Aprile 28th, 2015 Riccardo Fucile
“QUANDO C’E’ IN BALLO LA DEMOCRAZIA, OGNUNO RISPONDE SOLO ALLA PROPRIA COSCIENZA”
Sulla fiducia all’Italicum la minoranza del Partito democratico potrebbe spaccarsi. Mentre l’ex capogruppo Roberto Speranza e Pippo Civati annunciano che non voteranno, ii leader della sinistra dem Pierluigi Bersani e Gianni Cuperlo appaiono maggiormente possibilisti anche se valutano molto negativamente la scelta di Matteo Renzi, in un primo momento.
Poi Bersani, con un post su facebook, fa sapere che non voterà la fiducia: “La penso come Roberto Speranza. Ho votato 17 volte la fiducia al governo, più di una al mese. Sono pronto a votare per altre 17 volte su atti di governo che riguardino il governo. Sulla democrazia un governo non mette la fiducia. Questa fiducia io non la voterò”.
“Non ce lo aspettavamo, vedremo come fare assieme e poi vedrò cosa fare io”, ha dichiarato Bersani all’uscita della Camera aprendo all’ipotesi che gli esponenti della minoranza saranno liberi di votare o meno la fiducia sulla legge elettorale: “Ognuno si deve prendere le proprie responsabilità , c’è in ballo la democrazia e ognuno farà le sue scelte”.
Per l’ex segretario Pd non c’era alcun motivo di forzare la mano della Camera.
“Una scelta, grave, indecifrabile, un gesto di debolezza”, gli fa eco Gianni Cuperlo, che ugualmente non vuole per il momento far sapere se alla fine darà il proprio forzato consenso alla fiducia: “Lo valuteremo”.
Rosy Bindi non esclude di votare contro: “Non si può non prendere in considerazione un voto contro a una legge resa immodificabile”, ha detto Bindi in Aula alla Camera criticando come “atto improprio” la fiducia posta dal governo sulla riforma elettorale.
Più battagliero Pippo Civati, che arriva a ribattezzare la legge “Obbrobrium”: “La fiducia sull’Italicum non la voto”.
Ma non arriva a uscire definitivamente dal Partito democratico: “È un passaggio drammatico, non solo per me. Se non vado via io, mi cacceranno loro. Ma preferisco andare via”. Non subito: “Vediamo, aspettiamo qualche giorno”.
Non pensa di strappare la tessera Roberto Speranza, che proprio a causa dell’Italicum ha lasciato l’incarico da capogruppo alla Camera dei deputati.
Ma la posizione è identica a quella di Civati: “Considero un errore gravissimo porre la fiducia sulla legge elettorale. Senza ostruzionismo e dopo un voto rassicurante sulle pregiudiziali. Ne ho votate tantissime in questi anni e ne continuerò a votare nei prossimi mesi. Ma questa volta no”.Stefano Fassina affida la sua decisione a Twitter: “Non si può votare”.
Prima defezione nella minoranza è quella di Cesare Damiano: “La richiesta di fiducia da parte del Governo rappresenta indubbiamente una forzatura che non era necessaria, soprattutto dopo l’andamento del voto sulle pregiudiziali. Continuo a pensare – prosegue Damiano – che continue prove di forza non sia produttive e che sia negativo smarrire la strada del dialogo. Non ho mai fatto mancare la fiducia ai Governi che hanno visto la presenza del Partito Democratico e la voterò anche in questa circostanza”.
“Rispetto al voto del provvedimento mi riservo, come sempre, di prendere una decisione finale”, conclude Cesare Damiano.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Partito Democratico, PD | Commenta »
Aprile 28th, 2015 Riccardo Fucile
L’ITALICUM A GRILLO VIENE BENE: PREMIO ALLA LISTA E NON ALLA COALIZIONE E BALLOTTAGGIO FAVORISCONO I CINQUESTELLE: DOVE LA TROVANO UNA NORMA PIU’ FAVOREVOLE?
Va in scena la finta opposizione dei grillini sull’Italicum.
Alle quattro del pomeriggio, mentre i suoi in Aula urlano al fascismo, il blog di Beppe Grillo apre così: #Marcia5Stelle per il reddito di cittadinanza, quarta tappa: Firenze. Per trovare un argomento attinente con la giornata va letto il post su Gennaro Migliore, una volta contrario alla legge oggi relatore convertito sulla via del renzismo: Migliore, il trottolino amoroso #noitalicum.
Uno sfottò, al massimo un attacco politico di routine. Solo quando la seduta alla Camera è finita, Grillo twitta: “Scempio #fiducia Italicum: nessun segnale da Mattarella. Dopo moniti di Napolitano, l’estrema unzione silenziosa del Quirinale. Eia eia alalà ”.
E poi: “Alla Camera è emergenza democratica! La Boldrini non muove un dito! Guardate cosa sta succedendo. Accadde solo ai tempi del fascismo”.
Il minimo, considerati i precedenti.
E fuori tempo massimo: “Che Renzi metteva la fiducia – dice un dem – lo sapevano pure i muri. Invece di twittare a cose fatte poteva riempire prima le piazze”.
Invece nessuna chiamata alle armi. Nulla a che vedere con i tempi di Rodotà -tà -tà , quando Grillo improvvisava discese su Roma convocando manifestazioni di fronte al Parlamento.
Il quale Rodotà , tra l’altro, era a un convegno a palazzo Madama, a pochi passi dall’Aula della “vergogna” e non ha lanciato alcuna crociata.
Luigi Di Majo attraversa il Transatlantico con passo rapido.
Scusi, Di Majo, ma di fronte alla fiducia? “Vedremo, se Renzi ci provoca, reagiremo”. Ma la reazione è al minimo sindacale.
In Aula si alza Fabiana Dadone, a nome del gruppo: “E’ un momento buio per quest’Aula e per la democrazia di questo paese. Che urgenza c’era?”.
