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GUAI A CHIAMARLI MERCENARI, IN ITALIA SONO 200

Dicembre 1st, 2015 Riccardo Fucile

SONO I CONTRACTOR, FIGURA VIETATA DAL CODICE PENALE: NON E’ AMMESSO IN ITALIA L’ARRUOLAMENTO AL SERVIZIO DI UNO STATO STRANIERO, MA CI SONO AGENZIE SPECIALIZZATE CHE RICEVONO DECINE DI RICHIESTE DI LAVORO

Sono circa duecento i mercenari italiani che ogni anno operano in zone di guerra o ad alto rischio. Ma nessuno li chiama più così. Oggi si definiscono contractors.
Più che ai soldati, quelli che partono dal nostro Paese si possono equiparare ai bodyguards o ai vigilantes privati.
Il codice penale, infatti, vieta l’arruolamento di personale italiano al servizio di uno Stato straniero.
In Italia operano diverse agenzie che organizzano servizi di protezione e “gestione del rischio” per aziende, compagnie e Ong. Oppure per difendere le navi dai pirati nei mari africani. In qualche caso anche per la protezione di personalità  o politici locali.
Funziona così: se un’azienda deve operare in un territorio difficile, come Africa del Nord, Medio Oriente o America centrale (le aree considerate più pericolose al mondo), si rivolge alle società  di security che gli fanno una sorta di business plan dei rischi.
Poi solo una parte degli operatori va sul campo. Spesso si fanno joint venture con agenzie locali.
“Per i servizi di protezione noi mandiamo due persone al massimo, per un totale di una quarantina l’anno. Per il resto utilizziamo personale locale”, racconta Carlo Biffani, Ceo di Security Consulting Group, una delle maggiori agenzie italiane.
“Su internet se ne trovano a decine, ma a lavorare davvero in tutto il mondo in Italia siamo solo in tre o quattro”, aggiunge.
Alla sua società  arrivano 120 curricula al mese, per la maggior parte da ex poliziotti o ex appartenenti a forze speciali.
Segno che la morte di Fabrizio Quattrocchi, nell’aprile del 2004 in Iraq, non ha scoraggiato gli aspiranti mercenari. “Ne prendiamo pochissimi, perchè, anche se molti hanno una formazione militare, un buon contractor deve avere altre doti come intuito, capacità  di analisi e sangue freddo”, racconta Biffani.
Nella sede della sua società  si fanno corsi di addestramento e formazione.
E il prossimo 12 dicembre ci sarà  un seminario aperto a tutti. Il settore, però, non è più in espansione come una volta.
Il boom si è registrato tra il 2002 e il 2008, poi è iniziato il calo. “Oggi con l’aumentare di azioni terroristiche e rapimenti sono sempre meno le aziende che scelgono di operare in Paesi a rischio. E lo stesso vale per le Ong. Così per noi c’è meno lavoro”, rivela il Ceo di Scg, il cui fatturato è sceso del 30 per cento negli ultimi cinque anni.
Anche i guadagni dei mercenari si sono ridotti, pur restando molto alti: prima si andava da 8 a 10 mila euro al mese, oggi da 4 a 8 mila, secondo il tipo di missione.
Ma entro quali limiti può operare un contactor?
“I parametri sono quelli della legittima difesa: gli operatori sono autorizzati a fare fuoco solo in caso di estrema necessità  e per difesa”, spiega Biffani.
Nel corso degli anni le regole si sono fatte sempre più rigide.
Anche sull’abbigliamento. Non ci si può vestire da Rambo e imbracciare il fucile come un guerrigliero: le armi spesso devono restare nascoste e, in alcuni casi, bisogna nascondere eventuali tatuaggi: ogni dettaglio in una situazione di rischio può fare da detonatore.
Ma ci sono anche italiani, almeno altre duecento persone, che si rivolgono a società  estere. In questo caso, però, tutto cambia perchè, a parte le grandi agenzie inglesi, francesi e americane, lì si entra in un territorio border line, dove non manca anche il fanatismo.
In Usa, per esempio, i contractor possono essere utilizzati per affiancare le missioni dell’esercito regolare.
“In Italia è severamente vietato. Gli unici civili utilizzati dal nostro esercito sono il personale logistico — tipo cuochi o addetti alle pulizie — che prendiamo in loco. Con queste agenzie di security privata non abbiamo alcun contatto”, spiega un funzionario dello Stato maggiore della Difesa.
I due settori, almeno in Italia, restano dunque distinti. Ma da altre parti il confine è più labile.

