Aprile 23rd, 2015 Riccardo Fucile
TRIPLICATI SOLO I FONDI PER TRITON, MA SUGLI AIUTI CONCRETI NON C’E’ ACCORDO
“La convocazione di un summit internazionale sull’emergenza immigrazione è un successo dell’Europa ma ora tutti dobbiamo stare attenti a che le cose si verifichino… Non abbiamo la sfera di cristallo per sapere cosa accadrà , tutti dobbiamo vigilare ma non c’è dubbio che rispetto al passato si è fatto un passo in avanti, un risultato clamoroso viste le regole europee…”. Matteo Renzi non dà nemmeno il tempo ai due presidenti Ue Donald Tusk e Jean Claude Juncker di terminare la loro conferenza stampa di fine vertice a Bruxelles.
In contemporanea anche il premier italiano corre dai giornalisti a informarli delle decisioni del consiglio europeo straordinario sull’immigrazione.
Stanco e teso, al termine di una giornata che da oltreoceano ha portato anche la cattiva notizia della morte del cooperante italiano Giovanni Lo Porto in Pakistan in un raid Usa, Renzi si sforza di mostrare soddisfazione per un vertice che ha risolto solo un pezzetto dei problemi sul campo. O forse nemmeno quello.
E’ tutto da vedere, come ammette lo stesso premier.
Di fronte all’ultima tragedia dell’immigrazione, i 900 morti dello scorso weekend nel canale di Sicilia e gli sbarchi continui di questi giorni sulle coste italiane, l’Europa si autoconvoca d’urgenza, mette a disposizione più soldi e più mezzi ma l’accoglienza no: quella no.
Il programma di pattugliamento delle coste del Mediterraneo Triton costerà d’ora in poi 9 milioni di euro al mese e non più solo 3.
Si doterà di maggiori mezzi: la Germania potrebbe inviare due fregate nel giro di cinque giorni, il Belgio offrirebbe una nave e supporto satellitare e l’Irlanda una nave equipaggiata, la Gran Bretagna, invece, una nave della Royal Navy, altre due imbarcazioni per il pattugliamento e tre elicotteri.
Ma il sistema di accoglienza dei profughi richiedenti asilo resta su base volontaria. Del resto, “nessuno può d’imperio obbligare gli altri stati membri…”, ammette Renzi.
Il premier ne ha discusso a tu per tu con Angela Merkel, Francois Hollande, David Cameron, in un pre-vertice a quattro prima del consiglio europeo straordinario.
Ma aveva già capito l’antifona.
Cameron aveva già parlato: la Gran Bretagna è pronta a inviare anche le navi della marina reale ma “le persone salvate siano portate nel Paese sicuro più vicino, probabilmente in Italia, e che non chiedano asilo nel Regno Unito”.
La Terra d’Albione resta un porto chiuso: a maggior ragione alla vigilia delle elezioni del 7 maggio. Cameron non si accolla rogne e lo dice subito.
Eppure l’Italia sperava che a Bruxelles fosse almeno abbozzata la discussione su una deroga al trattato di Dublino che obbliga i rifugiati a chiedere asilo nel paese in cui arrivano, che molto spesso è l’Italia o i paesi del sud.
Ma su questo punto anche Merkel è stata chiarissima: “Siamo pronti a sostenere l’Italia ma la registrazione dei rifugiati deve essere fatta in modo adeguato secondo le regole Ue”.
Dunque, Dublino non si tocca.
E oggi comunque “non è stata stabilita alcuna cifra” sui rifugiati che l’Ue è pronta ad accogliere, aggiunge Merkel per smentire le voci secondo cui il vertice di oggi avrebbe deciso di passare dagli attuali 5mila rifugiati a 10mila.
Nemmeno questo. Pure Juncker ammette laconico: “Avrei voluto un esito più ambizioso”.
E poi a Bruxelles non riesce l’altra operazione complicata: mettere in piedi una missione di Politica europea di sicurezza e difesa comune (Pesd) sulla Libia.
Vale a dire la missione che dovrebbe colpire il traffico degli esseri umani, gli “scafisti-schiavisti” come li chiama Renzi, il loro racket, la missione che dovrebbe distruggere le imbarcazioni prima che salpino.
Si è solo deciso di affidare all’Alto Rappresentante della Poltica estera europea Federica Mogherini il mandato di lavorare ad un progetto che convinca tutti gli Stati Ue e che sia poi materia per l’Onu.
Perchè serve una risoluzione delle Nazioni Unite.
“Ad oggi tecnicamente — precisa Renzi — non c’è una missione sulla Libia, come invece c’è sul Libano, missione Onu a guida italiana, o sull’Afghanistan…”.