Di fronte al momento buio però, oltre le urla, il nulla.
Non una manifestazione convocata fuori dalla Camera, come ai tempi dell’elezione del capo dello Stato. Nessuno sale su un tetto.
E dire che, quando i grillini si arrampicarono, lo fecero di fronte all’esame preliminare della verifica della Costituzione: “Roba che sul voto di fiducia sulla legge elettorale dovresti salire sulla torre Eiffel” dice un dissidente cacciato.
Nessuna occupazione della commissione, come pure è accaduto. Nessun Aventino.
Anzi Toninelli, colui che gestisce il dossier per il movimento, dice all’HuffPost con aplomb anglosassone: “L’obiettivo massimo è che l’Italicum non passi. Quello minimo è che esca indebolito con Renzi che prende meno voti rispetto alla maggioranza che ha sulla carta”.
Insomma, uno schiaffetto, non una chiamata alle armi.
E c’è un motivo se i pentastellati fanno la più classica delle pantomime: qualche urlo, opposizione al minimo sindacale e piazze vuote.
Ed è che, proseguono fonti informate, “questa legge ai Cinque stelle va benissimo”.
E non è un caso che il “reggente” Rosato, nel corso del suo intervento, ricorda che — nel corso del primo incontro in streaming — furono proprio i grillini a chiedere il premio alla lista e non alle coalizioni.
Renzi ha diversi ambasciatori che parlano con Di Majo ma anche con i singoli parlamentari: “Ma dove la trova Grillo una legge migliore di così per lui? A Grillo vanno bene i due punti fondamentali della legge elettorale che sono le liste con i capolista bloccati, perchè così stabilisce il gruppo parlamentare, e il ballottaggio, perchè, con questi rapporti di forza, il ballottaggio è tra Renzi e lui”.
Ed è per questo che tutta la tattica dei Cinque stelle, al netto della facciata, non disturba il manovratore.
Anzi, sul voto finale potrebbe arrivare proprio dai cinque stelle un piccolo soccorso a Renzi. “Venti, trenta voti” dicono quelli che con i Cinque Stelle ci parlano.
Un’altra ventina arriveranno invece da Verdini.
In verità sono già arrivati nel voto di oggi sulle pregiudiziali di costituzionalità e hanno bilanciato quella trentina della sinistra dem che hanno votato contro le indicazioni del gruppo.
Perchè è chiaro che pure l’opposizione di Forza Italia è, quantomeno inefficace.
Un azzurro alto in grado dice: “Ma come diavolo facciamo a dire che siamo al fascismo su una legge uguale a quella votata al Senato? Brunetta urla, metà dei nostri la votano. E Berlusconi appare distratto mentre sui giornali leggiamo che è in trattativa con Vivendi per Mediaset. Figuriamoci se riempie le piazze contro il governo”.
Già , figuriamoci. In Aula le urla. Fuori l’opposizione che non c’è.
Una pantomima, appunto.
(da “Huffingtonpost“)
argomento: Grillo | Commenta »
Aprile 28th, 2015 Riccardo Fucile
IN LISTA CON EMILIANO UN AMICO DI GASPARRI ED EX SOSTENITORI DELLA POLI BORTONE
Un attaccante per Adriana Poli Bortone. La candidata di Frate alla presidenza della regione Puglia sigla l’accordo con Francesco Moriero.
L’ex giocatore dell’Inter e della nazionale italiana che partecipò ai Mondiali di Francia nel 1998, ha deciso di schierarsi politicamente. Una novità assoluta per il salentino, che dopo l’esonero dal Catanzaro, di cui era allenatore, da un po’ di tempo vive a Lecce.
“Ammiro Silvio Berlusconi anche perchè, come uomo di calcio, ha fatto tanto. Ammiro anche Adriana Poli Bortone che è da sindaco di Lecce ha fatto tante buone cose”, le motivazioni di Moriero, che tra le fila berlusconiane segue le orme di Giovanni Galli, ex Fiorentina e già sfidante di Matteo Renzi per la poltrona di primo cittadino di Firenze.
Ma se il problema del centrodestra rimane quello di comporre le liste di uno schieramento che fa molta fatica a trovare una quadra, il problema – se così lo si vuol chiamare – dalle parti del Pd è diametralmente opposto.
Perchè, in pieno stile Partito della Nazione, le convergenze sulla candidatura di Michele Emiliano sono tra le più disparate. E a volta imbarazzanti.
Ha fatto rumore la notizia che a guidare la lista civica a supporto dell’ex sindaco di Bari sarà Desirèe Digeronimo, il pm che aveva indagato Nichi Vendola per aver favorito la nomina di un primario all’ospedale San Paolo.
All’epoca, dopo cinque anni, finì tutto con un’assoluzione. Ma oggi il leader di Sel è furioso: “Una sgrammaticatura pesante che merita pietas”, ha attaccato.
La pm si è difesa: “Ho fatto il mio lavoro, l’ho fatto con altri due magistrati. I processi appartengono al passato”.
In queste ore sta facendo poi discutere il caso di Molfetta.
Nella cittadina di 60mila abitanti a due passi dal capoluogo, l’intero consiglio comunale si è schierato con Emiliano.
Una situazione paradossale, nella quale oltre alla maggioranza cittadina di centrosinistra, come è normale che sia, anche moltissimi consiglieri del centrodestra sono confluiti nelle truppe dell’ex magistrato, a sostegno del collega Saverio Tammacco, candidato con i Popolari che di quella coalizione fanno parte.
Non è l’unico caso a far discutere il Pd.
Gli altri li ha ricostruiti l’Espresso.
