Giugno 25th, 2011 Riccardo Fucile
INIZIAMO CON UN PRIMO CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELLE INCHIESTE CHE RUOTANO INTORNO ALLA FIGURA DI MAMONE E DELLA ECO,GE E SODALI…I RAPPORTI DEGLI INQUIRENTI E LE RISULTANZE DELLE INDAGINI
Tanto per dare un contributo alla conoscenza sulle inchieste che ruotano attorno alla figura dei MAMONE e della ECO.GE e sodali, iniziamo con il pubblicare qualche estratto in parte già ripreso dalla stampa. E’ solo la prima puntata.
Da un rapporto della Guardia di Finanza del 19 gennaio 2007 alla Procura si legge:
“nell’ambito delle indagini di p.g. Delegate… stanno emergendo collegamenti con ambienti della criminalità organizzata ligure ed il particolare con la famiglia MAMONE”.
In tale rapporto si approfondiscono i rapporti con i fratelli BIASCI, Alessandro e Simone. Tra le varie intercettazioni, segnaliamo quello relativo ad un incontro, richiesto da BIASCI, presso l’ufficio di Gino MAMONE all’Eco.Ge di Via Ferri, per poi, a seguito dell’incontro tornare in Toscana.
In merito a tali colloqui si viene a conoscenza dell’induzione da parte degli stessi all’emissione di fatture da parte della INTERNATIONAL TEAM relative a presunte sponsorizzazioni (in realtà fatture per operazioni inesistenti) per un importo complessivo di 450.000 euro, nei confronti della ECO.GE srl di Genova di cui Gino MAMONE è l’amministratore unico.
Intermediario tra le società risulta il commercialista PANARESE Andrea.
Mentre i pagamenti delle fatture avvenivano tramite bonifico bancario su un conto corrente riconducibile alla INTERNATIONAL TEAM, presso la Banca San Giorgio di Via Sestri a Genova, ed intestato a Gabriel MOREAU e con delega ad operare per Sandro BIASCI.”
Dal rapporto si legge anche: “Detti pagamenti sarebbero stati regolari per il versamenti dei primi 300.000 euro, dopodichè si sarebbero interrotti. Il MAMONE, ascoltato dai due, afferma invece di aver effettuato regolarmente tutti i pagamenti… ipotizzando che la parte di denaro spettante ai BIASCI quale compenso per l’emissione di dette fatture, ovvero 17.600 euro, sarebbe stata trattenuta dal PANARESE. Il PANARESE, contattato subito dopo da Simone BIASCI, è di parere opposto…” E ancora: “I due fratelli, per non aver ottenuto la somma di denaro, meditano vendetta nei confronti del PANARESE (… “…che ora anche lui qualcosa bisogna fargli, non la può passà liscia così… qualcosa si studia).
Il 6 aprile 2007 in altra nota la Guardia di Finanza scrive alla Procura: “Le intercettazioni delle conversazioni… hanno messo in evidenza affari di natura illecita, inerenti in particolare un consolidato meccanismo di presunti scambi di favore a fronte della concessione del proprio voto elettorale in occasione delle prossime elezioni amministrative di Genova [ndr le elezioni del 2007 nelle quali hanno vinto i candidati Vincenzi alla carica di Sindaco e Repetto alla carica di presidente della Provincia].
Infatti le indagini tecniche hanno già consentito di segnalare STRIANO Paolo, nato a Genova il 03/01/1967, consigliere comunale e Capo Gruppo della Margherita del Comune di Genova nonchè membro della III Commissione per l’urbanistica – assetto del territorio e lavori pubblici di detto Comune [ndr poi nominato Assessore dal Sindaco Marta Vincenzi]…, in quanto lo stesso, in virtù del suo ruolo politico, risulta aver agito come mediatore nella compravendita tra gli indagati Gino MAMONE e Michelino CAFARELLI relativa all’area ex oleificio Gaslini di Genova di proprietà della ECO.GE srl [in nota la GdF scrive: “come già ampiamente illustrato nella pregressa corrispondenza l’indagato Gino MAMONE intendeva vendere l’area dell’ex oleificio Gaslini a società di costruttori immobiliari. Però, attraverso operazioni di bonifica da lui stesso effettuate e attraverso l’ottenimento di presunte concessioni edilizie da parte di politici compiacenti, MAMONE garantirebbe la rivalutazione di tale area”].
Tuttavia, essendo in scadenza il suo mandato politico e al fine di garantirsi nuovamente l’elezione alle prossime consultazioni elettorali per il Comune di Genova, STRIANO sta tessendo una serie di rapporti di forte collaborazione con taluni esponenti del mondo non solo politico, ma anche imprenditoriale genovese. Queste ultime relazioni gli consentono di adescare i consensi dei privati cittadini, interessati in particolare a posti di lavoro, che lo stesso promette in cambio del proprio voto elettorale…”
In un’altra dettagliata relazione dell’aprile 2007 la Guardia di Finanza, dopo un approfondimento sul filone delle false fatturazioni con nuove società e movimenti sia in Italia che all’estero, dedica il secondo capitolo a “delitti di corruzione di pubblici ufficiali e funzionari” ed uno sui “Collegamenti con la criminalità organizzata”.
Vediamone qualche estratto.
“Delitti di corruzione di pubblici ufficiali e funzionari”
Tra le società sponsorizzatrici vi è la ECO.GE di MAMONE Gino, componente della nota famiglia MAMONE di origine calabrese.
Attraverso la registrazione di fatture per operazioni inesistenti, il MAMONE si è creato dei “fondi neri”, che lo stesso utilizzerebbe per il pagamento di tangenti a taluni politici ed imprenditori locali, finalizzate alla partecipazione della ECO.GE in gare per appalti pubblici e non.
Infatti, una delle attività a cui è interessato l’indagato è la compravendita di alcune aree-terreni di scarso valore con società di costruzioni immobiliari. Le stesse verrebbero rivalutate attraverso operazioni di bonifica, da lui stresso effettuate, e attraverso l’ottenimento di concessioni edilizie. La concessione di quest’ultime sarebbero in seguito agevolare presso le opportune sedi da politici appartenenti ad alcuni Enti locali.
