Aprile 12th, 2015 Riccardo Fucile
ORA L’ELETTORE DI AREA HA UNA ALTERNATIVA A TOTI … E LA POSSIBILITA’ DI VOTARE UNA LISTA DI NON INQUISITI
Mentre Salvini, in visita in città , augurava a un motociclista che lo contestava al grido di “via i razzisti da Genova” di “schiantarsi in moto”, la novità della giornata politica è un’altra ed è destinata a segnare le elezioni regionali di fine maggio.
Nonostante promesse e lusinghe, pressioni e ponti d’oro, Liguria Libera ha deciso di sparigliare le carte e presentare una seconda lista di centrodestra, con candidato governatore il docente universitario Enrico Musso, già senatore del Pdl, da cui poi si staccò per dare vita a una lista locale che alle scorse comunali di Genova raggiunse il 15%, superando Forza Italia, ferma al 12%.
E’ evidente che la discesa in campo di Musso pone fine ai vaneggiamenti di Toti e Salvini sul possibile sorpasso nei confronti di Raffaella Paita, ipotesi che peraltro non è mai esistita.
Ora le elezioni regionali vedono due candidati di sinistra, Paita (Pd) e Pastorino (a sinistra del Pd) accreditati del 33% e del 16%, Alice Salvatore (M5S) data al 22-23%, e due di centrodestra, Toti (dato fino ad oggi al 29%) e la new entry Musso non ancora quotato dai sondaggisti.
Musso non solo pescherà nell’elettorato di Toti, ma anche tra quegli elettori di centrodestra che non avrebbero mai votato un’alleanza tra Forza Italia e un partito xenofobo.
Non solo: mentre Toti rappresenta l’ennesimo paracadutato da Berlusconi in Liguria (c’è chi ricorda ancora Minzolini), Musso insegna all’università di Genova, è consigliere comunale ed è persona stimata.
Ultimo dettaglio non trascurabile: mentre Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia portano come capilista tre inquisiti per le spese pazze in Regione, chi sta a destra perchè crede nei valori della legalità può almeno votare per un non inquisito, il che pareva diventata una cosa impossibile.
E dopo la sceneggiata della finta candidatura di Rixi, falso paravento in cambio dell’appoggio in Veneto, e l’arrivo in deltaplano del cittadino di Novi Ligure, ora il M5S può puntare al secondo posto e Toti prenotare il ritorno a casa.
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Aprile 12th, 2015 Riccardo Fucile
GLI 80 EURO SONO COSTATI 10 MILIARDI E ORA IL BUCO DA COPRIRE E’ DI 12 MILIARDI… SI PARLA DI UN TESORETTO, MA E’ ULTERIORE DEFICIT E LO PAGHERA’ CHI NON AVRA’ PIU’ DETRAZIONI
Le promesse possono diventare una maledizione, anche e soprattutto quando vengono mantenute.
L’ultima si trova nel Pnr, il Programma nazionale di riforme da mandare a Bruxelles, l’elenco degli impegni presi dal governo per ottenere i numeri indicati nel Documento di economia e finanza, il Def.
Il premier Matteo Renzi si impegna con la Commissione europea ad approvare la riforma della legge elettorale entro maggio 2015.
Nella bozza la scadenza era luglio, ma serve il voto prima che le elezioni regionali sconquassino il Parlamento.
E quindi ecco la promessa, per poter poi dire alla minoranza riottosa del Pd “ce lo chiede l’Europa”.
Questa è una piccola promessa, però, infilata quasi abusivamente in un programma economico. Quelle che lasciano tracce pesanti sono altre.
Prendete gli 80 euro, molto utili a Renzi e al Pd per ottenere il 40,8 per cento dei voti alle elezioni europee di un anno fa: valgono circa dieci miliardi all’anno, il governo continua a spiegare che gli italiani ora possono spenderli in tutta serenità , visto che la copertura finanziaria da provvisoria è diventata strutturale, cioè duratura.
Ma è così?
I numeri del Def si reggono sulle “clausole di salvaguardia” pronte a scattare: in assenza di tagli di spesa di pari entità , le aliquote dell’Iva e le accise sulla benzina saliranno per garantire all’erario 12,8 miliardi nel 2016, 19,2 nel 2017 e 22 dal 2018.
