Aprile 14th, 2015 Riccardo Fucile
FRATELLI D’ITALIA SCEGLIE SCHITTULLI… VINCE FITTO CHE ORA GUARDA AD ALTRE REGIONI
“Allo stato non mi pare che ci sia alcuna possibilità di trovare un accordo”. Con queste parole il senatore Altero Matteoli, presidente del tavolo per le elezioni regionali di Forza Italia, interpellato da Affaritaliani.it, mette la parola fine alla querelle in Puglia.
“Ovviamente io auspico che possa ancora prevalere il buon senso, ma è soltanto un auspicio. Mi pare che sia estremamente difficile. Molto probabilmente noi e la Lega sosterremo in Puglia la candidatura di Adriana Poli Bortone mentre Fratelli d’Italia, l’Ncd e Fitto appoggeranno Francesco Schittulli”.
Interviene anche Ignazio La Russa: “Le cose che avevamo da dire le abbiamo dette. Non abbiamo segnali di altro genere. Avremmo voluto evitare di scegliere tra una nostra candidata e un candidato già avviato. Se fosse dipeso da noi questo problema non si sarebbe posto. Si poteva anticipare di molto la candidatura della Poli Bortone e avanzarla in modo diverso. La candidatura è avvenuta in maniera anomala e tardiva, quando già c’era un ottimo candidato in pista, le cose vanno fatte nei tempi e nei modi giusti. Quella della Poli Bortone è una candidatura che nasce anche per dirimere questioni interne a Forza Italia”.
In verità l’intera vicenda vede come unico vincitore il ricostruttore Raffaele Fitto che è riuscito ad aggregare sul nome di Schittulli anche Ncd, Fdi e Forza Italia locale e a bloccare l’azione di disturbo di Berlusconi e di quel poco che Salvini rappresenta in Puglia.
Ma forse la mossa più abile è stata quella di far fare il nome del noto oncologo Schittulli proprio a Berlusconi che lo riteneva un “suo” candidato, quando sarebbe bastato informarsi per sapere che già ad ottobre, alla Leopolda di destra a Milano, Schittulli era andato insieme a Raffaele Fitto, come dimostra la foto che pubblichiamo.
Un autogol del cerchio magico destinato a lasciare il segno.
Anche perchè ora Fitto, risolto il problema in Puglia, punta a presentare una lista di appoggio a Tosi in Veneto, a valutare le scelte da fare in Campania e a interessarsi di un’altra regione top secret.
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Aprile 14th, 2015 Riccardo Fucile
IN 4 ANNI PERSONALE TAGLIATO DI 23.476 UNITA’…. I POSTI LETTO DIMINUITI SONO 71.000, ORMAI SIAMO BEN SOTTO LA MEDIA EUROPEA… IL PESO DEL TICKET PER MOLTI E’ DIVENTATO INSOSTENIBILE E VANNO AL PRONTO SOCCORSO PERCHE’ NON POSSONO PERMETTERSI ANALISI
È il luogo dell’ultimo istante, dove si salvano le vite nel giro di minuti o secondi ma può anche diventare un girone d’inferno.
Per chi aspetta, una visita o un letto, per chi ci lavora, per chi ci porta un proprio caro malato.
Il pronto soccorso vede un numero sempre più alto di pazienti, in Italia siamo ormai a 24 milioni l’anno.
Queste strutture in molti casi si trovano a tenere in piedi da sole la risposta sanitaria. Finiscono qui i casi gravi e urgenti, ma anche quelli legati al disagio sociale, oppure alle paure infondate delle persone.
E così che in periodi come quello influenzale, nella metà delle regioni italiane i reparti dell’emergenza sono loro stessi in continua emergenza.
Cosa succede? Come mai siamo arrivati a questo punto?
Come spesso avviene in sanità non c’è un’unica causa ma piuttosto una serie di fattori che insieme stanno trasformando gli ospedali italiani in maxi pronto soccorso.
La colpa la portano in molti, chi organizza la sanità , chi ci lavora ma anche, in certi casi, noi cittadini.
Meno personale e meno posti letto
Mentre i pronto soccorso sono presi d’assalto dai malati, cala il personale del Servizio sanitario nazionale (Ssn) causato dal blocco del turnover nelle Regioni che devono rientrare dai miliardi di euro di debiti accumulati negli anni.