Gianluca Roselli
(da “il Fatto Quotidiano”)

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CONTRORDINE A CINQUESTELLE: A BOLOGNA NIENTE PRIMARIE

Dicembre 1st, 2015 Riccardo Fucile

LA RIVOLTA DELLA BASE: RACCOLTA FIRME PER IL VOTO TRA I MILITANTI… CONTESTATA LA CANDIDATURA DALL’ALTO DI BUGANI

Una lettera aperta con 75 firme di iscritti e militanti per chiedere una consultazione che elegga il candidato sindaco di Bologna per il Movimento 5 stelle.
Peccato che il candidato ci sia già  ed è il consigliere comunale e fedelissimo di Beppe Grillo, Massimo Bugani.
Una decisione unilaterale, senza nessuna consultazione, che è stata ufficializzata sul blog di Grillo il 18 novembre.
A mettere in discussione la candidatura di Bugani è Lorenzo Andraghetti, classe 1987, ex collaboratore del deputato Paolo Bernini, già  consigliere di quartiere e candidato sia alle Parlamentarie del 2013 sia alle selezioni per le Europee.
Andraghetti ha manifestato la volontà  di candidarsi per aprire le primarie 5 Stelle a Bologna, che altrimenti non ci sarebbero state per mancanza di candidature alternative a quella del consigliere comunale bolognese.
Molto duro l’attacco di Andraghetti a Bugani: “Con un Bugani eletto nel 2011 con 38 voti – ha detto – è facile pensare che oggi possa perdere. I suoi consensi non possono che essere calati, come del resto i voti del 5 stelle sul comune di Bologna”.
Per Andraghetti “Bugani è il candidato della dirigenza M5S. Nè più nè meno che Merola del Pd”, e “non ha i numeri per competere a Bologna. Replicherebbe le percentuali del 2011 ma con ancora meno voti (calerà  l’affluenza)”.
Nel mirino dei firmatari dell’appello sono gli articoli 4 e 7 che sarebbero violati se non ci fosse una consultazione.
I consiglieri comunali Marco Piazza e Bugani hanno risposto dalla pagina Facebook del Movimento 5 Stelle di Bologna: “Questo comunicato – hanno scritto – non ha nessun valore sul futuro del nostro lavoro, che continuerà  indipendentemente da questi giochetti che riguardano 75 persone su migliaia di iscritti al Movimento 5 Stelle di Bologna”.
I due hanno aggiunto: “Abbiamo operato nella totale trasparenza. Nessuno di questi firmatari in sei mesi ha mai avuto il coraggio di dire la benchè minima parola”.
La candidatura di Bugani non pare comunque essere messa in discussione dai vertici, tanto che lunedì sul blog di Grillo è stato un pubblicato un post dal titolo “Elezioni comunali repetita iuvant”.
Post che pare proprio rivolgersi ai dissidenti, in cui si spiega che una lista per presentarsi deve ottenere la certificazione: “Una lista non esiste se non è certificata – viene scritto -. Chiunque accrediti una lista non certificata a nome del M5S verrà  diffidato”.

(da “Huffingtonpost”)

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TASSA SULLA BICI, CICLISTI IN RIVOLTA SULLA PROPOSTA DEL SEN. FILIPPI (PD)

Dicembre 1st, 2015 Riccardo Fucile

“L’OBIETTIVO E’ LA LOTTA ALL’ABUSIVISMO”… “NO, VOGLIONO METTERE TARGHE E BOLLO”

Le biciclette come i motorini: targa, bollo e libretto.
Un’eventualità  che fa paura agli amanti delle due ruote che hanno letto la proposta di legge del senatore Pd, Marco Filippi, presentata il 25 novembre scorso in commissione Lavori pubblici.
Nell’emendamento per modificare il Codice della Strada non si nominano mai, ma per i ciclisti il riferimento è evidente: il senatore livornese parla di una “definizione, nella classificazione dei veicoli, senza oneri a carico dello Stato e attraverso un’idonea tariffa per i proprietari delle biciclette e dei veicoli a pedali adibiti al trasporto, pubblico e privato, di merci e di persone, individuando criteri e modalità  d’identificazione delle biciclette stesse nel sistema informativo del Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale”.
Secondo molte associazioni di ciclisti per idonea tariffa s’intende una sorta di tassa simile a quella automobilistica mentre per modalità  d’identificazione s’intende una targa. Tanto che per il portale Bikeitalia.it se approvata la legge “creerebbe una serie dicomplicazioni burocratiche per la normale circolazione delle bici mettendo i bastoni tra le ruote alla mobilità  nuova, agli spostamenti non inquinanti e allo sviluppo della ciclabilità  in ambito urbano”.
E così a cinque giorni dall’emendamento la protesta dei ciclisti si è scatenata con una petizione su Change.org, ma soprattutto su Twitter, con l’hastag #labicinonsitoccadiventato top trend :
Il senatore Pd   ha dichiarato che il suo obiettivo è la lotta contro l’abusivismo e per la disciplina del settore commerciale: “basta bengalesi che portano pizza e pacchi — ha scritto su Twitter — o i cinesi che trasportano turisti”.
Ma secondo questo criterio — replicano i ciclisti — dovrebbe essere fermata ogni persona che pedala con due sacchi della spesa.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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GIOVANI IN PENSIONE A 75 ANNI: LASCERANNO IL LAVORO TARDISSIMO E CON UN ASSEGNO MOLTO BASSO