Fra queste operazioni allo stato attuale sono in corso quella dell’ex oleificio GASLINI di Genova e dell’area STOPPANI di Cogoleto.
L’area Stoppani al momento è soggetta alla giurisdizione del Commissario Straordinario Avv. Giancarlo VIGLIONE, nominato dal Ministero dell’Ambiente per sovrintendere ai lavori di bonifica dell’area. MAMONE Gino avrebbe intenzione, attraverso un concordato fallimentare con la società STOPPANI spa, di comprare l’area, ancora di scarso valore commerciale, in quanto non ancora bonificata e procedere successivamente sia alle operazioni di bonifica che alla rivendita del terreno a società di costruzioni immobiliari, dopo essersi assicurato le concessioni edilizie facendo ricorso ai canali politici.
Frattanto il Ministero dell’Ambiente ha emesso apposito provvedimento per ottenere il risarcimento dei danni patiti per l’inquinamento del suolo dal cromo e da altre sostanze nocive trattative dalla segnalata e tristemente nota “STOPPANI spa”. Il risarcimento ammonta a 300 milioni di euro.
Benchè questo provvedimento lo preoccupi, il MAMONE non desiste dai suoi intenti di accaparrarsi l’area e portare a compimento le sue speculazioni.
Egli intende proseguire nel suo operato, avvalendosi dei suoi numerosi appoggi politici attraverso i quali ottenere l’approvazione ed il consenso degli Enti Locali per il buon esito del suo progetto.
Grazie alle conversazioni telefoniche intercettate sulle utenze in uso agli indagati innanzi citati, sono stati acquisiti preziosi elementi circa il coinvolgimento delle sottonotate persone, che opererebbero a favore del MAMONE:
“Collegamenti con la criminalità organizzata”
Fra i contatti telefonici e personali (molto cordiali) dell’indagato, Gino MAMONE (segnalato dalla D.I.A. per i suoi legami con la cosca della ‘ndrangheta calabrese dei MAMMOLITI) [nella nota la GdF: “estratto della relazione D.I.A.
Anno 2002: “presenze significative sono state individuate anche in Liguria, la criminalità calabrese, presente sin dagli anni ’60, si è manifestata tanto in ambito microcriminale, ove attraverso l’esercizio dello spaccio di droga al minuto, quanto in importanti settori economici quali l’edilizia, la ristorazione e, soprattutto, lo smaltimento dei rifiuti. Le consorterie censite sul territorio sono riconducibili alle famiglie ROMEO, NUCERA, RAMPINO, MAMONE, FOGLIANI, FAMELI e FAZZARI. La famiglia MAMONE, proveniente dalla Piana di Gioia Tauro (RC) e collegata ai MAMMOLITI di Oppido Mamertina (RC), si è insediata in Genova, ove è titolare della società “F.lli MAMONE & C. di MAMONE Luigi” aggiudicataria di un cospicuo numero di appalti pubblici.
“…emergono inequivocabilmente, quelli con STEFANELLI Vincenzo, detto “Cecè” [la GdF in nota: “nato ad Oppido Mamertina (RC), il 23/05/1959 – titolare della ditta “NICAT” corrente in Genova, via Ramiro Ginocchio 65R, esercente, dal 28/06/2001, l’attività di lavori edili di costruzione, completamento e rifacimento immobili, lavori di movimento terra”], noto esponente della criminalità organizzata di stampo mafioso…
Non a caso STEFANELLI Vincenzo risulta essere già noto alle forze dell’ordine per i suoi precedenti penali di grosso spessore [in nota la GdF: “in particolare, sono degni di nota le ultime denunce concernenti il traffico di sostanze stupefacenti ed estorsione (denuncia del 06.03.2002 ad opera del Nucleo Operativo dei Carabinieri di Ferrara); associazione di tipo mafioso e traffico di sostanze stupefacenti (denuncia del 23.06.2001 ad opera della Sezione Anticrimine Genova); sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione (denuncia del 05.05.1983 ad opera della Questura di Aosta). Vi sono, inoltre, ulteriori varie denunce nel tempo per furti, ricettazione, violenza privata e traffico di stupefacenti”].
A lui Gino MAMONE si rivolge per il recupero di un escavatore di valore di 180.000 euro, rubatogli in un cantiere della sua società ECO.GE, Vincenzo si impegna a trovarglielo tramite i suoi contatti sul territorio, lamentandosi però con Gino di non essere stato avvertito subito e di essersi rivolto alla sua assicurazione per il risarcimento del danno. Tale gesto evidenzia sia i forti legami tra i due soggetti che la conduzione di politiche poco ortodosse (ritrovamento di un veicolo rubato tramite contatti mafiosi, ndr) pur di raggiungere i propri fini.
Nell’agosto 2007 la Guardia di Finanza, in una nuova comunicazione alla Procura scrive: “Dai contatti telefonici e personali (molto cordiali) dell’indagato Gino MAMONE (segnalato dalla D.I.A…) emergono inequivocabilmente, quelli con STEFANELLI Vincenzo, detto “Cecè”, appartenente ad una famiglia [in nota la GdF: “di origine calabrese operante nel Comune di Varazze(SV) e zone limitrofe”] che ha sempre attirato l’attenzione dei vari organi investigativi conquistando anche le cronache giudiziarie per le imprese criminose in cui è rimasta coinvolta [in nota la GdF scrive: “vds. in tal senso operazione “URANO” avviata nel 1999 dal Centro Operativo D.I.A. di Genova, allo scopo di far luce sulle attività illecite gestite da sodalizi criminali di origine albanese – facenti capo alle famiglie calabresi STEFANELLI-GIOVINAZZO – attivi, sul versante ligure, nei settori del traffico internazionale di sostanze stupefacenti e dello sfruttamento della prostituzione.
Il tenore delle prime conversazioni intercettate ha evidenziato taluni collegamenti di Gino MAMONE sia con il mondo politico che con il mondo delle cosche calabresi. Egli potrebbe rappresentare il punto di contatto tra i due mondi…
Infatti le successiva indagine tecniche hanno consentito di accertare collegamenti tra esponenti del mondo politico genovese e appartenenti alla locale criminalità organizzata...”
