Aprile 7th, 2015 Riccardo Fucile
UN COMMENTO ALLE VICENDE DEL G8 NEL RICORDO DI CHI C’ERA… UN EPILOGO ANNUNCIATO CHE SI POTEVA EVITARE
Chi ha vissuto, in quanto genovese, quei giorni del luglio 2001 in occasione delle proteste per il G8, non può dimenticare tante cose.
Come le autorità permisero di mettere a ferro e fuoco la città ad alcune centinaia di black bloc che entravano e uscivano dai cortei ufficiali privi di qualsiasi servizio d’ordine.
Come fu consentito a centinaia di teppisti provenienti anche dall’estero di entrare senza alcun filtro nel nostro Paese.
Come le forze dell’ordine si limitassero a controllare a distanza ogni devastazione, limitandosi a filmare e fotografare, salvo poi non essere in grado di identificare quasi nessuno dei teppisti nella fase processuale.
Come, da testimoni, abbiamo visto l’assurdità della ritirata di venti esponenti delle forze del’ordine posti a protezione del carcere di Marassi di fronte all’attacco di una trentina di black bloc che hanno potuto lanciare persino molotov contro la struttura.
Come avevamo previsto, parlando con amici, che le forze dell’ordine avrebbero colto la prima occasione per farla pagare a qualcuno.
Poche ore dopo ecco il massacro alla Diaz per il quale una decina di funzionari di polizia se la sono cavata con la prescrizione e gli agenti non sono mai stati identificati.
Una tragedia annunciata con vittime innocenti.
Perchè chiunque abbia fatto politica di piazza sa benissimo che, in quel clima, l’ultimo posto sicuro quella notte sarebbe stata la scuola Diaz.
Un Paese normale non avrebbe consentito che qualcuno devastasse una città , così come che chi avrebbe dovuto rappresentare la legalità massacrasse di botte dei giovani che dormivano.
Delle devastazioni sono stati chiamati a rispondere pochi soggetti, il 99,9% l’ha fatta franca.
Del pestaggio alla Diaz ci vengono oggi a dire che è rimasto impunito perchè non esiste in Italia il reato di tortura, che in realtà non c’entra una mazza con la fattispecie.
La prescrizione è scattata per il reato di lesioni a causa delle lungaggini della giustizia e dell’omertà delle autorità che hanno negato l’evidenza, non per altro.
Ora ci dicono che questa settimana verrà discusso il testo che introduce il reato di tortura.
Composto di sette articoli, prevede che la tortura sia reato comune, punibile con la reclusione da 4 a 10 anni.
Il delitto si realizza “quando un soggetto, con violenza o minaccia, intenzionalmente cagiona ad una persona a lui affidata, o comunque sottoposta alla sua autorità , vigilanza o custodia, acute sofferenze fisiche o psichiche, a causa dell’appartenenza etnica, dell’orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose ( con il caso specifico della tortura non c’entra nulla). Inoltre si verifica tortura quando le violenze e le minacce sono finalizzate ad ottenere informazioni o dichiarazioni; a infliggere una punizione; a vincere una resistenza.(e qui in effetti ha senso parlare di tortura).
Che un Paese però debba inventarsi un reato per giustificare le proprie incapacità a gestire una emergenza annunciata e a a garantire per tutti il rispetto della legalità la dice lunga sull’ipocrisia che regna ai vertici delle istituzioni.
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Aprile 7th, 2015 Riccardo Fucile
MA NESSUNO HA MAI PAGATO PER AVVENUTA PRESCRIZIONE
La «macelleria messicana» compiuta dalla Polizia nella scuola Diaz la notte del 21 luglio 2001 «deve essere qualificata come tortura»: l’Italia va dunque condannata doppiamente, per il massacro dei manifestanti e per non avere ancora una legge adeguata a punire quel reato.
