Aprile 25th, 2015 Riccardo Fucile
REGIONALI: ADDIO PD, ARRIVA IL CONTENITORE CON EX MISSINI, BERLUSCONIANI E CENTRISTI
Ditta ciao. Settant’anni dopo il 25 aprile il Pd s’è risvegliato già come il Partitone della Nazione che accoglie o si allea con tutti.
S’è risvegliato con Euprepio Curto. Che da giovane era iscritto al Movimento sociale, prima di approdare al Senato con An, quando fu coinvolto in uno scandalo legato al gioco d’azzardo.
Oggi in Puglia sostiene Michele Emiliano, candidato con l’Udc: “Non vedo scandalo” va ripetendo alle tv locali.
E non lo vede neanche Francesco Spina, presidente della Provincia Bat (Barletta, Andria, Trani) nonchè sindaco di Bisceglie, che da Forza Italia uscì dopo le elezioni nel 2013.
E ora coordina la lista dell’Udc e le liste civiche a sostegno di Emiliano, sempre nel suo feudo della Bat, dove continua a governare con i voti della destra.
Il vincitore annunciato ha presentato l’operazione in grande stile, facendosi fotografare assieme a Spina davanti a una foto con Berlinguer e Moro: “Sarei un pasticcione — dice Emiliano presentando il patto a Bisceglie – soltanto perchè ritento la strada del compromesso storico, nel solco della storia di questo territorio, e questa volta con buone probabilità di successo?”.
Proprio a benedire il “compromesso” e il ruolo di Spina nello staff ristretto del candidato governatore del Pd qualche giorno fa è arrivato a Bisceglie Luca Lotti, il vero braccio operativo della mutazione genetica del Pd in Partito della Nazione.
Con l’ingresso di pezzi di centrodestra, come sta lentamente ma inesorabilmente avvenendo al Senato, dove Sandro Bondi e Manuela Repetti hanno già votato la fiducia e poi il Def.
E ora si apprestano ad essere raggiunti nel gruppo misto dal grosso delle truppe di Denis Verdini, che ormai sente più Lotti di Berlusconi.
La strategia di Verdini ormai non è più un mistero: “Rimarrai solo — ha detto a Berlusconi nel corso dell’ultimo incontro — perchè il grosso dei nostri andranno nel partito nella Nazione”.
Il gruppo misto in Parlamento è l’equivalente del gioco delle civiche a livello locale. In tutta Italia pezzi di centro-destra stanno ormai con Renzi: o entrando direttamente o con liste di sostegno.
Sempre in Puglia, qualche tempo fa l’ex capogruppo del Pdl in Provincia di Foggia, Paolo Mongiello, ha annunciato il sostegno al vincitore annunciato.
Nella fabbrica dei riciclati il movimento maggiore riguarda gli ex forzisti.
Saverio Tammarco si è dimesso da capogruppo di Forza Italia al Comune di Molfetta. E ora corre per l’ex pm: “Il mio sostegno a Emiliano è dovuto al fatto che lui incarna la vera essenza del rinnovamento”.
Già , il rinnovamento. Rinnovamento che rischia, nelle preoccupate analisi di parecchi big del Pd, di essere sinonimo del più classico dei gattopardismi: “Renzi vince, quindi tutti con Renzi, nel partito della nazione. I governatori prendono tutto, senza filtri. Poi però succederà che il ras delle preferenze che stava a destra ora si è riciclato magari avrà incarichi di giunta o di sottogoverno e continuerà a tutelare gli interessi che tutelava prima. Si vince, si sta al potere ma non si cambia”.
Altra straordinaria fabbrica del riciclo è la Campania.
Le liste ufficiali saranno depositate il 2 maggio, ma già si sa parecchio.
L’ex senatore Arturo Iannaccone, che nella scorsa legislatura sosteneva il governo Berlusconi, ha messo in piedi la lista “Campania in rete”.
Nella lista deluchiana “Campania libera” invece ci sono, al momento, Franco Malvano, ex senatore di Forza Italia, e attuale presidente della caldoriana commissione antiracket.
E soprattutto nella lista civica a sostegno di De Luca “Campania Libera” c’è Tommaso Barbato. Nei brogliacci dell’inchiesta della procura di Napoli che lo accusa di voto di scambio viene chiamato Barbapapà .
Barbapapà è l’ex braccio destro di Clemente Mastella, determinante per la caduta del governo Prodi, e passato alle cronache per lo sputo in aula a Nuccio Cusumano.
Da più di un anno Barbato è indagato per una presunta compravendita di voti alle ultime elezioni politiche. L’ipotesi degli inquirenti è di un sostegno elettorale a una lista minore del centrodestra berlusconiano, 3L di Giulio Tremonti, in cambio della promessa di un paio di assunzioni.