Un’ulteriore figura di rilievo è rappresentata da MALATESTI Piero poichè lo stesso risulta avere numerosi contatti con il mondo politico ed imprenditoriale che non risultano essere giustificati dalla professione svolta dallo stesso, il tassista.
Il tenore di alcune conversazioni intercettate confermerebbe quanto esposto definendo altresì anche un suo ruolo d’intermediazione per affari vari con soggetti anche molto noti come ad esempio Gino MAMONE; per tale motivo si è cercato di meglio monitorare e cercare di ricostruire, ove possibile, i legami tra i vari soggetti politici ed imprenditoriali.
MALATESTI lo invita altresì ad incontrarsi per poter parlare anche del coinvolgimento in questo progetto di altri soggetti da lui definiti “nostri amici” “… dobbiamo parlare vederci e andare anche un attimo dai nostri amici e chiedere…”
In data 28/04/2007… nelle ore pomeridiane… MAMONE Gino, accompagnato dal fratello Antonino MAMONE detto Ninetto. I due, poco dopo, venivano raggiunti da una terza persona [nota…], successivamente identificata in MALATESTI Piero, all’interno di palazzo Ducale che ospitava il convegno dell’Udeur, presieduto dal Ministro…”
Nelle conclusioni dello stesso rapporto si legge: “Dall’analisi delle intercettazioni innanzi citate è emerso che le organizzazioni criminali calabresi, che si sono storicamente sviluppate attorno a singoli nuclei familiari rigidamente autoreferenziati e diffidenti verso le intromissioni esterne, hanno assunto delle inquietanti proiezioni extraregionali ed internazionali, dimostrando un’accentuata capacità imprenditoriale nei settori della criminalità economica e finanziaria. L’interesse delle cosche è rivolto anche allo smaltimento dei rifiuti urbani e speciali, agli investimenti mobiliari ed immobiliari, ai tentativi di infiltrazione nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici.”
(da “Casa della Legalità ” – Osservatorio sulla criminalità e le mafie)
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Giugno 25th, 2011 Riccardo Fucile
IL MINISTRO AVEVA ANNUNCIATO: “ABBIAMO FATTO MIRACOLI NELLA BONIFICA”… ANCHE FORMIGONI ESULTAVA: “UN SUCCESSO DELLE AMMINISTRAZIONI LOCALI”… PELAGGI AVREBBE INTASCATO 700.000 EURO DALLA DITTA APPALTATRICE
La bonifica nell’area milanese dell’ex Sisas è stata fatta.
Lo annuncia il ministro dell’Ambiente.
Sul caso però pesa il sospetto di una tangente da 700mila euro. Attualmente risultata indagato Luigi Pelaggi, il capo della segreteria tecnica dello stesso ministro
Gli stessi rifiuti che una città di un milione di abitanti produce in otto mesi.
“Quasi duecentottantamila tonnellate rimosse in meno di un anno”, annuncia soddisfatta Stefania Prestigiacomo.
E’ il 29 marzo scorso.
Il ministro dell’Ambiente parla soddisfatta dell’operazione di bonifica dell’ex Sisas, la bomba ecologica a Pioltello-Rodano, nel Milanese.
Una medaglia che Prestigiacomo, insieme al presidente della Regione Lombardia Formigoni, si appunta sul petto da sola.
Fino alla doccia gelida arrivata ieri: la Procura di Milano ha infatti indagato il capo della segreteria tecnica dello stesso ministro, Luigi Pelaggi, al quale sono stati contestati 700.000 euro, come scrive Luigi Ferrarella sul Corriere della sera.
Una tangente, nella ipotesi della Procura, che sarebbe stata pagata dalla Daneco Impianti srl, la ditta appaltatrice dei lavori.
L’amministratore della stessa ditta, Bernardino Filipponi, è finito sul registro degli indagati coindagato insieme a Pelaggi di corruzione e truffa aggravata ai danni dello Stato.
“Un successo quello dell’area ex Sisas — esulterà Formigoni sempre a marzo – possibile grazie alla collaborazione con le autorità europee e nazionali, in particolare il commissario e il ministro e alla sintonia con le amministrazioni locali dei due Comuni”.
Ma qualcosa che non andava c’era già , tanto da spingere Greenpeace a fare una denuncia: «Nel corso degli ultimi 4 mesi i lavori di trasferimento del nerofumo si sono svolti in gran segretezza. Le scorie pericolose sono finite in una discarica spagnola senza nessuna garanzia sul loro trattamento».
Disse, in risposta, e con voce ferma, il commissario governativo Luigi Pelaggi: «Non è stato facile, ma ci siamo riusciti, lavorando 24 ore al giorno 7 giorni su 7, rispettando sempre tutte le norme e i regolamenti».
Non quello che pensa la Procura che, attraverso intercettazioni telefoniche contesta a Pelaggi la corruzione.
I carabinieri del Noe, infatti, avrebbero intercettato più volte il commissario del governo Pelaggi mentre parla con Filipponi appunto in relazione a passaggi di denaro.
Poi ci sono una serie di incontri tra i due fuori dalle sedi istituzionali, spiegano i magistrati.
Ma ha pesato anche quanto sequestrato a casa dell’imprenditore Filipponi: 48.000 euro in contanti e in banconote da 500 senza alcuna ragionevole spiegazione su una somma così elevata da tenere in casa, a disposizione immediata.
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Giugno 25th, 2011 Riccardo Fucile
IL DEPUTATO ALFONSO PAPA, IMPUTATO A NAPOLI PER LA P4, HA COLLABORATO CON “IL VELINO” E “IL GIUSTO PROCESSO”, DUE TESTATE CHE DIFENDONO IL PREMIER DALLE ACCUSE DEI PM…L’EDITORE E’ L’IMPRENDITORE SIMONE CHIARELLA FINITO IN GALERA PER BANCAROTTA
Alberghi “da mille euro a notte”, come il De Russy di Roma, un viaggio in Argentina, cene in ristoranti di lusso.