La Corte europea dei diritti dell’uomo, a 15 anni di distanza, mette per la prima volta nero su bianco in un atto giudiziario quel che decine di testimoni hanno visto e raccontato
La sentenza della Corte di Strasburgo è il risultato del ricorso di Arnaldo Cestaro, oggi 76enne: quella notte era alla Diaz e fu uno degli 87 no global massacrati e feriti – su 93 che furono arrestati – durante quella che la Polizia definì una «perquisizione ad iniziativa autonoma» finalizzata alla ricerca di armi e black bloc dopo le devastazioni avvenute in mezza Genova durante le proteste contro il G8.
«Questa sentenza è una cosa molto importante – ha commentato l’uomo – quel che ho visto e subito è una cosa indegna in un sistema democratico».
I colpevoli di quella violenza – che la Cassazione ha definito «sadica e cinica» – sostiene la Corte di Strasburgo avrebbero dovuto essere puniti adeguatamente ma ciò non fu possibile «a causa dell’inadeguatezza delle leggi italiane».
Chi «ha torturato» l’uomo, «non è mai stato identificato, anche perchè entrando alla Diaz aveva il viso coperto, e non indossava un numero di identificazione, come invece richiede la Corte».
Ed inoltre anche chi è stato processato e condannato «non ha scontato alcuna pena» poichè i reati sono caduti in prescrizione. E questa è una colpa da imputare «alla mancanza in Italia del reato di tortura o di reati altrettanto gravi».
«Quando parlammo di tortura ci presero per pazzi» dice oggi il pm che ha sostenuto l’accusa, Enrico Zucca, sottolineando che la decisione della Corte era «scontata» in quanto «ciò che è accaduto in quella scuola è un concentrato di violazioni dei diritti dell’uomo».
Violazioni che la Cassazione – con la sentenza con cui ha confermato le condanne ai vertici della Ps che erano a Genova, Gratteri, Luperi e Caldarozzi, per i falsi verbali – aveva già pienamente indicato, pur non potendo parlare di tortura: ci fu un «uso spropositato della violenza» da parte della Polizia, che ha «gettato discredito sulla nazione agli occhi del mondo intero».
I poliziotti, hanno scritto i giudici, «si scagliarono sui presenti, sia che dormissero, sia che stessero immobili con le mani alzate, colpendo tutti con i manganelli e con calci e pugni, sordi alle invocazioni di non violenza provenienti dalle vittime, alcune con i documenti in mano, pure insultate al grido di “bastardi”».
Ora tocca all’Italia far vedere che le cose sono cambiate, approvando immediatamente la proposta di legge che introduce il reato, con pene che vanno dai 4 ai 10 anni, approdata alla Camera lo scorso 23 marzo.
Giovedì il Parlamento inizierà la votazione e «il via libera definitivo – spiega il presidente della Commissione Giustizia Donatella Ferranti – potrebbe arrivare entro l’estate».
In attesa che il Parlamento colmi il vuoto, resta una certezza: l’incursione alla Diaz, hanno detto i processi, avrebbe dovuto «riscattare l’immagine della Polizia» dopo le devastazioni, ma la verità è che l’ha compromessa.
Anche perchè, ancora oggi, nessuno degli autori materiali di quel massacro sta scontando una pena: per i 10 funzionari condannati in appello per lesioni – il comandante del Reparto Mobile di Roma Vincenzo Canterini, il suo vice e i capisquadra – la Cassazione non ha potuto far altro che dichiarare prescritto il reato.
E tutti gli altri, decine e decine di poliziotti, che entrarono nella scuola, non sono mai stati identificati.
(da “il Secolo XIX”)
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Aprile 7th, 2015 Riccardo Fucile
CI SONO ANCHE DUE ASSESSORI E L’EX CANDIDATO LEGHISTA A GOVERNATORE RIXI
Sono state chiuse le indagini sulle spese pazze in Regione Liguria per il periodo 2010-2012. Gli indagati sono 27.
