Maggio 10th, 2016 Riccardo Fucile
PERCHE’ NON METTI LA FOTO DELLA BORGONZONI, L’EX “ZECCA ROSSA” (ORA LEGHISTA), DI QUANDO FREQUENTAVA IL CENTRO SOCIALE LINK?
In periodo di campagna elettorale si ricorre a ogni mezzo pur di farsi conoscere e votare, anche utilizzare l’immagine del sedere di una donna.
E’ il caso di Mario Turrini, candidato a Bologna con la lista Uniti si Vince in appoggio al candidato sindaco della Lega Lucia Borgonzoni.
Su facebook Turrini ha pubblicato la foto di una ragazza di spalle: si vede la schiena fino alle ginocchia, ma indossa solo una maglia lasciando il sedere in bella vista ‘senza veli’.
L’immagine è corredata dall’invito al voto alle prossime amministrative del 5 giugno (“scheda azzurra per il Comune, scrivi Turrini”) e da una sorta di spiegazione: “La foto è servita per attirare la tua attenzione, altrimenti non l’avresti mai letto”.
A giudicare dal numero delle reazioni sul social network, però, l’iniziativa non pare essere diventata virale.
Sul profilo di Turrini si contano 16 like, due condivisioni e sei commenti, tra cui uno dello stesso candidato di Uniti si Vince, che rincara la dose e promette: “Se vinco faccio la foto girata”.
Ormai la volgarità dilaga e quando non si hanno contenuti si scende a livelli sempre più squallidi. Suggeriamo al padano di mettere sul manifesto la foto della sua candidata sindaco Borgonzoni quando si faceva immortalare al centro sociale Link, quelli che Salvini vorrebbe chiudere.
Una “ex zecca rossa” dei centri sociali che ora i destri di Bologna dovrebbero pure votare.
Ma forse Turrini si vergognava di più a mettere quella foto che un fondoschiena femminile.
Senza pudore, in entrambi i casi.
(da agenzie)
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Maggio 10th, 2016 Riccardo Fucile
SI SCATENA LA POLEMICA SUL VOTO DI FIDUCIA, IL CENTRODESTRA SI DISTINGUE PER NEGARE DIRITTI RICONOSCIUTI IN TUTTA EUROPA E MARCHINI PERDE UNA BUONA OCCASIONE PER TACERE
Ormai ci siamo, questa settimana gli italiani avranno una legge sulle unioni civili. ![](http://s32.postimg.org/tknx68iad/UNIONI_CIVILI.jpg)
Nulla sarà più come prima ma la comunità lgbt ancora non ha le idee chiare, sembra quasi disorientata di fronte a quello che sta per accadere.
Si dovrebbe festeggiare, dicono quelli che all’interno del Pd hanno voluto con forza questa legge, e qualcuno sta anche provando ad organizzare qualcosa.
Ma chi nel mondo omosessuale ha vissuto come uno schiaffo e come l’ennesima discriminazione il testo che sta per essere approvato in via definitiva alla Camera, si terrà ben lontano da ogni raduno, pubblico o privato che sia.
«La verità ? È un momento talmente grande e che abbiamo aspettato così a lungo, che ora che è arrivato ci trova impreparati», ammette Ivan Scalfarotto, Pd, sottosegretario alle Riforme, da fine marzo viceministro allo Sviluppo economico, uno che si è battuto per le Unioni civili dal primo momento in cui ha messo piede in Parlamento.
«Forse perchè, nonostante il lavoro e le speranze, in parte dei nostri cuori ci si era abituati all’idea che non sarebbe arrivato mai. È stato un modo per resistere alle continue delusioni e continuare a vivere, nonostante tutto».
Eppure il momento è arrivato e Anna Paola Concia non intende perderlo. Lei appartiene agli entusiasti, a quelli che vorrebbero portare tutti in piazza in nome delle unioni civili. «Non capisco come si possa non festeggiare, per me inizia una delle settimane più belle della mia vita. La nuova legge cambierà la vita di tante donne e uomini. Ho parlato con il partito, mi farebbe piacere vedere le piazze riempirsi per sottolineare questo momento storico».
Anna Paola Concia, tessera del Pd e prima ancora di tutte le varie sigle fino a risalire al Pci, dal 2008 al 2013 è stata l’unica omosessuale dichiarata in Parlamento.