E’ la bella vita di Alfonso Papa, il parlamentare del Pdl protagonista, insieme a Luigi Bisignani, dell’inchiesta sulla P4.
Bella soprattutto perchè non era lui a pagare tanto sfarzo.
Le spese erano a carico di Simone Chiarella, imprenditore romano, ex marito di Giuseppina Caltagirone, figlia dell’immobiliarista Gaetano.
Al centro del proficuo rapporto, la collaborazione del parlamentare a due testate di cui Chiarella era editore: Il Velino, agenzia di stampa molto quotata a Palazzo Chigi, e la rivista “Il giusto processo”.
Le dichiarazioni messe a verbale da Chiarella davanti al pm Henry John Woodcock lasciano intravedere la reale consistenza del movimento “garantista” sorto intorno alle disavventure giudiziarie di Silvio Berlusconi e dei suoi principali collaboratori.
E’ la lunga vicenda processuale di Cesare Previti a ispirare la nascita di “Il giusto processo”, nel 2002, e Chiarella è anche coeditore del “Domenicale” di Marcello Dell’Utri.
Condannato definitivamente per corruzione in atti giudiziari il primo, in appello per concorso esterno in associazione mafiosa il secondo.
“Il giusto processo” era linkato in buona evidenza sul sito Previti.it, oggi non più attivo.
La rivista, però, non ha portato fortuna a molti dei suoi animatori.
Previti condannato, Papa sotto inchiesta con gli imbarazzanti riscontri divulgati in questi giorni, e lo stesso Chiarella arrestato il 3 maggio dell’anno scorso per bancarotta.
La Procura di Roma lo accusa di aver sottratto milioni di euro alla Immo C. srl, all’insaputa della socia e moglie Giuseppina.
Altri guai sono arrivati all’imprenditore-editore proprio dall’entourage di Previti, con la vicenda del Grand Hotel di via Veneto a Roma: l’avvocato Giovanni Acampora, condannato insieme a Previti nel processo sul Lodo Mondadori.
Dai titoli dei contributi a “Il giusto processo” emerge un’esacerbata linea anti-magistrati: “Il mandato di cattura europeo: autostrada per un universo concentrazionario”; “Il plumbeo cielo corporativo del Csm”; “La malattia mentale non risparmia la magistratura”.
E così via, compresa una sfilza di articoli che vivisezionano un cavallo di battaglia della difesa di Previti, la famosa intercettazione ambientale al bar Mandara.
Lo stesso Chiarella si esercitava nelle pagine della sua creatura, soprattutto sul fronte della politica estera: “Senza se e senza ma, sempre dalla parte degli Stati Uniti contro il terrorismo”.
Tra Il Velino e “Il giusto processo” si sono mosse le punte di diamante del garantismo in versione berlusconiana, come Lino Jannuzzi, già direttore dell’agenzia, l’ex presidente del Senato Marcello Pera, Giancarlo Lehner, parlamentare del Pdl, oggi “responsabile”, autore di pamphlet anti-Mani pulite e dintorni.
Ora le due testate fondate da Chiarella finiscono nei verbali dell’inchiesta P4. E la battaglia sulla giustizia continua, questa volta sul campo.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 25th, 2011 Riccardo Fucile
SOPRASSALTO DI DIGNITA’ DI DECINE DI PARLAMENTARI DEL CENTRO SUD CONTRO I RICATTI PADAGNI…BERLUSCONI FURIBONDO CONTRO IL CARROCCIO: “VOGLIONO COSTRINGERMI A PROCLAMARE LO STATO DI EMERGENZA: SAREBBE COME AMMETTERE IL NOSTRO FALLIMENTO”
La Lega impone una radicale modifica del decreto-rifiuti.
Fino a notte tra Palazzo Chigi e i ministri del Carroccio la trattativa è andata avanti, ma finora il veto dei padani è stato irremovibile: niente rifiuti “speciali” nelle regioni del Nord, quella norma “dovrà essere cambiata”, piuttosto il Cavaliere “proclami lo stato d’emergenza e risolva in Campania un problema che è solo dei napoletani”.
Una posizione “irresponsabile” secondo Berlusconi, per il quale la rigidità del Carroccio “rischia di farci andare tutti a sbattere”.
Il premier stavolta è furibondo.
Il nuovo muro contro muro con l’alleato padano lo ha mandato fuori dai gangheri, guastandogli la soddisfazione per aver portato a casa la nomina di Draghi alla Bce.
In più lo hanno colpito come uno schiaffo le parole con cui Calderoli si è opposto all’adozione di un nuovo decreto-rifiuti, quell’accusa rivolta proprio a lui di aver provato a “truffare” il Nord, trasformando per legge i rifiuti solidi urbani in rifiuti speciali.
“La Lega – si è sfogato con un deputato napoletano del Pdl – pur di non far arrivare i rifiuti nelle altre regioni, mi vuole costringere a proclamare lo stato d’emergenza: sarebbe come ammettere che in tre anni tutto quello che abbiamo fatto non è servito a niente. Tornare al punto di partenza è una cosa inaccettabile”.
Ma il tempo stringe.
Il presidente della regione, Stefano Caldoro, gli ha spiegato chiaramente che senza decreto le province non possono svuotare gli Stir (gli ex impianti Cdr), premessa indispensabile per consentire un ritorno alla normalità .
Tutto il Pdl stavolta, messi da parte gli odi e le rivalità tra cosentiniani e anticosentiniani, è sul piede di guerra.
“I parlamentari campani del Pdl – racconta uno deputato – sono 53 e sono tutti pronti a schierarsi contro la Lega. Al Senato e alla Camera non passerà più nulla che interessa a Bossi”.
I parlamentari romani del Pdl, scottati dagli insulti di Castelli a proposito del pedaggio sul Gra, non la pensano diversamente. Insomma, la prospettiva è di una guerra totale dentro la maggioranza, proprio nei giorni in cui in Parlamento sta per arrivare la manovra di correzione dei conti.
Le due questioni s’intrecciano.