Dicembre 1st, 2015 Riccardo Fucile

BOERI LANCIA L’ALLARME POVERTA’ PER I TRENTENNI DI OGGI

Tra i trentenni di oggi, nel 2050, “nell’ipotesi di un tasso di crescita del Pil dell’1%, molti dovranno lavorare anche fino a 75 anni, per andare in pensione, e avranno prestazioni mediamente del 25% più basse. Avremo problemi seri di adeguatezza, che non potrebbero che aumentare nel caso di una crescita economica minore. Questo aprirà  anche un problema molto serio di povertà  per chi perderà  il lavoro prima dei 70 anni. Occorre perciò affrontare molto seriamente il problema di introdurre strumenti forti di contrasto alla povertà “.
Lo ha spiegato il presidente dell’Inps Tito Boeri intervenendo al convegno ‘Pensioni e povertà  oggi e domani’.
Secondo le simulazioni dell’Inps, chi è nato nel 1980 riscuoterà  mediamente una pensione nel 2050 pari a 1.593 euro, contro l’importo medio di 1.703 euro percepito mediamente oggi da chi è nato nel 1945.
Occorre tuttavia tenere conto, ha spiegato Boeri, del fatto che chi è in pensione attualmente sta ricevendo la pensione per un periodo molto più lungo rispetto a chi la riceverà  in futuro.
Perciò l’istituto ha calcolato un “importo medio comparabile”, che è pari a 2.106 euro.
“Con le regole del contributivo le persone che non raggiungono un certo ammontare di prestazione prima dell’età  pensionabile rischiano di non avere alcun reddito. Si apre perciò il tema di una assistenza di base che protegga queste persone contro il rischio povertà . E’ un problema molto serio che riguarda i giovani. Parliamo della generazione 1980, persone che avranno 70 anni nel 2050”, ha aggiunto Boeri.
“Col sistema contributivo – ha aggiunto – i buchi contributivi incidono pensantemente, soprattutto quelli che avvengono nelle fasi precoci della carriera”.
Perciò, ha continuato, “se l’economia italiana non cresce almeno dell’1% all’anno e non c’è non un processo di maggiore stabilizzazione del lavoro iniziando con prospettive di carriera più lunghe, senza tutte le interruzioni che contraddistinguono spesso con i contratti termporanei o precari, ci potrebbero essere problemi molto seri in futuro”.
Donne con figli? Nel 2050 una su tre avrà  un assegno di 750 euro.
Se le donne tra i trenta e i quaranta anni decidessero tutte di avere un figlio, una su tre si dovrebbe accontentare nel 2050 di una pensione di 750 euro.
E’ quanto emerge dalla relazione del presidente dell’Inps Tito Boeri al convegno ‘pensioni e povertà  oggi e domani’.
Secondo uno studio dell’istituto previdenziale, infatti, che ha elaborato una simulazione ipotizzando una crescita media del nostro Paese dell’1% (ma la situazione potrebbe peggiorare in caso di una crescita inferiore), le donne che avranno una pensione di 750 euro, in assenza di interruzioni di carriera saranno poco più del 15%.
Se invece sceglieranno tutte di avere almeno un figlio, aumenteranno a oltre il 30%. “Naturalmente l’interruzione di carriera – sottolinea Boeri – non è una scelta, è una cosa che si subisce ed è un problema sul quale torneremo”.
In generale la distribuzione delle fasce di importo del trattamento pensionistico si sposta drasticamente verso il basso, nel caso di interruzioni di carriera legate alla maternità , e i trattamenti sopra i 2000 euro crollano da circa il 30% delle donne a circa il 10% di loro.