Non è stata rieletta, è andata a vivere in Germania con sua moglie ma da qualche settimana è di nuovo in Italia, si presenta alle comunali con Giachetti.
«Da due anni vivo in un Paese che, con l’unica eccezione della stepchild adoption, dà gli stessi diritti e anche le stesse responsabilità contenute nel testo che sta per essere approvato. So quanto è rivoluzionario quello che sta per accadere».
Dal cognome comune alla reversibilità della pensione, i congedi parentali, le graduatorie all’asilo nido se si hanno dei figli, ai diritti di successione, i cambiamenti in arrivo sono molti.
Li sottolinea Cristiana Alicata, che da anni è una delle colonne della comunità Lgbt che fa capo al Pd oltre ad essere manager Fca e consigliere di amministrazione dell’Anas: «Con questa legge avremo un istituto equivalente al matrimonio e avremo finalmente abbattuto il muro del nulla e del silenzio. Mi piacerebbe una comunità matura che festeggi in piazza e che sappia dire che è un grande passo anche se non basta. Un minuto dopo aver festeggiato tornerò a lottare, adesso il Pd deve mettere in programma il matrimonio egualitario».
Non basta e c’è una parte della comunità Lgbt che lo va dicendo da tempo e che non festeggerà proprio nulla.
Andrea Maccarrone, ex presidente del circolo Mario Mieli, è fra gli attivisti che si sono esposti di più nell’opporsi alla legge.
Per tre settimane ha seguito i lavori in Senato con le provocazioni consentite dal regolamento parlamentare. Da ieri sta facendo altrettanto alla Camera.
«Capisco l’importanza da un punto di vista simbolico e anche pratico, ma forse non si è capito che nell’immediato non cambierà nulla. Si tratta di una legge delega, dovranno essere approvati i regolamenti per renderla operativa, e dovrà farlo il ministro Alfano che potrebbe avere tutto l’interesse politico a rallentare i tempi o a complicare le procedure».
Nessuna voglia di festeggiare anche tra le Famiglie Arcobaleno.
La presidente Marilena Grassadonia ha una compagna sposata in Spagna e tre figli che per l’Italia non hanno famiglia ma due madri single: «I bambini che avrebbero dovuto essere i primi a essere tutelati, sono stati cancellati. L’Italia ha perso un’occasione e noi continueremo la nostra battaglia per riconoscere i nostri figli alla nascita».
Flavia Amabile
(da “La Stampa”)
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Maggio 10th, 2016 Riccardo Fucile
SCOPPIA IL CASO DEL CANDIDATO DI QUARTIERE DELLA LEGA E PARISI SI INFURIA: “SPERO NON VENGA ELETTO, CON ME NON AVRA’ SPAZIO”… IL GRUPPO E’ VICINO AGLI HAMMERSKIN…BOSSI: “IO STO COI PARTIGIANI”
Parole durissime, che condannano la scelta della Lega di presentare alle elezioni una “persona antisemita e fascista” che “nel mio lavoro non può trovare spazio”.
Il candidato del centrodestra Stefano Parisi ha attaccato il partito di Matteo Salvini che “ha inserito prepotentemente” tra i candidati milanesi del municipio di Zona 8, con la lista del Carroccio, Stefano Pavesi, militante del gruppo della destra radicale (legato a Lealtà e azione) Alpha.
“Rimane il rapporto tra Pavesi e alcune frange della Lega, questo danneggia molto la Lega e in parte anche noi – ha dichiarato Parisi in diretta a Radio Popolare – ci sono molti nostri elettori preoccupati, e hanno ragione. Mi auguro che questo ragazzo non sia eletto, resta per la Lega un nodo da sciogliere comunque, perchè si tratta di una persona antisemita e fascista e nel mio lavoro non può trovare spazio. La Lega lo ha inserito prepotentemente”.
“Milano è una città dove non prenderanno mai piede antisemitismo e atteggiamenti xenofobi – ha spiegato.
La candidatura di Pavesi aveva suscitato un’ondata di sdegno, liquidata dal leader della Lega Salvini con una battuta: “Se l’accusa è quella di essere di destra o estrema destra non capisco dove stia il fondamento: anche io sono di estrema destra, secondo la maggioranza dei giornalisti”.