I leghisti infatti non s’accontentano di aver bloccato nuovamente il decreto sui rifiuti, adesso alzano il tiro: si aspettano infatti che la manovra dia risposte alle richieste sollevate a Pontida e si preparano alla pugna.
Lunedì Bossi ha convocato lo stato maggiore a via Bellerio, in vista dell’appuntamento del giorno dopo a Roma, il vertice con Berlusconi, Alfano e, soprattutto, Tremonti.
Sarà quella la sede per l’esame della manovra correttiva e molti già prevedono che “scorrerà il sangue”.
Oltretutto nel Carroccio è in corso una guerra tra l’ala Maroni-Calderoli e il “cerchio magico” e proprio la finanziaria sarà il terreno su cui ciascuna corrente proverà a strappare le maggiori concessioni.
Per provare a circoscrivere l’incendio ieri mattina i capigruppo del Pdl di Camera e Senato – Cicchitto e Gasparri, Corsaro e Quagliariello – hanno incontrato riservatamente il ministro dell’Economia.
Disponibile a trattare sui contenuti, Tremonti su una cosa è stato irremovibile: la manovra potrà essere spalmata su più anni, ma dovrà essere contenuta tutta in un unico decreto legge.
Berlusconi era di avviso opposto, pensava a un decreto con una mini correzione per quest’anno (3-4 miliardi), per poi rinviare a dopo l’estate il resto della mazzata.
Una strategia che il capo del governo ha candidamente confessato durante la conferenza stampa a Bruxelles, provocando una reazione immediata a Roma.
Tremonti ha infatti preteso una smentita, costringendo il Cavaliere a far uscire una nota imbarazzata che confermava alla lettera il piano elaborato a via XX Settembre.
La tensione tra Berlusconi e Tremonti, nonostante l’intervento di mediazione dei capigruppo, è di nuovo salita alle stelle.
Il Cavaliere è preoccupato perchè vede tornare a galla la proposta di un governo di unità nazionale, mentre lo spread tra titoli italiani e tedeschi tocca un nuovo record e le azioni del comparto bancario italiano affondano.
E sospetta il ministro dell’Economia di non essere del tutto estraneo a queste suggestioni politiche.
“Due mesi dopo l’esplosione dello scandalo Ruby – ricorda oggi un uomo vicino al Cavaliere – Nicola Latorre organizzò in gran segreto un incontro tra D’Alema e Tremonti all’hotel Excelsior di Roma.
Noi lo venimmo a sapere per caso e Berlusconi non la prese bene: “già organizzano le cene per farmi fuori”, disse sibillino durante una riunione, pur senza fare nomi”.
Ecco, tra l’emergenza P4, lo scontro sui rifiuti e il braccio di ferro con Tremonti, il premier è ancora convinto che ci sia qualcuno ansioso di liberarsi di lui.
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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Giugno 25th, 2011 Riccardo Fucile
OFFERTA DI SERVIZI RIDOTTA AL MINIMO E NON RICONOSCIMENTO DI MALATTIE CRONICHE CHE OBBLIGA I MALATI A PAGARE I FARMACI DI TASCA PROPRIA…NEL 2013 VI SARANNO REGIONI CHE NON POTRANNO GARANTIRE I LIVELLI ATTUALI DI ASSISTENZA
Diagnosi tardive, scarsa disponibilità di specialisti, farmaci essenziali non rimborsabili, aumento del costo dei ticket sanitari e tagli indiscriminati alle pensioni di invalidità .
Nel nostro Paese il diritto alla salute e all’assistenza fa acqua da tutte le parti, secondo quanto denunciato da Cittadinanzattiva alla presentazione della I Conferenza nazionale delle organizzazioni civiche per la salute.
I provvedimenti del governo negli ultimi due anni, secondo l’associazione, hanno ridotto al minimo l’offerta assistenziale sanitaria e sociale, scaricando i costi interamente sui cittadini.
Solo per il 2011, il taglio delle risorse al Sistema sanitario nazionale (Ssn) ammonta a circa 1,5 miliardi di euro e investe anche la copertura dei ticket sanitari per prestazioni diagnostiche e specialistiche.
Alla riduzione delle risorse si affianca anche un aumento dell’imposta fiscale per i cittadini e dei ticket sanitari per tutte quelle Regioni obbligate per legge a rispettare i piani di rientro.
In dubbio è poi la capacità delle Regioni, a partire dal 2013, di erogare i Lea (Livelli essenziali di assistenza), ovvero le prestazioni che il Ssn è tenuto a garantire a tutti i cittadini.
I Lea già ora non sono garantiti uniformemente: solo otto Regioni (e tutte del centro Nord) li hanno erogati nel 2009, tre solo parzialmente, mentre le altre, Lazio compreso, non ne hanno garantito l’effettiva erogazione.
A questo si aggiunge, nella denuncia di Cittadinanzattiva, che “da ben 10 anni non vengono approvati i nuovi Lea. Una cosa gravissima e inaccettabile”.
I nuovi Lea erano stati predisposti dall’ex ministro della Salute, Livia Turco, ma non sono più stati approvati.
Gli ultimi risalgono a quelli emanati da Rosy Bindi nel 2001, ormai scaduti.
“Un ritardo ancora più grave — dice Tonino Aceti, responsabile del coordinamento nazionale Associazioni malati cronici di Cittadinanzattiva — soprattutto in tempi in cui si vuole fare il federalismo fiscale, parlando di costi e fabbisogni standard. Categorie che non possono essere certo definite su Lea vecchi di 10 anni”.
Dalla conferenza a Riva del Garda è emerso che il 44% delle associazioni dei malati non reputa soddisfacente la risposta fornita dall’Assistenza domiciliare integrata.
Il 50% delle associazioni riscontra una diffusa difficoltà di accesso ai farmaci necessari, dovuta alla non rimborsabilità da parte del Ssn, alle ulteriori limitazioni imposte dalle Regioni a quanto previsto a livello nazionale, e alle difficoltà burocratiche per il rilascio del piano terapeutico.
Altro problema è quello della mancata erogazione gratuita dei cosiddetti parafarmaci, come integratori, alimenti particolari o creme.