“Tra i nomi che imbarazzano Nichi Vendola e che finiranno spalmati tra il triciclo dell’Udc e le due civiche della coalizione, c’è ad esempio quello Euprepio Curto, già molto amico di Maurizio Gasparri, ex Msi, poi An, infine Udc, parlamentare per quattro legislature, che nel 2010 è stato eletto con Adriana Poli Bortone.
È già partito con la campagna elettorale anche Peppino Longo, anche lui consigliere dal 2010 con la Poli Bortone. Prese 14 mila preferenze, e oggi si candida con l’Udc. Per Emiliano.
Con lui ci saranno anche Salvatore Negro, sempre dall’Udc in consiglio regionale, e – forse – Lillino Colonna, centrista ex vicesindaco di Altamura, in giunta con Forza Italia.
Direttamente nella lista del Pd dovrebbe invece trovare conferma Antonio Buccoliero, eletto nel 2010 con la lista di Rocco Palese, allora candidato presidente del centrodestra”.
(da “Huffingtonpost“)
argomento: elezioni | Commenta »
Aprile 28th, 2015 Riccardo Fucile
RENZI BLOCCA I SINDACI INDAGATI…UN DEPUTATO LASCIA IL PARTITO
“Se passano i sindaci indagati mi dimetto”. Un sms direttamente da Roma. Il mittente si scrive Lorenzo Guerini, ma si legge Matteo Renzi.
È la segreteria nazionale del partito che si è mossa come un sol uomo per bloccare l’inserimento nelle liste per le prossime regionali di Franco Alfieri e Dionigi Magliulo, sindaci rispettivamente di Agropoli e di Villa Briano.
E si è mossa proprio nelle ore in cui il parlamentino regionale del Pd discuteva, con toni da curva da stadio, della composizione delle liste.
Una situazione infuocata.
I sostenitori di Vincenzo De Luca hanno sostenuto fino all’ultimo i due, chiedendo al partito una scelta garantista: “Un’indagine – il ragionamento – non può impedire una libera scelta da parte della politica”.
I renziani hanno replicato, mettendo sul piatto che l’imputazione era talmente pesante (voto di scambio) da consigliare la prudenza.
E proprio per la natura delle accuse che la situazione non era minimamente paragonabile a quella di De Luca, condannato per abuso d’ufficio, una situazione paradossale che, per la Severino, lo dovrebbe allontanare dalla poltrona di governatore un secondo dopo l’eventuale vittoria.
Ma sono in tanti nel Pd ad accusare di doppiopesismo Renzi e i suoi. “Non c’entrano nulla garantismo o giustizialismo, è tattica politica – spiega un deputato Dem campano – Facciamo fuori Maurizio Lupi, non indagato. Tuteliamo i sottosegretari indagati. Poi i sindaci, che sono pesci piccoli, non esitiamo un secondo a silurarli. Non ci si capisce più nulla”.
Una situazione tesissima.
Al punto che la giornata in cui il consigliere regionale uscente de La Destra di Storace, Carlo Aveta, annuncia il proprio sostegno a De Luca (“Frutto di una riflessione personale e di vita”), dopo che nei giorni scorsi lo stesso avevano fatto Centro Democratico e Scelta Civica, il deputato del Pd Luca Vaccaro annuncia l’abbandono del partito.
Una decisione che verrà ratificata il 2 maggio, giorno del deposito ufficiale delle liste, “quando sarà chiaro che candidiamo un condannato e usiamo due pesi e due misure con i sottosegretari e i sindaci indagati”.
Un carrozzone al quale si aggiunge anche Eleonora Brigliadori, l’annunciatrice televisiva che da capolista dei Verdi sosterrà il sindaco di Salerno.
Nelle liste di De Luca, d’altronde, hanno trovato posto diversi sostenitori del centrodestra nel recente passato.
Da Paola Raia, attuale consigliere regionale della Campania, a Tommaso Barbato, ex Udeur, che cinque anni fa provò a far eleggere il figlio con il centrodestra e oggi si ripropone in prima persona dall’altra parte della barricata,
Nel Partito della nazione sbarca anche Franco Malvano, ex senatore di Forza Italia, attuale commissario antiracket della regione. Nominato da Caldoro, ovviamente.
Un vero e proprio caos organizzato, al quale si deve aggiungere la rissa sfiorata ad Avellino dopo il colpo di mano tentato dal segretario locale renziano Carmine De Blasio, che sarà risolta da un’istruttoria da parte dei vertici regionali, e il caso di Ercolano, dove il sostenitore del premier Ciro Buonajuto è stato indicato come candidato sindaco dal commissario regionale Teresa Armato, scatenando le ire del partito locale.
Luisa Bossa, deputata ed ex sindaco, ha tuonato: “Con l’imposizione dall’alto del candidato si completa una recita”.
La strada da qui al 31 maggio non sembra affatto in discesa.
(da “Huffingtonpost“)
argomento: Napoli | Commenta »
Aprile 28th, 2015 Riccardo Fucile
COMUNQUE VADA RENZI SI E’ GIOCATO IL PARTITO
Una pre giu di ziale di costi tu zio na lità sull’Italicum è più che giu sti fi cata, per chè il testo del Senato non tiene conto dei prin cipi sta bi liti dalla Corte costi tu zio nale nella
sen tenza 1/2014, ed anzi ancor più se ne allontana.
Quanto alla rap pre sen ta ti vità e al voto eguale, il 40% invece del 37% di soglia per il pre mio di mag gio ranza lascia un mega pre mio del 15%.
E in ogni caso è deci siva l’introduzione del bal lot tag gio.
La sen tenza 1/2014 aveva inteso ful mi nare la pos si bi lità – si badi, non la cer tezza – che un ridotto con senso nei voti si tra du cesse in una mag gio ranza asso luta di seggi. Dun que la domanda è: può ora acca dere con l’Italicum ciò che poteva acca dere con il Por cel lum? Cer ta mente sì, per chè al bal lot tag gio si arriva senza soglia.