Nulla di tutto ciò. Del resto, dell’intervento militare il premier italiano non è mai stato convinto. “Entrare sul terreno in una situazione così dilaniata è un azzardo incomprensibile…”.
Cornice che è diventata chiarissima oggi, quando il governo di Tripoli, filo-islamico e non riconosciuto dalla comunità internazionale, ha fatto sapere che non accetterà bombardamenti europei sul proprio territorio. Messaggio arrivato a Bruxelles, Europa con le mani sempre più legate.
“Nessuno si fa illusioni che possiamo risolvere il problema oggi”, aveva detto in mattinata il presidente del Consiglio Europeo Tusk.
E lo ripete in serata, di fianco a Juncker, in una conferenza stampa stringata e imbarazzata per l’impasse decisionale dell’elefante Ue.
A giugno un nuovo consiglio europeo riaffronterà il tema. Chissà quanti barconi saranno arrivati fino a quel momento.
Renzi torna a casa con queste preoccupazioni e col pensiero anche alle polemiche italiane, sempre più aspre.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 23rd, 2015 Riccardo Fucile
LA LEGA COSTRETTA A PRENDERE TARDIVAMENTE LE DISTANZE DAL CANDIDATO SINDACO PADAGNO
Non si è ancora spenta l’eco dei commenti al post su Facebook scritto da Gianni Morandi, riguardo alla vicenda dei migranti annegati nel mare Mediterraneo, che sui social network si apre una nuova “disfida”.
Protagonista della vicenda, suo malgrado, la giornalista Selvaggia Lucarelli che, dopo avere pubblicato su Facebook la foto di una bimba immigrata annegata con il commento “Lascio a voi decidere se era una cellula Isis, l’ennesima delinquente o colei che veniva a rubarci il lavoro. Magari Salvini lo sa”, è stata raggiunta da diverse critiche.
Tra i commenti più grevi quello di Giuseppe Grasselli, candidato sindaco della Lega Nord a Canossa, in provincia di Reggio Emilia, che, sulla pagina Facebook del gruppo “Sei della Lega Nord se…” si è rivolto, via tastiera, alla Lucarelli, scrivendo “Zitta puttana”.
E lei lo “bacchetta” in diretta radiofonica.
L’episodio ha fatto reagire la giornalista che, oggi, ha chiamato a sorpresa l’esponente del Carroccio nel corso della sua trasmissione radiofonica sulla rete M2o. Costringendolo, di fatto, a una retromarcia il cui audio ha pubblicato sempre sulla sua pagina sul social network.
Tenuta inizialmente nascosta la propria identità , Lucarelli prima ha chiesto al candidato sindaco un commento sugli insulti toccati a Gianni Morandi (“L’offesa a livello personale e familiare – è stata la risposta dell’uomo – non sta mai bene. Mi dissocio sicuramente. L’offesa non esiste e non deve essere”) per poi presentarsi e chiedere conto dell’epiteto a lei rivolto.
“Posso esprimere una mia opinione, so anch’io che non sta bene”, ha spiegato l’esponente leghista.
Al che la giornalista ha attaccato: “‘Zitta puttanà è un’opinione?”.
Grasselli, tentando di spiegare nuovamente, ha aggiunto, allora, “sono però dell’idea che certi personaggi pubblici di una certa fama…”.
Quindi, ha ribattuto Lucarelli, “se ho una certa fama mi devo beccare “zitta puttana” da uno che aspira a fare il sindaco della sua città ?”.
Le scuse del Carroccio: candidatura a rischio.
A conclusione della lunga diatriba telefonica Lucarelli ha chiesto a Grasselli come possa aspirare a fare il sindaco, e il leghista ha ribadito: “Faccio le scuse, non è corretto, probabilmente è stato scritto in un momento mio di rabbia. Di casini ne ho già avuti abbastanza”.
“Se ne aggiunge uno oggi”, la chiosa della giornalista.
“A Selvaggia Lucarelli le mie scuse a nome di tutta la Lega Nord Emilia” scrive Fabio Rainieri, segretario del Carroccio emiliano, che sembra scaricare Grasselli: “A lei – scrive Rainieri -, a tutte le donne e a chiunque si è sentito offeso dal post incriminato, va la rassicurazione della segreteria nazionale della Lega Nord Emilia che quelle espresse da Grasselli non sono certo le nostre idee e le opinioni ma offese vergognose mosse da Grasselli a titolo puramente personale”.
Per questo motivo “questa sera ho convocato, in via straordinaria e urgentissima, il direttivo provinciale e cittadino per affrontare la questione sia sul piano personale, con i provvedimenti disciplinari che ne conseguono, sia per quanto attiene la campagna elettorale”.
Anche il Pd all’attacco: “Grasselli si ritiri”.
