Aprile 19th, 2015 Riccardo Fucile
ALMENO DIECI ANNI DI CARCERE DURO, PERDITA DEI DIRITTI CIVILI E DELLA PATRIA POTESTA’ E SEQUESTRO DEI BENI: COSI’ L’ITALIA SI LIBERA DELLA FECCIA RAZZISTA
La tragedia dei 900 immigrati annegati nel canale di Sicilia riporta alla luce le solite polemiche: la assurda cancellazione dell’operazione Mare Nostrum, voluta dalla Lega e subita dal vile Afano per risparmiare quattro soldi (meno delle tangenti di Expo) e fare contenti i razzisti nostrani, ha generato migliaia di altre vittime innocenti.
A nulla servono ora le accuse di “sciacallo” rivolte da destra e da sinistra a Salvini che, come tutti i killer professionisti, accusa sempre le vittime di essersi sparate da sole.
A nulla servono le accuse al’Europa quando non si ha il coraggio e la dignità di fare da soli.
A nulla serve l’ipocrisia dell’ “aiutamoli a casa loro”, quando l’Italia è tra i Paesi che non caccia un euro per creare strutture umanitarie e operare interventi concreti come un cordone umanitario che consenta di selezionare e filtrare gli arrivi agendo nei luoghi di origine dei flussi.
Basterebbe installare in Libia una zona di accoglienza sotto il controllo militare europeo, gestito dai centri umanitari dove sia garantito il rispetto dei diritti umani e una quota di imbarchi sicuri per l’Europa.
Ma questo non interessa: rende di più speculare sulla vita altrui, diffondere sui social notizie false allo scopo di far aumentare la “sensazione di insicurezza” degli italiani e alimentarne così l’odio verso i “diversi”.
Peccato che nessuno abbia le palle di applicare la legge e di potenziarne le misure: chi istiga all’odio razziale già ora dovrebbe essere perseguito penalmente, ma ciò non avviene.
Basterebbe un’operazione seria di accertamento sul web e qualche migliaio di persone che amano istigare odio sui social finirebbero a Pianosa, ristrutturata per l’occasione.
Il reato dovrebbe essere equiparato a quello di attentato alla sicurezza nazionale e prevedere almeno dieci anni di carcere duro come per i mafiosi, perdita della patria potestà e sequestro totale dei beni.
Per questo genere di reato dovrebbe venir meno qualsiasi immunità parlamentare e se un partito politico predica odio razziale viene sciolto e i suoi dirigenti arrestati immediatamente, come avviene nei Paesi civili.
E dato che siamo di fronte a rivoluzionari in pantofole in meno di 24 ore tutti si spenderebbero in parole d’amore verso i diritti umanitari e i social tornerebbero vivibili .
Questo dovrebbe dire e fare una destra vera che non distingue in base alla razza, che non cerca consensi sull’odio, che non vive di egoismi ma di solidarietà verso i più deboli.
E non ci vengano a dire che costerebbe troppo: basterebbe che molti di quelli che vogliono affogare i profughi pagassero le tasse e non incassassero mazzette e avremmo i soldi per aiutare sia gli italiani indigenti che diverse migliaia di profughi.
Ma questa sarebbe un’altra Italia e un’altra destra.
Quella della legalità , dei diritti e dei doveri.
Un giorno sorgerà una destra che regolerà i conti anche con questa feccia.
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Aprile 19th, 2015 Riccardo Fucile
NO AL BLOCCO NAVALE: “E’ UN TAXI PER GLI SCAFISTI”
“Settecento non sono un numero ma sono vite e altrettante storie. Questa tragedia — sottolinea il premier Renzi – è avvenuta in presenza di soccorsi non in assenza. È un punto importante: i soccorsi c’erano. Ecco perchè dobbiamo fare di tutto per non farli partire e impedire che diventino merce per i trafficanti di uomini”.
Il premier ha cancellato tutti gli impegni della campagna elettorale, ha indossato una cravatta nera e ha convocato mezzo governo — il ministro della Difesa Roberta Pinotti, degli Esteri Gentiloni, dell’Interno Angelino Alfano e il sottosegretario con delega all’intelligence Marco Minniti — per stendere la lista delle priorità .
Cosa andare a chiedere e a pretendere in Europa. Sul tavolo convocato oggi con urgenza a palazzo Chigi, a cui hanno partecipato anche il capo della polizia Alessandro Pansa e i vertici dello Stato maggiore della Difesa, ci sono interventi immediati “nel breve periodo”. E altri, “che richiedono più tempo”.
Nessuno dei presenti ha avuto dubbi: “Solo con l’impegno di Bruxelles e del resto del mondo si può cercare di mettere fine a quella che è una vera e propria ecatombe nel canale di Sicilia”.