Tra questi tutti gli attuali componenti dell’Ufficio di presidenza del Consiglio: il presidente Michele Boffa (Pd), i due vice presidenti Massimo Donzella (Pd) e all’epoca Udc, Luigi Morgillo allora Pdl ed ora Liguria Libera; Giacomo Conti (Fds), Francesco Bruzzone (Lega).
Tra gli indagati anche due assessori, Renzo Guccinelli (Pd), allo sviluppo economico, e Matteo Rossi (ex Sel), allo sport.
Sono accusati, a vario titolo, di falso ideologico e peculato in concorso.
Questo, invece, l’elenco completo degli amministratori indagati nell’inchiesta per le spese pazze in Consiglio regionale dal 2010 al 2012:
Partito Democratico – Michele Boffa, Antonino Miceli, Renzo Guccinelli, Massimo Donzella (ex Udc), Mario Amelotti (tesoriere del gruppo);
Forza Italia – Marco Melgrati, Marco Scajola, Luigi Morgillo (ora Liguria Libera), Matteo Rosso (ora vicino a Edoardo Rixi, ex candidato alla presidenza della Regione).
Nuovo Centrodestra – Gino Garibaldi, Franco Rocca, Alessio Saso.
Lega Nord – Francesco Bruzzone, Edoardo Rixi, Maurizio Torterolo.
Udc – Rosario Monteleone, Marco Limoncini.
Lista Burlando presidente – Ezio Chiesa e Armando Ezio Capurro (ora in Liguria Cambia).
Altri indagati: Aldo Siri (Lista per Biasotti), gli ex Sel Matteo Rossi e Alessandro Benzi, l’ex Idv ed ex Sel Stefano Quaini, le ex Forza Italia Raffaella Della Bianca (oggi Gruppo Misto) e Roberta Gasco, la ex Idv Marilyn Fusco, e Giacomo Conti (Fds).
Inutile dire che molti degli indagati si ripresenteranno alle prossime elezioni come se nulla fosse (uno, il leghista Rixi, era stato indicato addirittura come candidato governatore)
(da “Primocanale“)
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Aprile 7th, 2015 Riccardo Fucile
VALORIZZARE LE DIVERSITA’ E RIDARE EQUITA’ A UNA SOCIETA’ ALLA DERIVA, SUPERANDO VECCHI SCHEMATISMI E STERILI DISTINGUO
Oggi come oggi, definirsi ‪conservatori‬, ‪liberali‬, ‪‎socialdemocratici‬ o ‪‎assistenzialisti‬ oltranzisti non significa proprio nulla.
Da qualsivoglia angolo prospettico la si voglia “vedere”, la nostra è una società sempre più alla deriva, e da tutti i punti di vista purtroppo.
Una “patria di indifferenti” e di distratti.
Difficile rinvenire in giro un sincero, autentico e “rivoluzionario” ‪‎senso civico‬. La storia è sempre stata fatta da “lacrime e sangue”, dalla passione sincera e dalle battaglie audaci.
Occorre creare massa critica, uno spirito collettivo, guardare ben oltre la punta del proprio naso e, soprattutto, bisogna “battersi” per davvero.
Fino a quando permetteremo al “sistema” di padroneggiare e sfruttare i distinguo, soprattutto quelli sempre più assurdi e fuorvianti, daremo linfa vitale al classico brocardo del potere, a quel “dividi et impera” che l’ha fatta sempre da “padrone” sostanziale nella gestione delle dinamiche dei gruppi.
Non bisogna essere dei sociologi o dei politologi raffinati per coglierne il senso e la portata. I tempi cambiano, le esigenze pure.
Farsi lacerare dalle divisioni di mera facciata (perchè molte delle “divisioni concettuali” attuali sono soltanto quello), è molto più di una sciocca disattenzione. Sarà “fuori dal mondo”, ma gridare “basta con le mere contrapposizioni dialettiche e basta con le formule vuote” ha più senso dei reiterati e continuati rivoli concettuali superfetanti e fuorvianti nei quali siamo pur costretti, quotidianamente ad imbatterci. Ciò che davvero conta sono i contenuti perchè sono “le soluzioni” possibili e praticabili che risolvono i problemi: le mere, astratte “formule magiche” sono solo sterile demagogia.
