Aprile 20th, 2015 Riccardo Fucile
IN DIECI PAESI PER PRODURRE BANALITA’: A LORO INTERESSA SOLO SALVARE LA FACCIA, LA COSCIENZA SE LA SONO VENDUTA DA TEMPO
Al vertice congiunto di ministri degli Esteri e dell’Interno dell’Unione europea a Lussemburgo, il commissario per l’Immigrazione Dimitris Avramopoulos ha presentato un piano d’azione di 10 punti per “azioni immediate” da intraprendere in risposta alla situazione di crisi nel Mediterraneo dopo la strage nel canale di Sicilia costata la vita a 900 migranti.
Per l’Italia il paragone tra Triton — il piano di controllo delle frontiere marittime finanziato dall’agenzia europea Frontex — e il vecchio Mare Nostrum — operazione italiana varata nel 2013 con un bilancio in attivo di 150mila persone salvate — è inevitabile.
L’Unione europea dovrà rafforzare le operazioni congiunte nel Mediterraneo, Triton e Poseidon, aumentando le risorse economiche e il numero di equipaggiamenti.
È questo il primo dei dieci punti del piano presentato a Lussemburgo.
Proprio questo è spesso contestato all’operazione Triton nel confronto con l’italiano Mare Nostrum: il costo di 9 milioni di euro al mese della prima operazione ha permesso nell’arco di un anno di dispiegare, entro 100 miglia dalla costa, una nave e due corvette della Marina militare, 2 pattugliatori, 6 elicotteri, 2 aerei droni e circa 700 militari.
I finanziamenti messi a disposizione da Triton sono invece di 2,9 milioni di euro al mese e l’area di azione è di 30 miglia marine dalla Sicilia.
Triton si è dimostrato inadeguato, se ne sono accorti solo dopo aver affogato qualche migliaia di esseri umani.
Dopo aver ridotto a un terzo l’esborso, ora si parla di “aumento” indefinito del budget: c’e’ solo da sperare nella grande professionalità della nostra Marina militare che sta facendo miracoli.
Il secondo punto del piano d’azione europeo prevede uno sforzo sistematico per catturare e distruggere le navi usate dai trafficanti.
Questa fissa è ridicola: in primis perchè il guadagno dei trafficanti è tale che si possono pure permettere di perdere il barcone usato, secondo perchè queste imbarcazioni partono ormai persino dall’Egitto e dalla Turchia per fare poi tappa in Libia.
Salvo che non si vogliano distruggere tutti i barconi del Mediterraneo, non servirà a nulla, solo propaganda.
Gli altri otto punti sono fumo negli occhi: si va da un generico “rafforzamento dei contatti tra le agenzie Ue per la raccolta di informazioni sul modus operandi dei trafficanti” “alla garanzia da parte degli Stati membri di prendere le impronte digitali”, da “meccanismi di ricollocazione di emergenza” al “rimpatrio veloce dei migranti irregolari”, da nn precisate “azioni esterne per l’impegno con i Paesi che circondano la Libia” fino all’invio “di ufficiali di collegamento sull’immigrazione in Paesi terzi chiave”.
A parte l’aumento di fondi e il fare un buco nei barconi, nulla si dice sulla creazione di campi di sosta e sulla creazione di un canale umanitario per filtrare gli arrivi degli aventi diritto.
Per non parlare di investimenti che creino occupazione in modo da ridurre la richiesta di espatrio o la ripartizione dei profughi tra più Paesi europei.
Un’altra patacca in vista.
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Aprile 20th, 2015 Riccardo Fucile
L’EX SINDACO MARTINELLI ACCUSA IL SENATORE VOLPI: “VOTAI CONTRO IN CDA SU UNA MUNICIPALIZZATA DI CUI LUI ERA PRESIDENTE E HA TRAMATO CONTRO DI ME”… VOLPI: “DOVEVA ASPETTARSI DELLE CONSEGUENZE”
Il senatore Raffaele Volpi, braccio destro di Matteo Salvini e fautore della svolta meridionalista del Carroccio, nel novembre scorso avrebbe agito politicamente per far cadere l’amministrazione di Rovato.
L’accusa è dell’allora sindaco leghista della cittadina bresciana Roberta Martinelli, fatta durante la presentazione della sua candidatura alle prossime elezioni comunali, tra le fila di una lista civica, naturalmente, e non più col Carroccio.
Questa storia è ambientata nel mondo delle municipalizzate di provincia.
Rovato è azionista di Cogeme Spa, multiservizi che serve 71 comuni, a sua volta fondatrice di Lgh Group Spa, altra azienda energetica pubblica dal fatturato di quasi 700 milioni di euro l’anno, che dalla provincia di Brescia si espande a quelle limitrofe.