Dal 2009 al 2013 gli occupati Ssn sono diminuiti di 23.476 unità .
Passiamo ai posti letto. Ne sono stati chiusi 71mila dal 2000 ad oggi. E altri 3mila spariranno nel 2015.
La riduzione è stata attuata anche in altri Paesi della Comunità Europea, ma non in maniera così pesante come in Italia.
La Francia registra una media di 6,37 posti letto per mille abitanti, la Germania 8,22 mentre in Italia siamo arrivati a 3,6 posti letto, ben al di sotto della media europea.
Quali sono le cause principali per cui si ricorre all’ospedale?
Continua a guidare la classifica il parto con 137mila dimissioni per parto naturale e 74mila in caso di parto cesareo senza complicanze.
Subito dopo le patologie cardiovascolari, quelle respiratorie e gli interventi chirurgici. Torniamo ai pronto soccorso che sono il terminale di tutti i problemi.
“I cittadini sono costretti a recarsi al pronto soccorso perchè mancano altre risposte vere sul territorio – dice Massimo Cozza, segretario nazionale della Cgil medici – e il peso dei ticket è diventato insostenibile per larghe fasce di popolazione e la struttura di emergenza è vista come un posto dove fare diversi esami e tutti assieme, magari senza spendere nulla”.
L’affollamento provoca lunghe attese e la conseguente rabbia dei parenti del malato in barella.
A pagare sono anche i medici, gli infermieri e gli ausiliari che devono affrontare l’emergenza.
Così spesso i turni vengono raddoppiati da 7 a 14 ore perchè manca il personale e tutto viene risolto con gli straordinari.
L’affollamento e il taglio dei posti letto creano un ulteriore problema: spesso le barelle delle ambulanze vengono utilizzate per “ricoverare” i pazienti che non trovano posto nei reparti.
E il mezzo di trasporto d’emergenza rimane fermo fino a quando la barella non viene restituita.
Si calcola che nel Lazio durante lo scorso anno il “fermo” delle ambulanze ha toccato le 130mila ore.
Costretti a trattare 6 milioni di ingressi inutili
I dati sono chiari, almeno un quarto delle persone che si presenta al pronto soccorso ha problemi da poco, che potrebbero essere risolti altrove.
Quando si va alla ricerca dei motivi in base ai quali le stanze dell’emergenza degli ospedali italiani sono sempre strapiene si può criticare l’organizzazione del sistema, la mancanza di mezzi e lo scarso aiuto fornito da alcune categorie dei medici, ma non si può ignorare il ruolo dei cittadini.
In un’epoca di consumismo anche sanitario non va sottovalutata la crescita della domanda di risposte rapide da parte di chi ritiene di essere malato e in realtà non lo è, almeno non gravemente.
E, al di là delle attese che possono arrivare ad alcune ore, va riconosciuto che quando si esce dal pronto soccorso si ha in mano una diagnosi, magari basata su esami strumentali che altrimenti richiederebbero settimane o mesi di lista di attesa per essere prenotati.
E così in molti vanno nei dipartimenti di emergenza magari qualche giorno dopo essersi fatti male, o comunque per cose che potrebbero essere risolte dai medici di famiglia o da una visita con lo specialista.
Quanti sono gli accessi inappropriati ai pronto soccorso? Non è facile dirlo.
Sappiamo che sono circa 24 milioni le presentazioni a queste strutture in un anno (dato che tiene conto anche del fatto che qualcuno in 12 mesi può andarci più volte). Ebbene, secondo le stime della Simeu, la Società italiana di medicina di emergenza e urgenza, i “codici bianchi” sono circa il 15%.
A questi, i problemi più banali, va aggiunto il dato dei cosiddetti “codici verdi”.
In totale sono il 66% ma va riconosciuto che tra questi ci sono varie situazioni che non mettono il paziente in pericolo di vita, ma comunque meritano di essere viste nel pronto soccorso, ad esempio una colica renale.
Anche prendendo solo una piccola frazione di questo magma di codici verdi, il 10%, e sommandola al 15 dei codici bianchi si otterrebbe un accesso su quattro ai pronto soccorso non appropriato.