(da “Huffingtonpost)

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STOP AI FURBETTI SUI PORTABORSE: “RISPETTATE IL JOBS ACT”

Dicembre 1st, 2015 Riccardo Fucile

I CONTRATTI DI COLLABORAZIONE VANNO STIPULATI SECONDO LE NUOVE REGOLE, MA FINORA BEN POCHI PARLAMENTARI HANNO PROVVEDUTO

Quando, esattamente un anno fa, la Camera dei deputati approvò il Jobs act (in un’Aula semivuota per l’assenza critica di opposizioni e sinistra Pd), dalla maggioranza e dal governo si levarono grida di giubilo sulla “storica riforma”.
Dodici mesi dopo, in pochi a Montecitorio sembrano ricordarsi di quel provvedimento che avrebbe dovuto cambiare la vita di milioni di lavoratori.
Almeno a giudicare dalla lettera che nei giorni scorsi il collegio dei Questori ha inviato a tutti i deputati. Proprio per ricordare loro di rispettare la nuova normativa coi portaborse.
Il secondo decreto attuativo della riforma, varato sei mesi fa, ha infatti cancellato collaborazioni occasionali e cocopro, che dal 25 giugno non possono più essere stipulati.
Circostanza che dal 1° gennaio 2016 si estenderà  anche a tutti i contratti firmati prima di tale data, che dovranno essere rescissi per essere riscritti con le nuove regole, più favorevoli al collaboratore, che avrà  maggiore libertà  di determinare tempo e luogo della prestazione. In alternativa, gli onorevoli potranno ricorrere ai contratti di lavoro subordinato a tutti gli effetti. Oppure, se proprio vorranno dimostrare la loro magnanimità , stipulare fino a fine legislatura il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti introdotto proprio dal Jobs act.
Più impegnativo economicamente ma anche con più garanzie rispetto alle altre tipologie.
È la strada seguita, ad esempio, dal gruppo del M5S alla Camera, che ha “stabilizzato” 25 collaboratori.
Una decisione che ha suscitato l’ironia del Partito democratico, alla luce del giudizio pessimo sul provvedimento e delle barricate alzate in Parlamento dai Cinque stelle. Ai quali, coerenza o no, va riconosciuto di aver rispettato la legge.
Al contrario di molti altri, almeno per ora: a quanto risulta all’Espresso, allo stato attuale solo una minima parte ha provveduto a trasformare i contratti.
Per questo il collegio dei Questori (formato dal democratico Paolo Fontanelli, il forzista Gregorio Fontana e il montiano Stefano Dambruoso) è intervenuto con una lettera ufficiale che – spiega una fonte qualificata – “è anche una sollecitazione a osservare il dettato normativo”. Anche se con un certo ritardo, visto che il Senato ha inviato una analoga comunicazione a inizio settembre.
Di certo, nessuno potrà  dire di non essere stato messo in condizione: per districarsi nella giungla normativa e venire incontro ai parlamentari, sia Montecitorio che Palazzo Madama hanno predisposto un apposito servizio di assistenza con consulenti del lavoro per informazioni e chiarimenti, disponibile su appuntamento due giorni a settimana.
Resta solo da vedere quanti parlamentari si atterranno effettivamente a una legge che loro stessi hanno votato. E soprattutto, se questo consentirà  di sradicare casi-limite come quello del nero, dei portaborse costretti a pagare le bollette o inquadrati come colf per versare meno contributi.
L’Associazione che riunisce i collaboratori parlamentari (Aicp), sorta per rivendicare i propri diritti, ha già  annunciato l’intenzione di vigilare sull’effettiva applicazione delle nuove norme.
Un proposito che però rischia di restare una pia illusione se finirà  come l’“auto-censimento”, pensato per avere un’idea del lavoro nero a Palazzo: quando ha chiesto ufficialmente di sapere quanti badge fossero stati rilasciati agli assistenti degli onorevoli, sulla base dei contratti di lavoro registrati e depositati, gli uffici di Questura non hanno mai fornito un numero preciso.
Tutela della privacy, l’immancabile risposta.

Paolo Fantauzzi
(da “L’Espresso”)