Fondazione Cogeme è nata invece coi soldi della municipalizzata omonima, per promuovere iniziative a favore del territorio e dell’ambiente.
All’epoca dei fatti il suo presidente era proprio il senatore Raffaele Volpi. Ma a fine settembre l’operato di questi è messo in discussione da una cordata di 16 sindaci, che si lamentano per i pochi progetti realizzati e per gli incarichi professionali dati. Roberta Martinelli è scelta come loro portavoce, in quanto prima cittadina della municipalità che detiene il 22 per cento della multiservizi.
Volpi verrà quindi sfiduciato dal consiglio di amministrazione di Fondazione, nel quale a votare contro c’è anche il presidente di Cogeme, Dario Fogazzi, sempre in quota Lega.
Due notabili locali del Carroccio che mettono i bastoni tra le ruote a un senatore: non è tollerabile.
Fogazzi e Martinelli, su decisione della segreteria provinciale della Lega, vengono sospesi dal partito e a Rovato il 21 novembre 9 consiglieri comunali si dimettono improvvisamente, facendo cadere l’amministrazione comunale.
Oggi la Martinelli sostiene che dietro quei fatti ci fu la regia del senatore Volpi. Questi evita di rispondere direttamente all’accusa ma commenta: “Allora ci si è stupiti della caduta dell’amministrazione, ma chi faceva riferimento alla Lega in Fondazione, mettendo in minoranza un senatore, doveva aspettarsi qualche conseguenza, o no?”. “Se io fossi stato un militante qualunque — continua Volpi — penso non ci sarebbero stati problemi. Ma se te la prendi con un parlamentare, che poi è uno che si dà da fare, cosa ti aspetti succeda?”.
Questa nuova storia di diatribe intestine alla Lega, a qualcuno farà venire in mente la vicenda Tosi.
Ed in effetti, tra gli altri, con chi parla Dario Fogazzi nel confidarsi su cosa gli sta capitando? Ma col sindaco di Verona, “col quale — ammette il presidente di Cogeme — è nato un rapporto, nel momento che io mi recai nella città veneta per osservare il lavoro della loro municipalizzata, la Agsm Verona, quando era addirittura in progetto un’unione aziendale tra loro e Cogeme”.
Tosi rassicura l’amico con una frase di circostanza: “Cose che succedono”.
Ma la domanda è: quell’amicizia risultava invisa ai vertici del Carroccio?
Non è poi un segreto che a Rovato circolassero da tempo una decina di tessere della fondazione “Il faro” dello stesso Flavio Tosi, che però pare non abbiamo mai trovato un titolare.
Per cui oggi tutti escludono che dietro la caduta dell’amministrazione rovatese ci sia la volontà di punire vicinanze troppo compromettenti con la realtà scaligera.
“Certo, dalle parti di Verona, almeno dal punto di vista del mio lavoro, si respira un’aria molto simile alla nostra” ribadisce il presidente di Cogeme Fogazzi, che comunque non si considera un “tosiano” e che avendo fatto in passato, il portavoce proprio del senatore Volpi, è difficile dire complottasse alle spalle di una personalità così vicina a Salvini. “
Fabio Abiati
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 20th, 2015 Riccardo Fucile
IL RISCHIO DI AGGUATI SU APPARENTAMENTO E CAPILISTA
Appena 20 emendamenti dei grillini, 27 di Sel, 7 della minoranza Pd (Bindi e D’Attorre, per ora), nessuno dei centristi di Alfano (esclusa la Di Girolamo), una ventina di Forza Italia e poca roba anche da Scelta civica, Fratelli d’Italia e Lega. Stando ai numeri delle proposte emendative alla legge elettorale depositate in commissione alla Camera, il premier Matteo Renzi e il ministro Maria Elena Boschi potrebbero dormire sonni tranquilli.
Ma, si sa, il diavolo si annida nei dettagli.
E all’Italicum 2.0, ormai arrivato in dirittura di arrivo, basterebbe una virgola in più, o in meno, per rimpiombare in quella che il segretario del Pd chiama «palude» del Senato e che minoranza dem e opposizioni si ostinano a definire libera dialettica parlamentare.
Sul potenziale attrattivo degli emendamenti (che in aula alla Camera verrebbero votati a scrutinio segreto, se il governo non spazza via tutto con la fiducia) la maggioranza ha già alzato le antenne alla ricerca di «scudi» per probabili agguati trasversali.
II tema più sensibile è quello che abbraccia un arco trasversale davvero ampio. Proposto dalla minoranza del Pd (Bindi e D’Attorre), da Forza Italia, da Sel, da Scelta Civica – e soprattutto appoggiato dai grillini – c’è l’emendamento che punta a scardinare il bipartitismo con l’introduzione dell’apparentamento tra partiti al ballottaggio e, dunque, anche del premio di maggioranza alla coalizione.