Si tratta di circa 6 milioni di ingressi inutili.
È come se queste strutture viaggiassero su un doppio binario e l’esempio di quello che accade lo dà bene quanto successo quest’inverno con l’influenza.
Da una parte ci sono gli anziani con varie malattie, abbattuti ulteriormente dal virus e per i quali magari c’è difficoltà di trovare letti nei reparti, affollati o comunque non attrezzati adeguatamente.
Dall’altra ci sono quelli che con un semplice mal di gola, oppure con la febbre a 39 dovuta all’influenza corrono spaventati a farsi vedere.
Certo, i pronto soccorso più moderni, quelli degli ospedali più grandi (cioè quelli dove si assistono circa 100mila pazienti all’anno), sono ormai organizzati piuttosto bene per dare percorsi diversi ai pazienti più seri e a quelli da codici poco gravi, ma in molte strutture questo continuo presentarsi di persone che non stanno male crea problemi e disagi agli operatori.
Michele Bocci e Mario Reggio
(da “La Repubblica”)
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Aprile 14th, 2015 Riccardo Fucile
DURA POLEMICA DELLA CANTANTE CONTRO IL MINISTRO CHE VUOL FARE LAVORARE GRATIS GLI STUDENTI DURANTE L’ESTATE: “VOLETE RUBARE ANCHE L’ADOLESCENZA, ANDATE A LAVORARE VOI CHE DA UNA VITA VIVETE ALLE NOSTRE SPALLE”
“A fare volontariato vacci tu, il lavoro si paga”.
A Fiorella Mannoia proprio non piace l’idea lanciata dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti di far lavorare gli studenti durante le vacanze scolastiche.
“La gente lavora tutta la vita, se ha la fortuna di trovarne uno, va in pensione a 67 anni che sono parenti prossimi di 70 e se è fortunato avrà una pensione da fame dopo aver speso tutto il tempo di una vita a pagare mutui, rate, bollette, tasse”, scrive su Facebook la cantante riprendendo le dichiarazioni del ministro del Lavoro a SkyTg24
“Ora – continua Fiorella Mannoia – volete rubare anche il tempo dell’adolescenza. Ma andate a lavorare voi che da una vita vivete con lauti stipendi pagati da noi. Andateci voi a fare volontariato. Il lavoro si paga!”.
(da Huffingtonpost”)
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Aprile 14th, 2015 Riccardo Fucile
MENTRE IN ITALIA INFAMI RAZZISTI INVITANO I SINDACI A NEGARE UN TETTO E UN PASTO AI PIU’ SFORTUNATI, DAGLI USA UNA LEZIONE DI CIVILTA’
Era da qualche tempo che Ashley Jiron, titolare di un sandwich shop in Oklahoma, trovava nel secchio dell’immondizia pacchetti stracciati per racimolare gli ultimi avanzi di cibo finiti nel cestino.
Durante l’orario di chiusura del locale, qualcuno meno fortunato di lei cercava di sopravvivere attingendo, nel retro, agli scarti della giornata.
Così, la giovane proprietaria del fast food ha deciso di andargli incontro affiggendo un messaggio direttamente sulla porta del locale:
“A chi è costretto a rovistare nell’immondizia per racimolare un pasto Sei un essere umano e meriti molto di più degli scarti. Vieni durante l’orario di apertura per mangiare un sandwich della casa Pb&j, della verdura fresca e un bicchiere d’acqua, gratis. Non ti sarà chiesto nulla. In amicizia, la proprietaria”
Non si è ancora fatto avanti nessuno, ma Jiron non rimuoverà il cartello fino a quando lo sconosciuto/a non andrà a farle visita.
Lei ci spera, pur consapevole che per l’interessato potrebbe essere difficile superare imbarazzo.
Perchè un esempio di umanità e di civiltà possa farci ancora sentire appartenenti al genere umano
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 14th, 2015 Riccardo Fucile
IL GESTORE HA STACCATO LA SPINA AL SOCIAL NETWORK DI FORZA ITALIA: FATTURE NON PAGATE PER 200.000 EURO…E SI E’ RIVOLTO AI LEGALI PER OTTENERE IL SALDO DELL’ARRETRATO
Il portale forzasilvio.it è stato oscurato dalla società che lo gestisce a causa di fatture non pagate per oltre 200 mila euro.