Acce dono le due liste più votate al di sotto del 40%, quale che sia la per cen tuale
con se guita.
Anche se, per esem pio, fosse il 15 o 20%.
E se per ipo tesi tutti gli aventi diritto al voto con fer mas sero nel bal lot tag gio la scelta fatta nel primo turno, quel 15 o 20% si tra dur rebbe magi ca mente nel 55% dei seggi.
Il tutto è aggra vato dal pre mio alla sin gola lista e non alla coa li zione.
Che il bal lot tag gio curi i difetti del Por cel lum è un ingan ne vole gioco di specchi.
Quanto alla libertà degli elet tori di sce gliere i rap pre sen tanti, non basta limi tare il blocco ai capi li sta, sareb bero di fatto un’ampia mag gio ranza degli eletti.
Ma ancor più conta che ogni elet tore vota neces sa ria mente anche il capo li sta.
E se non lo vuole? Non può volere per una parte, e disvo lere per un’altra.
Il voto di tutti è ine vi ta bil mente con di zio nato ex lege, e quindi per defi ni zione non è libero.
Può il governo alzare il muro della que stione di fiducia?
Nel gen naio 2014 la Camera discu teva la legge elet to rale.
Par ti vano la sca lata di Mat teo Renzi a Palazzo Chigi, ancora occu pato da Enrico Letta, e la sta gione del Naza reno.
Sulla pre giu di ziale a prima firma Migliore (allora capo gruppo di Sel, ora Pd) si votò a scru ti nio segreto, su richie sta dello stesso Migliore e nes suno parlò di fidu cia.
Un pre ce dente si trova nel 1980, con la fidu cia posta da Fran ce sco Cos siga sulla
reie zione della pre giu di ziale di costi tu zio na lità a un decreto legge (AC, 26.08.1980, p. 17291).
In ogni caso, la vicenda del 1980 non sarebbe un buon pre ce dente, essendo il voto segreto per il rego la mento di allora pre vi sione di ordine gene rale, e non mirata a
ipo tesi tas sa tive come è oggi.
Con clu si va mente, tre punti.
Il primo.
Dal gen naio 2014 Renzi si è inde bo lito, pur essendo oggi pre mier. Pun tare tutto sul patto del Naza reno fu un errore che ora gli si river bera con tro.
Il secondo.
Il con ti nuo ricatto – crisi, scio gli mento anti ci pato – ci mostra come Renzi intende il par la mento e la poli tica in gene rale.
Il terzo.
Si con ferma che Renzi vuole imporre, appro fit tando della sca lata al par tito e a Palazzo Chigi, isti tu zioni prive di largo con senso, e per sino mino ri ta rie.
Come que sto dia forza e sta bi lità al paese qual cuno ce lo deve spie gare.
E non baste rebbe a tal fine il regalo – per niente certo – allo stesso Mat teo Renzi di qual che altro anno a Palazzo Chigi.
Molto dipende dai tre me bondi espo nenti della sini stra (?) Pd. È dif fi cile capirli.
Ormai, il segre ta rio ne ha dichia rato la morte poli tica. Cos’altro deve fare? Pas sarli nel catrame e nelle piume?
Per il resto, tutto il mondo già pensa che – con ecce zioni – barat tano il paese e le isti tu zioni con qual che mese di scranno par la men tare o pochi cen te simi di vita li zio. Uno scam bio mise ra bile.
Nes suno più com pra la mistica della «ditta». Ma quale ditta, se un ex-segretario come Pier Luigi Ber sani non viene nem meno invi tato alla festa dell’Unità , dove – come dichiara – sarebbe andato anche a piedi?
Se non ritro vano qui e ora una ragione di esi stere e una dignità ormai per so nale prima che poli tica, al pros simo turno elet to rale saranno comun que merce ava riata.
I ser vizi resi non ridanno una ver gi nità poli tica perduta.
Qual cuno dovrebbe spie gare a Renzi che il futuro del par tito se l’è già gio cato.
E ha fatto tutto da solo.
Massimo Villone
(professore ordinario di Diritto costituzionale nell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”)
argomento: denuncia | Commenta »
Aprile 28th, 2015 Riccardo Fucile
“CAMPI NOMADI? MEGLIO LE PIAZZOLE DI SOSTA, SI INTEGRANO MEGLIO”: QUANDO CORRERE DIETRO AI MATTI PORTA AL REPARTO DI PSICHIATRIA… ECCO COSA ACCADE IN EUROPA
Poche ore fa, in visita a Firenze, la segretaria di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni ha sostenuto: “I campi nomadi sono un modo per isolare queste persone, non per integrarle. Le piazzole di sosta possono farlo”.
“Stiamo proponendo su tutto il territorio nazionale l’allestimento di piazzole temporanee di sosta dove questi nomadi arrivano, pagano le utenze e dopo un periodo stabilito si devono spostare“.
La Meloni poi dice: “In altre nazioni ci sono piazzole di sosta attrezzate come queste che non riusciamo a fare noi. I campi nomadi legali esistono solo in Italia”
A parte l’umorismo involontario della migliore integrazione che le piazzole temporanee di sosta garantirebbero (è come sostenere la maggiore socializzazione degli automobilisti se si fermassero nelle corsie d’emergenza delle autostrade, rispetto all’autogrill), è il caso di informare la Meloni su cosa accade in Europa.
Anche perchè seguire dei matti per contendersi un pugno di voti può portare anche, nei casi gravi, al ricovero in psichiatria.
Il caso italiano
In Italia ci sono circa 180.000 persone di origine rom e sinti. Di questi, il 50% hanno nazionalità italiana e 4 su 5 vivono in regolari abitazioni, lavorano e studiano esattamente come gli altri cittadini italiani o stranieri nel nostro Paese.
La piaga dei campi nomadi interessa 40.000 persone. Insomma, 1 rom su 5 vive in un campo.
