRAZIE AI FINANZIAMENTI PUBBLICI PER L’EDITORIA, MA A BELPIETRO FANNO SCHIFO SOLO QUELLI DATI AD “ANNO ZERO”….C’E’ POI UNA DIFFERENZA: SANTORO PORTAVA IN PUBBLICITA’ SETTE VOLTE LA CIFRA SPESA PER LA TRASMISSIONE, MENTRE I SOLDI PUBBLICI A “LIBERO” SONO A FONDO PERSO E NON DOVUTI
Che scandalo, questi giornalisti che fanno i tribuni con i soldi pubblici.
E’ la vigorosa denuncia di Libero, il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, che titolava in prima pagina: “Ora Santoro è gratis”, perchè qualunque cosa farà fuori dalla Rai “non dovremo pagarlo noi”.
La verità è esattamente opposta:
Michele Santoro può piacere o meno, ma con Annozero alla Rai portava profitti.
E’ invece proprio Libero a essersi impossessato di parecchi milioni di euro della collettività , facendosi pagare — lui sì — da noi, pur macinando privatissimi profitti a favore del suo editore Antonio Angelucci (che sempre da noi prende un lauto stipendio, visto che è stato piazzato in Parlamento dal Pdl).
Soldi della collettività che, per di più, sarebbero finiti a Libero in violazione della legge, secondo l’Autorità garante per le comunicazioni.
Il 9 febbraio di quest’anno, infatti, l’Agcom ha inflitto ad Angelucci una multa di 103.300 euro proprio in relazione ai fondi di sostegno percepiti dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del consiglio.
Fondi che sono finiti sia a Libero che al Riformista, quotidiani notoriamente riconducibili ad Angelucci e alla sua Tosinvest.
Solo che la legge vieta allo stesso editore di chiedere i contributi pubblici per più di una testata.
Così l’Agcom ha disposto degli accertamenti ed è arrivata alla conclusione che, al di là degli assetti societari formali, Libero e il Riformista appartengono all’imprenditore-parlamentare del Pdl.
L’interessato ha pagato la multa, ma ha fatto ricorso al Tar, che dovrebbe decidere il 12 ottobre.
L’irregolarità è stata contestata dal 2006 al 2010. Di conseguenza, il 29 marzo il Dipartimento per l’informazione e l’editoria ha messo in moto la procedura per ottenere la restituzione dei soldi.
Si parla di una cifra intorno ai 43 milioni di euro, di cui circa la metà effettivamente incassati dalle due testate.
Negli anni 2006 e 2007, il giornale oggi diretto da Maurizio Blepietro beneficiò di oltre 15 milioni di euro.
Ben diverso il discorso per Annozero, reduce da una stagione di ascolti record, con punte di share del 24 per cento in prima serata (e una platea tra i cinque e i sette milioni di spettatori), contro una media di Raidue assestata intorno al 10.
E questo per la Rai significa soldi, tanti soldi.
L’ultima serie della trasmissione di Michele Santoro è costata complessivamente 6,3 milioni di euro, si legge in un approfondito articolo di Lettera43, e ne ha ricavati 45 milioni in spot pubblicitari.
In sintesi: Belpietro festeggia un danno per il contribuente, spacciandolo per un risparmio, dalle colonne di un giornale che al contribuente deve qualche decina di milioni di euro.
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Giugno 9th, 2011 Riccardo Fucile
PRIMARIE O MENO, SUCCESSIONE O MENO: TRA FISCHI ED APPLAUSI SFILANO DIRETTORI DI GIORNALI, POLITICI E FANS ALLA “LIBERA ADUNATA DEI SERVI DEL CAVALIERE”….FERRARA PROVA A SUONARE LA CARICA TRA TANTI TROMBONI
Ci voleva il geniale e innegabile talento coreografico di Giuliano Ferrara.
E il clima di amichevole competizione nella tavolata di direttori-big (Ferrara, Sechi, Belpietro, Feltri e Sallusti) tutti aspiranti consiglieri del Principe.
Ci volevano gli ospiti molesti. E poi l’aria agrodolce e adrenalinica del crepuscolo, la platea di pantere grigie un po’ incazzate, l’odore di Napalm al Capranica di mattina presto, il crepitare della competizione e lo spettro della successione per la “libera adunata dei servi del Cavaliere”.
E poi — ovviamente — ci voleva Lui: convitato di pietra, anzi di cartone con Alessandra Mussolini che finito l’intervento corre a baciare esterrefatta quella sagoma del beneamato premier che fa bella mostra di sè sul palco: “Oddio! Oddìo che orrore! È anche sgranato. Se sapesse che lo avete fatto così piccolo!”.
E ci voleva il direttore del Foglio che risponde con sublime e perfida ironia: “Veramente è a grandezza naturale!”.
Allora bisognerebbe parlare di quella sagoma: forse era una citazione, e Ferrara aveva in mente il poster di Lenin formato uno a uno (anche lui non era un gigante) in piedi di profilo che furoreggiava nelle case degli anni Settanta: forse era un altro divertissement.