In altre parole: per vincere le Europee Renzi ha adottato una misura da 10 miliardi all’anno e oggi, un anno dopo, al bilancio dello Stato mancano oltre 12 miliardi all’anno. E per questo incombe un aumento delle tasse analogo allo sconto concesso dal premier, come certifica il documento del Tesoro.
Con le promesse si vincono le elezioni ma poi si rischia di governare male.
Anche lo scontro attuale con i Comuni, ora in fase di tregua armata, risale in parte a un’altra misura elettorale: l’abolizione dell’Imu sulla prima casa.
Il governo di larghe intese di Enrico Letta dovette concederla nel 2013, tamponando l’effetto contabile con un intreccio di altre imposte locali.
Alcuni Comuni alzarono al massimo l’aliquota Imu appena prima della sua abolizione, così da poter reclamare poi dallo Stato centrale maggiori risarcimenti.
Risultato: stanno ancora litigando su 625 milioni mentre già comincia la nuova lotta sui 10 miliardi che il governo deve trovare con la prossima legge di Stabilità .
E almeno una parte toccherà ai Comuni. I sindaci si irritano parecchio quando vedono tabelle come quella a pagina 98 del Programma di stabilità del Def: nel 2015 le entrate delle amministrazioni locali scendono di 2,7 miliardi mentre le spese quasi del doppio, 4 miliardi.
Nel frattempo a Roma le amministrazioni centrali aumentano sia le entrate (+7,1 miliardi) che le spese (+8 miliardi).
L’ultima promessa elettorale è quella del “bonus Def”, il tesoretto da 1,6 miliardi che il governo si è attribuito lasciando correre di uno 0,1 per cento più del previsto il deficit nominale nel 2015 (cioè si spendono soldi che non ci sono e che andranno presi a prestito).
Un margine di spesa che “sarà utilizzato per rafforzare l’attivazione delle riforme strutturali già avviate”.
Si immagina che prima delle elezioni regionali seguiranno altri dettagli, a beneficio di elettori indecisi che potrebbero così orientarsi verso il Pd.
Eppure, a leggere la relazione definitiva del Def, si scopre che tra le misure di revisione della spesa, cioè i tagli, c’è la “razionalizzazione” delle agevolazioni fiscali.
Misura meritoria, ma che nel concreto significa che per qualcuno aumenteranno le tasse. Nello specifico, le agevolazioni fiscali dovranno contribuire per 2,4 miliardi di euro, mentre nelle bozze era soltanto 1,5.
Poi il governo ha “ipotizzato”, così si legge nel documento, che invece varrà un miliardo in più.
Riepilogando: nel giro di una settimana il governo ha deciso che c’è un tesoretto per 1,6 miliardi ma che per qualcuno le tasse saranno più pesanti di un miliardo.
Cosa non si fa pur di avere un annuncio efficace da spendere in campagna elettorale.
A Palazzo Chigi, e soprattutto al Tesoro, sono però consapevoli che l’equilibrio è delicato e che più impegni si prendono maggiori saranno i problemi in autunno.
Ma a fine maggio ci sono le Regionali.
Stefano Feltri
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 12th, 2015 Riccardo Fucile
IL MINISTERO DI POLETTI SI RIFIUTA DI COMMENTARE I DATI: “CHIEDETE A LORO”
“Non diremo nulla”. Il giorno dopo i dati sul Lavoro diffusi dall’Inps, colpisce soprattutto il silenzio del ministero guidato da Giuliano Poletti.
Per tutta la giornata dagli uffici di via Veneto traspare l’irritazione per l’ennesima smentita agli entusiasmi alimentati dal governo.
Diversamente da quanto accaduto a marzo — quando l’Istituto guidato da Tito Boeri aveva diffuso i dati sulle richieste di incentivi arrivate dalle imprese (76 mila, per 276 mila lavoratori), subito rilanciati con entusiasmo dal ministro —stavolta il silenzio è totale: “Sui dati Inps non diremo una parola, chiedete a loro”.
Eppure, i numeri comunicati venerdì dall’Istituto di previdenza raccontano di un mercato del lavoro fermo: nei primi due mesi dell’anno, rispetto a gennaio-febbraio 2014 ci sono solo 13 contratti in più.