E già questo ridimensiona l’entità del fenomeno.
Campi che non dovrebbero esserci, dal momento che più volte la comunità europea si è espressa in tal senso, promuovendo iniziative per l’integrazione delle etnie, che vivono sparpagliate un po’ in tutta Europa.
A scorrere i Rapporti del Consiglio europeo, l’Italia sembra avere la maglia nera nella gestione della questione rom. La lista delle “mancanze” italiane è lunghissima.
Contrariamente agli altri paesi della vecchia Europa, non abbiamo una politica certa sui documenti di identità e di soggiorno mentre in altri paesi hanno la carta di soggiorno e anche i passaporti.
Nonostante molti Rom e Sinti vivano in Italia da decenni, non hanno la cittadinanza col risultato che migliaia di bambini rom nati in Italia risultano apolidi.
L’Italia, soprattutto, continua ad insistere nell’errore di considerare queste persone nomadi segregandole in campi sprovvisti dei servizi e diritti basilari mentre invece sono persone a tutti gli effetti stanziali.
Cosa accade in Francia
La Francia sembra aver adottato il modello migliore sul fronte dell’accoglienza per i rom.
Un modello che si muove tra l’accoglienza e la tolleranza zero, due parametri opposti ma anche complementari: da una parte la legge Besson che prevede che ogni comune con più di cinquemila abitanti sia dotato di un’area di accoglienza; dall’altra la stretta in nome della sicurezza.
Chi non rispetta le regole dei campi e dell’accoglienza è fuori per sempre.
I campi sono una soluzione di passaggio: si prevede, contestualmente, un programma immobiliare di case da dare in affitto ai gitani stanziali e terreni familiari su cui poter costruire piccole case per alcune famiglie semistanziali e in condizioni molto precarie.
Nella regione di Parigi sono stati creati campi per 560 posti in dieci anni e in tutto il territorio francese ce ne sono 10 mila, un terzo di quelli necessari.
Ma molti gitani e manouche vivono in case popolari e in vecchi quartieri. Pagano affitto, luce e acque. “Siamo responsabilizzati – racconta Arif, rom kosovaro, un pezzo della cui famiglia vive in Francia – viviamo nei centri abitati, non siamo emarginati, facciamo lavori come facchino, gommista, piccolo trasporto, pulizie, guadagniamo e firmiamo un Patto di stabilità per cui i ragazzi sono obbligati ad andare a scuola ed è vietato chiedere l’elemosina. Se siamo disoccupati per sei mesi abbiamo il sussidio e abbiamo anche gli assegni familiari. Certo chi sbaglia, chi delinque, chi ruba, chi non manda i figli a scuola, viene cacciato dalla Francia. E su questo punto siamo noi i primi ad essere d’accordo”.
Un altro risultato, visibile, è che in Francia difficilmente si vedono zingari in giro, ai semafori o nelle vie dei centri cittadini.
In campo lavorativo la città modello di integrazione rom è Lione.
A Lione il progetto Andatu ha mobilitato forze locali, civili e nazionali, coinvolgendo anche l’Ue e utilizzando fondi erogati dalla Commissione per migliorare l’accesso al lavoro per rom e sinti e l’accesso alle case pubbliche.
In più, vengono offerti gratuitamente corsi di lingua francese, periodi di training professionale e supporto piscologico per l’inserimentoaccattonaggio.
Cosa accade in Germania
In Germania i 120 mila circa Rom sono considerati per legge “minoranza nazionale”. Hanno diritti e doveri.
Sono state assegnate case, singole o in palazzine popolari, hanno avuto il sussidio per il vitto, chi ha voluto è stato messo in condizione di lavorare. Tutto questo al prezzo di rispettare i patti e la legge. Altrimenti, fuori per sempre.
Secondo l’ultimo rapporto del Fondo sociale europeo a Berlino il progetto Task Force OkerstraàŸe garantisce che rom e sinti vengano accettati dai loro vicini e pienamente integrati nella comunità , a cominciare dal quartiere dove trovano casa. Alle famiglie rom di Germania viene assicurato supporto legale nel rapportarsi con le autorità e vengono incoraggiate diverse attività sociali che coinvolgono i bambini.
Cosa accade in Spagna
La Spagna è il Paese europeo che registra la più alta presenza di rom e sinti, sono circa 750.000, l’1.6% della popolazione.
E Madrid rappresenta anche un modello per gli altri Paesi dell’Ue: non ci sono campi nomadi e il processo di integrazione tra popolazione locale e minoranze etniche è molto avanzato.
Nel campo della sanità la Spagna si distingue come esempio positivo. Il ruolo chiave è svolto dai “mediatori sanitari”, che lavorano per migliorare l’accesso e le condizioni sanitarie dei rom di Spagna.
Viene chiamato “modello Navarra”, dal nome della provincia che per prima ha fatto passi in tal senso diversi anni fa. All’interno del programma per il fondo sociale europeo (ESF) per la lotta alla discriminazione, la Fondazione Secretariato Gitano gioca in Spagna un ruolo chiave per l’integrazione sociale e lavorativa delle comunità rom e sinti.
Cosa accade in Danimarca e Svezia
Secondo il rapporto del Fondo sociale europeo 2014, Danimarca e Svezia sono dei modelli per l’integrazione di rom e sinti nel campo dell’istruzione.
In Danimarca il progetto Hold on tight Caravan, finanziato dal ministero per l’Educazione, promuove l’integrazione dei giovani appartenenti a minoranze etniche e il loro inserimento nel mondo del lavoro.
Oggi in Danimarca un numero sempre più alto di studenti rom e sinti ha accesso alle università e al servizio pubblico di scuola superiore.
In Svezia l’associazione per l’educazione in età adulta con sede a Goteborg offre borse di studio e supporto finanziario ai rom che non sono riusciti ad andare a scuola.