Spiega Danilo Toninelli (M5S): «Non abbiamo presentato l’emendamento perchè lo hanno fatto gli altri. Ma lo voteremo, di sicuro…».
Secondo tema, in termini di pericolosità per il governo, il ridimensionamento dei capilista bloccati nei 100 collegi.
D’Attorre (Pd) propone che ai capilista con il miglior risultato venga riservato il 25% dei seggi mentre tutti gli altri si giocano il posto con le preferenze.
Analoga la proposta del costituzionalista Roberto Zaccaria che Area riformista (Bersani, Giorgis, Agostini) proporrà in aula.
I grillini spingono nella stessa direzione, Scelta civica non è insensibile, Sel è d’accordo ad eliminare i nominati e Nunzia Di Girolamo (Ap) ha presentato un emendamento per «far correre tutti con le preferenze».
Terzo tema, con un occhio di riguardo alla Consulta, quello delle pluricandidature volute da Alfano.
La proposta di Giorgis (Pd) mira a far scattare un automatismo: il pluricandidato dovrà optare per il collegio in cui ha riportato la più alta percentuale di voti.
Per Scelta civica, invece, il seggio scatta laddove il capolista ha riportato il minor numero di voti.
Interessante, poi, il meccanismo individuato da Giuseppe Lauricella (Pd) che «probabilmente» verrà presentato in aula: il pluricandidato opta per il collegio in cui il secondo arrivato (con le preferenze) riporta il peggior risultato: «Questo per evitare che venga escluso un candidato che ha preso 30 mila voti e venga ripescato uno che ne ha ottenuti solo 3 mila».
Ma sono insidiosi per il governo anche altri emendamenti «fuori tema»: abolizione del ballottaggio (Sel in commissione, Lauricella in preparazione per l’Aula), soglia minima di partecipazione per la validità del ballottaggio (Giorgis, Pd, per l’aula), cancellazione del nome del capo del partito dalla scheda (D’Attorre), divieto di ingresso in Parlamento per gli inquisiti (M5S), allineamento della vigenza dell’Italicum e della riforma costituzionale (Lauricella), incremento della soglia dal 3% al 4,5% (Sel).
I grillini, poi, hanno presentato emendamenti neutri che potrebbero risultare pericolosi per la maggioranza.
Come quelli che chiedono di installare «urne trasparenti di plexiglass» o di eliminare le tendine dalle cabine (per evitare scambi di schede) o di scegliere per sorteggio gli scrutatori.
Si inizia oggi in commissione ma il Pd, in vista dei voti di domani, stasera formalizzerà l’avvicendamento dei 10 «ribelli» che non sono disposti a votare la legge senza correzioni come ha chiesto Renzi.
Poi il secondo tempo, decisivo, si giocherà in aula.
A maggio.
Dino Martirano
(da “il Corriere della Sera”)
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Aprile 20th, 2015 Riccardo Fucile
GLI ESEMPI DI GIORDANIA, SIRIA E LIBANO
È vero, non possiamo farci carico di tutti i drammi del mondo.
Eppure, la più grande tragedia del mare – che non sarà l’ultima – impone una presa di coscienza collettiva, al di là delle parole d’indignazione e solidarietà .
Rischiamo di perdere la nostra umanità , come ha detto il presidente Sergio Mattarella. Ne va dei fondamenti di civiltà e cultura europea
Alla politica – nazionale ed europea – spetta il compito di trovare soluzioni e contromisure, non essendo possibile attendere che la Libia e i Paesi da cui provengono i migranti si stabilizzino come per miracolo e riducano i flussi.
Ma a tutti, come cittadini, s’impone di comprendere la dimensione dei fenomeni, di dominare la psicosi dell’invasione, di non invocare la difesa del giardino di casa che lascia spazio a sterili polemiche, a miserabili calcoli politici, a strumentalizzazioni il cui effetto è di rendere più fragili e indecisi governi e istituzioni europee che dovrebbero invece agire in modo forte e coeso.
Basterebbero uno sforzo di memoria e uno sguardo al di là del proprio naso.
Certo, trecentomila migranti verso le nostre coste fanno paura.
Ma sappiamo quanti profughi si sono riversati nella piccola Giordania (sei milioni di abitanti) dalla Siria devastata dalla guerra civile?
Un milione e mezzo, che andrebbero aggiunti, per le statistiche, al milione e mezzo di palestinesi affluiti nei decenni.
Ricordiamo quante centinaia di migliaia di siriani hanno invaso il Libano?
La stessa Siria è stata a sua volta invasa da un milione di iracheni, in seguito alla sciagurata guerra americana, prima causa della destabilizzazione dell’area.