Una “tegola” che si abbatte sui militanti che sostengono Silvio Berlusconi proprio nel giorno in cui i giudici del tribunale di Sorveglianza di Milano hanno dichiarato estinta la pena e l’interdizione per due anni ai pubblici uffici inflitta al leader di Forza Italia nell’ambito del processo Mediaset.
La decisione di “staccare la spina” al sito è stata presa dopo che il gestore – la Speakage di Milano – si è mosso per vie legali chiedendo di saldare l’arretrato.
“Ove perdurasse il vostro inadempimento – si legge nella lettera che i legali della Speakage hanno inviato a Forza Italia, il cui contenuto è stato reso noto dall’agenzia Ansa – senza ulteriore avviso i siti telematici oggetti del contratto saranno spenti e i dati in essi contenuti saranno restituiti alla vostra organizzazione solo a fronte del pagamento dei costi necessari per l’estrazione nonchè del debito complessivo”. Insomma, l’identità virtuale dei sostenitori di Silvio Berlusconi resta “in ostaggio” a meno che il leader di Forza Italia non decida di mettere mano al portafoglio.
Con buona pace della svolta 2.0 del partito.
“E’ un peccato”, commenta il patron della Speakage Marco Camisani Calzolari.
“Non posso dire molto di più perchè devo tutelare sia la società che il credito. Di certo – continua – c’è che forzasilvio.it, dal punto di vista della comunicazione, è stato uno dei primi ‘social network’ creati da forze politiche, uno strumento verticale per tenere i contatti con i sostenitori. Strumento innovativo che adesso Forza Italia non ha più. Ma è la mia valutazione da esperto di strategie digitali: con Speakage abbiamo curato progetti simili per Greenpeace o il Partito democratico di Londra”.
Che Forza Italia non navighi nell’oro è cosa nota.
A inizio marzo i dipendenti avevano denunciato – attraverso l’account Twitter ‘Licenziati da Silvio’ – l’inizio della cassa integrazione.
“Forza Italia è in dismissione”, scriveva il titolare dell’account.
Ora la scure si è abbattuta anche sul social network del partito. Non proprio un fulmine a ciel sereno, visto che in un messaggio inviato ai simpatizzanti di forzasilvio.it alla vigilia delle regionali si avvisavano gli utenti che “nei prossimi giorni il portale potrebbe essere temporaneamente inaccessibile, nell’ambito del lavoro di ristrutturazione della presenza online di Forza Italia che sarà in atto nelle prossime settimane”.
(da “la Repubblica”)
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Aprile 14th, 2015 Riccardo Fucile
VISITA LAMPO DI DUE ORE: ALLE 20 RIPARTE
Matteo Renzi è atterrato all’aeroporto di Genova pochi minuti prima delle 18, dove ad attenderlo c’erano il presidente Claudio Burlando, la candidata del Pd Raffaella Paita e i vertici locali dei dem.
Il premier è stato accompagnato alla sede della Msc a San Benigno dove incontrerà Gianluigi Aponte, patròn della compagnia crocieristica.
Ore 18,11. Il collettivo lavoratori portuali ha steso uno striscione sulla rampa dell’elicoidale con la scritta “Renzi sei solo un chiacchierone, No Jobs act”.
Lanciati anche alcuni fumogeni.
Durante la breve visita non ci sarà l’annunciato sopralluogo in corso Italia, nella zona dei Bagni Squash, dove si trova la galleria dello scolmatore del Fereggiano.
Renzi si incontrerà invece nella zona del cantiere per i lavori di messa in sicurezza del Bisagno con il presidente Burlando, il sindaco Doria e tutte le altre autorità per “benedire” l’avvio dei lavori.
Nello stesso contesto il premier sancirà l’accordo da 15 milioni di euro finalizzato a insediare un nuovo centro dell’Iit dedicato alla riabilitazione robotica nel parco tecnologico degli Erzelli.
Dopodichè, dopo meno di due ore di visita a Genova, tornerà all’aeroporto per fare ritorno a Roma con un volo di Stato.