“Le offese rivolte a Selvaggia Lucarelli sono gravissime. E le scuse non bastano: ritiri la sua candidatura perchè è inaccettabile che chi si candida a governare una comunità si esprima con tale volgarità , di parole e di pensiero, nei confronti di chi manifesta un’opinione diversa dalla sua” scandisce invece Sandra Zampa, vicepresidente del Pd. “Come pensa Grasselli – prosegue Zampa – di poter rappresentare tutta la comunità che vorrebbe guidare? A colpi di insulti dinnanzi al pluralismo democratico delle opinioni. La foto che Selvaggia Lucarelli ha pubblicato sui social è la tragica testimonianza della fine che tocca a troppi minori, in fuga da fame e guerre, cercando di attraversare quel mare che li separa da una nuova possibilità di vita”.
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Aprile 23rd, 2015 Riccardo Fucile
“SI CONTINUA A LUCRARE SULLA PAURA PER RAGIONI ELETTORALI”
“Che significa affondare i barconi? Cerchino piuttosto delle soluzioni per far cessare questa strage infinita”.
Gino Strada, fondatore e presidente di Emergency, è tornato da pochi giorni in Italia dopo i sei mesi spesi a combattere Ebola in Sierra Leone e ha ritrovato un Paese alle prese con l’ennesima conta dei morti nel Mediterraneo.
Sembra che l’Ue voglia accogliere la linea dura italiana: affondare i barconi. È una soluzione?
Affondiamo i barconi, ma dove? Per quanto ne so io, i barconi o sono ormeggiati o si trovano in viaggio, ma con delle persone a bordo perchè non sono droni. Va benissimo fermare il traffico umano, prendersela con le barche, ma prima facciamo sbarcare chi fugge. E poi non dimentichiamoci che spesso vengono utilizzate imbarcazioni già destinate a essere rottamate: fanno l’ultimo viaggio nel Mediterraneo e lì vanno in picco. E comunque non deve essere questa la prima preoccupazione.
Quale allora?
Quando osservo queste stragi io non penso a come arrestare gli scafisti o ad affondare le barche, ma alle centinaia di morti, molti dei quali stavano scappando dalle guerre. Invece la strage continua, e non affondano nell’Oceano Pacifico, ma in un tratto di mare di pochi chilometri. Eppure continuiamo a inventarci soluzioni improvvisate che poi si rivelano delle non-soluzioni.
Che cosa bisognerebbe fare, quindi?
Non sappiamo solo che sbarcano in Italia, ma anche da dove salpano. Emergency in Libia sta facendo una missione esplorativa per capire se possiamo fare un intervento umanitario, ma è molto difficile per le forze volatili che si affrontano: ci sono due governi e centinaia di gruppi armati. Come in Iraq, le città passano da una milizia all’altra ogni quindici giorni. Già quando quattro anni fa andammo a Misurata anni fu una missione assai impegnativa, ma ora la situazione è davvero esplosa.
“Invasione, blocco navale, stato di guerra”: il linguaggio sul tema immigrazione sembra accomuni quasi tutto l’arco parlamentare. Che effetto le fa?
C’è questo clima, “passare all’azione”, che poi significa azione militare. Poco tempo fa ho letto una dichiarazione del ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, “Siamo pronti a combattere”: è la solita sparata dei politici. Siamo di fronte a un problema enorme: come salvare migliaia di persone, e invece si parla di difendere i confini, di respingere l’invasione. Si continua a lucrare sulla paura per ragioni elettorali.
In Italia è opinione diffusa che la colpa sia soprattutto di Bruxelles, che lascia l’Italia sola a gestire il problema.
Questo è vero, ma se abbiamo un peso politico facciamolo sentire. Il passo indietro rispetto a Mare Nostrum è stato enorme: noi già oggi sappiamo che entro fine mese ci saranno altri morti, ma non siamo in grado di impedirlo. È incredibile, è come se sapessimo che questa settimana sull’Autosole ci saranno 100 morti e l’unica soluzione è chiudere l’autostrada, o magari bombardarla. Ci vogliono soldi e risorse, ma l’unica cosa che manca è la volontà politica. Non parlo solo dell’Europa, anche l’Onu è chiuso in un silenzio imbarazzante.
È appena rientrato dalla Sierra Leone. Che Paese ha lasciato?
L’epidemia di Ebola è durata più di anno e ancora non è finita. Ora tutto è bloccato: gli ospedali, le scuole, gli aeroporti. Per ripartire occorrono cifre enormi, a cui si aggiunge il fardello della corruzione che in alcuni Paesi africani è peggio che in Italia. Beh, per la verità di questo non sono sicuro (ride).
Come ha reagito l’Occidente?