A sostegno di De Luca anche una lista del senatore Vincenzo D’Anna, amico di Verdini e di Nicola Cosentino detto Nick ‘o mericano.
Per lista di D’Anna ballano importanti nomi del centrodestra locale: il consigliere regionale Carlo Aveta (che fu eletto con la Destra di Storace), l’ex sindaco di Melito Antonio Amente (forzista fino a gennaio), l’ex consigliere comunale di Napoli Diego Venanzoni (ex An, ex Udeur, ex Fi e ex Pd), il coordinatore campano di Scelta Civica Giovanni Palladino, l’ex europarlamentare Udc Erminia Mazzoni.
E tra gli ex cosentiniani che corrono per De Luca c’è anche Ernesto Sica, coinvolto nello scandalo dossier su Stefano Caldoro, di cui, secondo l’inchiesta della magistratura, sarebbe uno degli artefici.
Dal profondo sul al profondo nord. In Liguria il Partito della Nazione ha pure ricevuto la benedizione. Il cardinale di Genova e presidente della Cei Angelo Bagnasco ha dichiarato: “Provo grande dispiacere e dolore per il fatto che, chissà perchè, le indagini esplodono sempre in certe ore della storia, della città , della nazione”.
È evidente il riferimento alla candidata Raffaella Paita, indagata per la vicenda dell’alluvione.
Attorno a lei si è messo in moto tutto il vecchio sistema di potere anche del centrodestra. Anche gli uomini di Scajola nel Ponente stanno aspettando un segnale. Uno di loro dice a microfoni spenti: “Toti non ha nemmeno alzato la cornetta per dire: Claudio come stai? O per chiedere un consiglio. È partito male. È chiaro che il nostro sostegno non è gratis e ci aspettiamo un segnale”.
E non è un caso che Toti sia stato contestato proprio nel Ponente dagli amministratori locali del centrodestra.
C’è invece chi è già completamente dentro il partito della Nazione.
Pierluigi Vinai, ad esempio, ex presidente della fondazione Carige, era l’uomo del potere di Scajola a Genova e dei rapporti col cardinal Bagnasco.
Ora ha costituito una fondazione, Open Liguria, e sta con la Paita, mentre a Roma ha ottimi rapporti con Graziano Delrio.
Nelle cinque pagine con cui la commissione dei garanti ha spiegato l’annullamento del voto delle primarie liguri in 13 seggi si trovano gli altri pezzi di destra che corrono con la candidato del Pd.
Per dirne uno solo: nel seggio di Santo Stefano al Mare (Imperia) una scrutatrice lamenta “la presenza di un assessore di Pompeiana che chiedeva, recandosi più volte presso il seggio, l’elenco dei votanti per verificare”.
E, guarda caso, il sindaco di Pompeiana Rinaldo Boeri aveva firmato nel 2012 un documento a sostegno di Scajola.
Ecco: ieri il soccorso azzurro alle primarie, oggi la campagna elettorale, domani la giunta. E le ricompense.
Il Pd, per come è nato, non c’è più.
S’è già trasformato in Partito della Nazione, formidabile macchina di potere che attrae di tutto.
Ditta ciao, ciao ciao.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 25th, 2015 Riccardo Fucile
E’ VERO CHE LA CIA HA TACIUTO L’ERRORE A OBAMA PER SETTIMANE?
Nell’autunno-inverno del 2014, la Cia era stata messa al corrente che i servizi segreti italiani avevano intavolato una trattativa per liberare Giovanni Lo Porto.
Lo sapevano anche gli inglesi e tutta la rete d’intelligence alleata che opera in Pakistan.
Eravamo stati noi ad informarli. Perchè poi la Cia non abbia passato la notizia alla struttura operativa antiterrorismo che coordina le azioni militari o se ciò sia avvenuto e non abbia modificato la pianificazione del bombardamento sul compound jihadista nella regione del Waziristan, provocando l’uccisione di Lo Porto e dell’americano Warren Weinstein, è materia tutta da chiarire.
In realtà , sono molti i passaggi ancora oscuri sulla catena di responsabilità che ha determinato questo tragico errore.
A cominciare dall’ultima informazione, che ha dato certezza sull’identità dei due ostaggi, finita sulla scrivania di Barack Obama tra il 13 e il 21 aprile scorso (ma su questo, versioni ufficiali e ufficiose contrastano).
Perchè, secondo una ricostruzione confermata da più fonti, la Cia avrebbe taciuto l’errore per settimane al presidente americano.
E la decisione di metterlo al corrente sarebbe stata presa solo quando il mediatore attraverso cui l’intelligence italiana aveva aperto un canale affidabile di dialogo con i terroristi, ha rivelato che non c’era più nulla da trattare perchè gli ostaggi erano morti.