Nella contrapposizione tra “generi opposti” – e il riferimento è solo politico – la “medietà ” può essere davvero un criterio di virtù.
E’ vero che la nostra dimensione culturale – o anche sottoculturale, per chi proprio vuole vedere tutto nero – non è pronta per le grandi battaglie dei tempi perchè il cristianesimo, il senso della pietas, il “socialismo” di cui è pregno il sistema di conservazione del potere e quello stesso senso del giusto o dello sbagliato di “italico colore” rendono oggettivamente anguste le grandi rivoluzioni concettuali.
Un paese che ha sempre vissuto di ‪‎socialismo‬ mascherato, non può improvvisarsi ‪‎liberale‬, e un intero popolo abituato alla figura dello ‪Stato-Padre‬ non può improvvisamente “dirsi” a favore del ‪‎Mini-Stato‬: manco lo comprenderebbe. Personalmente ritengo che sia fin troppo comodo – e finanche facile – accettare il mantello della protezione altera ed aliena, proprio al pari dell’oziare e del far finta di niente.
Ma fin troppo facile, è anche pensare che tutti siamo uguali. Nella vita c’è chi ha grandi sogni e ce la mette tutta pur di arrivare alla meta, e chi invece si accontenta della mera “stabilità “.
Una società evoluta e davvero sensibile a quei distinguo che sono il sale della reale libertà , sa cogliere e propugnare, sia la molteplicità delle sfaccettature possibili, sia quel senso di equità e giustizia che non dovrebbe mai mancare a qualsivoglia azione di Governo.
Nell’ideale Patria degli appassionati, le locuzioni danno spessore, valore e sostanza ai concetti più profondi.
In una società distratta e sprovveduta, invece, quei distinguo diventano soltanto sterile ed asettica contrapposizione e “confusione”.
Si vada al “dunque”, quindi, perchè solo quello ci può rendere “virtuosi uomini” del nostro tempo.
Uno Stato più snello, più efficace ed efficiente è una necessità oggettivamente cogente. Gli sprechi propri di una nomenclatura abituata a vivere di sterili contrapposizioni pur di conservarsi sostanzialmente inalterata nel tempo, sono parimenti inaccettabili.
L’odierno mondo ha bisogno di dimensioni nuove e di una spinta sinceramente rivoluzionaria, soprattutto nella capacità di saper rispettare le diverse prospettive personali, perchè, se da un lato non si può attaccare il socialismo imponendo “la patria dei liberi” – quelli che devono a tutti “i costi trottare”, lasciando “indietro” chi vuole vivere la propria vita in modo più semplice e modesto — dall’altro lato, non si può attaccare il “liberismo” assumendo l’assoluta persistenza dell’egalitaria necessità .
E’ vero che una società evoluta assicura a tutti analoghe condizioni di base ma “quell’evoluzione” è reale soltanto se è capace di rispettare tutti i brocardi della naturale dimensione della realtà : gli uomini non sono tutti uguali e agli stessi non può essere negato il diritto di viversi differentemente dalla massa e di ambire ai traguardi anche più ambiziosi.
Anzi, uno Stato all’altezza del proprio compito, farebbe del “merito” il primo motore immobile di qualsivoglia discernimento e di qualsivoglia implementazione concettuale, operativa e metodologica.
Uno Stato che dovrebbe essere altresì capace di non delegare sempre ai privati ciò che invece gli competerebbe per “vocazione quasi naturale”.
Non so perchè, eppure la mente “corre veloce” alle tematiche del “costo del lavoro” e alla gestione delle esigenze abitative.