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VERGOGNATEVI, GIU’ LE MANI DALLA SCUOLA DI ROZZANO

Dicembre 1st, 2015 Riccardo Fucile

UNA POLEMICA SUL NULLA, MONTATA AD ARTE DA CHI SE NON APPARE SUI MEDIA E’ DESTINATO ALLA SCOMPARSA

È una “difesa” sobria e ironica, un semplice link nel sito della sua scuola, quella che il preside di Rozzano, Marco Parma, ha lanciato contro l’esercito dei media che gli si sono schierati contro dandolo in pasto all’opinione pubblica.
È una lancia, sottile e amara, contro un’armata sordida e indegna di politici che parlano di scuola senza saperne nulla e che hanno dichiarato di voler andare oggi a manifestare davanti all’istituto comprensivo Garofani.
Sono big nazionali della politica, quelli il cui nome termina in “ini”, che – in teoria – oggi dovrebbero andare a “liberare” il Natale imprigionato dal “preside cattivo”.
Una sorta di commedia surreale e assurda, che dimostra quanto i nostri politici preferiscano occuparsi dei canti di Natale piuttosto che dell’Isis che minaccia la nostra sicurezza. Certo, almeno questo lo sapranno fare.
Natale e dintorni, scrive il collega Parma, crocifisso. Ha titolato cosi la sua lettera.
Ecco vorrei oggi restare sui suoi toni, per esprimere qui i miei desideri natalizi.
Il primo, immediato: vorrei che i politici stamani si risparmiassero il viaggio ( a proposito, chi pagherà  il loro eventuale spostamento a Rozzano? I partiti di appartenenza, cioè noi?) per regalarci un raro momento di lucidità .
Caro Babbo Natale, non so se il mio collega crede o no in te, nel Natale, nel presepe, nell’albero e via dicendo – ma credo non sia rilevante per la politica nazionale – però io oggi metto sotto il mio albero (a casa, non a scuola) una lettera per chiederti un miracolo: puoi fare in modo che i politici rinsaviscano (anche solo per oggi) e passino la giornata (almeno una) ad occuparsi di qualcosa di serio, invece di blaterare in tv su fatti inesistenti?
Puoi dare loro un poco di dignità  nel momento in cui la parola “scuola” esce dalle loro labbra? Puoi far capire loro che scuola non significa “bacino elettorale” da spostare fomentando odio razziale anche a colpi di alberi di Natale se in una scuola “il concerto di Natale” si chiama “concerto d’inverno”?
La domanda è: come si fa a finire su giornali e tv? Semplice, basta mettersi contro qualche genitore (e/o politico) con le conoscenze giuste per smuovere i media.
Il fatto non sussiste: non è stato cancellato il Natale, i concerti ci sono, le festicciole tanto amate dalle mamme pure, persino una tombolata di Natale (ma perchè non se la fanno a casa invece che a scuola?).
Anche a me è accaduto di esser minacciata a colpi di giornali: qualche anno fa mi brandirono la clava del “faccio uscire sui giornali che lei non vuol far fare teatro ai bambini” come risposta al mio “aut aut “o lasci la scuola pulita dopo il tuo corso di teatro o non fai più il corso, (perchè non avevo collaboratori scolastici a disposizione per far pulire nel tardo pomeriggio le schifezze lasciate in giro da una associazione che utilizzava i locali della scuola, si prendeva i soldi dalle famiglie ma non pagava nessuno per pulire).
All’epoca la cosa sfiorì, furono solo telefonate minacciose da parte di un paio di giornalisti che avevano i figli a scuola mia e volevano sollevare il caos.
Evidentemente al mio collega è andata peggio. Contro quali genitori ti sei messo, caro collega? Sicuramente contro qualcuno che non vuole sentirsi dire no (esattamente come i loro figli). Come è potuto accadere tutto questo? Semplice, molto semplice.
Può accadere a qualunque dirigente scolastico. Io penso che nella vita tutto torni e che genitori che non sanno ricevere uno “no” avranno figli che non accetteranno i “no” su questioni sempre più grandi, che cresceranno con loro.
Per la serie: ognuno ha ciò che si merita. Purtroppo ci sono casi in cui non si possono salvare i bambini dai loro stessi genitori.
Quel che a me sconforta sono le reazioni della politica: siamo davanti all’ennesima strumentalizzazione di un fatto mai esistito.
Oltre alla lettera del collega, ci sono anche i genitori (quelli che sanno accettare i no) che manifestano per strada in difesa del loro preside elencando tutte le attività  natalizie fatte nella scuola (compresa una tombolata di Natale) per smentire con i fatti le bufale mediatiche uscite in questi giorni.
Ma allora cosa avrà  mai fatto questo collega che è arrivato addirittura a dare le dimissioni (e lo comprendo, è davvero amaro questo calice).
Il preside, nel sito della scuola, specifica di aver detto no a delle mamme che avevano avuto la brillante idea di andare a scuola per insegnare canzoncine di Natale agli studenti. Atto di grande arroganza se non richiesto. Per svariati motivi.
Ne elenco solo qualcuno: 1) a scuola esistono i docenti, anche se qualche genitore spesso lo dimentica, ed è a loro che spetta insegnare, non ai genitori. 2) Insegnare è un lavoro, ci si arriva dopo lunghi e faticosi percorsi di studi. Non è un giochino per mamme annoiate che si ritengono capaci di insegnare anche ai figli degli altri (chi lo ha chiesto poi?) 3) nel caso di specializzazioni particolari, è bello che un genitore entri nella scuola (se richiesto dai docenti e del dirigente) per spiegare il particolare lavoro che fa, per esempio l’astronauta, il missionario, il medico, ecc. Non mi pare che in questa fattispecie rientrino i canti di Natale. 4) se esistono persone (svariati milioni di persone) che vengono pagate per insegnare, potrebbe venire qualche volta il dubbio, a certi genitori, che non ci si può improvvisare docente?
Capisco che stare sulla scena dà  una sorta di dipendenza, ma – mi chiedo – possibile che non abbiate altro di cui occuparvi? Per esempio, l’Isis, la sicurezza… già  passati di moda come temi? Il doppio presidio del centro destra davanti alla scuola è vergognoso.
Perchè non si occupano di sistemare i bagni invece di portare cd natalizi? Non sarebbe un bel regalo dare ai bambini la possibilità  di vivere in una scuola che non cade a pezzi?
Caro Babbo Natale, puoi regalare un po’di vergogna ai politici che davanti una scuola che cade a pezzi intonano canti di Natale invece di pagare operai per sistemarla?
Il cemento è meno natalizio del “Tu scendi dalle stelle”? Sicuramente è più faticoso.
Se davvero i gruppi politici che stanno facendo la processione a scuola vogliono “insegnare” qualcosa, perchè non si rimboccano le maniche? Salvini ha messo in giro le foto dei bagni della scuola “dirrupata”. A che pro? È una notizia? È mai entrato in un’aula in vita sua? Basta, davvero basta. Giù le mani dalla scuola.
Caro Babbo Natale, puoi far sedere quella gente tra i banchi e mettere in cattedra un bambino, uno qualsiasi degli studenti, in modo che possa insegnare a questi politici come si vive la quotidianità  in una scuola tutta rotta?
Il caso Rozzano esiste ma non è il Natale: è lo specchio di chi una parte politica che cerca di cavalcare la “tigre” della comunicazione per non scomparire dalla scena. Spettacolo natalizio ancora più indegno, su un caso inesistente ma politicamente appetibile.
Caro collega, a te la mia solidarietà . “Approfittane” per farti rifare la scuola nuova.
Sarebbe un buon risarcimento danni.