Sono 1.500 morti dall’inizio dell’anno a cui si aggiungono i 700 di stanotte e i 400 di cui ancora non c’è certezza di quattro giorni fa. Quasi mille (976) gli scafisti arrestati.
Centri sorvegliati vicini alle zone di arrivo.
È una delle misure da prendere nell’immediato “per evitare che gli immigrati vadano in giro senza controllo, soprattutto i minori, e cercare di dare un po’ di ordine agli arrivi”.
Allo studio l’ipotesi di “allestire strutture nei pressi dei porti di arrivo dei flussi”.
Si parla di “tensostrutture o altre strutture mobili nella disponibilità della Protezione civile”. Ma anche l’utilizzo di “edifici abbandonati, caserme e impianti sportivi dove poter fare tutti i controlli sanitari necessari e garantire una adeguata sorveglianza con i militari”.
Il rischio infiltrazione dei flussi clandestini da parte di terroristi o militanti non può più essere esclusa quando gli arrivi diventano praticamente incontrollati.
E incontrollata sta diventando la loro gestione.
Di circa 190 mila arrivi da gennaio 2014 a oggi, nelle strutture di accoglienza risultano assistite 70 mila persone. Che fine hanno fatto gli altri?
Il Viminale precisa che è “sbagliato e non corretto fare la sottrazione e dire che 120 mila clandestini sono andati alla macchia poichè molti di loro arrivano in Italia ma partono subito per gli altri paesi europei dove poi chiedono lo status di rifugiato”. Sono 20 mila gli arrivi dall’inizio dell’anno, undicimila negli ultimi dieci giorni.
Gli osservatori dicono che ci sono “almeno 250 mila persone pronte a partire stipate nei lager libici in mano ai trafficanti”.
Con una media di 2.500 euro a persona, si tratta di un giro d’affari milionario concesso ai criminali.
Peggio ancora, forse, ai terroristi dell’Isis. E questa è certamente l’altra emergenza. Non più umanitaria ma di sicurezza.
No a nuove emergenze.
Qualcuno ci proverà in queste ore di tragedia a mettere sul tavolo nuove ed ulteriori stati di emergenza.
Ma il premier non ha alcuna intenzione di cedere su questo punto. “L’emergenza — suggeriscono i tecnici dell’immigrazione – va gestita con strumenti ordinari e nessuna deroga”. Le inchieste giudiziarie raccontano, purtroppo, i meccanismi corruttivi che si scatenano davanti alle emergenze.
Il muro navale? “Un equivoco”.
Al tavolo di palazzo Chigi trova posto il tanto novellato “muro navale”, il sogno di Salvini, una soluzione anche per Forza Italia a cui oggi si sono aggiunte le voci di Casini e del sottosegretario alla Difesa Gioachino Alfano.
Renzi è stato categorico: “Non se ne parla, può diventare persino un favore agli schiavisti”.
Per chi si occupa in prima fila di immigrazione, ed era oggi al tavolo, il muro è “un’ipotesi del terzo tipo, cioè impossibile finchè non c’è il via libera dell’Europa su come e dove ripartire i profughi”.
Non solo, infatti, il Muro navale diventerebbe “una calamita” per gli scafisti ma, soprattutto, dove vengono dislocati gli immigrati una volta sulle navi?
“E’ impossibile riportarli in Libia – dove manca interlocuzione politica e da dove parte il 91% dei flussi – e Tunisia e Egitto non hanno intenzione di diventare il ripiego dell’emergenza”. Se non si hanno chiare queste premesse, verrebbe quasi da pensare che chi sta sventolando ai quattro venti la soluzione del muro “non sappia di cosa parla”.
Cos’è dunque il “muro navale”? Nelle intenzioni di chi lo propone sarebbe una barriera di navi, ciascuna e anche più d’una per ciascuno dei 28 paesi membri, che raccoglie in acque internazionali i barconi con i disperati. Fin qui, si dice, nulla da eccepire: il Muro sarebbe il primo attracco per gli immigrati, il luogo dell’identificazione e delle prime cure.
Ma poi — chiedono retoricamente al Viminale — “cosa succede subito dopo?”.
Nessuno ha la risposta. A meno che Bruxelles, oggi chiamata in causa da Hollande e da lady Pesc Mogherini, non decida di sbloccare il passaggio decisivo di tutta la faccenda: “Superare gli accordi di Dublino (l’immigrato è in carica al primo paese dove richiede asilo, ndr) e passare a criteri di equa distribuzione tra tutti i paesi”.
Se non c’è questo ribaltamento, è stato detto nella riunione di governo, “il muro navale diventa solo una tombola utile a sotterfugi meschini”.