Effetto dell’aumento di quelli stabili, e del crollo di quelli precari e di apprendistato.
In sintesi: la qualità dell’occupazione migliora, ma la quantità non cresce.
Una rivelazione che ha gelato la compagine di governo, e che ha rischiato di guastare l’effetto del “bonus Def”.
Solo poche settimane prima Poletti aveva parlato di 79 mila contratti stabili in più nel primo bimestre 2015, salvo poi ridimensionarlia 45 mila comunicando anche le cessazioni.
Venerdì l’Inps ha spento gli ultimi entusiasmi.
Stavolta la “trasparenza” voluta da Boeri ha provocato l’imbarazzo del ministero. Scene che non si vedevano dai tempi di Elsa Fornero, il ministro che accusò l’Istituto di previdenza di non fornire dati precisi sugli esodati.
“C’era un’opacità forte, la trasparenza crea attriti. Se avessi avuto Boeri sarebbe andata diversamente — spiega l’ex ministro Fornero — Poletti è un politico, e si muove come tale: la verità è che le numerose stabilizzazioni dimostrano chel’articolo 18 non c’entra nulla”. “C’è stata un’isteria collettiva sui numeri generata forse da un eccesso di entusiasmo —spiega Filippo Taddei, responsabile economico del Pd —. Nessun intento propagandistico, ma solo la fretta di arrivare a interpretazioni e conclusioni che non c’erano. Bisogna attendere almeno i dati dell’Istat del primo semestre: il contratto a tutele crescenti è partito il 7 marzo, e gli effetti si vedranno dopo, però i contratti stabili crescono: è un gran risultato”.
Secondo Cesare Damiano, deputato Pd, presidente della Commissione lavoro, “non si scopre ora che il governo comunica dati che gli fanno comodo. Gli incentivi stanno funzionando, ma vanno estesi oltre il 2015, altrimenti le imprese ne approfitteranno per accaparrarsi lo sgravio e poi licenziare”.
“Ministero e governo hanno male interpretato i dati — spiega l’economista Carlo Dell’Aringa —.Nel Def la disoccupazioneè prevista in calo di 80 mila unità . Non è molto: senza la crescita si può fare ben poco”.
Ieri mattina l’irritazione è arrivata alle stelle dopo che il Sole 24 Ore ha rivelato che nel decreto legislativo sul riordino dei contratti, la Ragioneria dello Stato ha ottenuto l’inserimento di una clausola di salvaguardia: se le risorse per le stabilizzazioni dei contratti di collaborazione non dovessero bastare, saliranno i contributi a carico di imprese e lavoratori autonomi.
Una misura comparsa solo quando il testo è arrivato nelle Commissioni Lavoro di Camera e Senato: “C’è un livello di decenza sotto il quale non si dovrebbe scendere”, si leggeva in prima pagina.
La clausola scatterebbe se la le stime dal governo (37.000 trasformazioni più altre 20.000 aggiuntive) dovessero essere superate dalle richieste: il bacino potenziale è formato da 370 mila collaboratori monocommittenti.
Il governo aveva destinato alle 20 mila conversioni aggiuntive 136 milioni di euro fino al 2018, prelevandoli dagli 1,9 miliardi stanziati per la decontribuzione (fino a 8.060 l’anno, per tre anni).
Se le stime dovessero essere superate, scatterebbe l’aggravio per autonomi e imprese, chiamate a pagare con un paradossale contributo per la decontribuzione.
“Bisognerebbe trovare il nome di cotanto genio, di sicuro Renzi interverrà ”, auspicava ieri il giornale di Confidustria.
Appena letto, da Palazzo Chigi sono partiti gli strali alla volta del ministro Poletti.
Non è la prima volta che il premier sconfessa il titolare del Lavoro, ma stavolta sono bastate poche ore.
E così poco dopo pranzo tocca a Poletti rassicurare: “Verrà superata”.