A quel punto la notizia cominciava a circolare e non era più possibile nascondere l’esito fallimentare del bombardamento, mettendo a rischio parecchie teste della rete d’intelligence e dell’operativo americani.
Cosa che non è escluso si verifichi nelle prossime settimane, dopo che Barack Obama avrà assorbito lo smacco di essere stato informato con colpevole ritardo su un evento che avrà uno strascico politico interno e nelle relazioni con uno dei principali alleati europei, l’Italia.
Ma al conto dei danni collaterali bisognerà aggiungere anche il futuro dei rapporti tra le due strutture di intelligence.
Perchè, al netto delle dichiarazioni di dolore per l’accaduto e del riconoscimento per la correttezza di Obama manifestato dal premier Matteo Renzi, i nostri servizi non l’hanno presa per niente bene.
C’è un video che pesa come un macigno sull’errore commesso dagli americani.
Un video di Giovanni Lo Porto, recapitato agli uomini della nostra intelligence attraverso la triangolazione col mediatore pakistano, che rappresentava la prova in vita richiesta per poter avviare la seconda fase del negoziato e arrivare alla liberazione del cooperante.
Questo video era arrivato alla fine di dicembre del 2014.
Qualche dubbio sulla data in cui era stato girato c’era, ma non più sulla credibilità del mediatore.
Subito dopo, il negoziato si era arenato sulla richiesta di denaro da parte del gruppo jihadista che si apprestava a transitare dalle fila di Al Qaida a quelle del Califfato, giudicata troppo esosa.
Uno stop fisiologico in questo genere di trattative, che non agitava troppo l’intelligence.
La notizia era che Lo Porto era vivo, il mediatore credibile e i terroristi pronti a discutere.
Invece, da lì in poi buio pesto.
I nostri uomini sul campo non immaginano che il 15 gennaio un drone americano bombarda il compound jihadista al confine con l’Afghanistan, uccidendo quattro pezzi grossi di Al Qaida ma anche i due ostaggi.
E’ un altro drone a scoprire che quello che sembrava un successo nasconde un disastro: le immagini dall’alto del funerale dei terroristi a cui Al Qaida tributa tutti gli onori, inquadrano sei bare invece di quattro.
Che si tratti di un guaio, la Cia lo sospetta subito. Però non dice nulla ai nostri servizi oppure, ma sembra inverosimile, non sa nulla perchè l’operativo militare antiterrorismo che gestisce le azioni (tra 412 e 450 negli ultimi anni, tra Afghanistan, Irak, Yemen e Somalia) non la informa.
La prima ipotesi è la più credibile, infatti l’Agenzia manda uno o più agenti sul posto per cercare reperti organici delle due vittime sconosciute da cui poter estrare il Dna per una possibile identificazione. E la missione riesce.
Siamo tra la fine di gennaio e febbraio di quest’anno.
I reperti vengono inviati nei laboratori e il primo Dna che viene comparato è quello di Warren Weinstein, il cooperante americano per cui nel 2012 la famiglia aveva già pagato un riscatto di 250mila euro (la Casa Bianca smentisce).
L’identificazione, secondo le fonti interpellate dall’Huffington Post, avviene verso la fine di marzo. Ed è evidente che a questo punto il sospetto diventa un guaio grosso.
La Cia sa che Weinstein era detenuto insieme a Giovanni Lo Porto, quindi la seconda vittima sconosciuta non può che essere lui.
Per esserne certi bisogna comparare l’altro Dna estratto dai reperti con quello del del nostro cooperante. E qui si apre una parentesi con un interrogativo ancora irrisolto: come fa la Cia a procurarsi il Dna di Lo Porto?
E siamo alle battute finali di questa ricostruzione.
Siamo alla vigilia della visita ufficiale di Renzi a Washington.
La Cia mette al corrente il presidente Obama prima o dopo?
E se lo informa prima, Obama ne parla riservatamente con il nostro presidente del Consiglio e insieme concordano di rinviare l’annuncio?
Oppure è il racconto del ministro degli Esteri Gentiloni in Parlamento a far fede sui tempi, cioè sulla telefonata dallo Studio Ovale della Casa Bianca che Renzi riceve solo nel pomeriggio del 22 aprile?
La prossima settimana verrà fatta più chiarezza con una serie di audizioni dei vertici dell’intelligence e dei ministri coinvolti davanti al Copasir, il Comitato di controllo sui servizi.
E la speranza è che a quel punto il peso delle responsabilità diventi trasparente.
Se non altro per evitare che la famiglia di Giovanni Lo Porto continui a pensare che il cooperante ucciso sia stato un ostaggio dimenticato, un ostaggio di serie B e che non tutto sia stato fatto per cercare di riportarlo a casa.