Ma effettivamente era una foto con capigliatura rada pre-trapianto che l’occhio vigile di Mity Simonetto avrebbe sicuramente cassato.
Però Mity è andata in pensione (e questo è un segno dei tempi), Mamma Rosa non c’è più, e Silvio stesso non si sente affatto bene.
Al Capranica Berlusconi non è venuto, e in questa miscela umana la Festa per il caro amico Silvio, che fino al giorno prima doveva essere un seminario preparatorio per “tornare allo spirito del ’94”, ha finito per trasformarsi in un helzapoppin picaresco, un (in)volontario rito funebre del berlusconismo, in cui forse non tutti erano consapevoli, ma in cui si suonava come nei funerali di New Orleans.
Una cerimonia in cui ognuno aveva una sua diversa idea dello scomparso e di come gestire l’eredità , e quella sagoma diventava per tutti la foto del “Caro estinto”.
Una metafora così chiara, a fine mattinata, che Vittorio Feltri, con la consueta schiettezza, ammoniva strappando la risata: “Uè! Non si può fare un funerale senza la salma!”.
E in cui la solita Mussolini diceva: “Bisogna riesumarla”.
Insomma, un festa wedding & funerals, ma anche un po’ balcanica, come un film di Emir Kusturica in cui qualcuno ridendo prima o poi tira fuori il kalashnikov e spara.
E quindi ci volevano anche le contestazioni furibonde alla giornalista di sinistra “infiltrata” Marina Terragni, così ispida nella provocazione: “Per i giovani di Milano Berlusconi è vecchio. Per loro Berlusconi è muffa!”.
Boato di rabbia dalla platea: “Sarai vecchia tu!!!”. Ululato dal loggione: “Ma chi è ‘sta stronza?”. Signora imbufalita in prima fila: “Taci, racchia!”.
Anche Ferrara tira fuori la pistola. Prima per placare gli indignados azzurri. Poi si incazza a sua volta con la Terragni, che picchia sul beneamato leader come un trapano: “Scusa Marina! Ti ho invitato perchè facessi una pacata e provocatoria analisi della sconfitta di Milano, non un violento comizio antiberlusconiano!”.
E che dire di Ritanna Armeni? Eroicamente vuole spiegare alla platea dei “Servi”: “Perchè serpeggia la delusione nei vostri elettori? Un intero mondo è venuto meno! Il berlusconismo è finito e non tornerà ”.
A chi lo spiega, Ritanna? Al signore con il bandierone sei per tre autoprodotto? (“No ai Pacs, con Storace, Rauti e Berlusconi in difesa della famiglia naturale”).
Difficile stabilire un feeling: “Tu non sei nemmeno iniziata!”. E Ferrara: “Lasciala finire!”. E il contestatore: “Io non sono d’accordo”. Il direttore: “È la tua idea, non la sua!”.
Chissà se l’Elefantino se lo era immaginato così, l’intervento dei suoi “ospiti”. O se il modello che aveva in testa era quello di Piero Sansonetti che esordisce così: “Visto che avete fischiato la Terragni e la Armeni, vi pregherei di fare altrettanto con me…”. Ma poi l’ex direttore di Liberazione (oggi a Calabria ora) si aggiusta il ciuffo e cede al suo demone narcisista: “Dirò una cosa che vi farà piacere e due che non vi fanno piacere”.
Invece ne dice una che strappa applausi scroscianti: “Berlusconi ha un grande merito: quello di aver portato in Italia la cultura garantista. E poi quello di essersi opposto allo strapotere dei magistrati” (sono già due cose).
E una sola “negativa” (si fa per dire): “Berlusconi è l’uomo che ha ridisegnato il volto della destra. Ma anche della sinistra”.
Capirai, lo applaudono ancora di più.
Insomma tutto questo spettacolo mette in ombra il canovaccio iniziale.
Ovvero l’esercitazione di “frondismo” classico di Ferrara: “Non ti ingessare. Non aver paura. Non temere di diventare una statua di cera, torna a combattere!”.
Con i consigli, anche bruschi: “Ti abbandoni a noiosissimi monologhi, ma il paese si è stufato!”.
E con la novità del giorno: “Primarie libere — grida Ferrara — generali, semplici: il 20 ottobre”. Macchè. È d’accordo Mario Sechi, ma non Belpietro.
E nemmeno Sallusti, che dice: “Berlusconi è un monarca e il berlusconismo una monarchia. E se tu, Giuliano vuoi sottrargli alcuni poteri, metti a rischio la monarchia. E quindi meriti di essere punito con la pena di morte”. Ride. Ma solo dopo averlo detto. La Santanchè è con lui.
La Meloni è incazzata (con la Polverini). Galan non si capisce cosa voglia.
Alla fine della fiera: uno dei più applauditi è Sansonetti: vuoi vedere che se si fanno le primarie del centrodestra le vince lui?