I campi in Africa: via libera dal Niger.
È la soluzione a cui sta lavorando l’Italia. Si tratta di allestire campi nei paesi africani lungo le rotte della tratta prima che i flussi arrivino in Libia, in questo caso Niger e Sudan, dove gli immigrati e i profughi possono ricevere un programma di formazione e rimpatrio nel caso non abbiano diritto all’asilo e dove invece possano sbrigare le procedure di asilo qualora ne abbiano i requisiti.
Il sottosegretario all’Interno Domenico Manzione ha già avuto il via libera degli organismi internazionali di Ginevra (Unhcr, OIEM e Croce Rossa) che dovrebbero gestire i campi.
Nelle scorse settimane è stato in Niger dove ha ottenuto un via libera di massima. Manca il Sudan ma solo perchè ci sono state da poco le elezioni e non è stato ancora insediato il governo.
Anche qui, però, e ancora una volta, “è necessario che l’Europa si faccia carico secondo criteri di equa ripartizione dei profughi che hanno diritto all’asilo”.
Questo il quadro dell’emergenza.
Al cui tavolo europeo e internazionale, però, per ora siede solo l’Italia. Che da sola non può più prendere iniziative. Renzi ha parlato oggi con Hollande, Merkel, il commissario Jean Claude Juncker, in serata con Cameron, tutti consapevoli — assicura — “della tragedia”.
L’Italia punta ad un Consiglio europeo “entro la settimana”. Alla “propaganda” di Salvini & c., Renzi dedica le parole finali del suo intervento: “Questa è una faccenda drammaticamente seria, le speculazioni politiche sono inaccettabili”.
(da “Huffingtonpost“)
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Aprile 19th, 2015 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DI MEDICI SENZA FRONTIERE, TERRE DES HOMMES, CROCE ROSSA, CONSIGLIO ITALIANO DEI RIFUGIATI, UNHCR, AMREF, SANT’EGIDIO, FONDAZIONE MIGRANTES, CARITAS
Un’operazione tipo Mare Nostrum ma europea: a chiederla sono le principali organizzazioni umanitarie, che, sollecitano l’Europa a intervenire subito e in maniera incisiva per evitare che tragedie come quella di oggi nel Canale di Sicilia, ma che ormai si verificano quasi quotidianamente nelle ultime settimane, si ripetano. “Contro le tragedie di migranti in mare serve un’operazione Mare Nostrum europea. La chiediamo da oltre un anno e non c’è stata risposta” ha detto Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr.
“Ci troviamo in un momento epocale per numero di persone in fuga dalle guerre. Per questo è necessaria una strategia di intervento condivisa da tutti i Paesi europei” ha aggiunto Sami, secondo la quale bisogna anche aprire “canali legali di ingresso per i rifugiati che riguardino tutti i paesi europei”.
“Non ci si può fermare ad un’operazione Triton, che da subito abbiamo considerato e contestato come insufficiente a salvare le persone in mare, occorre fare uno sforzo unitario in Europa, per un’operazione che abbia le stesse caratteristiche di ‘Mare Nostrum’ e non sia quindi un semplice controllo di frontiere, ma diventi veramente un presidio umanitario del Mediterraneo, che possa salvaguardare la vita delle persone” afferma ai microfoni della Radio Vaticana monsignor Giancarlo Perego, il direttore della Fondazione Migrantes che fa capo alla Cei.
Anche secondo il direttore della Caritas italiana, don Francesco Soddu, “l’idea di un’Europa inespugnabile sta barcollando sotto i colpi di una umanità disperata che in fuga dai propri paesi sta mostrando il volto peggiore degli effetti della globalizzazione. Iniquità , conflitti, ideologie sono i fattori che determinano il costante aumento dei flussi di profughi verso il continente europeo”.
Olivero Forti, responsabile per l’immigrazione della Caritas Italiana aggiunge: “Ormai noi siamo stufi e indignati nel contare morti in mare. C’è bisogno di un’operazione – italiana, europea o per mano dell’Onu – che salvi queste vite, perchè se continuiamo a discutere su chi dovrà fare questa operazione, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi si ripeteranno tragedie di questo tipo, e noi non vogliamo più che questo accada”. “La situazione – infatti – è preoccupante, perchè chiaramente i flussi aumentano”.
“Lo sapevamo, lo abbiamo urlato e oggi assistiamo impotenti a questa nuova carneficina. L’Europa non può più tacere. Mare nostrum deve diventare un programma europeo”.
Così la Croce Rossa Italiana a proposito del nuovo naufragio avvenuto al largo delle coste libiche.