Non è così ma qualcuno, da questa o dall’altra parte dell’Oceano, dovrà spiegare come sono andate davvero le cose.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 25th, 2015 Riccardo Fucile
L’EX DIRETTORE DI AVVENIRE: “E’ L’ALTERNATIVA MODERATA NECESSARIE ALLE ESTREMIZZAZIONI DI LEGA E FORZA ITALIA”
Ritorna sulla scena, riparte dalla sua terra.
Dino Boffo si candida per le regionali in Veneto nella lista di Area Popolare, che appoggia come candidato Flavio Tosi: «Torno con passo umile e molto entusiasmo sul territorio dove sono stato presidente di Azione Cattolica e direttore del settimanale cattolico, prima di andare a dirigere Avvenire».
Nato ad Asolo 62 anni fa, direttore di Avvenire dimessosi dopo lo scandalo che lo aveva travolto (da cui è uscito totalmente riabilitato), poi direttore di Tv 2000 fino allo scorso anno.
Boffo, come mai questa decisione?
«Ho ricevuto una richiesta convergente tra territorio e vertici dei partiti. L’ho letta come una sorta di chiamata civile e ora mi butto in un impegno che non voglio circoscrivere alla tornata elettorale ma tengo aperto. Vorrei fare l’animatore culturale e politico di questa area».
Perchè proprio il Veneto?
«Perchè oggi è luogo giusto, è il “qui e ora” della politica italiana: qui c’è la spaccatura della Lega anzitutto sui contenuti, sull’interpretazione della realtà e sul modo di rapportarsi alla popolazione; qui si sta anche fatalmente prosciugando Forza Italia che non mi pare compattamente entusiasta di seguire Salvini e Zaia. Ecco, da qui si può contribuire a rimodellare lo scenario del centrodestra o dell’area moderata centrale, che vuole star fuori dalle ventose vorticose dei due Mattei».
Renzi e Salvini non bastano?
«C’è una prateria immensa fra loro, elettori che non trovano un riferimento. Spetta a noi dare testimonianza: serve anche al Renzi nazionale che rischia, senza una vera opposizione, di estremizzarsi a sua volta o di sciogliersi nel suo piccolo istinto padronale. Perchè anche Renzi dia il meglio di sè ha bisogno di rivali che siano all’altezza».
Voi?
«Io ho aderito alla proposta di Area Popolare, un soggetto a tre gambe composto da Ncd, Udc e una rete di volontariato civile che fa capo a Pierluigi Damian: proprio questa presenza dà colorazione e fa fare uno scatto in avanti a questa proposta nuova».
Dopo le vicende di Avvenire e di Sat, lei aveva deciso di togliersi dalla ribalta. Non teme che quel passato riaffiori?
«Beh, sarebbe ironia della sorte: da quella vicenda è nata l’espressione “Metodo Boffo” riferita a un certo modo di far fuori gli avversari con strumenti impropri in modo da inibirli. Sarebbe singolare venisse ora riapplicato ancora su di me. La decisione di impegnarmi in politica segue la sentenza del Tribunale di Napoli che ha condannato l’autore dell’accesso abusivo al casellario giudiziario, grazie al quale si confezionò un anonimo dispositivo che mi indusse a volontarie dimissioni da direttore di Avvenire».
Ha superato questa vicenda?
«Sono libero e riconciliato rispetto a quanto crudelmente mi è successo e desideroso di andare avanti».
Riconciliato anche rispetto alla Chiesa?
«Ci sono momenti in cui la Chiesa la si serve anche col silenzio, ed è quello che per ora ho scelto di fare».
Cosa pensa di Tosi? Lo conosceva già ?
«In realtà l’ho conosciuto ieri (giovedì, ndr ): prima l’ho seguito come cronista e mi avevano convinto lo stile, la sobrietà , le motivazioni che lo hanno portato in campo anche oltre Verona. L’ho incontrato e ho avuto la conferma che si tratta di una persona per bene e affidabile».
Inizia un progetto, dunque?
«Bisogna avere lo sguardo sui tempi medi e sarà decisivo questo prossimo triennio. Si chiude un ciclo di vent’anni, nel quale il centrodestra ha avuto la modulazione che ha avuto col fenomeno Berlusconi. Lui, per motivi anagrafici, è al tramonto e la Lega tira fuori la sua parte peggiore… ».
Serve la terza via?
«Panebianco sul Corriere ha tratteggiato il profilo del rivale necessario a Renzi, la forza mediana e moderata che interpreti con grinta la volontà di stare lontana dagli estremismi. Questa è l’analisi che corrisponde ai pensieri che stiamo facendo noi sul territorio e prima che Salvini, col quale non ho nulla di personale, diventi erede tacito di Berlusconi è bene allertare l’opinione pubblica».