Oggi, il flusso più ampio proviene dalla Libia, lasciata colpevolmente nel caos dopo avere immaginato, nella Francia di Sarkozy, che fosse sufficiente togliere di mezzo Gheddafi per esportare democrazia.
Ai migranti libici, si aggiungono decine di migliaia dai Paesi limitrofi, a loro volta resi più fragili dalle nuove emergenze. Basti pensare alle pesanti difficoltà della piccola Tunisia, invasa da centinaia di migliaia di libici che hanno esposto la giovane democrazia al terrorismo e all’instabilità economica e sociale.
E come dimenticare le emergenze che nei decenni passati hanno colpito Paesi non certo così ricchi e progrediti da subire senza conseguenze l’invasione di milioni di esseri umani.
Pensiamo ai campi profughi dei cambogiani in Thailandia, ai boat people vietnamiti approdati in Malesia e nella stessa Thailandia, ai profughi ruandesi che sconfinarono nella Repubblica democratica del Congo.
La psicosi dell’invasione di oggi non soltanto ci fa dimenticare tante tragedie della nostra epoca, ma impedisce un salutare confronto con la condizione sociale ed economica di altri Paesi .
Ad ogni tragedia del mare, nonostante gli appelli alla solidarietà , sembra di vivere in una sorta di miopia irrazionale o egoistica che impedisce di trasformare la generosità e l’impegno di molti o di pochi in un solido e consapevole atteggiamento di tutti.
I disperati che approdano sulle nostre coste e le migliaia di vite che il mare cancella pagano anche la memoria corta, la percezione travisata dei fenomeni, forse la malapianta del razzismo.
Come se fossero esseri inferiori rispetto alle decine di migliaia di tedeschi dell’Est che fuggivano dal comunismo e trovarono al confine della Germania campi di accoglienza, indirizzi d’ospitalità e persino contratti di lavoro.
O rispetto ai boat people vietnamiti che gli Stati Uniti – anche per senso di colpa – trasformarono in cittadini americani.
O rispetto ai profughi della ex Jugoslavia, sparsi a decine di migliaia nelle città europee. Meritavano, loro, più comprensione e solidarietà ?
Anche i flussi di questi ultimi anni andrebbero indagati con cura.
Se è vero che l’Italia affronta quasi in solitudine il primo impatto e giustamente invoca un maggiore impegno europeo, è anche vero che Germania e Svezia hanno accolto la metà delle domande d’asilo giunte in Europa dalla Siria.
Ed è anche vero che fra il 2010 e il 2014, la Germania, da sola, ha accolto 434.260 persone, 5,3 rifugiati per mille abitanti.
È ovvio che i numeri di queste tragiche notti spaventino.
Ed è ovvio che la memoria storica e la statistica non rappresentano da sole una soluzione.
Ma ci aiutano a non perdere umanità . Ci ricordano, come diceva il grande scrittore serbo Milos Crnjanski, uno che di migrazioni e diaspore se ne intendeva, che «nessuno va dove vuole».
Massimo Nava
(da “il Corriere della Sera”)
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Aprile 20th, 2015 Riccardo Fucile
LO SCRITTORE PARLA DELL’IMPOTENZA DELL’EUROPA E DELLA MANCATA MOBILITAZIONE DEI MUSULMANI
«Negli anni Settanta, quando scoppiò la crisi dei boat people vietnamiti e la gente annegava nei mari del Sud, con Bernard Kouchner e Yves Montand tra gli altri abbiamo affittato una nave e siamo partiti per andare a salvare dei naufraghi. Oggi nessuno pensa di mobilitarsi per fare un gesto del genere a due passi da qui, nel Mediterraneo. Lo trovo straordinario»
Lo scrittore Marek Halter, 79 anni, co-fondatore di Sos Racisme, parla della nota impotenza dell’Europa, della distrazione dei cittadini (abitanti di Lampedusa a parte), e in particolare della mancata mobilitazione dei musulmani.
Le crisi umanitarie ci hanno stancato?
«Le nostre società sono vecchie e stanche, ma quel che mi sorprende di più è che anche i musulmani che vivono qui in Europa sembrano non accorgersi di quel che sta succedendo nel Mediterraneo. Gli slanci di solidarietà scattano magari per Gaza o per altre crisi dal forte contenuto ideologico, ma nessuno che abbia pensato di attivarsi, prendere delle barche e andare ad aiutare i pescherecci che si ritrovano a caricare decine di naufraghi morenti ogni giorno. Eppure questi poveretti sono in gran parte correligionari islamici. Oltre al gesto di altruismo, pensate che avventura personale sarebbe, per tanti ragazzi delle banlieue»
Non sono le istituzioni a dovere agire per prime?