Tutte queste nazioni non hanno avuto l’illuminazione della Meloni e non hanno pensato che l’integrazione si potrebbe realizzare con le piazzole di sosta.
In efetti non tutte le destre europee hanno la lungimiranza di certa sedicente destra italiana.
argomento: Fratelli d'Italia | Commenta »
Aprile 28th, 2015 Riccardo Fucile
BAGARRE ALLA CAMERE TRA CRISANTEMI, URLA DI “COGLIONE”, “FASCISTI” E “VAI A FARE IN CULO”…RENZI: “MI MANDINO A CASA SE VOGLIONO”
Le opposizioni sono esplose in un moto di protesta quando il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi ha annunciato che il governo avrebbe posto a questione di fiducia sull’Italicum.
“Ci prendiamo la nostra responsabilità — ha replicato il presidente del Consiglio con un paio di tweet — La Camera ha tutto il diritto di mandarmi a casa, se vuole”.
In precedenza l’Italicum aveva superato i primi ostacoli, ma al governo non è bastato. Non è bastato a Renzi.
Ha voluto evitare rischi e ha voluto fare presto. Aveva promesso di chiudere la partita senza ferite entro le elezioni regionali, piccolo crinale della storia sia del Pd con il nuovo dna renziano sia del governo stesso.
Così l’esecutivo ha impiegato pochi minuti per riunirsi e dare il via libera a quello che sembrava “l’eventuale impiego” della fiducia.
Anzichè eventuale, è stato effettivo: la Boschi, appena uscita dalla riunione, si è presentata nell’Aula di Montecitorio e ha chiesto di porre la fiducia.
Fin lì l’Italicum aveva superato tutte le prime prove, alcune delle quali con il voto segreto: 4 pregiudiziali di costituzionalità , tre questioni di merito, la questione sospensiva. Tutti aspetti tecnici che però avevano mostrato una certa solidità della maggioranza.
La decisione del governo ha scatenato le proteste delle opposizioni, come prevedibile.
Dai banchi del M5s qualcuno ha urlato “Fascisti!“.
Maurizio Bianconi, fittiano di Fi, da sempre contrario al Patto del Nazareno, ha gridato “Vergogna” ed è stato richiamato all’ordine dalla presidente Laura Boldrini che ha fatto non poca fatica a mantenere l’ordine.
Alcuni deputati di Sel hanno lanciato crisantemi in Aula: “E’ il funerale della democrazia“, ha spiegato il capogruppo Arturo Scotto.
“Non consentiremo il fascismo renziano — ha aggiunto, gridando, il capogruppo berlusconiano Renato Brunetta — faremo di tutto per impedirlo, dentro e fuori questa Aula. Non consentiremo che questa Aula sia ridotta a un bivacco di manipoli renziani”.
“La gente — ha aggiunto il capogruppo Massimiliano Fedriga (Lega Nord) — si sta svegliando e ha capito che siete un bluff”.
Ma il dibattito è presto degenerato.
Si è arrivati presto all’insulto e la miccia è stato l’intervento di Ettore Rosato, vicecapogruppo vicario del Pd (il più alto in grado dopo le dimissioni di Roberto Speranza).
“Vergogna, vergogna!”. “Elezioni, elezioni!” hanno urlato i Cinque Stelle.
Di nuovo alla Boldrini c’è voluto del bello e del buono per riportare la calma: “Questa è un’Aula parlamentare bisogna lasciar parlare. E’ questione di rispetto”.
I deputati dei Cinque Stelle hanno distribuito insulti prima a lui (“coglione”, “vai a fare in culo”) poi alla presidente della Camera Laura Boldrini: “Collusa!” ha urlato Diego De Lorenzis.
“Lei — ha replicato la Boldrini — non può esprimersi in questi termini sulla presidenza. Ne dovrà rispondere”.
Parole che scatenano proteste cui Boldrini replica: “Contrastate le spiegazioni con gli insulti. Insultate, insultate pure. Complimenti…”.
La presidente della Camera aveva appena finito di spiegare come la questione di fiducia possa essere posta anche sulla legge elettorale (al contrario della vulgata).
La presidente della Camera ha citato l’articolo 116 comma 4 del regolamento dell’assemblea di Montecitorio che esplicita i casi in cui non si può porre la fiducia (e la legge elettorale non è tra questi).
Per contro il M5s cita una violazione dell’articolo 72 della Costituzione sulla formazione delle leggi. Ma la Boldrini ha citato una serie di precedenti, spiegando che “ci vorrebbe una esplicita modifica del regolamento della Camera, senza il quale la esclusione della possibilità di porre la fiducia sarebbe arbitrario”, ha concluso la presidente.
In questo modo passa in secondo piano, almeno per il momento, la lotta interna al Pd e l’atteggiamento che terrà la minoranza del partito.
Barbara Pollastrini parla della fiducia come di “strappo incomprensibile”.
Pippo Civati ha invece annunciato che voterà no alla fiducia e ha votato contro il governo quando si è trattato di pronunciarsi sulle pregiudiziali di costituzionalità .
Per il resto silenzio di tomba.
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: Parlamento | Commenta »
Aprile 28th, 2015 Riccardo Fucile
“IN ITALIA MERITO E’ SOLO UN’EPITAFFIO SULLA LAPIDE DI UN PAESE INCANCRENITO”
Buongiorno Matteo,
mi permetto di darti del tu perchè finora il tuo modo di porti con gli italiani è stato molto “friendly”, e perchè, come me, sei una persona giovane, che verosimilmente rifugge dalle formalità .
Tu hai sempre detto di voler lavorare “per” e “con” gli italiani. Hai posto sempre l’accento sul voler ricominciare partendo dalla rottamazione di ciò che non va.