(da “il Secolo XIX“)
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Aprile 14th, 2015 Riccardo Fucile
TRA PILONI CADUTI E VECCHIE FRANE, SI RITORNA ALLA STRADA DEI BORBONI
Una frana vecchia di dieci anni, nessuna azione di messa in sicurezza e un pilone dell’autostrada che alla fine cede: così la Sicilia si è spezzata in due.
Un disastro che comincia nel 2005, quando dal monte Sciara, sulle Madonie, la terra inizia a franare: nessuno fa nulla per dieci lunghi anni e ora il crollo è arrivato ad inghiottire un pilone del viadotto Himera sull’autostrada 19, la più importante della Regione, quella che collega Palermo a Catania.
L’isola è spaccata, è tornata indietro agli anni 50 e la frana travolge anche il presidente di Anas Pietro Ciucci, che si è dimesso dopo aver rassicurato il governatore Rosario Crocetta (a sua volta in polemica con Palazzo Chigi) sui tempi di demolizione del viadotto crollato.
Secondo i tecnici la ricostruzione del ponte potrebbe durare anni, mentre la Procura di Termini Imerese ha aperto un’inchiesta ipotizzando il disastro colposo.
La viabilità borbonica, sconsigliata quando è buio
Nel frattempo Palermo e Catania non sono mai state così lontane: fino a pochi giorni fa erano collegate da 200 chilometri di autostrada, che si percorrevano agilmente in due ore.
Oggi, invece, è tutto molto più complesso. Colpa della cosiddetta viabilità alternativa, che in Sicilia è costituita soprattutto da strade di epoca borbonica.
L’idea di prendere un treno dal capoluogo fino alla città etnea è da archiviare: secondo il sito di Trenitalia ci vogliono 6 ore al modico costo di 31 euro.
Colpa delle vecchie littorine diesel mai mandate in pensione e di una rete ferroviaria ferma agli anni 30.
“Si è preferito investire nel trasporto su gomma”, si giustifica qualunque politico isolano negli ultimi 60 anni. Quegli investimenti sono serviti a poco.
Dopo il crollo, per arrivare da Palermo a Catania ci sono due modi: il primo è quello consigliato per i mezzi pesanti, e cioè imboccare l’autostrada per Messina (l’unica a pagamento sull’isola) e da lì arrivare a Catania.
Il percorso alternativo per i veicoli leggeri invece prevede di uscire a Scillato, a pochi metri dal viadotto crollato, e da lì imboccare la strada statale 643, che passa dal Comune di Polizzi Generosa, per poi rientrare sull’autostrada per Catania.
Sembra semplice: una piccola deviazione di una trentina di chilometri.
Due minuti dopo, però, un cartellone avverte: anche la strada statale 643 è chiusa a causa di una frana.
Possibile? È questo il cosiddetto percorso alternativo?
“Era franata fino a ieri, adesso la stanno riaprendo ma hanno dimenticato di rimuovere il cartello”, spiega un automobilista fermo sul ciglio della statale.
Più di 40 chilometri di tornanti franati, curve cieche alte centinaia di metri, una carreggiata troppo stretta per ospitare due sensi di marcia: eccola qui la nuova
“arteria” che collega le due principali città dell’isola.
La 643 è una delle antiche Regie Trazzere: battute dai contadini, tracciate sotto i Borbone, ereditate dai Savoia e sopravvissute fino alla Repubblica, che le ha trasformate in strade statali, asfaltandole a cadenza decennale.
Bastano pochi metri per il cartellone che segnalava la frana: ampie porzioni della strada alternativa per Catania sono praticamente sterrate, la segnaletica orizzontale non esiste e si viaggia nel fango, proprio come 150 anni fa.
Il limite di velocità è trai 30 e i 50 chilometri orari, ma è un lusso raggiungerli: le curve che danno sullo strapiombo sono sprovviste di guardrail, attimi di panico quando s’incrocia un veicolo in senso opposto.
Ai lati della carreggiata s’incrociano pascoli non recintati, pecore e mucche potrebbero invadere da un momento all’altro la strada: un’altra variabile sul vecchio tema del traffico sulla Palermo-Catania.
La statale è priva di illuminazione: non è il caso percorrerla di notte.