Non si può continuare ad assumere che il benessere dei lavoratori passi sempre e soltanto per gli eccessivi costi di produzione a carico dell’impresa, proprio come non si può sempre assumere che le esigenze abitative dei meno fortunati debbano passare per la compromissione di quei diritti di proprietà che sono costati sacrificio.
In ogni cosa ci vuole equilibrio, misura e buon senso.
Perdere il “lume della ragione”; non assumersi il senso profondo del proprio dovere e non affrontare le questioni per quel che davvero sono, ci pone tutti fuori della storia.
Stato compreso…
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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Aprile 7th, 2015 Riccardo Fucile
CORTESIE ALL’INTERNO DI FORZA ITALIA: “TOTI E’ L’UOMO PERFETTO PER BERLUSCONI PER LE COGLIONATE CHE DICE”
“Toti ha detto già una cagata, su Novi Ligure. Fa già tanto male a Forza Italia, può fare un po’ di male anche alla Liguria. Che ha già avuto alluvioni e tragedie varie e non si meritava pure Toti”, dice il deputato di Forza Italia Maurizio Bianconi su Giovanni Toti, candidato in Liguria.
“Toti — ha detto Bianconi intervenendo a La Zanzara — è imbarazzante, è disadatto alla politica, è messo male, peggio di Forza Italia.
E’ un bravo ragazzo ma un conto è vedere i pesci nell’acquario e commentarli e un conto è stare dentro.
E’ l’uomo perfetto di Berlusconi per le coglionate che dice. Quando apre bocca dice sempre delle sciocchezze cubitali, sembra il sergente Garcia, quello che fa sempre pessime figure.
Mi ricorda anche quel generale iracheno quando Bush invase l’Iraq, uno che dalla terrazza diceva al mondo che gli americani erano sconfitti e intanto i carri degli Usa gli passavano sotto”.
David Allegranti
(da “Corriere Fiorentino“)
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Aprile 7th, 2015 Riccardo Fucile
I TRIBUTI INCIDONO PER IL 60% RISPETTO A QUANTO UN PROPRIETARIO DI NEGOZIO INCASSA CON L’AFFITTO
Un aumento del 178% in tre anni, il gettito passato dai nove miliardi di euro del 2011 ai 25 del 2014: un crescendo vertiginoso che ha fortemente ridotto i vantaggi dell’investimento immobiliare, avviando un “effetto sfiducia” che il Paese rischia di scontare a lungo.
È l’analisi di Confedilizia, che chiede al governo «una riduzione della morsa fiscale sugli immobili».
E non solo per l’evidente vantaggio sui proprietari, ma perchè «gravare gli immobili di un carico di tasse come quello abbattutosi in Italia negli ultimi anni produce conseguenze negative a catena con riflessi evidenti sulla crescita del Paese»: crollo delle compravendite, riduzione degli interventi di ristrutturazione, fallimento di imprese edilizie, crisi delle locazioni.
«Stiamo parlando di un effetto sfiducia che molti economisti fanno fatica a vedere — sostiene il presidente Giorgio Spaziani Testa — causato dalle conseguenze psicologiche che si ripercuotono sul proprietario che, osservando i prezzi in costante calo delle compravendite, vede impoverirsi il proprio patrimonio. E allora se io ho una riserva inferiore a quella di prima ho paura di spendere, perchè so che la mia assicurazione non mi copre più. Spendendo meno, innesco un effetto a catena particolarmente grave. Non si può colpire in modo così violento una forma di risparmio tradizionale degli italiani». Confedilizia ha preparato una serie di calcoli per dimostrare quanto l’investimento immobiliare sia ormai diventato veramente poco remunerativo, se non oneroso, per via dell’aumento delle tasse registrato negli ultimi quattro anni.
Per esempio, rispetto a una casa a Roma con rendita catastale di 1000 euro data in affitto a canone libero, se nel 2011 si pagava un’Ici da 735 euro, nel 2014 si è passati a 1.889 euro (Imu più Tasi), con un aumento del 157%.