La risposta è stata molto tardiva. Circolano delle mail interne alle grandi organizzazioni internazionali, a partire dall’Organizzazione Mondiale della Sanità , dove si invitava alla cautela nel dichiarare l’epidemia per non compromettere gli interessi economici. Questo ha ingigantito il dramma: per la prima volta un’epidemia di Ebola si è espansa in un’intera area del globo, l’Africa occidentale.
Cosa farà ora?
Abbiamo tanti progetti, non solo all’estero. La nostra assistenza in Italia non è più rivolta solo ai migranti, ma anche a tutti quei cittadini che non riescono più a curarsi degnamente. Anche questo, così vicino a noi, è uno scandalo insopportabile.
Alessio Schiesari
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 23rd, 2015 Riccardo Fucile
MA BRUXELLES PENSA SOLO ALLE SUE FRONTIERE
“La risposta dell’Unione europea deve andare oltre l’approccio minimalista attuale, che si focalizza principalmente sul frenare l’arrivo di migranti e rifugiati sulle proprie coste”.
Lo affermano, in una nota congiunta, gli Alti rappresentanti dell’Onu per i diritti umani e per i rifugiati, Zeid Raad Al Hussein e Antonio Guterres, il rappresentante speciale Onu per le migrazioni, Peter Sutherland, e William Lacy Swing, capo dell’organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim).
Tra i dieci punti del piano sul tavolo dei leader europei il tema dell’accoglienza è ridotto al minimo rispetto al resto.
Per il governo italiano, le priorità sono il rafforzamento di Triton e l’avviamento dei passi necessari per un’azione militare contro i barconi degli scafisti.
L’obiettivo di un’operazione in stile Mare Nostrum, ma europea, non è stato neanche sollevato. Minimi sono anche gli obiettivi per quanto riguarda i rifugiati: si parla di dare il via libera al trasferimento di cinquemila rifugiati siriani già riconosciuti come aventi diritto a essere considerati rifugiati.
L’idea di modificare l’accordo di Dublino – in base al quale il paese che deve provvedere all’esame della domanda di asilo ed eventualmente alla tutela, è il paese di prima accoglienza – non sembra essere stata neanche presa in considerazione.
Così come la creazione di un effettivo sistema di asilo europeo.
Di fronte a un atteggiamento che mette in primo piano la protezione delle proprie frontiere, prima ancora che delle persone, Unhcr e Oim non possono che esortare l’Europa a fare di più. L’Unione europea – è il richiamo dell’Onu – dovrebbe creare canali per favorire l’immigrazione regolare, impegnarsi a ricevere un numero di rifugiati “significativamente più alto” e mettere a punto urgentemente un’operazione di ricerca e salvataggio in mare dei migranti”
Un concetto che in queste ore stanno ripetendo in molti. “Il principale problema da affrontare non è la sicurezza e la protezione dell’Europa ma come salvaguardare i migranti”, ricordano i gesuiti del Centro Astalli che nel Rapporto 2015 presentato oggi criticano “Frontex, che con i suoi programmi di difesa delle frontiere esterne sembra rimanere un baluardo irrinunciabile”.
Eppure, spiega il presidente, padre Camillo Ripamonti, “il mandato di Frontex è del tutto inappropriato rispetto alla situazione attuale: l’Europa deve difendere i rifugiati, non difendersi da loro”.
“Noi riteniamo – afferma – che sia piuttosto il salvataggio in mare, un’operazione Mare Nostrum europea, il primo punto qualificante di una risposta che rimetta al centro la persona con la sua dignità . Proteggere le vite umane è più importante di proteggere le frontiere”.
Lo stesso appello è stato lanciato da Oxfam Italia, Concord Italia, Save the Children, AOI, Arci, Focsiv, Cospe, Cocis e Link2007.
Tra le richieste, la creazione di una “Mare Nostrum” europea, la sospensione del Regolamento di Dublino e il reinsediamento dei migranti beneficiari di protezione internazionale.
(da “Huffingtonpost“)
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Aprile 23rd, 2015 Riccardo Fucile
DIETRO L’AUMENTO DEI CONTRATTI CI SONO SOLO GLI SGRAVI FISCALI, NON C’ENTRA NULLA IL JOBS ACT
La decontribuzione per i nuovi assunti funziona, il Jobs Act ancora no.
È questo il primo dato che si può ricavare dai primi numeri diffusi oggi dal ministero del Lavoro relativi alle comunicazioni obbligatorie fornite dalle aziende a marzo, il primo mese in cui le nuove norme sui licenziamenti sono in vigore.
Parola d’ordine, prudenza.
Inverosimile immaginare che da un mese all’altro potesse partire una vera e propria corsa alle assunzioni grazie alla riforma del mercato del lavoro approvato dal governo.
Per il momento, quel che i numeri dicono è che la corsa alle assunzioni c’è stata, ma da gennaio, per utilizzare i sostanziosi sconti triennali sui contributi garantiti dalla Legge di stabilità .