Ad aggravare il quadro, secondo l’associazione, è il mancato riconoscimento di alcune patologie nell’elenco delle malattie croniche e invalidanti: “Mentre la politica parla — sottolinea Aceti — migliaia di malati con patologie croniche e rare non si vedono riconosciuta la propria malattia e devono pagarsi di tasca loro i farmaci”.
A rischio anche il diritto alla salute dei bambini che, al pari di tutti i cittadini, incontrano grandi problemi fin dall’inizio del loro percorso diagnostico terapeutico, al punto che l’88% delle associazioni dei malati denuncia la difficoltà di accedere tempestivamente alla diagnosi precoce.
Il 94% dell’assistenza di base da parte del pediatra di libera scelta e del medico generale non soddisfano le esigenze dei cittadini.
Quasi la totalità delle associazioni, il 90,6%, hanno riscontrato la scarsa conoscenza da parte di questi professionisti delle patologie e delle relative complicanze, in particolar modo se le malattie sono rare, con tutte le relative conseguenze in termini di accesso alla diagnosi.
Il 75% segnala una mancanza integrazione delle cure del pediatra o medico di base con lo specialista o il centro di riferimento per la cura della patologia.
Il percorso di cure diventa perciò particolarmente tortuoso.
E anche costoso, visto che spesso il paziente si deve spostare fuori dalla propria Regione.
Altro problema “cruciale” riscontrato dal 65% delle organizzazioni è infine la grave difficoltà di accesso ai benefici economici correlati al riconoscimento dell’invalidità civile, dell’accompagnamento e della legge 104/1992.
“Con la scusa della lotta ai falsi invalidi — conclude Cittadinanzattiva — l’Inps sta di fatto procedendo al taglio indiscriminato delle pensioni di invalidità , delle indennità mensili di frequenza e delle indennità di accompagnamento, anche nei confronti di coloro che sono nel pieno diritto di goderne”.
Valentina Arcovio
(da “PianetaScienza“)
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Giugno 25th, 2011 Riccardo Fucile
“DAI, LECCAMI IL GELATO SULLA SPALLA” : UN ESTRATTO DEL VOLUME DI LYNDA DEMATTEO…UN PATETICO SPACCATO DI PERSONALITA’ FRUSTRATE
I leghisti cercano di fare della volgarità — per essenza un antivalore — un valore vero e proprio.
In realtà , questa ribellione linguistica è falsa poichè, quando ergono a simboli identitari le parolacce in bergamasco, i militanti non fanno che convalidare gli stereotipi che denunciano altrove.
Esprimendo collera, indignazione, disprezzo e rimandando al corpo e alle sue funzioni più “basse”, le parolacce degradano chi le pronuncia ancor più del bersaglio cui sono indirizzate.
Attraverso un “paradossale raddoppiamento”, che è uno degli effetti del dominio simbolico, riaffermano a loro spese la gerarchia che struttura socialmente il linguaggio.
È davvero indicativo che Daniele Belotti saluti i suoi interlocutori con “ù figù”. La “figa” è il non valore, il simbolo che racchiude ogni tipo di debolezza, passività , alienazione.
È di fronte alla “figa” che il soggetto proclama una volontà di potenza alienata e contestata in ogni ambito . (…)
Dialetto e volgarità sono strettamente legati e svolgono una funzione similare negli scambi interpersonali.
La conoscenza che i più giovani hanno del dialetto è spesso limitata a questo registro.
Le conversazioni licenziose sono un aspetto della socialità leghista. Battute volgari e razziste sono spesso legate; in genere il femminile rappresenta l’alterità .
Ciò che osservavo quotidianamente negli uffici contraddiceva spesso le dichiarazioni registrate durante le interviste.
Gli attivisti condannano questa realtà per potersene distaccare.
Enzo Galizzi sostiene di non sopportare la volgarità , ma non disdegna di raccontare storie grevi.
Questa malafede, peraltro, compromette la validità empirica delle interviste realizzate in un contesto simile e finalizzate a un’inchiesta.
“Pazzo”, “imbecille”, “maschilista”, “estremista” sono sempre termini riferiti ad altri.
Fin dal primo giorno ho dovuto adeguarmi a questa dimensione della socialità leghista, abbandonando ogni pretesa di rispetto.
Mi è stato fatto comprendere in modo abbastanza brutale.
La rappresentante del Sin Pa (Sindacato padano), in effetti, mi ha detto che tutte le ragazze della Lega desemplificano il gesto sedendosi sulle gambe di Daniele Belotti e, con una risata, mi ha incoraggiato a fare altrettanto.
Sono stata più volte oggetto di battute a carattere sessuale.
Una delle attiviste della Lega ha parlato delle donne straniere, chiamandole “i culi” — davanti a me parlava di “culi francesi”.
Questi “scherzi” sembravano far ridere tutto il personale presente, donne e uomini, e “ridimensionavano” la mia presenza.
Daniele Belotti mi chiamava “dottoressa” con ironia e, come chiunque altro, sono stata bersaglio dei suoi scherzi.
Qualche volta ha provato a darmi a bere fatti incredibili che voleva che riportassi nella mia tesi di dottorato.
Un pomeriggio l’ho trovato in ufficio mentre mangiava un vasetto di Nutella con un cucchiaino, appena mi ha visto mi ha detto: “Non mi daresti una tetta per mangiarci sopra la Nutella?”, provocando l’ilarità degli attivisti che mi seguivano.
Un altro giorno invece l’ho visto mangiare un gelato dalla spalla di Carolina, che si prestava allo scherzo. (…)
I leghisti si compiacciono nel ruolo da supermaschio un po’ caricaturale. Questo aspetto dell’iconografia di partito è oggetto di continue battute. Daniele Belotti afferma che nei primi anni novanta, “come in ogni movimento rivoluzionario” (sic), nel movimento leghista c’è stata una fase di “promiscuità sessuale”.
A Milano, quando siamo andati insieme alla sede di via Bellerio, si poneva come l’angelo custode della “sua” antropologa: “Urla se qualcuno ci prova, a meno che non si tratti del capo!”.