L’aumento è però del 291% se il canone è invece calmierato: «Si tratta di una grave violazione di un patto tra lo Stato e il contribuente», osserva Spaziani Testa. Aggiungendo che in questo modo «si rischia di far scomparire del tutto quella fascia di locazione privata che veniva subito dopo l’edilizia economica e popolare, che da sola non riesce a soddisfare tutta la domanda di affitto a canoni bassi».
Se infine l’immobile è affittato come negozio, calcola Confedilizia, le tasse arrivano a erodere fortemente i guadagni: infatti a fronte di un canone annuo di 12.000 euro, si può arrivare a pagare al Fisco fino a 7.295 euro, il 60% di quanto percepito grazie all’affitto, per via dell’effetto combinato di Imu, Tasi e, «a livello statale, di una imposizione Irpef che di fatto colpisce persino le spese, essendo queste considerate, come deduzione fiscale, nella irrisoria misura forfettaria del 5% a partire dal 2013».
In questo modo, avverte Spaziani Testa, si rischia di «far venir meno l’acquisto destinato alla locazione », una forma d’investimento più radicata di quanto si pensi, e non legata necessariamente a fasce di reddito particolarmente alte: «Lo hanno fatto per anni anche pensionati che investivano così la liquidazione, per avere una piccola integrazione della pensione».
Rosaria Amato
(da “La Repubblica”)
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Aprile 7th, 2015 Riccardo Fucile
SONDAGGIO DELLA FONDAZIONE LEONE: SCELGONO IL CENTROSINISTRA MA NON SI FIDANO DEI POLITICI GIA’ ELETTI… VOTEREBBERO IN MASSA
Disprezzano i politici, ma andrebbero in massa a votare.
Amano Sergio Mattarella, promuovono Matteo Renzi, guardano con fiducia a Maurizio Landini.
Se potessero, gli immigrati saprebbero bene per chi votare: africani e asiatici a sinistra, i cittadini dell’Est Europa a destra.
Pd e Movimento 5 Stelle la farebbero da padroni. La Lega Nord sarebbe ridotta al lumicino.
A fotografare gli orientamenti di voto dei cinque milioni di “nuovi italiani” è un sondaggio della Fondazione Leone Moressa.
I risultati?
I gusti degli immigrati non paiono così distanti da quelli degli italiani: bassa la fiducia nei politici. Solo il 22,3 per cento gli dà la sufficienza, quasi l’80% li boccia senza appello.
In particolare, un quarto dei migranti si ferma al voto 5 e un quinto li bolla col voto più basso: uno.
Bassa fiducia, ma forte desiderio di partecipazione alla vita pubblica: ben il 75,9% degli stranieri dichiara che andrebbe a votare alle elezioni in Italia.
I più interessati al voto sono gli uomini, ultraquarantenni, africani (81%) e asiatici (88%).
Tra chi si asterrebbe, invece, la maggioranza (69,2%) indica come motivo la sfiducia nei politici ritenuti «tutti uguali», uno su quattro (23,1%) lo scarso interesse verso la politica. I restanti non andrebbero a votare perchè «tanto i politici non fanno mai gli interessi degli immigrati».
Tra i protagonisti della scena pubblica, il più apprezzato dagli “stranieri d’Italia” è il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con un consenso pari al 70,4%.
Alto il voto anche per il premier Renzi (piace al 59,3% degli immigrati).
La coalizione sociale, lanciata nelle ultime settimane da Maurizio Landini, fa schizzare la fiducia nel leader Fiom al 38,9%.
Beppe Grillo incassa la fiducia di poco meno di un terzo degli immigrati (29,6%). Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, chiamato a gestire le emergenze migratorie, si ferma al 25,9%.
A livelli minimi di fiducia si piazzano i leader di centrodestra: Giorgia Meloni (18,2%) e Silvio Berlusconi (14,8%).