«Un’emergenza epocale simile non può essere gestita solo dalla marina italiana o dalle istituzioni europee. Mi dico che anche io dovrei fare qualcosa, allo stesso tempo ho una certa età e forse sono stanco. Ma dove sono quelli che dovrebbero prendere il testimone? Perchè nessuno, neanche i musulmani, pensa ad andare a salvare i boat people del Mediterraneo?».
Oltre alla tragedia di centinaia di morti innocenti, quali sono le conseguenze di questi tentati sbarchi?
«Non abbiamo le prove, ma è lecito sospettare che a organizzare o almeno a incoraggiare le traversate siano elementi di Daech (lo Stato islamico, ndr ) che hanno preso il controllo delle coste libiche. Che i migranti innocenti muoiano a centinaia o riescano a raggiungere l’Europa, per i terroristi è comunque un modo per sfidarci e mettere in crisi ancora di più il nostro modo di vivere. Spendiamo già miliardi per la sicurezza negli aereoporti, nelle scuole. Ci costringono a cambiare vita, e sperano che i nuovi arrivi provochino xenofobia, tensioni, magari scontri tra europei e immigrati . La mia paura più grande è la guerra di religione».
Crede che l’incremento degli arrivi faccia parte di una strategia?
«Lo temo. I terroristi islamici sono barbari, malvagi, ma non stupidi. La loro logica è la guerra di religione, applicata persino ai barconi dei migranti, con il caso dei musulmani che hanno buttato a mare i cristiani. Spero che gli ebrei come me e i cristiani non cadano nella trappola. L’ho detto anche a papa Francesco: “non riusciranno a trasformarci nell’Occidente di Urbano II, il Papa delle Crociate”. I terroristi usano la tattica stalinista della provocazione e della quinta colonna alla Comintern, sfruttano ogni occasione – adesso è l’immigrazione – per scatenare il caos e provare a radicalizzare finalmente i milioni di musulmani che vivono in pace con noi».
Che succederà adesso?
«Non lo so, posso dire però che mi piacerebbe vedere i miei amici musulmani prendere l’iniziativa. Dovrebbero girare dei video in cui li si vede salvare dei naufraghi, altro che le immagini dei tagliatori di teste. Non è Voltaire che dobbiamo brandire di fronte al Corano. Quel che serve è Corano contro Corano, Allah contro Allah».
Stefano Montefiori
(da “il Corriere della Sera”)
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Aprile 20th, 2015 Riccardo Fucile
L’ANALISI DELLA CANTANTE SULLO SFRUTTAMENTO DEL CONTINENTE AFRICANO E LE RESPONSABILITA’ DELL’OCCIDENTE
Ieri notte Fiorella Mannoia ha pubblicato un lungo intervento sulla sua pagina Facebook ufficiale nel quale ha espresso la propria posizione riguardo all’esodo di immigranti disperati sulle nostre coste ricordando lo sfruttamento perpetrato dalle multinazionali, dall’Europa e dagli Stati Uniti a danno dei Paesi africani.
Ha inoltre puntato il dito contro coloro che sfruttano demagogicamente i viaggi della disperazione degli immigrati, in particolare Matteo Salvini e Daniela Santanchè.
La cantante esordisce parlando dello sfruttamento subito dai Paesi africani in epoche recenti e lontane, puntando il dito contro le grandi compagnie internazionali: “Dovrebbero rispondere gli Stati dove risiedono le multinazionali che lucrano su quei paesi, dovrebbero rispondere tutti gli Stati che hanno bombardato stati sovrani, uccidendo migliaia di civili e portando caos in ogni posto dove sono andati. Chiediamo giustamente all’Europa di prendersi le sue responsabilità , allora chiediamo anche agli Stati Uniti di prendersi le sue responsabilità , anche loro dovrebbero prendersene carico. In questo casino in cui ci troviamo, soprattutto noi Italiani che siamo la porta d’ingresso del Meditarraneo, loro hanno la loro parte di responsabilità , tanto quanto noi. Tutti lucrano in Africa, TUTTI.”
Lo sfogo di Fiorella Mannoia va avanti, elencando le ingiustizie subite dalle popolazioni africane e i danni economici e ambientali che lo sfruttamento indiscriminato ha causato: “Aiutiamoli a casa loro dite, certo, si vede come li aiutiamo a casa loro! Riducendoli alla fame, distruggendo interi ecosistemi come stanno facendo multinazionali del petrolio, comprese le nostre, sul Delta del Niger, o come davanti alle coste del Senegal, dove le multinazionali hanno monopolizzato il mare mettendo sul lastrico i pescatori locali, o in paesi dove le le multinazionali del cibo requisiscono con la forzai terreni ai contadini per le loro coltivazioni di monocoltura transgenica, li usiamo come discarica di rifiuti tossici, di medicinali scaduti, li sfruttiamo per un pugno di riso nelle miniere di diamanti, di oro, di coltan”.