Carlo Di Foggia
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 12th, 2015 Riccardo Fucile
SALVINI VOLTAGABBANA ORA APPOGGIA LA “NUOVA” CHE IERI ERA “VECCHIA”… LA BASE PUGLIESE DI FDI VUOLE APPOGGIARE SCHITTULLI, LA MELONI NON SI ASSUME RESPONSABILITA’ E CONVOCA LA DIREZIONE… LA POLI BORTONE POTREBBE LASCIARE ANCHE IL QUINTO PARTITO
Chi avanza un nome da un lato, chi lo ritira dall’altro, chi stoppa membri del proprio partito, chi propone “ticket”: c’è tutto l’occorrente per far venire il mal di testa agli elettori pugliesi
Riassumendo per il lettore che si sarà già perso nel vortice dichiarazioni contrastanti: Fitto gioca l’abile mossa di risolvere il nodo delle liste con l’idea di presentare entrambi i candidati – Schittulli, area Fitto, e Poli Bortone, area FI, Lega e FdI – alle elezioni.
Invece che accettare, visto che fino a ieri appoggiava con baci e abbracci Schittulli, la Poli Bortone, in piena overdose di poltronismo, dice no, ormai Silvio l’ha candidata a governatore, non si accontenta.
Fitto ha lanciato l’esca e i pesci abboccano: diciamo quasi tutti , salvo i più intelligenti ed esperti.
Il moderatore Matteoli invita a riflettere su una ipotesi che va perseguita e che sarebbe una soluzione equa e il capogruppo alla Camera Fdi Rampelli crede che la formula di Fitto possa essere “vincente per dare un buon governo alla Puglia”.
La pantomima non è finita, perchè in serata Vitali esce con l’ennesimo annuncio che si spera definitivo: “Mi hanno telefonato e mi hanno detto che” Poli Bortone “ha accettato la nostra proposta” precisando però di “non aver ancora parlato con lei”.
“Per noi – ha aggiunto- la partita è chiusa”.
La diretta interessata conferma con una nota: “Dopo le dichiarazioni della Lega ci sono le condizioni per arrivare in Puglia alla composizione di un centrodestra nuovo”.
Il centrodestra “nuovo” sarebbe rappresentato ovviamente da lei, reduce da cinque partiti diversi, e da Salvini che fino a ieri l’aveva accostata al vecchio ma che oggi diventa il nuovo.
Ci sarebbe da scompisciarsi dalle risate: una ex missina alleata con la becerodestra antinazionale, antimeridionale e xenofoba.
Ora si aspetta l’allineamento della Meloni che fino a ieri giurava fedeltà a Schittulli e Fitto, ma la base del partito in Puglia non vuole sentire parlare della Poli Bortone.
Se la Meloni cambia versante dimostra per l’ennesima volta di essere la ruota di scorta di Berlusconi., con il rischio di rimediare un gran flop elettorale.
Non si vuole assumere la responsabilità e rimanda la decisione, convocando il direttivo di FdI per domani alle 16.
Fdi rischia di spaccarsi e si vocifera che la Poli Bortone potrebbe lasciare anche il suo quinto partito.
E’ il nuovo che avanza, tra vecchie cariatidi e rutti padani.
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Aprile 12th, 2015 Riccardo Fucile
LA CANDIDATA PD SPIAZZA TUTTI: “NON SOLO FIRMO, MA ESTENDIAMO L’IMPEGNO A TUTTI I CONSIGLIERI REGIONALI”…E ADESSO IL LEGHISTA ZAIA RIMANE L’UNICO RAPPRESENTANTE DELLA CASTA PADAGNA
Alessandra Moretti firma l’appello del Movimento 5 Stelle per tagliarsi lo stipendio. La candidata Pd alle elezioni Regionali in Veneto, già eurodeputata e già parlamentare e coordinatrice della campagna elettorale di Pierluigi Bersani, ha risposto con una lettera alla proposta della avversario M5S Jacopo Berti per la riduzione della paga da consigliere regionale.
“Non ci metto solo la firma ma prendo un impegno davanti agli elettori”, ha detto, “e propongo di estenderlo a tutti gli eletti futuri in Regione”.
La Moretti nel suo programma prevede un intervento per la riduzione dei costi della politica con alcuni interventi simili a quelli dei grillini (che in più chiedono l’abolizione integrale del vitalizio). “Riconosco che il Movimento di cui fai parte”, ha concluso la candidata, “sia stato tra i promotori della battaglia contro i costi della politica e sono la prima a voler prendere un impegno”.