Anna Maria De Luca
(da “Huffingtonpost“)

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REGIONE SICILIA NON PAGA, EX SOCIO BLOCCA SISTEMI INFORMATICI: STOP A MAIL, PRENOTAZIONI SANITA’ E STIPENDI

Dicembre 1st, 2015 Riccardo Fucile

DEBITO PER 114 MILIONI CON ENGINEERING CHE PER FARSI PAGARE HA DECISO DI SPEGNERE IL SERVER CENTRALE

Il centro unico per le prenotazioni sanitarie, il sistema informatico di tutti gli uffici della Regione, le mail ordinarie e certificate, il programma per il pagamento degli stipendi dei dipendenti pubblici: servizi essenziali che in Sicilia non funzionano più dalla mezzanotte del 30 novembre.
Colpa dell’ormai storica grana legale di Sicilia e-Servizi, la società  regionale che gestisce il sistema informatico della Regione, guidata dall’ex pm Antonio Ingroia. Engineering, che fino al 2013 era socio della Regione nella gestione pubblico privata di Sicilia e-Servizi, vanta un credito da 114 milioni di euro: e per convincere Palazzo d’Orleans a pagare ha deciso di spegnere il server centrale, che ha sede a Point Saint Martin, in Valle d’Aosta.
“Un atto illegittimo, ricattatorio, fuori luogo, senza alcun senso”, si lamenta Ingroia, nominato amministratore delegato di Sicilia e-Servizi dal governatore Rosario Crocetta nel 2013.
“Un atto — continua l’ex pm — che mette a rischio servizi pubblici essenziali, e che arriva alla vigilia di una riunione importante”.
In corso infatti c’è un vertice tra dirigenti della Regione, di Sicilia e-Servizi, e di Engineering: era stato fissato per discutere di questioni diverse dai crediti, ma il socio privato ha pensato di poter sfruttare l’occasione.
Già  nei mesi scorsi la società  privata aveva chiesto il sequestro di 88 milioni di euro di beni di Sicilia e-Servizi: richiesta bocciata dal tribunale di Palermo.
Adesso Engineering ha prima inviato un ultimatum, notificato al governatore e ai vertici burocratici siciliani, quindi ha spento il sistema informatico regionale. Ma non solo. Perchè la società  ha anche annunciato un secondo ultimatum: se entro oggi non si dovesse risolvere il contenzioso con la Regione, è pronta a staccare totalmente l’energia elettrica al server centrale.
“Fino a questo momento — spiega Ingroia — hanno provocato la sospensione di servizi essenziali, ma se staccassero davvero la corrente produrrebbero danni incommensurabili nel database della regione Sicilia, del valore di parecchi milioni. Per questo motivo siamo pronti a fare causa ad Engineering, e farci consegnare l’intero sistema informatico”.
Dalla riunione delle prossime ore, insomma, dovrebbe emergere una soluzione, seppur transitoria come nel caso del primo blackout.
Già  il 15 giugno scorso, infatti, Engineering aveva spento i computer della Regione, oscurando il sistema informatico siciliano.
In pratica, nelle stesse ore in cui i comuni dell’Isola eseguivano le operazioni di spoglio elettorale per le amministrative, i siti internet per gestire i flussi elettorali e aggiornare in diretta le operazioni di voto erano fuori uso.
Un paradosso, dato che dal luglio del 2013 la Regione Siciliana ha acquisito l’intero pacchetto di Sicilia e-Servizi. A quel punto Crocetta ha prima nominato Ingroia liquidatore, annunciando di volersi liberare di tutti i carrozzoni mangiasoldi regionali, poi — dopo l’ennesima marcia indietro — lo ha promosso amministratore delegato, salvando l’ente informatico.
Che però, anche se da due anni è totalmente pubblico, continua ad essere tenuto sotto scacco dall’ex socio privato della Regione, ancora in possesso del sistema informatico siciliano.
Un sistema che sulla carta non possiede più.