L’artista passa poi a valutare l’impatto degli Stati occidentali sui Paesi del continente africano dal punto di vista politico, accennando a governi fantoccio e alla “stranezza” del fatto che piccoli gruppi armati siano in grado di tenere sotto scacco forze politiche dal peso specifico molto più alto: “Assassiniamo i loro leader migliori (vedi Sankara, ma non il solo) che si sono battuti per l’indipendenza Africana, con la complicità di questa Europa ipocrita degli altrettanto ipocriti Stati Uniti, finanziando e appoggiando al loro posto, dittatori senza scrupoli che gli hanno permesso in questi decenni di depredare in pace (ora anche la Cina) destabilizzando antichi equilibri, vendendogli armi (Russia compresa) perchè si ammazzassero meglio tra di loro.
Abbiamo creato, armato, finanziato pazzi sanguinari che sgozzano e ammazzano senza pietà altri poveri esseri umani e ora, fuori controllo dicono che non sanno come fermarli.
Ora voi mi venite a dire che riescono a leggere la scritta di un pacchetto di sigarette dallo spazio, hanno eserciti con la più avanzata delle tecnologie e non riescono a fermare quattro pazzi cialtroni incappucciati?
Ma a chi la raccontano? Hanno bombardato migliaia di civili, povera gente incolpevole, donne, bambini, distrutto intere città per colpire un solo uomo e ora ci vengono a raccontare che non sanno fermare un piccolo esercito di pazzi sanguinari? Io non so che cosa ci sia dietro tutta questa storia, ma di sicuro non credo a una sola parola di quello che ci raccontano”.
La Mannoia, dopo aver elencato i criteri attraverso i quali secondo lei andrebbe inquadrato il problema degli esodi di disperati, fornisce quella che secondo lei è la soluzione: la “scrittura di regole”, l’imposizione alle multinazionali di “un comportamento etico”, la “distribuzione delle risorse” e un “investimento sulla crescita della popolazione africana”.
Poco prima di concludere il suo intervento, la cantante lancia una provocazione a Matteo Salvini e Daniela Santanchè: “A Salvini non resterà che andare personalmente e sparare sui barconi, insieme alla Santanchè, ma non mandando l’esercito, troppo comodo, ci devono andare loro, fisicamente, in diretta televisiva”.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 20th, 2015 Riccardo Fucile
SE ESCONO 50 DEPUTATI PD SALTA IL NUMERO LEGALE E RENZI VA A CASA: ORA VEDREMO DA CHE PARTE STANNO I “DIFENSORI DELLA DEMOCRAZIA”
È l’ora della grande “cacciata” della minoranza (dalla commissione).
Per preparare l’ultimo strappo, ovvero il voto di fiducia finale sulla legge elettorale in Aula. Tempi rapidissimi. Nessuna trattativa: “Siamo a un passo — dice Renzi a Rtl 102.5 – vediamo il traguardo dell’ultimo chilometro. Faremo lo sprint finale sui pedali e a testa alta”.
La “mossa” è stata preparata nel week end, con i fedelissimi Emanuele Fiano e Ettore Rosato, “reggente” del gruppo dopo le dimissioni di Speranza.
Sono stati loro a chiamare, ad uno ad uno, i membri della commissione Affari costituzionali della Camera, dove la sinistra dem è maggioranza: “Che hai intenzione di fare — questa la domanda — in commissione sulla legge elettorale? La posizione del gruppo, stabilita e votata nell’ultima riunione è che l’Italicum non si cambia. La segui o vuoi essere sostituito?”. “Nè l’uno nè l’altro” è stato il coro di risposte.
Ecco allora il passaggio successivo.
Da palazzo Chigi parte l’ordine di sostituire i dieci membri della minoranza, all’ufficio di presidenza che si terrà stasera. Via Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo, Rosy Bindi, Andrea Giorgis, Enzo Lattuca, Alfredo D’Attorre, Barbara Pollastrini, Marilena Fabbri, Roberta Agostini, Marco Meloni. Resterà invece Giuseppe Lauricella che pur essendo critico verso l’Italicum ha dischiarato che seguirà le indicazioni del gruppo.
Dentro un plotone di fedelissimi tra renziani di ferro, turchi e franceschiani. Chiamati a portare a termine una missione. Approvare il testo, come è uscito dal Senato. Senza cambiare una virgola.
Dietro la mossa non è difficile intravedere quale sia la paura e quale sia il passaggio successivo.