I candidati si siederanno al tavolo e firmeranno insieme l’accordo.
L’appuntamento è per martedì 14 aprile alle 9 e 30 e per il momento l’unica divergenza sembra essere su chi dei due candidati dovrà offrire la colazione all’altro. Due anni fa Grillo aveva lanciato un appello simile all’allora neo eletto segretario Pd Matteo Renzi: “Per ridurre i costi della politica”, aveva detto il comico ai tempi, “non e’ necessaria una legge, è sufficiente che ‘Renzie’ dichiari su carta intestata, come ha fatto il M5S, la volontà di rifiutare i rimborsi elettorali con una firma”.
Ora i due candidati per le Regionali in Veneto siglano l’inedita intesa.
Tutto è cominciato in rete la settimana scorsa. Berti dal blog di Beppe Grillo ha lanciato l’appello con l’hashtag #Morettifirmaqui.
“La Moretti — scriveva il grillino — dice di voler tagliare gli stipendi e i vitalizi dei consiglieri. Una cosa che noi 5 stelle facciamo da sempre, e mi fa piacere che lei ne parli con tanto entusiasmo. È per questo che al posto di parlarne e basta, la invito a fare come noi: a firmare un documento dove si rinuncia completamente ai vitalizi, ai privilegi e ci si riduce lo stipendio”.
E la Moretti ha deciso di rispondere accettando l’invito: “Apprezzo l’attenzione che hai rivolto alle mie proposte contro gli sprechi della politica”, ha scritto nella lettera a Berti.
“Ne approfitto per chiarire un punto: attualmente non percepisco nè stipendio, essendomi dimessa da europarlamentare, nè vitalizio”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 12th, 2015 Riccardo Fucile
CI RIPROPONGONO ANCHE GLI INDAGATI PER LE SPESE PAZZE IN REGIONE
Piangere per disperazione, incazzarsi dalla rabbia di essere stati fregati o ridere a crepapelle?
A leggere l’elenco degli indagati per le spese pazze in Regione Liguria possiamo farci prendere indifferentemente da questi tre generi di reazioni.
La meschinità umana (confronta il termine sul Sabatini-Coletti) non ha limiti di decenza se riferita a signori che percepiscono prebende vicine ai diecimila euri al mese.
Questi “meschinetti” (confronta il termine sul Sabatini-Coletti) appartengono a destra, sinistra e puranco centro.
Meschinetti perchè si sono fatti pagare da noi non solo irreprensibili (mah?) trasferte di lavoro a Roma per difendere così bene i diritti del nostro territorio, ma vacanze passando le acque alle terme con famiglia al seguito, cene non dietetiche in grandi ristoranti all’insegna dello sbafo illimitato, ma anche “oggetti” inconsueti o fantasiosi.
Dalla consigliera che ha messo sul conto da noi pagato alcuni bottoni (mi strazia l’idea che la poveretta non avesse nemmeno qualche euro per chiudere la camicetta con il rotondo accessorio madreperlaceo) a quello che ha inserito in rimborso spese anche una confezione di Imodium (loperamide).
Non sapete che cosa è? E’ un farmaco che blocca la diarrea, cementifica le viscere scombussolate, frena le corse forsennate a caccia di una water. Strepitoso!
Sarebbe divertente sapere dove il suddetto iper-colitico ha avuto gli attacchi.
A un vertice del suo partito? Ad Arcore?
Meravigliosa la netta separazione fra gli sbafi di destra, tutti all’insegna del più sfrenato capitalismo, con bagni turchi e massaggi, a quelli di stampo bolscevico Mosca anni Sessanta, con viaggi nel paradiso cubano ad ascoltare Raul Castro e magari aggiungere al folle divertimento del comizio anche due passi di merengue.
C’è chi nella città di papa Giovanni Paolo II ha scelto di farsi rimborsare cenoni al ristorante Cyrano de Bergerac.
Sublime coincidenza con il sagace eroe di Rostand munito di un lungo nasone da bugiardissimo!
Qualcuno, invece, ha distribuito utili consulenze ad amici e compagni.
Avete scritto un illeggibile saggetto sulla classe operaia nel modenese del dopoguerra? Ecco che il compagno vi appioppa una consulentina da cinquemila euro per suggerire a una Regione ricca di bravi dirigenti e funzionari generosi consigli su come sviluppare…l’economia del territorio.