Vede un leader per il centrodestra?
«Ci sono leader in formazione, ad esempio lo stesso Tosi, ma non mancano nè nel Ncd nè nell’Udc. Quest’area ha indubbiamente una componente di radice cattolica, ma deve essere aperta al mondo laico e liberale come insegnava De Gasperi. Qui bisogna scegliere il leader migliore: da Renzi e Salvini si deve imparare come imporsi nell’immaginario politico della gente seppure con stili diversi; da Renzi si può apprendere pure l’urgenza della concretezza, anche se finora quella del premier mi pare fatta solo di promesse. Non si può sostituire la partecipazione vivace e assediante con un protagonismo esasperato».
La sua campagna elettorale?
«Andrò in giro a incontrare persone e spero di sentirmi dire “Rieccoti, mi ricordo di te”. Il resto lo farò via web» .
Elisabetta Soglio
(da “il Corriere della Sera”)
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Aprile 25th, 2015 Riccardo Fucile
QUESTA CI MANCAVA: SUI SOCIAL VOLANO GLI STRACCI TRA MELONIANI E POLIBORTOLIANI
La frattura nel centrodestra ha diviso non solo le classi dirigenti tra berlusconiani lealisti e fittiani, o tra aennini meloniani e missini fedeli alla Poli Bortone, ma ha disorientato soprattutto l’elettorato.
Se una volta per sentire l’umore del popolo si usava consultare i militanti storici (Pinuccio Tatarella, vicerè della Puglia quando era laboratorio della destra di governo, componeva il numero telefonico del camerata Peppino Labase per risolvere le diatribe), adesso basta fare una ricognizione sui social network, diventati un vero scrigno per una possibile puntata di Gazebo con Zoro.
Su Twitter la guerra tra sostenitori del fittiano Francesco Schittulli e della forzista (ma ancora nell’esecutivo di FdI) Adriana Poli Bortone è in corso senza tregua, al punto che gli utenti più facinorosi sono stati bloccati dai profili dei vari candidati.
Quello più velenoso è il mondo degli ex An.
Dopo la diaspora che li ha visti sparpagliarsi in almeno quattro-cinque partiti di centrodestra, adesso si accapigliano sulla legittimità della candidatura di Adriana Poli Bortone a governatore con Forza Italia e Noi con Salvini.
Luigi Rispoli, dirigente napoletano della Meloni, la prende da lontano e conia un hashtag per criticare l’ex sindaco di Lecce: «Gli ex colonnelli di An non sono solo un manipolo di uomini e donne, ma una mentalità da estirpare #polipoltrone».
Salvatore Perillo: «Ne ho visti di trasformisti, incoerenti poltronisti ma mi creda Adriana: lei li batte tutti!».
La Adriana, con classe, ha dribblato la querelle (nella quale non sono mancati anche insulti personali) con una citazione latina: «@Fra_Schittulli Da oggi Et de hoc satis (le cavolate ai pugliesi non interessano)».
Ci sono strali per tutti da parte degli elettori in preda a una crisi di identità , come Fantozzi davanti alla tv per le antiche tribune elettorali.
Alessandro Di Luzio ne ha per la leader di Fratelli d’Italia: «Incomprensibile la scelta di #Meloni. Rinuncia ad @AdrianaPoliBort del suo stesso partito! #ForzaAdriana». Angela Mancino sceglie la versione rottamatrice: «Adriana fai la nonna che di poltrone ne hai già avute tante».
Durissima Laura De Marzo, prima dei non eletti nelle liste di FdI al comune di Bari: «Se la Poli non accetta primarie #cdx per il bene della Puglia è una venduta e va espulsa dal partito subito».
Critiche serrate anche a Raffaele Fitto, capo dei Ricostruttori. MarcelloCrucia1 ripercorre perfino l’ultimo decennio di sconfitte del centrodestra pugliese: «@RaffaeleFitto ripensaci tu, hai tirato troppo la corda ed ora aiuti x la terza volta a vincere il PD. La Coop sei tu».
Poi c’è la voce di chi al Sud lotta per un lavoro stabile. Rita Burgio: «@RaffaeleFitto pensa a far modificare il Ddl scuola. I precari votano insieme alle loro famiglie!».
Nel calderone social finisce anche Luigi Vitali, coordinatore regionale di Fi, definito «l’uomo che ha regalato la Puglia alla Sinistra con l’accordo con Emiliano!».
Infine la chiosa dell’internauta Mario che ha lanciato, inascoltato, un appello ai fratelli coltelli della destra: «Non costringeteci a votare a sinistra. #noneuro».
Michele De Feudis
(da “il Tempo”)
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Aprile 25th, 2015 Riccardo Fucile
MINORANZA SI RIBELLA AI CANDIDATI RENZIANI
L’assemblea provinciale del Partito Democratico ad Avellino è finita nel caos.