Giuseppe Pipitone
(da “il Fatto Quotidiano”)

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“COSÃŒ LA CHAOUQUI RICATTAVA I BERLUSCONI”

Dicembre 1st, 2015 Riccardo Fucile

INDAGATA PER INDUZIONE ALLA CONCUSSIONE: “MINACCIAVA DI FAR ACCOGLIERE LE RICHIESTE DI ROGATORIA NEL CONFRONTI DELL’EX PREMIER”

Avrebbe utilizzato ogni mezzo, qualsiasi notizia appresa in Vaticano per minacciare e ricattare le persone. E per rendere ancora più efficaci gli avvertimenti, Francesca Chaouqui avrebbe fatto valere proprio il ruolo di componente della Cosea, la Commissione della Santa Sede per gli affari economici, affidatole direttamente da papa Francesco.
Lo fece anche con i fratelli Paolo e Silvio Berlusconi, parlando direttamente con l’editore de Il Giornale .
Lo avvisò che avrebbe fatto in modo di far accogliere le richieste di rogatoria presentate dalla magistratura nei confronti dell’ex Cavaliere e reso noto il contenuto delle istanze, se non fossero stati esauditi i suoi desideri.
Per questo è adesso indagata insieme con il marito Corrado Lanino per induzione alla concussione e intrusione informatica dalla procura di Roma.
I computer spiati
L’indagine sui «corvi» del Vaticano si arricchisce di nuovi e inquietanti capitoli. Nel fascicolo trasmesso dai pubblici ministeri di Terni ai colleghi della capitale ci sono infatti numerosi episodi e una lunga lista di indagati che comprende, tra gli altri, Mario Benotti, funzionario di palazzo Chigi (che ha rinunciato all’incarico di capo della segreteria del sottosegretario Sandro Gozi) accusato di intrusione informatica ed estorsione proprio per avere sollecitato la coppia a ottenere informazioni sull’ex marito della sua convivente effettuando accessi abusivi nei suoi computer.
Tutti protagonisti di un vorticoso giro di ricatti che sarebbe stato messo in moto proprio dalla Chaouqui nel 2013, poco dopo essere riuscita a ottenere quel posto di massimo rilievo e visibilità .
Le verifiche affidate alla squadra mobile e al Nucleo valutario della Guardia di Finanza riguardavano il dissesto della Curia ternana e il ruolo dell’allora vescovo monsignor Vincenzo Paglia e dei suoi collaboratori.
Ascoltando le loro conversazioni emerge la figura di Chaouqui che si propose al prelato sostenendo di poter trovare i soldi per sanare i bilanci anche grazie ai rapporti mantenuti con i suoi vecchi datori di lavoro della Ernst & Young.
Gli inquirenti ritengono necessario approfondire il suo ruolo e ordinano di mettere sotto controllo anche le sue utenze.
Si scopre così che ha contatti di altissimo livello. Parla con politici, imprenditori, prelati. Mostra di poter influire su numerose istituzioni. Ma gli accertamenti affidati agli specialisti di polizia e fiamme gialle svelano la sua trama.
«No al vaticanista»
La donna dialoga spesso al telefono con Paolo Berlusconi, si lamenta per alcuni articoli, arriva a chiedere che Fabio Marchese Ragona, il vaticanista del quotidiano di famiglia, non scriva più. Chiede di parlare anche con il direttore Alessandro Sallusti, cerca di convincerli. E quando capisce che forse non riuscirà  a ottenere il risultato, passa alle maniere forti.
Comincia a parlare di istanze di rogatorie giunte in Vaticano che riguardano gli affari di Silvio Berlusconi. Assicura di avere il potere per concedere l’assistenza giudiziaria ai magistrati.
Poi va oltre, minaccia di rendere noto il contenuto dei documenti. Il pubblico ministero Elisabetta Massini le contesta il reato di estorsione. Ma qualche settimana fa, quando decide di trasmettere il fascicolo a Roma per competenza, cambia l’ipotesi accusatoria in induzione alla concussione.
Ritiene infatti che nel suo ruolo di componente della Cosea, Chaouqui abbia veste di pubblico ufficiale. E dunque iscrive nel registro degli indagati anche Paolo Berlusconi, perchè non avrebbe denunciato il ricatto.
In realtà  è un’impostazione che i pm romani sembrano non condividere, visto che i funzionari della Santa Sede non possono essere equiparati tutti ai diplomatici. E soprattutto ritenendo la famiglia Berlusconi vittima della minaccia.
L’esame del fascicolo è tuttora in corso visto che contiene decine e decine di intercettazioni. Alla fine saranno interrogati tutti i protagonisti, compresa la Chaouqui, che ieri ha fatto sapere di volersi presentare, e suo marito.
Poi è possibile che si proceda con la richiesta di rinvio a giudizio. Ennesimo capitolo di una vicenda che imbarazza le gerarchie vaticane proprio per aver affidato alla donna un incarico tanto delicato e strategico.