Con l’Europa se la prende anche Medici senza Frontiere: l’Ue fa “proclami sull’accoglienza” ma poi “erige muri” contro l’immigrazione e così “scava una fossa comune di dimensioni pazzesche nel Mediterraneo” dice Loris De Filippi di Msf Italia.
“Avevamo chiesto a Renzi di impegnarsi in Europa perchè l’operazione Mare Nostrum fosse ripresa integralmente dall’Ue; avevamo avuto rassicurazioni, in realtà quello che vediamo è un continuo stillicidio giornaliero”.
Anche il Consiglio Italiano dei Rifugiati attende che l’Europa batta un colpo. “Questa vergognosa indifferenza deve finire – dice il direttore Christopher Hein – deve essere subito convocata una riunione straordinaria del Consiglio Europeo, perchè l’Ue si assuma finalmente la responsabilità di dare risposte politiche e operative”.
“L’Europa, inerme, non riesce a dare una risposta adeguata” è l’accusa anche di Amref, ong che lavora in Africa, mentre Mare Nostrum europea ma anche apertura di canali umanitari sono le richieste di cui il Governo italiano, secondo Terre des Hommes, deve farsi portavoce in Europa.
E una “improrogabile intesa europea” è invocata anche da Emma Cavallaro, presidente della Convol (Conferenza delle associazioni di volontariato).
Va oltre l’Europa la Comunità di Sant’Egidio: se l’Ue non è all’altezza di fermare le inaccettabili stragi del mare, dicono, è l’Onu che deve scendere in campo utilizzando tutti gli strumenti possibili, fino alla convocazione urgente di una riunione del Consiglio di sicurezza, perchè “si è di fronte a un numero di vittime che assomiglia a quello di una guerra”.
(da “la Repubblica”)
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Aprile 19th, 2015 Riccardo Fucile
NOVE MILIONI DI ITALIANI FANNO FATICA A CURARSI
La crisi economica erode il diritto alla salute.
Tra migranti e italiani poveri cresce, infatti, il numero di persone con difficoltà nell’accesso alle cure mediche.
Per loro è pensato il “Programma Italia” di Emergency che attraverso una serie di poliambulatori opera in diverse aree del Paese, da Mestre a Palermo.
“Le condizioni di vita di tanti migranti nelle campagne del Sud sono di incredibile degrado e — racconta il dottor Mimmo Risica, cardiologo veneziano, per molti anni tra i volontari di Emergency in Africa e ora a capo degli ambulatori sociali in Italia — di fronte a ciò abbiamo deciso di intervenire con un piano di assistenza medica specifico per l’Italia”.
Ai migranti si aggiunge un’ampia fascia di popolazione italiana che, impoverita dalla crisi, ha rinunciato a curarsi.
“Il ticket è diventato una spesa non sostenibile anche per molti italiani, alcune stime parlano di nove milioni di nostri connazionali che fanno fatica a curarsi”, prosegue Risica.
Gli ambulatori di Emergency, attivi anche con strutture mobili, hanno già curato 80mila pazienti, operando “con un prontuario farmaceutico estremamente ridotto ed evitando di chiedere analisi cliniche che non siano davvero utili”
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 19th, 2015 Riccardo Fucile
“NON MI DIMETTO DALLA POLITICA, MA DA QUESTO PARLAMENTO”…”VOGLIO VIVERE DEL MIO LAVORO”
“Dal 1 settembre mi dimetto dal Parlamento. Sono parlamentare da 15 anni, non mi dimetto dalla politica ma da questo parlamento”.
Così Enrico Letta ha annunciato alla trasmissione di Fazio “Che tempo che fa” la rinuncia al suo posto da deputato.
E anche alla pensione che ne verrà . “Voglio vivere del mio lavoro”.
Che sarà anche quello di guidare la scuola di Affari Internazionali, facoltà di Scienze Politiche a di Parigi.
Letta, assente da un anno e tornato per presentare il suo libro “Andare insieme, andare lontani” ha spiegato anche i passaggi delle dimissioni da parlamentare.
Ha spiegato di averne parlato con il Presidente della Repubblica, non con Matteo Renzi. “Lo saprà stasera, come molti nel PD, ma non sarà un problema, #siamosereni nel nostro rapporto”.
Letta previene anche le facili contestazioni della scelta: “Qualcuno dice che prenderò la pensione, non ne prenderò alcuna. Io vivrò del mio lavoro. Sarà un’avventura professionale avvincente, nuova.”.