Hai sempre parlato di Buona Scuola, affermando che il sistema scolastico sia in qualche modo il fulcro del sistema Italia. Vi è venuto in mente di scardinare il vecchio sistema delle graduatorie per premiare, attraverso concorsi pubblici, il merito.
Sicuramente l’avrete fatto anche sulla base dell’articolo 97 della Costituzione, che recita “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.”.
Più che giusto, secondo la Costituzione la norma generale per accedere al tanto agognato posto pubblico è il concorso. Gli altri metodi di reclutamento devono essere eccezioni.
La norma (peraltro primaria nella gerarchia delle fonti) parla chiaro e voi a questa vi sarete sicuramente appellati, senza pensare alle orde di precari che dopo anni di sacrificio oggi si troveranno ad affrontare un concorso per la stabilizzazione.
Alla collocazione in graduatoria si sostituirà il merito. Ben venga il merito. Ci speriamo tutti, nel merito.
Io ti dico però, Matteo, che la parola “Merito” in Italia è solo un’epitaffio sulla lapide di un Paese ormai incancrenito.
Ad esempio, ne sai qualcosa, Matteo, del fatto che i laureati in Scienze Politiche Nuovo Ordinamento (Ordinamento creato da politici come te, non da sfigati come me), non hanno potuto partecipare agli ultimi concorsi banditi dal Ministero per l’insegnamento?
Non mi dilungo su questo, sebbene io rientri nella categoria dei tagliati fuori con un illustre curriculum da 110 e lode a 25 anni (ormai di anni ne ho 33 come Cristo).
Ma, come ti ho detto, non mi dilungo perchè non è per parlarti solo ed esclusivamente dei miei problemi che scrivo.
Ne sai qualcosa, Matteo, del fatto che ai concorsi pubblici il fatto di poter favorire un candidato è diventato ormai più la regola che l’eccezione?
Sai che a detta di molti tante volte i posti sono attribuiti in base all’appartenenza ad un partito, e direi anche al grado di servilismo e sottomissione al sistema?
Parli tanto di Europa e del fatto che l’Italia in qualche modo debba riuscire ad adeguarsi agli standard europei, ma tanto per farti un altro esempio, non so se tu abbia mai sostenuto un esame di inglese per prendere un certificato.
Anche per ottenere un semplice Pet.
Sai che per conseguire un Pet si seguono molti più criteri di sicurezza e imparzialità che per sostenere un normale concorso pubblico in un qualunque paese d’Italia?
A me è capitato di sostenere concorsi pubblici in comuni in cui tutte le domande all’orale erano uguali per cui mentre il primo candidato sosteneva l’esame, gli altri stavano in un’altra stanzetta perchè non potessero sentire le domande.
Roba che un candidato qualunque si deve studiare tomi e tomi di leggi che manco gli impiegati conoscono, mentre se uno per caso sa le domande, studia quelle risposte ed è a cavallo.
Difatti una volta quello che poi divenne il vincitore non ha neanche aspettato di conoscere il risultato finale perchè aveva fame, mentre gli altri attendevano morti di fame con il fiato in gola, perchè il posto era per la vita.
Lo sai, Matteo, che quando vogliono i Commissari dicono solo sì sì sì e non fanno altre domande, e quando non vogliono spulciano?
Erano molto più imparziali i concorsi che si svolgevano in Cina per diventare mandarini secoli fa.
Non riuscite proprio a trovarlo un criterio di selezione più oggettivo, magari mettendovi seriamente d’impegno?
Che poi ora concorsi pubblici non ce ne sono quasi più, ma quando non garbano alle amministrazioni, li annullano e li rifanno.
A parte i concorsi, sai che da quando i Comuni devono ricoprire al 100% il costo di alcuni servizi, nelle famiglie italiane, in base al numero di componenti familiari e ai metri quadri della propria abitazione, stanno arrivando botte di 500 euro e più a famiglia solo per il servizio di raccolta dei rifiuti?
Non è che se si è in più componenti si è più ricchi! Nella maggior parte dei casi sono bocche in più da sfamare perchè disoccupate, ma del reddito non tenete conto ovviamente. E non andate a caccia di evasori, soprattutto quando denunciano zero euro di reddito.
E ancora, per caso sai che i commercianti non ce la fanno più a sopravvivere? Sono oberati di tasse e soffocano lentamente. Al tg dicono che ci stiamo riprendendo, ma le vendite parlano chiare. Forse siamo scemi noi, che non riusciamo a trovare il punto di contatto fra i numeri delle statistiche e il Paese reale.
Ancora, sai che per avere una cavolo di disoccupazione per pochi mesi di lavoro ho dovuto combattere per mezzo anno con l’Inps?
Mi spettava di diritto, ma la domanda era finita in non so quale meandro dell’Istituto, e ancora non ho visto soldi.
Capisco che ci sia tanto da fare. E’ un momento nel quale gli impiegati si trovano davanti gente arrabbiata (giustamente, aggiungerei) come non mai prima nella storia, ma non è che per sopperire a questo il call center Inps funzioni meglio degli sportelli. Se non sei fortunato trovi gente che non sapendoti rispondere ti sbatte anche il telefono in faccia.
E non è che la gente abbia voglia di fare il diavolo a quattro per un sussidio, ma in altri Paesi (Europei, non dell’Isola che Non C’è) funzionano gli uffici di collocamento.
Qui, negli uffici di collocamento, per sostenere i quali presumo l’Italia spenda una barca di quattrini in stipendi vari, ti dicono pure “Gli annunci cercali su Internet perchè sono più aggiornati di quelli che abbiamo appeso al muro noi”.
A un certo punto non è che noi siamo troppo esigenti, non ci sappiamo accontentare o balle varie. E’ proprio che in Italia non funziona niente.
Visti gli esempi che ti ho prodotto, ritieni ancora che la Buona Scuola sia il fulcro di tutto? Lasciatelo dire da una persona che sulla propria formazione ci ha investito tempo e denaro (diciamo non tanto io quanto la mia famiglia per pagarmi gli studi).