Un po’ di numeri: a gennaio 2014 il saldo dei contratti a tempo indeterminato, cioè la differenza tra contratti attivati e cessati, era di 5033 unità , un anno più tardi 27.119.
Differenza ancora più marcata a febbraio, con un saldo addirittura negativo di -23mila contratti nel 2014 e di +18584 l’anno successivo.
Stesso trend a marzo (-31.192 nel 2014, + 31mila nel 2015).
Il confronto anno su anno, insomma, ci dice che le imprese hanno decisamente virato verso l’utilizzo di contratti a tempo indeterminato a scapito delle altre forme più precarie.
Lo stesso dato si ricava più semplicemente guardando al dato percentuale dei nuovi contratti attivati.
A marzo 2014 solo il 17,5% era a tempo indeterminato, circa uno su sei, un anno dopo il dato è cresciuto al 25,3%, uno su quattro.
Prima di poter sventolare i benefici del Jobs Act bisognerà , nel caso, aspettare un po’.
Se si confrontano gli stessi dati citati con quelli di febbraio, quando cioè la riforma del mercato del lavoro non era ancora in vigore, le percentuali sono quasi analoghe.
Il 24,8% dei nuovi contratti attivati era a tempo indeterminato, il 57% a tempo determinato contro il 59,4% nel primo mese dell’era Jobs Act.
E attorno all’ormai consueto “balletto” sui numeri si è scagliato il segretario della Cgil Susanna Camusso “Quali dati, quelli dell’ufficio stampa propaganda?”, ha risposto ironica Camusso a chi le chiedeva un commento sui numeri diffusi oggi. “È una modalità un po’ antica di dare i dati. Io ero piccola quando hanno abolito gli uffici stampa propaganda”.
Per la Camusso “il dato di marzo non è diverso da quello del mese scorso con una grande decontribuzione utilizzata”.
In pratica se, assumendo a tempo indeterminato, non paghi per tre anni i contributi e puoi licenziare il dipendente in ogni momento, è ovvio che il datore di lavoro sceglie questa forma di contratto.
Ma non ci guadagna certo il lavoratore, per capirci.
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Aprile 23rd, 2015 Riccardo Fucile
ELEZIONI LIGURI: SARANNO MOLTI CHE SCEGLIERANNO IL VOTO DISGIUNTO
Il malumore all’interno del Pd ligure per le modalità con cui si è arrivati alla candidatura di Raffaella Paita alla presidenza della Regione ha covato sotto la cenere.
E infine è esploso sotto forma di «manifesto».
Una dichiarazione di «voto di coscienza» firmato da duecento militanti, la massima parte iscritti al partito, che dichiara – senza mai farne il nome – che non voterà Paita.
Ciò potrebbe tradursi in un voto disgiunto alla lista del Pd e a un altro candidato presidente (il più probabile il civatiano Luca Pastorino che si è dimesso dal Pd per presentarsi con Rete a Sinistra).
Fra i duecento firmatari nomi pesanti come quello dell’assessore alla Sanità Claudio Montaldo, l’ex segretario provinciale Ubaldo Benvenuti, il presidente dell’Anpi di Genova Bisca, tre presidenti di delegazioni fra le più importanti e popolari di Genova, Sestri Ponente, Cornigliano e la Valpolcevera.
«Non bastano i richiami alla disciplina di partito quando si producono delusioni e amarezze così profonde: nè funziona il pericolo della destra quando la si è frequentata, persone e idee con tanta disinvoltura» scrivono i quasi-ribelli che restano nel Pd pur facendo l’elenco delle doglianze: l’inquinamento politico delle primarie, la richiesta di voti al centrodestra, la rottura a sinistra «senza alcuna reazione», la mancata riflessione sull’uscita di Cofferati.
Ma, dopo il diktat della commissione di garanzia sul fatto che chi non voterà Paita e soprattutto lo dirà in giro rischia l’espulsione i firmatari non temono di essere sbattuti fuori?
Se così fosse, è la risposa comune, significherebbe che la coscienza non ha più cittadinanza e valore in questo Pd.
Nel documento non c’è il minimo accenno alle ultime vicende giudiziarie che vedono Paita indagata.
L’assessore alla Protezione civile, interrogata martedì, si è difesa sostenendo di non avere la responsabilità di dichiarare l’allerta meteo.
Le indagini sono concentrate in particolare sulla direttiva del Presidente del Consiglio del 27 febbraio 2004 che delega la responsabilità della Protezione civile ai presidenti di regione.
Il governatore Claudio Burlando aveva delegato, nel luglio 2014, tali poteri a Paita.