Infine ha precisato : “Ho fatto il ministro, il capo di un governo nato in circostanze straoridnarie. Penso che essendo stato in quella funzione sia utile che mi rigeneri in altre attività , che sia più utile “fuori”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 19th, 2015 Riccardo Fucile
SARANNO COSTRETTI AD AUMENTARE I TRIBUTI LOCALI COME TASI, IMU E TARI, MA RENZI POTRA’ DIRE CHE LUI NON AUMENTA LE TASSE
Un miliardo e mezzo di tagli piomberanno a breve nei bilanci dei Comuni italiani.
Il decreto di Palazzo Chigi ha spalmato i sacrifici tra i campanili. E dopo la pubblicazione delle tabelle qualche giorno fa sul sito del Viminale, le prime proiezioni confermano che piove decisamente sul bagnato
I dieci Comuni che da gennaio sono anche Città metropolitane, ad esempio, raddoppiano e arrivano da soli in totale a mezzo miliardo di spending review : 259 milioni come ex Province e 244 milioni in qualità di municipi.
Se Roma, Napoli e Firenze sommano il 70% dei 259 milioni di tagli (il governo è disponibile a riequilibrare i pesi, ma a saldi invariati, quindi le Città metropolitane devono mettersi d’accordo tra loro), gli altri 244 milioni si scaricano per oltre la metà sulle città di Napoli (51 milioni), Roma (47 milioni) e Milano (36 milioni).
«Il contributo chiesto per quest’anno ai Comuni è senza dubbio esagerato e fuori linea», reagisce Guido Castelli, sindaco di Ascoli Piceno e presidente Ifel, la fondazione dell’Anci per la finanza e l’economia locale.
I dati del Viminale, rielaborati dalla Cgia di Mestre, mettono in allarme cittadini e imprese. «Con meno soldi a disposizione è quasi certo che i sindaci saranno costretti ad aumentare i tributi locali, come Tasi, Imu, Tari, addizionali», osserva il segretario Cgia, Giuseppe Bortolussi.
Il punto è che il miliardo e mezzo, di cui ora si conosce la distribuzione, si somma al miliardo di tagli richiesti a Province e appunto Città metropolitane e quelli pretesi dalle Regioni (2,3 miliardi solo sulla sanità , 5 in tutto). Per i territori è un momento critico.
Ma non basta.
Venerdì scorso è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto ministeriale sul ripiano del deficit degli enti locali.
Di cosa si tratta? Da quest’anno, il nuovo sistema di contabilità impone a Regioni, Comuni e Province un’operazione verità sui propri bilanci.
E cioè individuare, tra i cosiddetti residui attivi, quei crediti oramai a rischio esigibilità da sterilizzare con un fondo apposito.
In pratica, entrate dubbie, probabili future perdite e dunque attuali minori spese che gli enti non possono fare. A livello nazionale, si parla di almeno 3 miliardi da individuare entro il 30 aprile e poi riporre in frigorifero. Altre ristrettezze.
Ma non finisce qui.
Fonte di ansia per i Comuni è pure quella posta da 625 milioni che lo Stato ha garantito a 1.800 municipi lo scorso anno (come compensazione per le perdite di gettito nel passaggio da Imu a Tasi) e che ancora non spunta fuori.
Solo Milano attende 90 milioni.
Senza parlare dello spettro finale, i tagli della mega spending review da 10 miliardi previsti dal governo per il 2016.
«Se nel paragrafo 100 della bozza del Def, poi sparito, si diceva che 6 miliardi su 10 sarebbero stati a carico delle autonomie, è lecito aspettarsi il peggio», insiste Castelli. L’incontro tra i sindaci e il premier Renzi di mercoledì scorso, d’altro canto, non è andato benissimo.
«Molto duro e difficile, sebbene franco», raccontano i partecipanti. «Se l’economia reggerà , a settembre non ci saranno nuovi tagli nella legge di Stabilità per il 2016», insiste Renzi. In pochi ci credono.
Anche perchè della madre di tutte le battaglie, quella Local Tax così sbandierata, non si parla ancora. E da lì si capirà quante risorse restano davvero ai territori.
Valentina Conte
(da “La Repubblica”)
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Aprile 19th, 2015 Riccardo Fucile
RENZI, UN AMEREGANO DEL KANSAS CITY
Era il 29 marzo 2014 e i giornali e i tg italiani (all’insaputa di quelli americani) si stupirono molto per gli elogi di Obama, in visita a Roma, a Renzi e Napolitano, ma anche agli altri monumenti della Capitale, tipo il Colosseo.
Corriere della sera: “L’incoraggiamento di Obama all’Italia. Elogio di Napolitano”, “Matteo, ti aiuto io”, “La fiducia sulle riforme di Renzi. E a Napolitano: con te Italia fortunata”.
Repubblica : “L’intesa tra Obama e Renzi: ‘Giusto cambiare l’Eu — ropa’. ‘Che roccia Napolitano’”.