A incendiare gli animi, la lista dei quattro candidati irpini per le regionali del 31 maggio in Campania, proposta dal segretario provinciale del Pd, il renziano Carmine De Blasio.
Una lista bloccata e tutta di maggioranza che secondo la minoranza presente in assemblea rappresenta un tentativo di epurazione della candidatura di Francesco Todisco, nonostante le preferenze raccolte.
I delegati di minoranza hanno inveito contro la presidenza che tentava a tutti i costi di far votare la lista con i quattro nomi: Beniamino Palmieri, Enzo De Luca, Roberta Santaniello, tutti renziani, e Rosetta D’Amelio.
Tentativo continuamente interrotto da urla e accuse pesanti: “Buffone, che cosa voti”, sbotta il delegato Giovanni Bove, segretario del Circolo Foa del Pd di Avellino e membro dell’assemblea regionale.
Alla fine il segretario provinciale De Blasio deve cedere, e verificare il numero legale, che non c’è.
Ma non è tutto: mancano anche le 60 presenze necessarie a rendere le decisioni dell’assemblea vincolanti.
Una rissa che ha trasformato l’assemblea in un nulla di fatto.
Ora la palla passa di mano, si deciderà tutto tra Roma e Napoli. A uscirne rafforzato è proprio il candidato di minoranza Todisco, che vantava 25 preferenze a fronte delle 46 raccolte da tutti e quattro i candidati della lista di una maggioranza che avrebbe cercato di imporre i suoi candidati nonostante una composizione dell’organo provinciale praticamente spaccato a metà
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 25th, 2015 Riccardo Fucile
PER IL GIORNALISTA AMMENDA DI 14.000 EURO E 10 GIORNI DI ARRESTO, SOSTITUITA CON IL PAGAMENTO DI ALTRI 2.500 EURO
Si chiude con un patteggiamento la vicenda giudiziaria di Bruno Vespa per gli abusi edilizi e violazione dei vincoli paesaggistici nella sua splendida villa sull’isola di Ponza.
Per la precisione nella bellissima località di Cala Feola con affaccio su Palmarola.
Il conduttore di Porta a Porta (Rai1) ha patteggiato ieri nell’udienza preliminare dinanzi al giudice del Tribunale di Latina, Mara Mattioli, “la pena di dieci giorni di arresto” e 14 mila euro di ammenda. P
ena detentiva sostituita con una “pena pecuniaria dell’ammenda: pari a 2.500 euro per complessivi 16.500 euro”.
I magistrati hanno anche ordinato il dissequestro dei locali perchè è stato ripristinato lo stato dei luoghi.
Ma ripercorriamo i fatti.
Il popolare giornalista televisivo aveva subito due anni fa gli accertamenti da parte della Guardia forestale ed era stato indagato per abuso edilizio e violazione dei vincoli paesaggistici.
Il magistrato Nunzia D’Elia della Procura di Latina gli aveva contestato alcune modifiche apportate nella proprietà che avevano portato alla realizzazione di alcuni vani dentro la parete naturale di tufo.
L’anchorman si era difeso dicendo che quelli eseguiti erano “lavori di consolidamento statico nell’intercapedine di aerazione”.
Ilfattoquotidiano.it nell’aprile 2013, aveva anche pubblicato on line una serie di foto esclusive che raccontavano alcuni degli interventi di muratura eseguiti negli anni passati da Bruno Vespa nella bellissima dimora nella roccia.
Tra questi anche il cantiere per la realizzazione di una piscina.
I lavori erano terminati nel 2007.
Vespa aveva anche dichiarato al Fatto Quotidiano: “La Procura di Latina si è mossa sulla base di un esposto anonimo”.
E ad alcune cronache locali lo stesso Bruno Vespa aveva aggiunto: “Prima ancora dell’intervento della Procura, per evitare equivoci mi ero già dichiarato disponibile a ripristinare le dimensioni originarie del cunicolo scavato nel tufo”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 25th, 2015 Riccardo Fucile
“RIVOGLIAMO QUALUNQUE COSA NE SIA RIMASTA, FOSSE ANCHE SOLO UN OCCHIO”
“Sono passati tre mesi dal raid americano, non so come sarà il corpo di mio fratello, se esista ancora. Qualsiasi cosa sia rimasta, anche un occhio, noi ne chiediamo la restituzione”.
Lo dice Giuseppe Lo Porto, uno dei fratelli di Giovanni il giovane cooperante rimasto ucciso in un raid americano a gennaio scorso al confine tra Pakistan e Afghanistan.