Erika Dellacasa
(da “il Corriere della Sera“)
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Aprile 23rd, 2015 Riccardo Fucile
AL “GALILEO FERRARIS” I DIPLOMATI RAPPRESENTANO L’ECCELLENZA SCOLASTICA NEL SETTORE ELETTROTECNICI E INFORMATICI, SMENTENDO TUTTI I PREGIUDIZI: “LO STATO SIAMO NOI”
Chi si stupisce è già fuori strada.
Capita, a chi di Scampia ricorda i troppi morti di faida, tralasciando i vivi, di talento o semplicemente diligenti.
«Funziona così da un po’ di anni. Aziende e multinazionali sono attentissime ai nostri ragazzi, ci seguono, li formano con noi, vengono qui a fare colloqui, non dicono quasi mai di no a una proposta, a un’idea, a un progetto innovativo. Spesso li assumono a pochi mesi dal diploma », sorride Alfredo Fiore
È il preside dell’Istituto tecnico “Galileo Ferraris”, cravatta e baffi curatissimi, la stanza illuminata dal sole e aperta su corridoi multi-livelli e cortili invasi da ragazzi e motorini.
«Lo sa che nell’ultimo anno sei studenti sono passati dalla Maturità al contratto regolare in 60 giorni? E in particolare, quattro della terza “D” ora lavorano tutti insieme in Magnaghi? Tutto sulle loro gambe, e col nostro entusiasmo».
Quei ragazzi si chiamano Francesco Gravante, Massimo Tafuto, Salvatore Petrazzuolo, Vincenzo Signore, Pasquale Galdiero, Agostino Di Febbraro, per esempio. E quante scuole sognano un “appello” così?
Capita, che un lieto fine si annidi oltre il buio di Napoli nord.
Francesco Gravante, 19 anni, per esempio, alle cinque del pomeriggio esce dal lavoro di montatore in Magnaghi e risponde al telefono: «Certo che devo tanto alla scuola. L’azienda mi chiamò a luglio, ero in Puglia, al mare, dopo l’esame di Stato. Mi dissero: c’è un colloquio. Mio padre non credeva alle sue orecchie, neanche io. Stavo per dire di no. Mio padre mi scosse. Lasciammo ombrellone e tutto. E tornammo alla nostra periferia di Napoli».
Così, negli anni, mentre le telecamere inquadravano i blitz sulle piazze di droga o i regolamenti di conti, lì dentro – come nei centri sociali o nelle associazioni femminili o nelle parrocchie di padre Fabrizio o don Vittorio – costruivano. Silenziosi. Normali. Insieme. Grandi e ragazzi.
Anziani e ironici ingegneri con ribelli e tatuati adolescenti.
Fino a che non se ne sono accorti anche gli altri: Magnaghi e Tecnam del settore aeronautica, Telecom, Enel.
E anche da prima, negli anni: anche Piaggio, Fiat Agricola, Microsoft.
«Siamo fortunati? Magari sì», allarga le braccia il dirigente, che si fa fotografare con decine di altri colleghi e pattuglie di ragazzi, tra pc di ultima generazione, motori trifase e pannelli elettrici.
Eppure basta varcare i cancelli d’ingresso su via Labriola, sentire i prof che sono un’orchestra perfettamente accordata tra bagaglio tecnico e capitale umano, scorrere punteggi e offerte di lavoro per questo Itis ospitato anche alla Normale di Pisa, basta rivedere ambienti che sono da sempre concentrati sulla conoscenza ma spalancati sul territorio a farsi teatro, cinema, passatempo, ambulatorio, per capire che sono loro la periferia che si evolve.
Semplicemente producendo circuiti, elettronica, droni o mini-robot. Che porta contenuti e viaggia oltre le Vele: fregandosene della retorica che soccombe a Scampia.
Un popolo di 1.560 studenti, compreso il corso serale; 220 docenti, quasi tutti esterni al quartiere; 77 classi, e 45 insegnanti di sostegno riusciti perfino nell’impresa di raggiungere «esiti insperati » nella crescita formativa di ragazzi down e autistici.
E a mezzogiorno, terza classe, sezione “F”, aula delle articolazioni elettrotecniche, i ragazzi scattano in piedi, educati ma non rigidi o distanti.
Nei loro occhi leggi queste domande: davvero siete qui solo per un racconto sulla scuola?
Davvero vi interessano solo questi qui dentro, che studiano, e non quelli là fuori che spacciano, o si perdono, o ciondolano dentro alloggi sgarrupati e famiglie senza riferimenti?
Invece, a cominciare dal preside Fiore, e dai più esperti prof Oreste Iela e Natale Burzzaniti, Antonio Serpe o Gennaro Borgia, ti chiedono divertiti: «Davvero in un libro ci indicano come l’istituto tecnico che vanta le migliori offerte di lavoro d’Italia?” ». Sì. Il libro è La ricreazione è finita, sottotitolo Scegliere la scuola, trovare il lavoro di Roger Abravanel e Luca D’Agnese.