In questa Italia qua io ho tratto la più dolorosa conclusione potessi mai trarre.
Il problema non è la scuola. Il mio livello di istruzione, per questa Italia, è sin troppo alto.
Non fa che acuire il dolore e la consapevolezza che, qui, non c’è posto per me!
Buona giornata Matteo, e buona riflessione.
Manuela Podda
(da “Jack’s Blog”)
argomento: scuola | Commenta »
Aprile 28th, 2015 Riccardo Fucile
GIA TRE CONDANNE E UN ASSOLTO PER VIZI PROCEDURALI
La prima condanna per le “spese pazze” firmate dai consiglieri regionali della Lombardia era stata disposta dalla Corte dei conti.
Oggi è arrivata anche la giustizia penale. Il giudice per l’udienza preliminare Fabrizio D’Arcangelo ha mandato a processo 56 consiglieri e ne ha condannati tre a pene tra i 18 e i 24 mesi.
Quest’ultima pena è stata inflitta — con il rito abbreviato — all’ex vicepresidente regionale Pd Carlo Spreafico.
Tre sono stati gli imputati prosciolti (che non aveva chiesto riti alternativi) e uno invece è stato assolto (che aveva chiesto il rito abbreviato). Ma il riconoscimento di non colpevolezza è arrivato per vizi procedurali.
A processo Nicole Minetti e Renzo Bossi
I politici erano accusati a vario titolo di peculato e truffa. Il processo inizierà il primo luglio. Davanti ai giudici dovranno presentarsi anche Nicole Minetti, memorabili le sue richieste di rimborso per creme e anche un libro dal titolo “Mignottocrazia” e Renzo Bossi, figlio del Senatur, che avrebbe comprato videogiochi, sigarette e Red Bull.
Al Trota tra il 2010 e il 2012 vengono contestati 15.757,21 euro per aver messo in conto spese anche caramelle, gomme da masticare, cocktail come mojito, campari e negroni, patatine, barrette ipocaloriche, giornali, sigarette, un I-Phone, auricolari, un computer e il libro “Carta Straccia’ di Giampaolo Pansa.
Per l’ex igienista dentale si profila un altro guaio giudiziario dopo la condanna in appello per il caso Ruby.
Dalle aragoste alla nutella, tra le spese anche i gratta e vinci
L’inchiesta della Procura di Milano era stata chiusa il 5 marzo dell’anno scorso.
Conti alla mano, secondo i pm, i soldi pubblici spesi allegramente e illecitamente ammontavano a poco più di 3 milioni di euro.
Ma lo scandalo era scoppiato alla fine del 2012. Tra le spese gli uomini della Guardia di Finanza aveva rendicontato anche scontrini per comprare dolci in pasticceria oltre che per fare colazioni con brioche e caffè, noleggi auto e taxi, lecca lecca e anche biglietti gratta e vinci.
Soldi pubblici, secondo l’accusa, erano stati utilizzare per pagare cene a base di aragosta e sushi oppure merende con piadine e nutella.
Nella lista della spese dei consiglieri erano finite anche cartucce usate per la caccia comprate e le immancabili ostriche.
A sorpresa erano spuntati scontrini per l’acquisto di fuochi d’artificio da un rivenditore cinese. E poi computer e moltissimi articoli di elettronica, tra cui stampanti e web cam.
Poi cene in pizzerie napoletane, l’acquisto di un ovetto Kinder sorpresa, carne in macelleria, oltre a giocattoli come un Pinocchio e una clessidra. Ma anche aerei di carta da 15 euro e sono indicati anche numerosi scontrini per comprare birra, grappe e panini, in bar in orari notturni.
Inchiesta iniziata dopo i casi Boni e Nicoli e Cristiani
L’inchiesta sulle spese dei consiglieri era iniziata con le verifiche al leghista ed ex presidente del Consiglio regionale Davide Boni, accusato di corruzione, e all’ex assessore del Pdl Franco Nicoli Cristiani.
Dalle intercettazioni ambientali erano state riscontrate spese e fatture giustificate come impegni ‘istituzionali’ che di istituzionale, però, avevano ben poco.
A giudizio gli ex assessori della giunta Formigoni
Tra gli altri dovranno affrontare il processo davanti ai giudici della X sezione penale anche gli ex assessori della giunta Formigoni Romano Colozzi, Massimo Buscemi e Giulio Boscagli, l’ex presidente del consiglio regionale Davide Boni e l’ex consigliere Stefano Galli (entrambi in quota al Carroccio), tutti all’epoca dei fatti esponenti della maggioranza.
Per le opposizioni sono stati rinviati a giudizio Chiara Cremonesi, Luca Gaffuri ed Elisabetta Fatuzzo.
Dei quattro imputati che avevano scelto il rito abbreviato, il gup ha condannato oltre a Spreafico anche Alberto Bonetti Baroggi, eletto nelle liste del Pdl e che ha restituito alla Corte dei Conti la cifra contestata, e a un anno e mezzo di carcere Angelo Costanzo (Pd).
Assolto invece per un vizio procedurale Guido Galperti, attuale deputato del Partito Democratico. Prosciolti sempre per vizio procedurale gli ex assessori Gianni Rossoni e Mario Scotti e l’ex capogruppo del Pd Carlo Porcari.
Stralciata invece la posizione del’ex assessore Franco Nicoli Cristiani che ha chiesto di patteggiare una pena di oltre 2 anni in continuazione con la condanna già patteggiata per la vicenda della discarica di Cappella Cantone.
La sua richiesta verrà valutata da un altro gup il prossimo 30 aprile.
Il giudice D’Arcangelo depositerà le motivazioni degli abbreviati entro 15 giorni.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Giustizia | Commenta »