Ultimo Matteo Salvini che ottiene la fiducia solo del 13% degli stranieri.
Quanto ai Paesi d’origine, gli africani vanno matti per il presidente della Repubblica e per Matteo Renzi. Landini spopola tra i latinoamericani, Grillo va fortissimo tra gli asiatici.
Come già rilevato da una ricerca Ismu del maggio 2010, gli immigrati continuano a preferire la sinistra (38,9%), ma non in massa.
Il 35,2% si dice di centro e oltre un quarto (25,9%) si considera di destra.
Tra gli africani e gli asiatici prevale la sinistra, mentre le nazionalità dell’Est Europa (reduci dai regimi comunisti) tendono a preferire centro e destra.
Peraltro i neocomunitari, come romeni e bulgari, possono già votare alle elezioni amministrative
Infine, tra i singoli partiti domina la scena il Pd di Renzi, con il 43,7% delle preferenze.
Nettamente staccato, in seconda posizione, il Movimento 5 Stelle (18,8%), che precede Forza Italia (10,9%).
Si avvicina alla soglia del 10% l’Ncd, che conferma un certo apprezzamento degli immigrati per il ministro Alfano.
Oltre il 9% sceglie Sel, mentre in coda, come era prevedibile, finiscono due partiti tradizionalmente critici verso l’immigrazione: Fratelli d’Italia (4,6%) e Lega Nord (2,8%).
Insomma, di fronte alle urne i “nuovi italiani” paiono avere le idee abbastanza chiare. Il problema?
«Il dibattito sull’immigrazione si sviluppa senza tener conto dei diretti interessati, che non essendo cittadini italiani non hanno diritto alla partecipazione elettorale – scrivono i ricercatori della Fondazione Leone Moressa – il risultato della ricerca conferma ancora una volta che l’immigrazione è una realtà molto più complessa di come si potrebbe immaginare, non facilmente riconducibile a luoghi comuni e immagini stereotipate».
Vladimiro Polchi
(da “La Repubblica”)
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Aprile 7th, 2015 Riccardo Fucile
LA REPETTI: “ORA NUOVO PROGETTO POLITICO CON IL PREMIER”
La sfida del futuro non è costruire un nuovo centrodestra ma “proporre un progetto politico nuovo” alleato con la sinistra “per la prima volta davvero moderna che Renzi rappresenta”.
Cosi Manuela Repetti, moglie di Sandro Bondi, senatrice passata da Fi al gruppo misto annuncia il suo possibile passaggio con Matteo Renzi.
“La mia opinione – si legge nella nota – è che oggi il problema non sia quello di costruire un’alternativa di centrodestra al governo Renzi, un centrodestra tutto da ricostruire e da rifondare nei contenuti. Semmai, di fronte al rinnovamento della sinistra incarnata da Renzi, per le forze liberali e riformiste la sfida è di proporre un progetto politico nuovo, per oggi e per il futuro, cioè l’alleanza tra un’area oggi ancora dispersa di centro e la realtà di una sinistra per la prima volta davvero moderna che Renzi rappresenta”.
(da “Huffingtonpost“)
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Aprile 7th, 2015 Riccardo Fucile
GLI ESPERTI: “TENGONO BENE PERCHà‰ SONO COERENTI E HANNO PROPOSTE RICONOSCIBILI. IL WEB NON BASTAVA”
Il Movimento che pareva in caduta costante cresce. O comunque “tiene molto bene”. Perchè è tornato con i suoi parlamentari nelle televisioni, e perchè ha ormai una sua fisionomia riconoscibile: soprattutto, delle proposte fortemente sue, coerenti.
È l’analisi dei sondaggisti, dietro ai numeri che raccontano di un M5S che guadagna consenso.
Un punto e mezzo in più nell’ultimo mese, secondo il sondaggio dell’Ipsos di Nando Pagnoncelli, apparso domenica scorsa sul Corriere della Sera, che dà i Cinque Stelle al 21,3 per cento.