Pare addirittura che ci sia chi ha fatto i ritocchini sulle ricevute: con la bianchetta che si usava per correggere le insufficienze scolastiche.
Lo sbianchettatore da consiglio regionale avrebbe modificato il numero degli ospiti a un luculliano pranzetto in agriturismo con contorno di caprette e pecorelle brucanti.
Amici, un suggerimento: nella cabina elettorale portate anche la lista della spesa pazza.
Aggiornata, mi raccomando.
E’ l’ultima occasione per cambiare stile di vita.
Io ho deciso: voterò per “Liguria Cambiamoli!”.
Mario Paternostro
(da “Primocanale“)
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Aprile 12th, 2015 Riccardo Fucile
“SENZA FINANZIAMENTO PUBBLICO, LA POLITICA FINIR’ IN MANO ALLE LOBBY”
Si sono guardati negli occhi, con aria un po’ smarrita, quasi impotente, la prima volta che si sono incontrati, i tesorieri dei partiti.
Appuntamento a Montecitorio, al gruppo Pd, nella sala Berlinguer.
Giro di tavolo piuttosto sconsolato. “Ci vorrebbe di nuovo il finanziamento ai partiti. Ma come facciamo a riproporlo ai cittadini?”.
La questione di fondo, il problema quasi irrisolvibile.
Alla prima riunione hanno partecipato un po’ tutti: Francesco Bonifazi (Pd), Maria Rosaria Rossi (Forza Italia), Franco Bonato (Sel), Gianfranco Librandi (Scelta Civica), Paolo Alli (Ncd), rappresentanti di Fratelli d’Italia e Lega.
Non c’erano quelli di Camera e Senato del M5S: non sono stati convocati, visto che il finanziamento pubblico loro non l’hanno mai preso.
Nell’ultimo mese i tesorieri si sono incontrati due volte. E si rivedranno ancora.
Primo accusato: il fallimento del meccanismo del 2 per mille che gli italiani avrebbero dovuto destinare ai partiti nella dichiarazione dei redditi .
Secondo la legge fatta dal governo Letta avrebbe dovuto portare un “tetto massimo” di 7,75 milioni di euro nel 2014.
Evidentemente sovrastimando e non di poco le potenzialità del meccanismo: alla fine sono state solo 325.711 euro le risorse recuperate così.
“Per garantire un funzionamento minimo dei partiti i soldi servono — ha chiarito Alli — per mantenere dipendenti, sedi, iniiniziative. Si tratta di una garanzia minima della democrazia”.
E dunque, “senza finanziamento pubblico il rischio è che la politica finisca nelle mani delle lobby, come succede in America”.
Sono mesi che le cronache raccontano di bilanci in rosso, dipendenti in cassa integrazione e affitti non pagati.
Ma sono anni che i giornali sono pieni di scandali legati a tesorieri che sisono intascati tesori (vedi Lusi per il Pd e Belsito per la Lega).
Perchè di soldi i partiti ne hanno ricevuti a palate (oltre 2 miliardi e 253 milioni di euro solo tra il 1994 e il 2008).
“Davanti ai cittadini riproporre il finanziamento pubblico è insostenibile. Ma dovremo comunque trovare un modo alternativo di ricevere soldi”.
Quale? Come? “Ci torneremo a una forma di finanziamento pubblico”, dice Librandi (quello che ha appena proposto di affittare i parlamentari).
Che la mette così: “I politici ne hanno combinate di tutti i colori e i 5 euro a voto che ricevevano i partiti prima erano troppi. Ma meno, 1 o 2, sarebbe un compromesso accettabile”.
Poi spiega: “Magari faremo una proposta di legge condivisa da noi tesorieri”.
Un bel problema per Bonifazi, che a quelle riunioni ha partecipato come tesoriere, ma anche come rappresentante del partito di governo.
Lui combatte con i conti che non tornano e con la dubbia riuscita delle cene di fund raising , tra ospiti imbarazzanti (c’era anche il Buzzi di Mafia Capitale) e elenchi di partecipanti impossibili da completare (e da offrire all’opinione pubblica).