Peccato che avesse poche ore detto che fosse “antifascista e anticomunista”
Ma la questione imbarazza non poco il manager che punta alla carica di sindaco.
Pavesi, infatti, è apparso proprio sul sito di Radio Popolare nelle immagini che lo ritraevano in prima fila, sull’attenti, felpa nera di Lealtà e Azione e bandiera tricolore in mano, alle commemorazioni dei morti della Repubblica di Salò organizzate il 25 aprile al campo X di Milano e al campo 62 di Monza.
Immagini pubblicate dall’associazione Memento, emanazione della formazione neofascista Lealtà e Azione, alla quale Parisi appartiene. Nelle immagini postate si vede il militante nero-verde Pavesi impegnato nella parata commemorativa assieme a una trentina di camerati.
Tra coloro che hanno criticato le manifestazioni indette il 25 aprile – giorno della Liberazione dal nazifascismo – da reduci repubblichini, nostalgici e neofascisti, c’è infatti lo stesso Stefano Parisi.
Il candidato sindaco del centrodestra, che il 25 aprile ha partecipato al corteo milanese per la Liberazione all’interno della Brigata Ebraica, aveva detto: “I neo fascisti che oggi hanno organizzato commemorazioni a Milano dovrebbero stare a casa, hanno sbagliato”. Quando la candidatura con la Lega Nord del neofasista Pavesi è stata ufficializzata, lo stesso Parisi, intervistato da Radio Popolare, non aveva nascosto irritazione e imbarazzo: “Mi assicurano che Pavesi non sia un fascista antisemita, spero che lo dichiari pubblicamente”.
Antisemita o no, il punto è che il candidato sindaco si era esposto personalmente garantendo che non ci sarebbero stati fascisti nelle liste.
La questione, per altro, va ben al di là della candidatura. Il partito più importante della coalizione che sostiene Parisi, la Lega, ha un rapporto politico con Lealtà e Azione. Militanti di Lealtà e Azione nei giorni scorsi si sono presentati nei mercati rionali di Milano a distribuire volantini della Lega.
Durante la presentazione di due candidati leghisti al consiglio comunale, Max Bastoni e Francesca Testa, era presente, oltre a Mario Borghezio, un gruppo di militanti di Lealtà e Azione.
Chi si muove dietro questa formazione? Chi rappresenta ? Facile.
Lealtà e Azione è la sigla politica dietro la quale in Lombardia, a Milano in particolare, operano gli Hammerskin, ovvero una formazione antisemita internazionale nata da una costola del Ku Klux Klan…
Dopo il fidanzamento di interessi tra la Lega di Salvini e molti partiti nazionalisti e neofascisti europei, non c’è da stupirsi.
Restano, sullo sfondo, le parole di chi la Lega l’ha fondata e guidata fino a ieri: Umberto Bossi.
Rispondendo a una domanda su Marine Le Pen, il Senatur ha affermato: “Io sono dall’altra parte della barricata, vengo da una famiglia che ha avuto partigiani combattenti e morti”
Paolo Berizzi
(da “La Repubblica“)
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Maggio 10th, 2016 Riccardo Fucile
LA RIVELAZIONE DE “IL TIRRENO”… ORA IL SINDACO DI LIVORNO E’ A RISCHIO
Oltre al concorso in bancarotta fraudolenta, la Procura di Livorno ipotizza per il primo cittadino,
Filippo Nogarin, anche l’abuso d’ufficio e il falso in bilancio.
È quanto riporta il quotidiano Il Tirreno.
Nell’ambito della maxi inchiesta “Città pulita”, che riguarda la gestione finanziaria e amministrativa di Aamps, l’azienda dei rifiuti partecipata dal Comune di Livorno al 100% e che ad oggi vede 18 persone nei guai tra politici, manager e dipendenti pubblici, i pubblici ministeri Massimo Mannucci e Arianna Ciavattini, titolari dell’indagine, hanno iscritto Nogarin nel registro degli indagati con l’accusa di bancarotta fraudolenta – come già noto – ma anche per un episodio di abuso d’ufficio in relazione alla revoca del Cda di Aamps del 7 gennaio scorso e per un presunto falso in bilancio riferito all’ok ai conti 2014 nonostante il parere contrario dei revisori.