Alla fine dopo più di mezz’ora di tornanti, ecco a mille metri d’altezza Polizzi Generosa: meno di quattromila anime che non hanno mai visto tutto questo traffico. “Da due giorni c’è un sacco di movimento”, spiega soddisfatta la signora che gestisce il bar sulla strada.
Polizzi nasce intorno al VI secolo avanti Cristo, insediamento al confine tra i domini punici e quelli dell’antica Siracusa: dopo più di duemila anni è tornata ad essere città di frontiera nella Sicilia spezzata a metà .
“Dicono che per sistemare il viadotto ci vorranno dai due ai dieci anni: se chiamiamo i giapponesi ci stanno due mesi”, suggeriscono gli anziani fuori dal bar, appoggiatia una banchina sotto il cartellone verde: direzione Catania.
Un’ora e mezza tra le montagne
La città etnea, però, è lontana: bisogna scendere a valle e arrivare alla statale 120. Un’ora e mezza tra le montagne ed ecco l’autostrada: all’orizzonte c’è l’Etna, mentre Catania dista ancora160 chilometri.
Alla fine per coprire la distanza che separa le due principali città dell’isola ci vorranno più di quattro ore.
È bastato che crollasse il pilone di un viadotto e la Sicilia è finita tagliata in due, isolata da se stessa: e pensare che da vent’anni c’è chi promette addirittura un ponte sullo Stretto.
Giuseppe Pipitone
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 14th, 2015 Riccardo Fucile
IL BONUS DA 1,5 MILIARDI E’ SOLO UNA “STRUMENTALIZZAZIONE ELETTORALISTICA” PER DISTOGLIERE DAI VERI PROBLEMI
Il tesoretto? Soldi che “proprio non ci sono”, “roba di carta, numeri astratti e potenziali”.
Niente altro che “un’arma di distrazione di massa” per “distogliere l’attenzione della pubblica opinione dai nodi veri dell’economia e dell’azione di governo”.
Il Sole 24 Ore torna all’attacco del governo Renzi.
E colpisce dove fa più male: sul “bonus Def“ di cui si favoleggia da venerdì scorso, quando il premier ha incentrato gran parte della conferenza stampa seguita al Consiglio dei ministri sugli 1,6 miliardi spuntati come per magia dalle pieghe del Documento di economia e finanza.
Un asso nella manica che il segretario del Pd ha estratto non a caso a poche settimane dalle elezioni regionali, salvo spiegare subito dopo che l’esecutivo deve ancora decidere “se e come usarlo”.
Inevitabile l’immediato scatenarsi di proposte, richieste, appelli e auspici sulla destinazione migliore del gruzzolo.
Peccato che, stando all’editoriale che campeggia in prima pagina sul quotidiano di Confindustria, il supposto gruzzolo non esiste.
Si tratta di “un deficit”, “numeri astratti e potenziali”, appunto.
Definizione molto simile a quella data domenica, sul Corriere della Sera, da Alberto Alesina e Francesco Giavazzi: “Spesa in deficit”, hanno sentenziato i due economisti sotto il titolo “Lo slancio perduto del premier”.
Mossa da prestigiatore per distrarre dai “nodi veri”: l’occupazione e i tagli di spesa tutti da realizzare
Deficit che Renzi, continua il vicedirettore del Sole Fabrizio Forquet, ha trasformato in “bonus” e tirato fuori dal cilindro come un prestigiatore con “evidente strumentalizzazione elettoralistica” ma soprattutto per distrarre gli italiani “dai nodi veri“.
Tipo i dati ufficiali sull’occupazione diffusi dall’Inps — tredici contratti di lavoro in più attivati nei primi due mesi dei 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014 — ma soprattutto la differenza tra quei numeri e quelli maldestramente diffusi a fine marzo dal ministro Giuliano Poletti, smentito a stretto giro dallo stesso Sole.
O i “tagli di spesa dolorosi che dovranno trovar posto nella prossima legge di Stabilità ” per “evitare il disastroso aumento della pressione fiscale legato all’incremento dell’Iva“.
Il riferimento è alle famigerate clausole di salvaguardia, che il governo, in un focus inserito in extremis nel Def, dà già per cancellate.
Trucchetto che permette di affermare che il peso delle tasse sul Pil quest’anno calerà sotto il 43%.