Lynda Dematteo
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 25th, 2011 Riccardo Fucile
OGNI VOLTA CHE VENGONO FUORI INTERCETTAZIONI IMBARAZZANTI PER IL GOVERNO, SCATTA LA VOGLIA DI CENSURA ….ANCHE A SINISTRA NON MANCANO I FAUTORI DI LEGGI BAVAGLIO
“I buoi sono scappati dalla stalla, serve una legge sulle intercettazioni prima della pausa estiva”. “Si approvi finalmente il ddl”. “Ci muoveremo nella stessa direzione dello scorso anno”.
Dichiarazioni rilasciate nell’ordine, dal ministro degli Esteri Franco Frattini, dall’avvocato-deputato Pdl Maurizio Paniz e dal ministro della Giustizia Angelino Alfano.
Mentre il premier Silvio Berlusconi rincara la dose: “C’e’ la possibilità che si riprenda dal testo Mastella” del 2007.
Insomma, a meno di un anno dal naufragio della cosiddetta “legge Bavaglio” (il ddl Intercettazioni che nel giugno del 2010 passò al Senato per poi essere di fatto stoppato alla Camera), il Popolo della libertà torna alla carica.
Lo scandalo P4, che si sviluppa ancora una volta attorno a colloqui intercettati tra diversi esponenti del governo e buona parte dei manager dei grandi gruppi economici, attraverso la mediazione del lobbista Luigi Bisignani, sta svelando trame che, dal punto di vista degli esponenti della maggioranza, devono restare segrete.
O quantomeno non essere raccontate sui giornali.
“Non intendiamo fare un decreto legge nè orientare la prua in una direzione diversa da quella del ddl che il 29 luglio scorso era stato discusso alla Camera”.
Il Guardasigilli Alfano non ha dubbi, dimenticando la durissima opposizione — nel Palazzo ma soprattutto nelle piazze — che lo scorso anno portò il ddl ad arenarsi a Montecitorio, contribuendo non poco ad acuire la tensione tra Berlusconi e Fini.
Ancora ieri il presidente della Camera ha detto che non ci sono i requisiti di necessità e urgenza per procedere per decreto.
Ma non sono solo i numeri dei finiani a mancare in un ipotetico computo dei voti in Parlamento.
A pesare, in questa offensiva dei colonnelli di Berlusconi, è il silenzio della Lega.
Il partito di Bossi, finora, non è stato toccato dall’inchiesta. Nè si ha notizia di esponenti padani coinvolti nei verbali sulla P4.
Inoltre, in questi giorni, il partito appare più che mai diviso tra il leader storico e il ministro dell’Interno Roberto Maroni, al quale ieri proprio il Senatùr ha dedicato frasi polemiche: “E’ scontento per la conferma di Reguzzoni capogruppo? Peggio per lui”.
Insomma, la Lega è concentrata su altro e, all’indomani di Pontida, sembra comunque poco disposta a concedere nuove deleghe in bianco alle manovre del premier.
Forse anche per questa ragione il ministro degli Esteri Frattini auspica l’appoggio dell’opposizione: “Credo che ci voglia una buona legge, e sarebbe un bell’esempio per il Parlamento che maggioranza e opposizione la concordassero in tempi rapidi visto che c’è una proposta della sinistra depositata, ma non approvata, che ha elementi molto buoni”.
Del resto ieri era stato il suo predecessore, Massimo D’Alema, a dichiarare che in questi giorni “leggiamo una valanga di intercettazioni che nulla hanno a che vedere con vicende penali e sgradevolmente riferiscono vicende private delle persone”.
Che l’idea del Bavaglio sia bipartisan è dimostrato anche dal voto, nel 2007, sotto il governo di centrosinistra, di un provvedimento analogo a quello di cui si discute oggi.
Allora votarono tutti a favore, con 7 astenuti.
Il Guardasigilli ha espresso più o meno lo stesso concetto di D’Alema, ad eccezione dei tempi per una nuova legge.
Dopo avere definito quelle predisposte nell’ambito dell’inchiesta sulla P4 “irrilevanti e costose”, il ministro rincara la dose: ”Oltre che a essere sbagliato moralmente è anche un reato da perseguire la pubblicazione delle intercettazioni penalmente irrilevanti”.
Tuttavia, secondo Alfano, “nessuno si fa carico di riparare al torto” mentre anche questo è un “reato da perseguire in base al principio dell’obbligatorietà dell’azione penale”.
Ed ecco la benedizione del super-avvocato Paniz (capogruppo Pdl della giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera) al suo nuovo coordinatore di partito: “Ancora una volta il ministro Alfano detta la linea in maniera efficace a onta di quei detrattori che continuano a pensare e dire che lavora al ministero solo part-time. Si approvi finalmente il ddl sulle intercettazioni”.
Un’offensiva respinta al mittente dal senatore Pd Vincenzo Vita: “E’ angosciante assistere a un’altra puntata del teatro dell’assurdo. Ogni qualvolta viene fuori la trascrizione di intercettazioni imbarazzanti per il governo e le sue zone periferiche, scatta la voglia forcaiola di censura. E’ un fenomeno che si colloca tra la psicologia e la politica, tipico di un regime agli ultimi colpi”.
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Giugno 25th, 2011 Riccardo Fucile
SECONDO ATTO DELL’OPERAZIONE SULLE TANGENTI DEL VERDE PUBBLICO…TANGENTI PER CENTINAIA DI MIGLIAIA DI EURO….CHIESTE LE DIMISSIONI DEL SINDACO PIETRO VIGNALI
Undici persone sono state arrestate nelle prime ore di ieri dalla Guardia di finanza nel corso del secondo atto dell’operazione “Green money” sulle tangenti nel verde pubblico.