La Stampa: “Obama scommette su Renzi. ‘Sangue fresco, farà bene all’Europa’”. “Barack-Mat — teo: ‘Yes we can’”. “L’energia del premier conquista il leader Usa”. Messaggero : “Obama a Roma: mi fido di Renzi”. Unità : “Cresci — ta e lavoro: yes we can. Obama promuove Renzi”.
Forse si aspettavano che Obama prendesse per i fondelli Renzi per la sua somiglianza con Mister Bean e Jerry Lewis, e magari Napolitano per la sua età giurassica.
Quella di scambiare qualche sorriso, qualche pacca sulle spalle, qualche convenevole, qualche parola di circostanza, cioè l’ordinaria amministrazione dell’arte della diplomazia, per formidabili aperture di credito non è una novità , per la stampa più servile e provinciale del mondo.
Basta cercare su Google le parole chiave “Obama”e“premier italiano” per scoprire che, da quando è presidente, secondo i giornali italiani Obama s’è innamorato di tutti i nostri premier.
19 gennaio e 9 febbraio 2012: “Obama promuove Monti”. 18 ottobre 2013: “Obama promuove Letta”.
Pure Merkel, Hollande e tutti gli altri capataz mondiali non fanno che “promuovere” gli ometti che si succedono a Palazzo Chigi, immancabilmente “colpiti” e “impressionati” dalle loro “riforme”, ovviamente “strutturali” e all’insegna della “crescita”.
Appena vide Monti, Obama proruppe: “Ho piena fiducia nella leadership di Monti e voglio solo dire quanto noi apprezziamo la poderosa partenza e le misure molto efficaci che sta promuovendo il suo governo”.
Un anno e mezzo dopo, al cospetto di Letta, non riuscì a trattenersi: “Non potrei essere più colpito dall’integrità , dalla profondità di pensiero e dalla leadership di Enrico Letta”.
L’altroieri toccava a Renzi, ultimo leader europeo ricevuto alla Casa Bianca dopo 14 mesi di anticamera punitiva per la sua politica estera filorussa, in perfetta continuità col putinismo berlusconiano.
E Obama ha reinserito il pilota automatico: “Sono molto colpito dall’energia di Renzi e impressionato dalle sue riforme”, ovviamente per la “crescita”.
Ancora una volta i giornali perdono la memoria, i freni inibitori e soprattutto le bave. La Stampa, pagina 1: Paolo Mastrolilli sottolinea “la chimica personale nata tra Barack e Matteo”. Anche perchè Matteo Zelig ha detto a Obama che “l’America è il mio modello”, esattamente come aveva detto alla Merkel “la Germania è il mio modello”. E meno male che non è ancora andato in Grecia.
La Stampa, pagina 3: riecco “la buona ‘chimica’ emersa tra i due”, stavolta a firma di Paolo Baroni e Fabio Martini.
Nel giornale della Fiat si gioca tutti al Piccolo Chimico, senza neppure sincronizzare i sostantivi e le lingue.
E poi via, una profluvie di Renzi “Obama italiano”, anzi “Matteo l’Amerikano”: “usa lo stesso acronimo, Jobs Act, per restituire lavoro e spazio ai giovani” e pure “la deregulation” che cancella l’articolo 18, “un passo avanti verso la modernità , molto americana”.
Con la differenza che Obama ha creato milioni di nuovi posti di lavoro, mentre il Jobs Act all’italiana solo 13 (non milioni: unità ). Ma questo non si dice.
Si va di turibolo, tra “il sogno americano”,“la forza di sfidare il futuro puntando sulla crescita”: pure il Quantitative Easing di Draghi e il Piano Junker li ha inventati Renzi. Su Repubblica , poi, Francesco Bei si bea: “’Caro Matteo’, ‘Caro Barack’.
Era dai tempi dell’idillio Bush-Berlusconi che non si vedeva tanto calore.
La chimica è scattata”. E te pareva. Renzi scopre che Obama lo copia: “Ha usato le stesse parole che ripeto io a ogni Consiglio europeo”.
Sarà l’Nsa che spia tutti? Ah saperlo. Poi c’è la perfetta “sintonia sulla crescita, quasi un atto di accusa alla Germania. Mentre a casa i Fassina e i Landini lo dipingono come servo della Merkel, Renzi viene apprezzato dagli americani come l’antagonista europeo del rigore”.
Non dite a Bei che, sopra il suo articolo, c’è quello di Rampini che riporta le parole esatte di Obama: “Io non critico la Merkel, grande alleata. Renzi è sulla strada giusta avendo avviato le riforme che vi chiedeva la Merkel”.