Luca Telese
argomento: Berlusconi, Costume, elezioni, emergenza, Ferrara, governo, PdL, Politica, radici e valori | Commenta »
Giugno 9th, 2011 Riccardo Fucile
IL BRASILE HA DECISO PER IL NO ALL’ESTRADIZIONE DEL TERRORISTA PLURIOMICIDA: STAMANE ALLE 5 BATTISTI E’ USCITO DAL CARCERE DOPO CHE LA SUPREMA CORTE BRASILIANA HA VOTATO PER LA SUA LIBERAZIONE…IL GOVERNO DEL BUNGA BUNGA NON E’ RIUSCITO A RECLAMARE PER VIA GIUDIZIARIA QUELLO CHE QUASIASI ALTRO PAESE AVREBBE OTTENUTO PER VIA DIPLOMATICA
È finita pochi minuti dopo le 5 (ora italiana), dopo quattro anni e 52 giorni, la reclusione di Cesare Battisti nel carcere di Papuda, in Brasile.
L’ex terrorista – condannato in Italia in contumacia per quattro omicidi – è stato liberato dopo la decisione del Tribunale supremo federale brasiliano, che ha deciso di negare l’estradizione in Italia.
Con un voto a maggioranza, 6 giudici contro 3, la corte aveva stabilito che Battisti non è estradabile e che quindi doveva essere liberato.
La decisione dei giudici è arrivata dopo una seduta fiume durata quasi sette ore: a favore della liberazione hanno votato i giudici Marco Aurelio Mello, Luis Fux, Carmen Lucia, Ricardo Lewandowski, Joquim Barbosa, e Ayres Britto. Hanno votato contro il presidente del Supremo Tribunale Federale (Stf), Cezar Peluso, il giudice relatore Gilmar Mendes e la giudice Ellen Gracie.
La decisione definitiva è arrivata dopo un primo voto che aveva stabilito come, secondo la corte, l’Italia non ha alcuna competenza per chiedere alla magistratura brasiliana di invalidare la decisione dell’ex presidente Luis Inacio Lula da Silva di concedere l’asilo politico a Battisti.
Per i sei giudici, si tratta di “una questione di sovranità nazionale” e quindi di competenza del potere esecutivo e non di quello giudiziario.
L’ex terrorista rosso ha atteso in carcere la sentenza: fu arrestato nel marzo del 2007 dopo una latitanza ultraventennale spesa soprattutto in Francia, dove si è fatto conoscere come affermato scrittore.
La giustizia italiana lo cerca per fargli scontare i quattro ergastoli a cui è stato condannato in contumacia per fatti di sangue in Italia negli anni ’70.
Ben quattro omicidi che però Battisti ha sempre detto di non aver commesso.
Gioia fuori dal tribunale dove la fidanzata dell’ex terrorista e un gruppo di simpatizzanti stavano seguendo la seduta: “Sono ovviamente felice: come dice la canzone, ‘la vita è bella”, ha dichiarato Joice Lima, fidanzata di Cesare Battisti.
“L’Italia ora potrebbe appellarsi ad un’istanza internazionale”: lo ha dichiarato il legale del governo italiano, Nabor Bulhoes, subito dopo la fine dell’udienza. “Con questa sentenza – continua Bulhoes – il Brasile non ha rispettato la Convenzione di Vienna che regola i Trattati internazionali e lo stesso ha fatto con il Trattato bilaterale Italia-Brasile sull’estradizione del 1989. Tutto ciò danneggia la credibilità internazionale del Brasile”.
La rabbia del governo italiano è per il momento affidata al commento a caldo del ministro della gioventù Giorgia Meloni: “La decisione dei giudici supremi brasiliani di non avallare l’estradizione di un criminale come Battisti, così come quella dell’allora presidente Lula, è stata l’ennesima umiliazione inferta alle famiglie delle sue vittime”.
Per il ministro “le motivazioni addotte per il rigetto del ricorso rappresentano uno schiaffo alle istituzioni italiane, un atto indegno di una nazione civile e democratica”.
Peccato che la Meloni dimentichi di osservare che la decisione derivi dalla considerazione internazionale pressochè nulla di cui gode l’Italia, grazie al governo di cui fa parte.
Se invece che sparare dichiarazioni bellicose sui media, il nostro governo avesse agito a suo tempo per via diplomatica, Battisti oggi non sarebbe uscito dal carcere: chi ha umiliato i parenti delle vittime non sono i giudici brasiliani, ma un governo di accattoni e un premier sputtanato in tutto il mondo.
Se il caso avesse riguardato Obama, la Merkel, Cameron o Sarkozy, solo uno stolto può pensare che il governo brasiliano si sarebbe comportato allo Stato modo.
Questo è il risultato di una politica estera fatta solo di pacche sulle spalle, di barzellette sconce e di amicizia coi peggiori delinquenti del pianeta.
Bella figura per un governo sedicente di destra, incapace di assicurare alla giustizia un assassino: tanto valeva concedergli subito la grazia, avrebbero evitato di far fare al nostro Paese, che indegnamente rappresentano, una figura di merda.
argomento: Berlusconi, Bossi, criminalità, Esteri, Giustizia, governo, LegaNord, PdL, Politica | 1 Commento »