Un “maquillage per persuadere anche il più duro dei gufi”, scriveva domenica sempre Il Sole.
Peccato che lunedì sera, a Presadiretta, lo stesso consigliere di Palazzo Chigi per la spending review Roberto Perotti abbia ammesso che i 10 miliardi di sforbiciate che il governo prevede per il 2016 “non sappiamo se riusciremo a farli”.
Altro che bonus, il bilancio pubblico è sotto stress e il debito al nuovo massimo storico –
L’editoriale di Forquet prosegue poi ricordando la “figuraccia” di sabato, quando è emerso che l’esecutivo, che “per quest’anno non è ancora riuscito a trovare la copertura alla decontribuzione per chi assume stabilmente” con il contratto a tutele crescenti del Jobs Act, ha pensato bene di rimediare “ricorrendo al paradossale aumento generalizzato dei contributi”.
Salvo fare marcia indietro dopo un’altra durissima presa di posizione del giornale confindustriale, che aveva parlato di decisione “oltre la decenza“.
E’ il segno “di quanto sia difficile ritagliare risorse disponibili in un bilancio già sotto stress“, scrive Forquet.
“Un bilancio che per quest’anno vede affidati 5,2 miliardi di tagli alla difficile trattativa con gli enti locali e le Regioni, che conta su 3,3 miliardi di lotta all’evasione tutti da realizzare, che confida in un via libera tutt’altro che scontato della Ue su 1,7 miliardi frutto di split payment/reverse charge e, non ultimo, deve ancora trovare circa un miliardo di euro per la bocciatura della Robin tax da parte della Corte costituzionale”.
Un bilancio su cui, ha appena comunicato Bankitalia, pesa una zavorra di debito pubblico da 2.169,2 miliardi di euro, il nuovo record storico (il precedente picco, 2.167,7 miliardi, era stato toccato nel luglio 2014).
Meno male che il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha assicurato che nel 2018 “l’incubo” sarà dimenticato.
Il tesoretto è solo nuovo deficit
In questo quadro, il cosiddetto tesoretto è nulla più che lo 0,1% di differenziale tra l’obiettivo programmatico di un rapporto deficit/Pil a 2,6% e il tendenziale, che è al 2,5%. “Numeri astratti e potenziali”, appunto.
Una “franchigia” che “si determina sulla base di un aumento del Pil che il governo stima superiore a quello che era stato precedentemente previsto e di tassi di interesse in declino.
Una previsione, dunque, non un dato di fatto (…). Ed è bene ricordare che nell’ultimo decennio tutte le stime sul Pil effettuate dai governi nel Def/Dpef — sempre prudenziali per carità — sono state inesorabilmente riviste al ribasso al momento del consuntivo di fine anno“.
Tirando le somme, dunque, il tesoretto a cui la maggior parte dei quotidiani in questi giorni dedicano le prime pagine è semplicemente il deficit aggiuntivo che Palazzo Chigi potrebbe concedersi se tutte le sue previsioni si realizzassero.
Supponendo che si verifichi lo scenario più favorevole, non sarebbe allora opportuno utilizzare gli 1,6 miliardi per iniziare a disinnescare davvero, in attesa dei risultati della spending, le clausole di salvaguardia?
O, come auspica Forquet, “per mettere in atto il programma impostato dal governo, a cominciare dall’attuazione delle deleghe sul lavoro e sul fisco“, dalla cui realizzazione dipende per di più il via libera di Bruxelles alla possibilità di sfruttare la “clausola di flessibilità ” prevista dalla comunicazione dello scorso gennaio.
E l’ex capoeconomista del Tesoro critica il Def: “Progresso limitato sui tagli strutturali” –
A mettere a nudo la contraddizione ci ha pensato per altro, prima ancora del quotidiano di Confindustria, l’ex capoeconomista del Tesoro Lorenzo Codogno, che ha dato le dimissioni da via XX Settembre lo scorso autunno (stando alle indiscrezioni per contrasti con Palazzo Chigi): l’ex dirigente, in una nota intitolata ‘Le riforme di Renzi si stanno esaurendo’, ha scritto che il Def non sfrutta il miglior quadro economico e la minore spesa per interessi per raggiungere migliori risultati di finanza pubblica ma piuttosto per allentare la stretta sulla spesa.