In quelle pagine Ivan Iacobucci, della sede Adecco di Napoli, spiega tra l’altro: «Negli ultimi quattro anni ho selezionato 25 diplomati del Galileo Ferraris per i nostri clienti, aziende nazionali e multinazionali, e ho ricevuto feedback entusiastici su di loro. Questi giovani si distinguono non solo per la loro preparazione tecnica, che comunque è buona, ma anche per il loro carattere: affidabile, serio, umile, responsabile. Al punto che, se posso, scelgo sempre un diplomato di quell’istituto».
E tra i meriti della «sorpresa Scampia», gli autori dello studio annotano «il valore morale dei docenti, la vera spina dorsale dell’istituto».
Lì, in terza “F”, tra imbarazzi e sfottò, confermano: «Loro stanno con noi sempre, ti spingono o ti « cazzeano » (sgridano) solo per farci capire come funziona il lavoro, come andare avanti».
Michele, Gennaro, Lorenzo, Pasquale, i due Emanuele e tutti gli altri ti snocciolano i loro sogni, mentre i prof fingono distrazione.
Appena quattro su 15 vogliono e possono andare all’università e «fare l’ingegnere », gli altri si vedono soprattutto «un buon tecnico», un «bravo elettricista», in pochi «uno scrittore», un «calciatore forte».
«La retorica dello Stato che non c’è, qui resta fuori, dove pure le assenza sono sotto gli occhi di tutti. Ma se gli mostri, e dimostri ogni giorno, che lo Stato siamo noi e dobbiamo mettere impegno, a rispondere di ogni azione, poi ti seguono con naturalezza, sentendosi tutti dalla stessa parte», ragiona il preside.
Più coltivi il terreno, più si vede da lontano il tuo giardino.
Un orizzonte che si avvicina molto alla profezia di Gesualdo Bufalino “la mafia sarà vinta da un esercito di maestri”.
Se ti stupisci che sia a Scampia, sei già fuori strada.
Conchita Sannino
(da “La Repubblica”)
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Aprile 23rd, 2015 Riccardo Fucile
UNA CAMPAGNA ELETTORALE IRRIVERENTE: “DOPO I COMICI E I POLITICI SERI CHE FANNO RIDERE TOCCAVA A ME”
«La Franciacorta sarà Venetolungo». E poi: «In Veneto la nuova unità di misura della lunghezza sarà l’etilometro».
Se non fosse ancora chiaro: «Mi candido per il bere comune».
Tre slogan elettorali che vanno subito al punto. Tre #manfrorismi per dirla con lo staff che sta curando la campagna elettorale di Lorenzo Manfro.
Dimenticate per un attimo il “triangolo no” leghista (Luca Zaia, Flavio Tosi e Matteo Salvini).
Scordatevi pure di “lady Like” Alessandra Moretti (Pd). Sappiate chi è Jacopo Berti, 31 anni, il candidato del Movimento 5 Stelle per la poltrona di governatore.
L’outsider è lui: su Twitter @ManfroCapocia, all’anagrafe Lorenzo Manfro, di professione avvocato.
Ha 46 anni e solo una decina di giorni fa ha deciso di candidarsi.
«Il panorama elettorale era avvilente», dice contattato telefonicamente. E continua: «Così con un paio di amici interessati alla politica è partita l’idea di organizzare qualcosa…». Il primo cinguettio è partito lo scorso 19 aprile.
Il programma è chiaro. Il verso a un vecchio slogan di Berlusconi, anche. L’ironia e l’irriverenza.
«Ci sono dei comici che si sono messi in politica e ci sono degli altri politici che pensano di essere seri e, invece, fanno ridere: insomma, ci siamo detti: perchè non scendere in campo?». Il ragionamento non fa una piega. Certo, potrebbe essere tacciato di qualunquismo.
Lorenzo Manfro, però, ha un passato da attivista politico: «Sono stato simpatizzante del partito liberale prima e poi mi ero avvicinato a Futuro e Libertà di Gianfranco Fini», ammette Manfro.
Che però, per entrambe le esperienze, parla di «fine ingloriosa». Con Fli si era candidato a febbraio 2013: «Dodicesimo in lista, con nessuna speranza».
Restò fuori anche quando corse alle amministrative del suo comune di residenza, Monteforte d’Alpone, a una manciata di chilometri da Soave.
Un veneto «razza Soave». Frizzante quanto basta.
«C’è chi fa una lista civica di nome razza Piave (Luca Zaia, ndr) e io non potevo esimermi».
E non si smentisce: «È chiaro che se eletto cercherò di valorizzare quelle che sono le peculiarità economiche della mia terra. Anche il prosecco, sia chiaro».