Ma sa che il governo Renzi la faccia su una legge che reintroduca il finanziamento pubblico proprio non ce la può mettere.
Guai in arrivo.
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 12th, 2015 Riccardo Fucile
ALLO STUDIO PROPOSTE ALTERNATIVE
Chi l’avrebbe mai detto: indifferenti ai cosiddetti “costi della democrazia”, insensibili al presunto “primato della politica”, per nulla commossi dal grido di dolore dei partiti in bolletta che piangono miseria dopo l’abolizione del finanziamento pubblico diretto, anzi piuttosto scandalizzati dalle loro fonti di sostentamento alternative (rimborsi istituzionali per spese private, tangenti mascherate da donazioni a fondazioni e aziende vinicole, oltre — si capisce — alle vecchie care mazzette), gli italiani non hanno alcuna intenzione di foraggiare la Casta.
Anche quando è gratis perchè paga lo Stato: solo 16.518 contribuenti sui 41 milioni (0,4 su mille) hanno approfittato dell’occasionissima offerta dalla legge Letta di destinare il 2 per mille delle loro tasse al loro partito.
O perchè un partito non ce l’hanno, o perchè sono disposti al massimo a votarlo, non certo a foraggiarlo.
La riforma aveva fissato in 7,7 milioni l’anno il tetto massimo dei contributi, vedi mai che i contribuenti inondassero di dobloni i partiti.
Nel 2014 sono arrivati la miseria di 325.711 euro, da suddividere fra le varie sigle: 199 mila al Pd, 24 mila a FI, 23 mila a Sel, 16 mila a Sudtiroler, 9.600 al Psi (quando c’è da incassare c’è sempre), 9.300 a FdI, 4 mila a Union Valdotaine, 3 mila a Udc, 656 al Partito tirolese.
Perciò i tesorieri dei partiti hanno preso a riunirsi in conciliaboli carbonari, in catacombe e sottoscala, per studiare il da farsi prima di dichiarare bancarotta.
Scartate le rapine in banca, troppo rischiose, l’idea che va per la maggiore è ripristinare il finanziamento pubblico diretto.
Ma non si escludono proposte alternative, decisamente meno impopolari.
Casa chiusa, partito aperto.
L’iniziativa, che viene incontro all’esigenza di modernizzare, regolamentare e tassare la prostituzione levandola dai marciapiedi, prevede l’affidamento delle nuove case di appuntamento alle fondazioni di partiti e singoli politici, che oggi si barcamenano in attività culturali perlopiù fittizie o inutili, mentre in futuro potranno rendersi utili gestendo bordelli attraverso maà®tresses lottizzate per correnti, in base ai voti delle primarie: 80% alla renziana Katiusciah, 20 per cento alla minoranza interna che si è subito divisa fra la bersaniana Marisa, la cuperliana Barbara, la fassiniana (nel senso di Fassina) Genoveffa, la dalemiana Cesarina e la civatiana Luisa.
Unica controindicazione: la ferma ostilità di Forza Italia, il cui leader teme di perdere il monopolio del settore.
Chi vuol esser detenuto.
Il nuovo gioco a premi per rimpolpare le casse vuote, abbinato alla Lotteria
Ogni lunedì gli italiani potranno acquistare un Grattaevinci su cui dovranno indovinare i nomi dei politici arrestati e indagati nel corso della settimana.
Il ricavato andrà al partito che riuscirà a totalizzare più nuovi detenuti e inquisiti. L’idea, lanciata comprensibilmente dal tesoriere del Ncd, ha suscitato le immediate proteste di FI per la concorrenza sleale.
Balle a tassametro.
I renziani rilanciano con un’idea moderna e innovativa, subito appoggiata da Salvini: più menti, più incassi.
Un’Authority indipendente, scelta con gli stessi criteri di imparzialità del nuovo Cda Rai, quindi nominata dal governo, premierà ogni mese la bugia più grossa di un politico, a cui assegnerà un bonus in denaro esentasse.
Contraria Forza Italia: il suo leader, dall’avvento di Renzi, è fuori forma.
Olgettine Panini.
Gli azzurri, in evidente conflitto d’interessi, insistono per un nuovo album di figurine, le Olgettine Panini: al posto dei calciatori o dei protagonisti dei cartoons, si collezionano immagini di ragazze allegre, maggiorenni e non.