“Il progresso limitato sui tagli strutturali alla spesa riduce il margine per riduzioni delle tasse o onerose iniziative di riforma aggiuntive”, sottolinea Codogno.
“L’Italia sta pericolosamente camminando su un filo. Evitare di entrare in una spirale negativa sul debito dipende dalla possibilità di migliorare in fretta il potenziale di crescita del Paese e sull’accelerazione del processo di riforme. Ma mancano alcune iniziative determinanti”.
Cioè, appunto, tagli di spesa strutturali e corposi.
Chissà come l’ha presa Padoan, in questi giorni impegnato a garantire che “la crescita sarà via via più sostenuta” e ad esercitarsi sul possibile utilizzo del tesoretto. “Probabile” la destinazione alle fasce più povere, ha detto domenica al Tg1.
Ma “ovviamente le misure concrete saranno valutate più avanti”. Il che ha dato la stura a ipotesi di ogni tipo.
Lunedì Repubblica strillava in prima pagina: “Il bonus sarà per 7 milioni di italiani” (trattasi di una simulazione della Uil), mentre martedì Il Messaggero, sotto il titolo “Ecco a chi andrà il tesoretto”, informa che ci saranno “un assegno per i redditi bassi e risorse per scuole e strade”.
Alla fiera del tesoretto tutto è possibile.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 14th, 2015 Riccardo Fucile
RAMPELLI (FDI): “QUATTRO GIORNI FA LA POLI BORTONE ERA ENTUSIASTA DI SCHITTULLI, CHISSA’ COSA LE AVRA’ FATTO CAMBIARE IDEA…”
Il giorno dopo il pronunciamento dell’ufficio di presidenza di Fratelli d’Italia che di fatto boccia la candidatura “non unitaria” della Poli Bortone, volavo gli stracci, come nel peggiore avanspettacolo.
Tutto ha inizio da un”indiscrezione, un virgolettato riportato da La Stampa.
Secondo il quotidiano torinese, Silvio avrebbe definito “pulce” la Meloni.
“Non mi faccio mettere il coltello alla gola da Fitto, e figuriamoci dalla pulce Meloni…” questa la frase esatta ascoltata e riportata, segno evidente che ormai i nervi sono scoperti.
Battuta arrogante e infelice alla quale questa mattina, a stretto giro, ha replicato con stile la numero uno di Fratelli d’Italia, che ha scelto i toni dello sfottò: “I giornali dicono che Berlusconi mi avrebbe definita ‘pulce’. Essere paragonata a Leo Messi da un grande uomo di calcio è una soddisfazione”.
Uno a zero.
Nel frattempo durante la tappa elettorale foggiana, al candidato del centrodestra Schittulli vien chiesto dai giornalisti presenti un commento alle parole di Vitali, commissario berlusconiano, che non perde occasione per attaccarlo definendolo a turno «inesperto», «candidato di Fitto», “responsabile della spaccatura del centrodestra») ” e Schittuli rispoonde: «Vitali? Mi spiace, io sono oncologo, non psichiatra».
Due a zero per Fitto, non c’è partita.
Ci sono poi le dichiarazioni di Fabio Rampelli di FdI che precisa: “Noi non siamo mai stati coinvolti dagli alleati sulla candidatura della Poli Bortone. Se lei riesce a tenere unito il centrodestra va benissimo. Se invece non è unito è evidente che si tratta di una strumentalizzazione per creare danno a tutto il centrodestra, oltre che a Fratelli d’Italia.”
E poi si toglie un sassolino dalla scarpa: “Ricordo che Schittulli è stato sponsorizzato soprattutto da Adriana Poli Bortone. Quattro giorni fa c’era anche lei sul trattore con Schittulli, a Bari, insieme a Giorgia Meloni e a me. È stata lei a sollecitare Matteoli affinchè ufficializzasse quanto prima la candidatura di Schittulli. Quanto alla Lega, Salvini ha smentito le posizioni ufficiali della Lega pugliese, che si era detta contraria alla Poli Bortone, qualcuno lo avrà preso per un orecchio per fargli cambiare idea”.
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