“Vogliamo la verità su quello che è successo. Qualcuno dovrà darci delle spiegazioni. Gli Usa hanno sbagliato ma non se ne possono uscire con delle scuse. Vogliamo conoscere la verità e sapere cosa è successo veramente”, ha proseguito.
“In questi anni, siamo stati sempre in contatto quotidiano con la Farnesina: 365 giorni all’anno per tre anni, ci hanno sempre chiamato sia a me che a mia madre. Al di là del fatto che sono il fratello di Giovanni, da cittadino italiano posso solo dire che è stato vergognoso assistere a un’aula del parlamento semivuota, con appena 40 persone che litigavano tra loro. Mi vergogno di essere italiano”.
(da “Huffingtonpost“)
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Aprile 25th, 2015 Riccardo Fucile
UTILIZZATO UN CONTRATTO DI SERIE B CHE CORRISPONDE A UNA RETRIBUZIONE DI 800 EURO
Lo scorso luglio alla firma del protocollo c’erano tutti: il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, l’ad di Expo Giuseppe Sala, il vicesindaco di Milano e il presidente della Regione, i rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl e Uil e pure quello della grande agenzia interinale che aveva vinto l’appalto per le assunzioni di Expo, Manpower.
Il documento metteva a disposizione dei Paesi stranieri un contratto di lavoro standard per le future assunzioni: quello classico del commercio, per sua natura poco costoso e assai flessibile.
In più il sindacato prometteva di non fare cause durante la fiera e di prevenire le agitazioni.
“Dimostriamo che si può gestire un evento straordinario come Expo non facendone un porto franco dove la legge è sospesa per l’eccezionalità del momento”, si felicitò il ministro.
Bene: a dispetto degli annunci e delle dichiarazioni di principio, le agenzie interinali (Manpower in testa) stanno offrendo sì il contratto del terziario, ma quello di ‘serie B’, cioè non siglato dalle maggiori organizzazioni sindacali: il ‘Cnai’, che – ecco spiegato tutto – costa il 20-30 per cento in meno rispetto all’altro.
Per chi verrà assunto con il ‘Cnai’, si parla di retribuzioni medie di 1.100 euro lorde per un orario di lavoro classico (tra le 28 e le 36 ore settimanali): cioè qualcosa come 800-900 euro al mese. Una miseria.
LA POLEMICA SUL VOLONTARIATO
È anche per questo motivo che, su pressione dei sindacati, Expo ha convocato le agenzie interinali per un vertice che si terrà lunedì 27 aprile in via Rovello.
I diretti interessati per ora fanno spallucce: “Manpower, come più volte detto, avvia i lavoratori in somministrazione utilizzando il contratto indicato dall’azienda utilizzatrice “, dice la società di reclutamento.
Insomma, non è colpa nostra, sono gli altri che ci chiedono di farli spendere meno, cioè pagando meno i dipendenti presi in prestito dalle agenzie interinali.
È anche vero che il protocollo lasciava ampi margini di ambiguità , e infatti quell’accordo presentato in pompa magna si sta dimostrando poco più che carta straccia.
“Potevano dirlo davanti al ministro, che poi alla fine avrebbero somministrato un contratto capestro come quello del ‘Cnai’. Formalmente obblighi non ce n’erano e non ce ne sono, è vero, ma eticamente è un comportamento inqualificabile”, dice Antonio Lareno della Cgil.
Non a caso sempre la Cgil in questi giorni sta lanciando una campagna di informazione e sensibilizzazione, 100mila cartelline con il numero di telefono del sindacato per segnalare gli abusi: “Siamo preoccupati per la correttezza e legalità dei rapporti di lavoro all’interno del sito espositivo e nei luoghi interessati dalle iniziative Expo in città “.
Questo perchè “a una settimana dall’apertura di Expo, i rapporti di lavoro nei padiglioni e negli stand dei Paesi sono un buco nero”, si spiega da corso di Porta Vittoria.
E ormai per metterci una pezza con nuovi accordi è decisamente troppo tardi.
Dalla Uil c’è Stefano Franzoni che si inalbera: “Sempre la solita storia, quando bisogna applicare gli accordi spariscono tutti. Se però a questo punto il 2 maggio ci incavoleremo non ci vengano a dire che siamo i soliti guastafeste”.
Nel frattempo le selezioni per venire assunti stanno comunque continuando; si cercano soprattutto hostess e ‘operatori dell’accoglienza’, operatori della ristorazione e autisti. Ancora 800 profili ricercati.
Mentre gli assunti ad oggi nei padiglioni sono oltre 3mila.
Ma per capire la differenza di trattamento economico che ci sarà tra i vari lavoratori (quelli con il contratto del commercio ‘vero’ e quelli col contratto ‘basic’), basta andarsi a vedere come sono andate le cose per gli assunti direttamente in Expo Spa, questione anch’essa regolata da un accordo sindacale, ma che in quel caso fu assai più stringente.