Vista l’età media degli elettori berlusconiani, si è pensato di rinverdire i fasti del programma radiofonico I 4 moschettieri trasmesso dall’Eiar fra il 1934 e il 1937 (primo compleanno di B.), che faceva incontrare gli eroi di Dumas con personaggi del cinema e della mitologia: il tutto abbinato a un concorso legato a una raccolta di figurine ispirate ai personaggi coinvolti nei racconti, presenti nei prodotti Buitoni e Perugina e nei pacchetti di sigarette; l’handicap era quella, introvabile, del feroce Saladino. Che, nella versione moderna, è la nipote di Mubarak.
Possibili gli scambi di doppioni fra concorrenti: tre Polanco per due gemelle De Vivo e così via.
Al primo leader che completa l’album, finanziamento tutto l’anno.
Riffa Capitale.
Si tratta di una lotteria da affidare —in ossequio alla par condicio — a Massimo Carminati detto il Nero e Salvatore Buzzi detto il Rosso, che potranno dirigerla anche dal carcere nell’ora d’aria.
Vince chi si aggiudica il maggior numero di appalti truccati o chi riesce nell’impresa di mettere in piedi un’associazione mafiosa senza neppure un mafioso.
“E dove sarebbe il problema?” han commentato all’unisono Pd e FI. Baci a tassametro. Memore della lunga fila di senatori di ogni partito in coda nell’agosto scorso per baciare la ministra Boschi dopo il Sì alla riforma costituzionale, col contorno di grattini sulla schiena a Denis Verdini e a Donato Bruno, la segreteria Dem ha deciso di monetizzare la chance sul modello Happy Days , dove Fonzie organizzava serate di beneficenza facendosi pagare dalle ragazze un tot a bacio.
Per ogni effusione dell’avvenente ministra, bisognerà metter mano al portafogli: grattino 50 euro, bacio 100 euro, bacio con grattino 130. Sconti comitive.
Audiolibri griffati.
Per elevare il dibattito, si era pensato di mettere in commercio una serie di audiolibri con i classici della letteratura declamati dai parlamentari più popolari.
A Maurizio Gasparri era toccato il montaliano Ossi di seppia. Ma l’interessato ha fatto sapere che gli occorre tempo: “Io a pesca ce vado solo in vacanza, e poi come se fa a disossà ‘ste seppie?”.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 12th, 2015 Riccardo Fucile
COSI’ FITTO ESCE COME COLUI CHE HA CERCATO FINO ALLA FINE DI UNIRE E BERLUSCONI SI ASSUME LA RESPONSABILITA’ DELLA CAPORETTO: MA IN FORZA ITALIA UNO NORMALE ESISTE?
“Come ulteriore prova di buon senso e di ragionevolezza, alla luce della situazione delle ultime ore , avanzo l’ipotesi di un ticket Schittulli-Poli Bortone, unendo tutte le energie migliori”.
E’ la proposta di Raffaele Fitto nella giornata dell’autoconvocazione dei fedelissimi a Lecce.
“Naturalmente – aggiunge l’ex ministro -, devono cadere tutti i veti sui nostri candidati nelle liste del nostro partito Forza Italia e predisporre, come è logico che sia, liste forti e competitive. Chi non accetta neanche questa soluzione, sta giocando un’altra partita che nulla ha a che fare con le elezioni regionali. Questo è il mio personale contributo di proposta politica, di ragionevolezza, anche per togliere a tutti ogni possibile scusa o alibi e per avere un una coalizione unita e vincente. La Puglia, le elettrici e gli elettori di questa Regione lo meritano”.
Ma la mediazione di Fitto viene respinta da Luigi Vitale: ” L’ipotesi di un ticket Schittulli-Poli Bortone non sta sul tappeto. Al massimo potremmo analizzare l’ipotesi di un ticket Poli Bortone-Schittulli, nel senso che lei è il candidato presidente e lui vicepresidente”. ha dichiarato il commissario in Puglia di Forza Italia.
L’ultimo harakiri del plenipotenziario di Berlusconi che a questo punto resta inchiodato alle proprie responsabilità sullo sfascio del partito.
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