Fino a domenica sera il sindaco, in diretta tv, ha sostenuto che nell’informazione di garanzia ritirata sabato si fa riferimento a «un accertamento della Procura solo per il reato di bancarotta».
Contattato dal Tirreno, lo stesso non ha ritenuto di voler intervenire su queste due nuove ipotesi di reato.
L’inchiesta sta studiando i conti dell’Aamps tra 2012 e 2016 (dal 2012 al 2014 sotto l’amministrazione Pd, dal 2014 ad oggi alla guida del Comune c’è M5S).
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 10th, 2016 Riccardo Fucile
IL CINQUESTELLE AVEVA ACCOSTATO RENZI ALLA MAFIA: QUANDO FINIRA’ LA POLITICA DEGLI INSULTI E SI TORNERA’ A CONFRONTARSI SUI PROBLEMI CONCRETI SARA’ SEMPRE TROPPO TARDI
“Voi vi dovreste levare l’immunità , così queste caz…te non le dite più. Così quando uno dice una caz..ta del genere l’altro lo querela e paga, come paghiamo noi giornalisti quando diciamo le fre…cce”.
A Piazza Pulita Corrado Formigli ha replicato a Filippo Taddei, responsabile economico del Pd, che aveva definito “inaccettabili” le parole del 5 Stelle Alessandro Di Battista.
“Renzi che parla di democrazia è credibile come i mafiosi che a Roma sostengono il Pd”, aveva affermato l’esponente pentastellato.
Taddei ha attaccato: “È una questione di norme comuni, se noi permettiamo che un parlamentare della Repubblica in una trasmissione di questa credibilità dica che il presidente del Consiglio è credibile come i mafiosi, questo è un linguaggio inaccettabile”.
Formigli ha prima replicato spiegando che “non possiamo tagliare la comunicazione quando uno parla”. E poi è contrattaccato: “È il linguaggio di questa politica che da tutte le parti sta usando toni troppo accesi. Condanniamo questi toni ed evitiamo di usarli su questi schermi. Io prendo le distanze ovviamente”.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 10th, 2016 Riccardo Fucile
“HA SOLO PRETESO CHE LE SENTENZE FOSSERO ESEGUITE DOPO DECENNI CHE ERANO STATE IGNORATE”… POCHI GIORNI FA UNA FOLLA AVEVA BLOCCATO LE RUSPE… ALFANO ORA SI SVEGLIA: “AVRA’ UNA SCORTA”
Fuoco e ruspe, muri umani che si oppongono alle demolizioni degli immobili abusivi e attentati
incendiari contro il sindaco demolitore.
Succede a Licata, quarantamila abitanti in provincia di Agrigento, dove ieri notte è stata data alle fiamme la casa del padre di Angelo Cambiano, eletto da meno di un anno sindaco della città .
“Mi additano come il sindaco demolitore e dopo questo episodio ho paura per la mia incolumità e per quella della mia famiglia, ma non mollerò la battaglia per un solo istante”, dice il primo cittadino, che domenica scorsa era comparso sugli schermi di Rai Uno come ospite dell’Arena di Massimo Giletti, per raccontare la lotta della sua amministrazione all’abusivismo edilizio.
Un problema che a Licata coinvolge centinaia di strutture: è per questo motivo che pochi giorni fa una folla di cittadini imbufaliti ha bloccato le ruspe pronte ad entrare in azione nella zona di Torre di Gaffe, a pochi passi dal mare.
La notte scorsa, ecco quindi che la casa del padre di Cambiano è stata data alle fiamme: dall’apparizione televisiva del primo cittadino erano trascorse 48 ore esatte.
“Tra qualche mese nascerà mio figlio: cosa gli racconterò? Che suo padre è fuggito? Posso dire che aldilà dello Stato, che mi è stato vicino in questi mesi, nessuno è stato al mio fianco. La politica mi ha abbandonato, ma non voglio essere un eroe, se servire i propri territori significa rischiare la vita giornalmente, non ci sto”, dice Cambiano, che ha ricevuto la visita di 40 sindaci della provincia di Agrigento, come attestato di solidarietà .ù
In mattinata, poi, è arrivato a Licata anche il ministro dell’Interno, Angelino Alfano. “Siamo qui a ribadire che se non avvengono queste demolizioni, ci saranno altre case abusive: è finito il tempo della politica che coccolava gli abusivi per avere qualche migliaio di voti”, spiega il responsabile del Viminale, annunciando l’intenzione di proporre una scorta per proteggere il sindaco di Licata.