Ai 406 apprendisti, con un’età media di 26 anni, andrà una retribuzione netta mensile di circa 1.300 euro; per 247 team leader, con un’età media di 36 anni, lo stipendio è di 1.700 euro.
Rispetto agli altri, dovranno considerarsi fortunati.
Matteo Pucciarelli
(da “La Repubblica”)
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Aprile 25th, 2015 Riccardo Fucile
CAOS GRADUATORIE E BLUFF DEL POSTO FISSO
La scuola, e i suoi docenti precari eternamente insoddisfatti, oggi sono il fronte più avanzato della contestazione al Governo Renzi.
Quelli che avversano il disegno di legge “La Buona Scuola” – un’agguerrita e organizzata minoranza – hanno una capacità di persuasione sui pari grado e di pressione sull’esecutivo superiore ad altri gruppi antirenziani: i metalmeccanici di Landini, il mondo antagonista.
Il premier lo sa e ha deciso di saltare i contestatori sindacalizzati parlando direttamente agli insegnanti, con una lettera che sta partendo in queste ore e che vuole spiegare a un milione di dipendenti pubblici malpagati di che cosa è fatta la riforma. Di 101mila assunzioni (potrebbero salire di seimila unità ), concorsi regolari ogni due anni, 500 euro ai docenti da spendere in cultura, dodici materie nuove o rinforzate
Fuori il clima è surriscaldato.
Il governo si è complicato la vita cambiando più volte l’istituto di legge che avrebbe dovuto trasformare la scuola – delega, poi decreto, poi disegno più delega – e più volte anche il merito delle questioni.
Via tutti gli scatti d’anzianità , si diceva. Poi di nuovo scatti fissi con riduzione dei premiali.
Prima 148mila assunti, poi ridotti di un terzo.
Tutto questo intervenendo sul problema dei problemi della scuola italiana: l’affastellamento ventennale di graduatorie di insegnanti che hanno dato fino a ieri la speranza di un posto fisso a un esercito fuori controllo e tutt’altro che necessario: 600mila precari.
La partita scuola è stata centrale fin dall’insediamento del governo, quattordici mesi fa. E il governo ha scelto di portarla avanti senza parlare con il sindacato, che si è ribellato aprendo – ieri, con i mille dell’universo Cobas in piazza – la stagione dei boicottaggi e delle manifestazioni.
Si approderà allo scioperone del 5 maggio, che i Cobas vorrebbero trasformare in una grande marcia per Roma mentre i confederali temono l’abbraccio da sinistra.
Quindi il boikot test Invalsi (5 e 6 maggio) e forse una manifestazione a chiusura il 12.
Ieri alla Festa dell’Unità di Bologna, a consumare il cacerolazo contro il ministro Stefania Giannini, c’erano i precari di seconda fascia, in gran parte esclusi dalle assunzioni del prossimo primo settembre.
Al loro fianco gli studenti dei collettivi. «Squadristi, violenti, antidemocratici», li definisce il ministro Stefania Giannini.
Ma la tensione nel corso di maggio sembra destinata a salire. Non è un caso che gli scolastici del governo – il sottosegretario Davide Faraone e la capoclasse Pd Francesca Puglisi – sul disegno di legge stanno cercando accordi con le opposizioni in commissione Cultura per venire incontro ai precari prima illusi e poi delusi.
Gli uffici parlamentari stanno contando gli emendamenti – anche qui sono stati chiusi, riaperti e richiusi i termini di consegna – e oggi si saprà quanti sono sopravvissuti (oltre duemila i presentati).
Ma sono già chiare le possibili novità , che soddisfano la Cgil, non i Cobas.
Il Pd voterà per far rientrare tra gli assunti subito i seimila “secondi” del concorso 2012, gli idonei.
E poi, per rispettare la sentenza della Corte di giustizia europea senza tagliare le gambe ai supplenti di lungo corso, approverà un articolo ponte per consentire a chi ha almeno 36 mesi di supplenze di insegnare fino al 2016, quando potrà accedere con punteggi speciali al concorsone.
È di queste ore l’emendamento Malpezzi-Ghizzoni che reintroduce una vecchia idea del Pd: il “prof apprendista”.
Dice che per diventare docenti ci si dovrà affidare a una laurea magistrale che permetterà di partecipare a concorsi annuali e quindi all’apprendistato triennale, pagato.
La VII commissione dovrebbe infine decidere che al concorso 2016 parteciperanno solo abilitati.
E qui si accontentano coloro che oggi hanno pagato e passato i tirocini di Taf, Pas, Scienze della formazione primaria.
Lunedì si inizia a votare.
Corrado Zunino
(da “La Repubblica“)
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