Per ora, con seicento fan sulla pagina Facebook e poco più di 300 follower su Twitter, il cammino sembra in salita.
Anche perchè entro il 2 maggio bisogna raccogliere più di 10 mila firme. «Noi ci proviamo, ho già pronta una squadra di “manfrodrini” da mettere in lista…».
E, con irriverenza, ride.
Davide Lessi
(da “La Stampa”)
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Aprile 23rd, 2015 Riccardo Fucile
IN UN COMUNICATO OBAMA SI ASSUME LA RESPONSABILITA’ DELL’ERRORE… E QUALCUNO VORREBBE USARE I DRONI IN LIBIA?
Il cooperante italiano Giovanni Lo Porto è stato ucciso in un raid Usa contro al Qaeda al confine tra Pakistan e Afghanistan lo scorso gennaio.
Ad annunciarlo è un comunicato della Casa Bianca, che riferisce anche dell’uccisione di un ostaggio americano, Warren Weinstein, 72 anni.
Secondo quanto riporta il Wall Street Journal citando fonti dell’amministrazione americana, l’operazione è stata condotta con un drone della Cia.
“Questa mattina voglio esprimere le mie condoglianze alle famiglie dei due ostaggi che sono stati tragicamente uccisi nel corso di un’operazione antiterrorismo — ha detto il presidente Barack Obama -. E’ stato fatto tutto il possibile per riportarli a casa. Abbiamo lavorato a stretto contatto con le autorità italiane”, ha proseguito, ricordando di avere parlato di quanto “tragicamente accaduto” ieri con “la moglie di Warren e il primo ministro Renzi“.
Il presidente Usa, porgendo le “scuse” del governo americano, ha riconosciuto la “piena responsabilità dell’operazione di antiterrorismo” che ha portato alla morte dei due ostaggi, ribadendo la volontà di volere imparare “dagli errori, che a volte possono essere fatali” per “prevenire la perdita di vite innocenti”.
E prima della conferenza stampa di Obama la Casa Bianca aveva già espresso il suo cordoglio: “Nessuna parola può esprimere appieno il nostro rammarico per questa terribile tragedia”, ha commentato Washington, esprimendo “enorme dolore”.
Obama ha spiegato che “l’operazione prendeva di mira una struttura di affiliati di al-Qaeda, dove non avevamo ragione di credere che ci fosse nessuno dei due ostaggi”, spiegando che “l’analisi di tutte e informazioni disponibili ha portato la comunità d’intelligence a ritenere con alta probabilità che l’operazione abbia accidentalmente ucciso entrambi gli ostaggi”.
Lo Porto, siciliano di 38 anni, era stato rapito dai jihadisti a gennaio 2012 a Multan, nella provincia centro-occidentale del Punjab in Pakistan, mentre stava lavorando per la ong tedesca Welthungerhilfe, che aiuta le popolazioni colpite dalle inondazioni nel sud della provincia.
A luglio 2013 diverse ong si erano rivolte all’allora ministro degli Esteri Emma Bonino affinchè il governo si adoperasse per la sua liberazione.
Lo Porto è stato prelevato con la forza e portato via dagli uffici della ong per cui lavorava insieme a un altro cooperante, il tedesco Bernd Muehlenbeck.
Il 22 dicembre 2012, in un video Muehlenbeck faceva appello al governo tedesco affinchè accogliesse le richieste dei rapitori.
Nel video, riferiva l’agenzia di stampa tedesca Dpa, il collega di Lo Porto parlava in inglese e sempre al plurale.
Non veniva menzionato l’italiano, spiegava l’agenzia tedesca, ma Muehlenbeck usava sempre il “noi”, segno che Lo Porto era vivo. Da quel video sono passati ben altri 7 mesi e non si sono avute più notizie dei due cooperanti. Muehlenbeck è stato liberato a ottobre 2014.
La Welthehungerhilfe è un’organizzazione umanitaria privata, senza scopo di lucro, politicamente indipendente e non legata ad una denominazione religiosa.
Fondata nel 1962, in questi 50 anni la ong ha seguito 5500 progetti in oltre 70 Paesi con uno stanziamento generale di 1,9 miliardi di euro.
“Noi forniamo aiuto a vari livelli, da interventi di emergenza immediati dopo disastri a progetti a lungo termine portati avanti in collaborazione con partner locali”, si legge sul sito della ong, che opera sotto il patronato della presidenza tedesca.
Membro di Alliance2015, un network di organizzazioni umanitarie europee, la Welthungerhilfe ha avuto nel 2009 un budget di 143,5 milioni di euro, 31,9 ricevuti da donazioni private, il resto da sovvenzioni pubbliche, comprese quelle del World Food Programme, dell’Unione Europea e del ministero tedesco per la cooperazione economica e lo sviluppo.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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