“Non c’è dubbio che situazioni come questa, con i cittadini che compongono un vero e proprio muro umano per bloccare le demolizioni, rappresentino la miccia di un vero e proprio allarme sociale”, dice invece a IlFattoQuotidiano.it Renato Di Natale, procuratore capo di Agrigento.
Gli inquirenti agrigentini hanno aperto due indagini: una sull’intimidazione a Cambiano e un’altra sulle omissioni delle precedenti amministrazioni sul fronte dell’abusivismo.
“Qui per decenni sentenze passate in giudicato sono state ignorate — continua il magistrato — noi stiamo cercando di fare luce su possibili omissioni legate a tutta una serie di vicende passate. Stiamo verificando, per esempio, il caso di immobili abusivi che qualche amministratore voleva rivendere ai precedenti proprietari, dopo averle acquisite al patrimonio comunale”. Ma non solo.
Perchè il caso Licata accende i riflettori anche su uno dei tanti nodi irrisolti che blocca la lotta all’abusivismo edilizio: è cioè quello dei costi di demolizione dei manufatti abusivi, che oggi sono praticamente di pertinenza dei comuni, già colpiti da una profonda crisi economica a causa dei continui tagli agli enti locali.
“Non è concepibile che i neo amministratori debbano fronteggiare problemi irrisolti da decenni, addossandosi responsabilità enormi a fronte dell’inerzia delle istituzioni e senza che nessuno si preoccupi di tutelare la loro incolumità ”, dice Leoluca Orlando, presidente di Anci Sicilia.
Secondo un recentissimo report dell’associazione comuni italiani, infatti, i costi dell’abbattimento dell’intero patrimonio edilizio abusivo nazionale sono stimabili in almeno 5 miliardi di euro.
Nel dettaglio ci vogliono circa 50mila euro per abbattere un singolo immobile, e quindi smaltire i rifiuti speciali dopo della demolizione: un’enormità se si pensa che solo nel piccolo comune di Misilmeri, in provincia di Palermo, le sentenze di abusivismo edilizio passate in giudicato sono più di 1.500.
“È stato dimostrato — scrive sempre l’Anci — che è poco percorribile l’opera di rivalsa nei confronti dei proprietari”.
Tradotto: visto che è molto difficile farsi rimborsare i costi di demolizione dagli ex titolari degli immobili, alla fine sono i comuni a dovere onorare quasi completamente i costi di abbattimento delle opere abusive.
È per questo motivo che alcune settimane fa le demolizioni si sono bloccate nella Valle dei Templi di Agrigento: non c’era alcuna protesta cittadina, ma semplicemente mancavano i fondi per le ruspe.
“Il governo nazionale ha attribuito ai comuni il compito di procedere con le demolizioni degli immobili abusivi, senza però trasferire risorse finanziarie adeguate per farlo: assistiamo quindi all’ennesimo proclama dell’esecutivo, che scarica sulle amministrazioni locali oneri pesanti senza adeguata copertura, politica e finanziaria”, attacca quindi Erasmo Palazzotto di Sinistra Italiana, autore di un’interrogazione parlamentare sull’argomento.
Nel frattempo all’Assemblea regionale siciliana è approdato un disegno di legge per condonare le case abusive costruite nei 150 metri dalla battigia, sottoposti dalla legge regionale 78 del 1976 a vincolo di inedificabilità assoluta: in pratica l’ennesimo tentativo per una maxi sanatoria.
Giuseppe Pipitone
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 10th, 2016 Riccardo Fucile
NEL CENTRODESTRA FORZA ITALIA SALE AL 12,6% E ORMAI E’ A UN SOFFIO DALLA LEGA, FERMA AL 13%
Un mese fa tra M5s e Pd ci sarebbe stato il ballottaggio, oggi invece le elezioni sarebbero vinte dal Movimento 5 Stelle.
Arriva dal sondaggio Index research la tendenza che vede un vantaggio di quasi un punto del movimento di Beppe Grillo.