La paura, spiegano a microfoni spenti i renziani di rango, si chiama Aula: “Se lasci in commissione Bersani e compagnia, quelli cambiano la legge elettorale. Per tornare al testo che vuole Renzi, occorre votare in Parlamento. Ma in Parlamento il voto è segreto e a quel punto diventa un pastrocchio”.
Un ragionamento che porta dritti a scoprire il passaggio successivo che ormai appare scontato. E che si chiama voto di fiducia: “Renzi — prosegue la fonte – vuole avere la possibilità di mettere la fiducia sul suo testo, quello licenziato dal Senato. Quindi ha bisogno che la commissione non lo cambi. Altrimenti non può più usare l’arma atomica”.
E non è un caso che dentro il Pd già si discuta delle grandi manovre attorno al voto di fiducia. Dice Gianni Cuperlo: “La fiducia sarebbe uno strappo serio che metterebbe seriamente a rischio la prosecuzione della legislatura, perchè ci sarebbe da parte delle opposizioni tutte una reazione molto molto severa”.
I contatti tra l’ala dura della minoranza e gli altri gruppi ci sono già stati.
Scelta Civica e M5S hanno dichiarato che diserteranno la commissione se Renzi dovesse procedere con le sostituzioni.
Ma la grande manovra riguarda l’Aula. L’idea è un Aventino per mettere a rischio il numero legale.
Con Forza Italia, Lega, Cinque stelle fuori, se escono una cinquantina del Pd il numero legale salta.
Il premier pare però non temere l’ipotesi. Nella sua narrazione decisionista, la fiducia toglie dall’imbarazzo anche la minoranza: “Gli diamo l’alibi — dice uno dei suoi — così diranno che anche se il provvedimento gli fa schifo, non si può far cadere il governo”. Chissà . Da regolamento alla Camera, quando metti il voto di fiducia prima si vota la fiducia, poi il provvedimento. Si potrebbe anche votare sì al primo e affossare il secondo.
(da Huffingtonpost”)
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Aprile 20th, 2015 Riccardo Fucile
UN’OPERAZIONE DI POLIZIA INTERNAZIONALE AUTORIZZATA DA UE E ONU NON ELIMINA IL PROBLEMA DELL’ACCOGLIENZA DI UNA PARTE DEI PROFUGHI… ANCHE SE ELIMINI QUALCHE SCAFISTA, CE NE SAREBBERO ALTRI
Un’operazione di polizia internazionale per mettere sotto controllo le spiagge e i porti della Libia.
Un contingente militare autorizzato dall’Unione Europea – possibilmente anche dalle Nazioni Unite – per fermare l’attività criminale degli scafisti e così cercare di stroncare il traffico di esseri umani.
È questa la proposta che l’Italia potrebbe mettere già oggi sul tavolo dei ministri degli Esteri riuniti in Lussemburgo e del Consiglio europeo.
È l’opzione più efficace, diventata oggetto di trattativa con gli altri Stati membri, per arrivare a un intervento comune e così tentare di bloccare il flusso delle partenze che rischia di avere dimensioni sempre più grandi, dunque di diventare sempre più rischioso
I tempi non possono essere brevissimi, ma quanto accaduto ieri mostra la necessità di fare in fretta a trovare una soluzione che consenta di assistere le migliaia di disperati che cercano di salvarsi fuggendo dalla Libia.
Non a caso si tornerà ad insistere con le organizzazioni umanitarie e naturalmente con l’Unione Europea, per la creazione urgente di campi profughi in nord Africa in modo da smistare le istanze per il riconoscimento dello status di rifugiato politico.
Guerra agli scafisti
Tutte le opzioni vengono analizzate prima della riunione convocata a Palazzo Chigi dal presidente del Consiglio Matteo Renzi.
E quella subito scartata riguarda il possibile blocco navale da attuare a poche decine di miglia dalla Libia. Un dispositivo del genere funziona infatti soltanto se accompagnato dai respingimenti.
Vuol dire che ogni imbarcazione viene fermata e scortata fino all’imbocco di uno dei porti di partenza in Libia. Ma questo comporta pericoli altissimi e soprattutto non servirebbe affatto a fermare i trafficanti, disposti a tutto pur di lucrare sulla disperazione di chi paga centinaia di dinari pur di salire a bordo di un’imbarcazione.
Impossibile anche il ripristino di una missione umanitaria sul modello di «Mare Nostrum» proprio perchè agevolerebbe l’attività criminale di chi sa che alle persone imbarcate anche su mezzi di fortuna basterà lanciare un sos poco dopo la partenza per essere soccorse e salvate. «Se questa fosse la volontà – spiegano gli esperti – sarebbe più efficace creare un corridoio umanitario e portare i profughi direttamente sulle nostre coste ».