Quindi è Obama, non Landini e Fassina, a dargli del servo della Merkel. Bei però è troppo beato per accorgersene: “Il body language della conferenza stampa, i segni del linguaggio del corpo, il ‘tu’ confidenziale (you equivale anche a ‘lei’, ma lui non lo sa, ndr), puntano tutti nella stessa direzione”.E “la stretta di mano”? È“una presa amichevole, come fanno i ragazzi tra di loro, con l’avambraccio in verticale”.
E la lingua in orizzontale, supportata da foto e didascalie: “Alcuni gesti con le mani di Obama e Renzi sono apparsi curiosamente simili”. “Kerry fa un gesto di approvazione alla delegazione italiana”. Poi “Obama cinge le spalle di Renzi”, finale chapliniano. Matteo ringrazia Barack nel suo impeccabile inglese oxfordiano: “Sei stato molto ispirational”.
E Obama — gli legge nel pensiero Bei — si sente “un europeo travestito”, anzi un “italiano onorario” in America, come l’Alberto Sordi di Uozzameregaboys!, grazie ai vini che Renzi ha donato, “il top dei vitigni toscani”, e han fatto subito effetto. Soprattutto sul cronista: “Renzi ha trascorso le sue 36 ore washingtoniane a vivere per intero il film in cui il protagonista era lui stesso. Come una puntata di House of cards, la sua serie preferita. Non a caso, come Frank Underwood, la giornata di Renzi inizia con una corsa di un’ora lungo i prati che portano da Capitol Hill, passando sotto il grande obelisco, fino al Lincoln Memorial”.
Praticamente, un ameregano del Kansas Sity.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 19th, 2015 Riccardo Fucile
DALL’ASSENZA DI UNITA’ DI CRISI AGLI ACCORDI DI DUBLINO: TUTTI GLI OSTACOLI PER UNA RISPOSTA COMUNE DEI 28 PAESI
L’emergenza è scattata non appena è giunta la terribile notizia che nessuno ha accolto con sorpresa.
L’alto rappresentante per la politica estera Ue, Federica Mogherini, ha attivato una sorta di gabinetto di crisi col suo stato maggiore e i tecnici/diplomatici che seguono il dossier Mediterraneo.
«Ciò che è successo è inaccettabile. E’ il momento per l’Ue di affrontare queste tragedie senza indugio», ha detto l’ex ministro degli Esteri. «Serve – ha aggiunto – la condivisione della responsabilità tra tutti i 28 i Paesi Ue che per troppo tempo è stata lasciata solo ai Paesi del sud».
Il tema delle migrazioni sarà all’ordine del giorno del consiglio Esteri Ue: «Presenterò una serie di proposte per la Libia», ha concluso la Mogherini.
Le voci che si raccolgono nelle istituzioni europee trasmettono un senso di rabbia e frustrazione.
La Commissione Ue ha fatto tutto quello che era nei suoi mezzi, ha versato i fondi resi disponibili dal bilancio (dunque dai governi che lo scorso anno lo hanno tagliato) e sostenuto la cooperazione con l’Italia e gli altri paesi frontalieri in prima linea.
Questo non ha fermato le tragedie, non poteva farlo, e ora si rafforza la consapevolezza che pure il massimo possibile (per adesso) non basti.
Cioè che non si può fare ciò che si dovrebbe sino a che i ventotto non saranno d’accordo. E i ventotto non sono d’accordo.
L’immigrazione non è una politica comune europea. Lo sono il controllo delle frontiere comuni e il rispetto delle regole per la libera circolazione dei cittadini e dei lavoratori.
Quando si scatena una marea di disperati che fuggono da guerre e massacri si crea una situazione che le regole esistenti non hanno modo di affrontare.
Bisognerebbe andare oltre, essere davvero un’Europa solidale e forte davanti alle sfide internazionali. Invece una buona parte degli stati – soprattutto a nord e est – ha sinora sottovalutato il problema riducendolo a una questione “italiana” o poco più.
Il commissario Avramoupoulos (Interni) e la Mogherini lavorano sin dall’inizio alla ricerca di una soluzione miracolosa che in realtà assomiglia a una missione impossibile.
Hanno scritto agli stati membri il mese scorso, hanno portato il dossier migrazioni nel cuore del Consiglio esteri, cosa che non era successa prima.
«Non abbiamo nè i mezzi nè il consenso politico per rafforzare il “search and rescue”», ha ammesso giovedì la portavoce del greco, non senza stizza per un contesto che vede Bruxelles capro espiatorio di colpe che al contrario appartengono a quelle tante, troppo, capitali disattente.
Non c’è una risposta unica, forse però un insieme di risposte può funzionare. Comunque, bisognerebbe provarci.