Tra queste tre dirigenti del Comune: il comandante della polizia municipale Giovanni Maria Jacobazzi, il direttore marketing – già capo dello staff del sindaco e direttore di Infomobility – Carlo Iacovini (adesso responsabile del progetto Zero Emission City) e Manuele Moruzzi del settore Ambiente, legati a filo doppio al sindaco Pietro Vignali fin dai tempi dell’assessorato all’Ambiente. I
n manette anche il direttore generale della multiutilty Iren a Parma Mauro Bertoli, il presidente di Engioi (società per azioni di cui il Comune detiene la maggioranza) Ernesto Balisciano, il presidente e il vice della cooperativa Student work service Gian Vittorio Andreaus e Tommaso Mori, gli imprenditori Gianluca Facini, Norberto Mangiarotti, Alessandro Forni e l’investigatore privato Giuseppe Romeo Lupacchini.
Gli undici arrestati, che si trovano in carcere da questa notte, sono accusati di corruzione e reati contro la pubblica amministrazione.
La Guardia di finanza nel corso della conferenza stampa ha parlato di un giro di soldi pubblici per mezzo milione di euro.
Nel corso dell’indagine – che non è ancora conclusa – sono state fatte perquisizioni in città , in provincia e anche in altre località .
Stamattina i finanzieri si sono presentati nel comando della Municipale in via del Taglio, negli uffici comunali del Duc e in municipio .
E’ stato accertato il pagamento di tangenti per diverse centinaia di migliaia di euro.
Il procuratore capo di Parma Gerardo Laguardia che ha commentato: “A Parma il fenomeno della corruzione è molto diffuso. L’ex Enìa è una mucca da mungere”.
Alla domanda se i politici fossero a conoscenza dell’accaduto Laguardia ha risposto ai giornalisti: “Questa è una considerazione che dovete fare voi”.
Il sistema era quello di drenare soldi al Comune tramite consulenze fittizie, fatturazioni gonfiate e servizi mai resi.
Ad esempio 50-70mila euro sono state spese per una consulenza sui canali irrigui che non era di alcuna utilità all’Amministrazione.
Altre 180mila euro hanno finanziato i fiori del Lungoparma, le “pink roses”, per le quali non funzionava neanche l’impianto di irrigazione.
Gli arrestati con i soldi pubblici si facevano sistemare i propri giardini fatturando i lavori come se fossero servizi pubblici.
Il giardino di Paco e Ax, i cani lupo dei vigili, non è mai stato realizzato: con i soldi stanziati, però, Jacobazzi ha riqualificato l’area verde della sua casa al mare a Santa Marinella.
Il comandante della Municipale è accusato anche di concussione: avrebbe fatto pressioni su un agente che aveva multato Rosi per il dehors installato in via Farini.
Minacciò di trasferirlo se non avesse tolto la sanzione.
“E’ evidente – secondo Laguardia – quanto Jacobazzi fosse succube dei potenti della città “.
Ma non è finita qui.
Il capo dei vigili vendeva anche informazioni riservate su aziende e privati cittadini reperibili nei database ministeriali. L’investigatore di Monza arrestato, Giuseppe Lupacchini, le comprava a caro prezzo: 4mila euro l’una. Jacobazzi si recava personalmente nel centro lombardo con un’auto del Comune e per questo dovrà rispondere anche del reato di peculato d’uso.
Il comandante martedì prossimo si sarebbe dovuto presentare in aula nel corso del processo contro i vigili che nell’ottobre del 2008 aggredirono e insultarono il giovane ghanese Emmanuel Bonsu, scambiato per il palo di un pusher mentre attendeva nel parco Falcone e Borsellino l’inizio delle lezioni serali dell’istituto tecnico che frequentava.
Jacobazzi entrò in servizio a Parma subito dopo l’accaduto.
Con i soldi pubblici, oltre a sistemare i loro giardini, i dirigenti comunali sistemavano anche le proprie consorti.
I contribuenti parmigiani hanno pagato la riqualificazione del cortile dell’asilo di Brescia dove lavora la moglie di Iacovini.
Mentre quella di Moruzzi, titolare di un’azienda che si occupata di toelettatura di animali chiamata Ringhio, ha incassato 50mila euro (4mila al mese) per fare il bagno ai cani del canile pubblico.
Peccato che a occuparsi della loro igiene non sia stata lei, ma i volontari della struttura.
Mangiarotti e Balisciano, erano rispettivamente il presidente e il finanziatore di Parma People, la struttura messa in piedi da Pietro Vignali per finanziare la sua campagna elettorale a sindaco.
Sono rimasti senza parole i vigili urbani in servizio questa mattina al comando di via Del Taglio. Qualche clic per carpire le poche informazioni già disponibili – corruzione per centinaia di migliaia di euro – poi via al tam tam.
In pochi minuti la notizia si diffonde in tutto il comando. Chi è in servizio fuori viene raggiunto dalle telefonate e dagli sms dei colleghi. E la novità viene accolta con più sconcerto che incredulità .
“Be’, detto fra noi, qualcosa doveva accadere – è il commento di un agente che desidera rimanere anonimo – qui abbiamo avuto ispezioni della Finanza, anche per il verde di questi benedetti cani. C’era da aspettarselo…”.
L’agente si riferisce allo spazio verde che doveva essere predisposto per Paco e Ax, i due “vigili a quattro zampe”, dalla ditta di Alessandro Forni, l’imprenditore già indagato nel primo stralcio dell’inchiesta Green Money.
E poi monta l’indignazione: “Io mi chiedo: dove stiamo andando? Dopo il caso Bonsu, ci mancava anche questa. E’ una vergogna. Io onoro la divisa che porto da tanti anni. Ora la gente che penserà ? Dobbiamo chiudere il comando?”.
Mentre stamattina l’opposizione chiedeva le dimissioni del sindaco – l’ufficio stampa dell’Amministrazione comunale annunciava che tutte le conferenze in programma per oggi erano state annullate.
L’atmosfera in municipio era glaciale. “Siamo sconcertati – ha commentato un dipendente prima della conferenza stampa dei finanzieri – nessuno si aspettava niente del genere”.
Nel pomeriggio, poco prima del consiglio comunale, il primo cittadino Pietro Vignali ha dichiarato di non avere nessun intenzione di rimettere il mandato.
“Sono fatti che riguardano singole persone – ha commentato con i giornalisti – io ero all’oscuro di tutto”.
Sdegnata la reazione della minoranza: “Impossibile che non sapesse” .
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