L’unica strada ritenuta percorribile in questo momento è quella di un intervento che miri a stroncare le organizzazioni criminali.
La situazione attuale non consente di avviare alcuna trattativa con le autorità libiche, anche perchè ci sono due governi che rivendicano la propria titolarità e soprattutto bisogna tenere conto dei miliziani che tentano di impedire qualsiasi negoziato.
Qualcosa potrebbe cambiare se davvero, come sostiene da un paio di giorni il mediatore dell’Onu Bernardino Leà³n si riuscirà , «entro breve a creare un governo di unità nazionale».
Ed è proprio questa la «cornice» entro la quale ci si vuole muovere
L’intervento
Già nel febbraio scorso, di fronte all’avanzata dei terroristi dell’Isis, il ministro della Difesa Roberta Pinotti aveva dichiarato come l’Italia fosse pronta «a fare la propria parte guidando una coalizione internazionale per un intervento militare».
A questo adesso si pensa, avendo come obiettivo quelli che Renzi ha definito «gli schiavisti del XXI secolo», evidenziando poi come il controllo del mare non possa essere la soluzione per impedire i naufragi e quindi la morte di migliaia di persone.
L’ipotesi esplorata in queste ore prevede un intervento nella parte settentrionale della Libia, coinvolgendo, se possibile, anche gli altri Stati africani.
Il via libera dell’Unione Europea, ancora meglio dell’Onu, si rende necessario perchè altrimenti si tratterebbe di un vero e proprio atto di guerra, impensabile anche nei confronti di uno Stato che attualmente ha una situazione totalmente fuori controllo.
Una missione di terra alla quale l’Italia parteciperebbe con l’Esercito, con la Marina Militare e con l’Aeronautica seguendo uno schema che ricalca in parte quello applicato in Libano nel 2006.
Le condizioni in quel caso erano completamente diverse sia per quanto riguarda la realtà territoriale, sia per la presenza di interlocutori validi con i quali avviare un confronto diplomatico. Ma gli aspetti tecnici sarebbero comunque molti simili.
I campi profughi
L’opzione militare prevede comunque l’avvio di un intervento umanitario per garantire alle migliaia di persone in fuga di avere assistenza in Africa e accoglienza in Europa.
Per questo si è deciso di accelerare quel progetto seguito dal ministero dell’Interno che prevede la creazione di almeno tre campi profughi. Veri e propri punti di raccolta in Niger, Tunisia e Sudan dove esaminare le istanze di asilo in modo da poter avviare la procedura con i Paesi indicati dai richiedenti
L’organizzazione dovrebbe essere affidata all’Alto commissariato per i rifugiati e all’Oim, l’Organizzazione di assistenza ai migranti che proprio in Africa – ma anche in Libia – vanta un’esperienza decennale e ha già seguito numerosi progetti, compreso il rimpatrio assistito. In questo caso ogni Paese metterebbe a disposizione personale che possa lavorare in collaborazione con le autorità locali.
Tutto in una corsa contro il tempo per salvare migliaia di persone.
(da “Il Corriere della Sera”)
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Aprile 20th, 2015 Riccardo Fucile
E’ UNO DEI 137 COMUNI SU 8000 CHE HANNO BENEFICIATO DEI FONDI
Chi l’ha detto che il patto del Nazareno è finito?
Qua e la’ qualche segnale dell’accordo tra il premier Renzi e Silvio Berlusconi (non tanto lui, quanto il suo fedelissimo Denis Verdini) emerge ancora.
E uno di questi segnali porta dritto a Napoli. Anzi, ad Ottaviano, cuore del Parco Vesuvio.
Qui c’è uno dei pochi sindaci partenopei che può vantare un’amicizia diretta con Verdini, di quelle fatte di telefonate ed sms continui.
Proprio come lo stesso Verdini la può vantare con Renzi (e viceversa, ovviamente). Ebbene, sarebbe frutto di questo legame l’arrivo ad Ottaviano di ben tre milioni di euro per realizzare un polo scolastico tutto nuovo al posto di un rudere abbandonato a se stesso da ormai venti anni.
Chi ha mandato i tre milioni? Ma il governo, naturalmente: la presidenza del consiglio dei ministri nell’ambito del progetto “Cantieri in Comune”, che mira a finanziare una serie di opere pubblica in tutta Italia.
Su circa 8000 Comuni italiani, sono 137 i Comuni che hanno beneficiato dei fondi. Un imbuto piccolo piccolo, all’interno del quale è passato anche Ottaviano, saldamente in mano al centrodestra.
Luca Capasso è stato sicuramente bravo a lavorare al progetto, ma il Nazareno ci ha messo la mano sua.
Pasquale Napolitano
(da Rete news24)
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