Uno. Le frontiere dell’Unione devono essere considerate un problema comune e non nazionale. Chi arriva in Italia, arriva in Europa. Chi muore a Lampedusa, muore a Bruxelles. Vanno gestite, difese e protette, garantite tutti insieme con fondi comuni. Tenendo fermo il principio che l’immigrazione deve essere soggetta a regole precise che tutti devono rispettare.
Due. Sarebbe auspicabile la creazione di una unità di crisi di pronto intervento fra il Servizio Esteri europeo e la Commissione. Uno sforzo di coordinamento che potrebbe diventare un sistema di guardia costiera e di frontiera europea se gli stati decidessero finalmente che è il caso di impegnarsi. Tutti.
Tre. L’asilo ha bisogno di funzionare meglio con principi più efficaci. Opportuna anche la revisione degli accordi di Dublino. Non tiene il principio secondo cui chi raccoglie i disperati in mare deve tenerseli. Vanno ridistribuiti di comune accordo. Questa non è gente che viene a cercare un lavoro. Sono disperati che mettono alla prova la volontà dell’Europa di credere nei propri valori e di difendere la propria dignità .
Quattro. Cooperare con i paesi terzi. Negoziare accordi con paesi come il Chad e la Nigeria, oltre che col Corno d’Africa. Inviare missioni civili in Tunisia e Egitto, ad esempio, in attesa che ci sia un accordo politico in Libia, oggi la porta aperta del Mediterraneo. Avramopoulos e Mogherini hanno proposto di allargare Triton a Tunisi e Cairo. Ottima idea, salvo che a Varsavia, Helsinki e Stoccolma pensano che sia una stranezza.
Cinque. Seguire i flussi. Usare le tecnologie, i satelliti e droni, se possibile. Insediare campi di accoglienza lungo le vie della migrazione, con l’aiuto dell’Onu e delle organizzazioni non governative.
Bisognerebbe cambiare la Storia, costruire una vera politica comune per l’Immigrazione con cui i ventotto governi dell’Europa dimostrino di avere gli attributi per affrontare responsabilmente un disastro umanitario con pochi precedenti.
«Grave e destinato ad aggravarsi», riconoscono i portavoce della Commissione, non senza amarezza.
Come il capitano che naviga in alto mare e deve avere l’accordo di ventotto persone con tradizioni e idee diverse per mettere benzina nel motore e andare avanti a fare quello che vorrebbe.
Proprio così.
Marco Zatterin
(da “La Stampa”)
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Aprile 19th, 2015 Riccardo Fucile
NON DA MENO LA LEGA: “TOTI CI DARA’ LA VICEPRESIDENZA PER SONIA VIALE”
Come resoconta “il Secolo XIX”, ieri a Genova l’ex ministro Ignazio La Russa è sceso in campo per sostenere la candidatura di Giovanni Toti a governatore della Liguria, circondato dallo stato maggiore del locale centrodestra e da qualche indagato.
Non avendo ancora visionato l’ultimo sondaggio che non dà speranze alla premiata ditta Toti-Rixi-Rosso (due su tre indagati per le spese pazze in Regione), La Russa ha reso noto i motivi per cui è stata mandata all’aria, a differenza della Puglia, la trattativa con Liguria Libera di Enrico Musso, per scegliere infine Toti come governatore.
Scrive il Secolo XIX:
“La Russa chiarisce il prezzo dell’alleanza: “abbiamo chiesto un assesorato pesante, quello al turismo e all’ambiente e siamo stati accontentati”.
Altrettanti motivi ideali hanno indotto allo stesso passo la Lega:
“Toti ha invece promesso alla Lega la carica di vicepresidente per la segretaria della Lega Liguria Sonia Viale”.
Peccato che gli assessorati resteranno un sogno, ma almeno per qualche indagato la carica da consigliere regionale a 8.800 euro netti al mese verrà garantita fino alla fine del processo. E magari qualche modifica ad hoc alla Severino permetterà di concludere tutti i cinque anni di mandato prima di arrivare alla sentenza di terzo grado.
Cinque anni in Regione Liguria equivalgono a oltre 500.000 euro, un altro “motivo ideale” per superare le incomprensioni.
Glli unici che hanno mantenuto il punto e la dignità sono gli amici di Enrico Musso raccolti in Liguria Libera, quelli che Toti liquida come “i soci occulti della sinistra”.
Fingendo di dimenticare che al tavolo del Nazareno con Renzi si è seduto lui, non Musso.
Ma pretendere onestà intellettuale da Toti sarebbe come richiedere sobrietà alla Santanchè o di non ricandidare gli inquisiti per peculato.
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