Saldamente secondi dietro al Pd che è al 35,7 per cento (un punto in meno in quattro settimane) e molto sopra la Lega Nord (13,7) e Forza Italia (13,5).
Ma che ne pensano gli altri sondaggisti?
“Direi che la tendenza è quella, il M5S tiene molto bene” sostiene Roberto Weber, presidente di Ixè. Che spiega: “A noi il M5S risulta attorno al 19 per cento, ma due punti fanno pochissima differenza. Il dato interessante è che, nonostante l’emorragia interna e varie altre difficoltà , tra cui anche diversi errori nel raccontarsi all’esterno, i Cinque Stelle resistono. E questo ci dice nel Movimento si sta aggregando una forma di opposizione che a sinistra non riesce a crearsi. Per dire, in questi giorni stiamo misurando il peso elettorale di Maurizio Landini: oscilla tra il 5 e il 7 per cento. Di fatto non esiste”.
Quindi un’eventuale collaborazione tra Landini e 5Stelle non funzionerebbe?
“Non andrebbe da nessuna parte. Anche perchè per funzionare servirebbe molta elasticità su entrambi i fronti, che io proprio non riscontro”.
Domanda successiva: quanto ha pesato tornare in tv?
“Molto, senza dubbio. Era un errore non andarci, non presentare le proprie idee con volti riconoscibili”.
Intanto si avvicinano le Regionali, sempre molto difficili per il Movimento.
E Weber non si aspetta novità : “Le elezioni amministrative non possono essere favorevoli ai 5 Stelle, che non hanno filiere locali, e soprattutto non hanno interessi da difendere”. Rimane il dato nazionale.
E in quest’ottica il ritorno sul piccolo schermo, benedetto da Grillo poche settimane fa in un’intervista al Corriere della Sera (“Forse è stato un errore non andarci”) pare la chiave di volta.
Anche a detta di Carlo Buttaroni, presidente di Tecnè: “Tornare in tv è stato fondamentale, il web non basta perchè non è un media ma un luogo”.
Buttaroni conferma la crescita dei 5Stelle: “Li stimiamo al 19,5 per cento, lo 0,5 in più rispetto alla settimana scorsa”.
E osserva: “Molti hanno sottovalutato il loro peso, derubricandoli a pura antipolitica. Spesso li hanno dato per spacciati. E invece il M5S ha dimostrato di essere anche molto altro: una forza coerente sui propri principi, che ha delle proposte proprie e altre personalità oltre a Grillo. Tutto questo sta pagando”.
Domanda: quanto ha influito l’essere rimasti fuori dalle inchieste? Buttaroni è scettico: “A mio avviso poco: chi decide di andare a votare fa una scelta per altri fattori. Gli altri, i più delusi, non vanno più alle urne”.
Nicola Piepoli (Istituto Piepoli) risponde da Parigi.
Conferma: “I 5Stelle tengono, eccome: a noi risultano tra il 18 e il 19 per cento, ma un paio di punti di differenza nei sondaggi non sono proprio nulla”.
E prosegue: “Il Movimento resiste perchè c’è grande disorientamento, a sinistra come a destra. Aggrega perchè rappresenta l’alternativa per chi cerca una via, una terza via. I 5Stelle non vengono nè da sinistra nè da destra, sono un posto diverso per chi sa di essere minoranza. Potrebbero diventare maggioranza solo se trovassero un grande leader”.
E il ritorno in tv, quanto ha contato?
“Moltissimo. È come se i Cinque Stelle fossero tornati nel nostro secolo. Prima erano novecenteschi, come quegli italiani che uccidevano i sovrani. In fondo, ancora loro rappresentano quella vena di anarchismo mai sopita in Italia”.
Rimarrebbe il fattore dell’immunità dalla corruzione…
“Quello — replica Piepoli — non lo so davvero pesare. Ma non credo che abbia pesato molto”.
Luca De Carolis
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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