Fiorenza Sarzanini
(da “il Corriere della Sera”)

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Dicembre 1st, 2015 Riccardo Fucile

9 ANNI DI BATTAGLIE, OLTRE 2 MILIONI DI VISUALIZZAZIONI, 25.000 ARTICOLI PUBBLICATI, UN BLOG CHE NON HA PADRONI E PADRINI

Siamo quasi a fine anno e riteniamo opportuno, per i tanti lettori che ci seguono, comunque la pensino, ricordare a tutti quanto segue:
1) Il nostro blog vive grazie all’opera gratuita di chi si dedica ad esso 365 giorni l’anno, non solo pubblicando articoli, ma facendoli circolare in decine di gruppi Fb e su twitter, attraverso un’operazione capillare di diffusione “scientifica” e mirata.
Il nostro successo e le centinaia di lettori giornalieri si spiegano anche con un metodo che richiede organizzazione, tempo e tanti sacrifici.
2) Lo scopo non è di parlare “solo” a chi è già  d’accordo con noi, ma di confrontarci con altre realtà  e ambienti, facendo conoscere e apprezzare una destra diversa.
Il riscontro ottenuto dai media nazionali e dalle entrate persino dall’estero testimonia che siamo seguiti anche da ambienti qualificati.
3) Non avendo padroni e padrini, anzi facendoci parecchi nemici proprio perchè non guardiamo in faccia nessuno, è evidente che non godiamo certo di finanziamenti di partiti o di appoggi economici di ambasciate straniere, piduisti o matti vari in circolazione.
Per non parlare dei tanti rancorosi sedicenti destri da tastiera o da giardinetti dal braccino corto.
4) Le sole spese vive del sito di informazione sono di circa 5.000 euro l’anno (tra acquisti giornali, abbonamenti, assistenza tecnica e varie).

Ci rivolgiamo pertanto a voi, lettori e amici, per chiedervi un sostegno concreto idoneo a coprire queste spese vive, aiuto che può manifestarsi in due modi:
a) un contributo minimo mensile da parte di una decina di amici sarebbe sufficiente per permetterci di programmare l’anno a venire.
b) un contributo una tantum per chi preferisse questa soluzione.

Nel primo caso può contattarci su Fb nella pagina del ns. direttore o telefonando al 334-3308075
Nel secondo può farlo subito sia a mezzo postpay che attraverso un bonifico su conti aperti per l’occasione.

Versamenti su ns. postpay potete farli sia da ufficio postale che da tabaccherie autorizzate indicando semplicemente:
Nome e codice fiscale destinatario e numero postpay
Riccardo Fucile
FCLRCR54R28I657T
postpay n° 5333 1710 0263 8159

Per un bonifico invece questi sono gli estremi:
IT09Y0760105138296402296406

Basterebbe poco per fare un ulteriore salto di qualità : noi abbiamo dimostrato di “esserci”, ora lasciamo a voi la possibilità  di dare un segno tangibile di “presenza”.
Decida la vostra coscienza.

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