Il M5s si attesta al 28,4% con un aumento dello 0,8% rispetto al 25 aprile (27,6%), mentre il Partito democratico scende al 28% perdendo lo 0,7% rispetto al periodo precedente (28,7%).
Il sondaggio, mandato in onda durante la puntata di Piazzapulita su La7, registra quindi il “sorpasso” del pentastellati sui dem.
È la prima volta che accade che nelle tendenze di voto i pentastellati superino il partito del presidente del Consiglio, Matteo Renzi.
Un confronto in cui sembrano pesare la bufera giudiziaria che ha investito alcuni esponenti dem.
Nel programma condotto da Corrado Formigli sono stati resi noti i risultati delle tendenze in corso a livello nazionale che vedono ferma la Lega Nord di Matteo Salvini al 13% e un recupero di Forza Italia dello 0,6%: a oggi il partito di Silvio Berlusconi agguanterebbe il 12,6%, due settimane fa invece la percentuale era ferma al 12%
Un mese fa, nel sondaggio Demos per l’Atlante Politico pubblicato su Repubblica fa, si parlò di pareggio per un possibile effetto per gli scandali giudiziari (Federica Guidi e Panama Papers), ma intanto all’indagine di Potenza e all’inchiesta giornalistica sugli evasori a molti zeri si sono aggiunti l’iscrizione nel registro degli indagati di Napoli del consigliere regionale Stefano Graziano, presidente del partito in Campania, per concorso esterno in associazione mafiosa e l’arresto del sindaco di Lodi Simone Uggetti
Nuove inchieste e molte frizioni tra il governo e i magistrati in queste due settimane: prima il botta e risposta tra Renzi e il neo presidente della Anm, Piercamillo Davigo, poi la sfuriata del premier al Senato e infine l’ammissione dell’esistenza di una questione morale all’interno del partito da parte di Renzi: “In tanti la negano ma esiste è un dato di fatto: abbiamo 50mila amministratori e in troppi casi le cose non girano“. Non sembra aver inciso per ora invece sul M5s la notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati del sindaco di Livorno, Filippo Nogarin.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 10th, 2016 Riccardo Fucile
IL PINO E L’AURELIO, AUTISTI DI PESO, TRA GARE DI VELOCITA’ E RISSE NEL PARTITO
L’ultima uscita pubblica di Babbini è stata all’Expo, aspettava il presidente russo con un gran
cartello: «Putin save the world».
«Lo amo – confessa senza pudore – soltanto lui può davvero salvare il mondo». Con lo stesso slancio, dichiara il suo disprezzo: «Odio gli autovelox, messi lì a far cassa sulle spalle di noialtri».
La storia inizia lontano, negli anni Sessanta. Diversamente da altri leghisti, Babbini ha un passato politico: era socialista. Craxiano quando Craxi era ancora soltanto consigliere comunale a Milano. Lui, però, oggi rivendica: «La Prima Repubblica l’abbiam fatta cadere noi, altro che Di Pietro».
Soprattutto, Babbini guida. Negli anni Sessanta, si è fatto 130 gare di Formula 3, cinque gran premi a Montecarlo. Nel ’65 corre la Targa Florio: «Sono arrivato 19esimo, ma non me ne dimenticherò mai».
Abbandonati i bolidi, diventa tassista. E vede la luce: Umberto Bossi.
«Non avevo mai sentito un politico parlare così. Dire quelle cose. Mi sono messo a disposizione». Diventa l’autista ufficiale del «Capo» alla vigilia del natale 1990.
L’11 dicembre, Bossi aveva avuto il suo primo infarto e all’uscita dall’ospedale, ad aspettarlo, c’era il Babbini.
Da quel momento, saranno giorni e saranno notti: lui è lì, sempre al fianco del Capo. Rimette a posto con un’occhiataccia gli entusiasti troppo bollenti e, se non basta l’occhiataccia, avanza di un passo: di solito è sufficiente. Nel 1992, Piergianni Prosperini esce dalla Lega. Memorabile il loro pacato confronto in piazza San Babila: volano sganassoni.
Nel 1994 Umberto Bossi vuole candidarlo al Senato, ma lui rifiuta: «Avrebbero detto che era come Caligola che candidava il suo cavallo».
Ma il 16 settembre 1996, lo storico addio. Le strade tra lui e il senatur si dividono, la scorta al Capo non lascia spazio a un’altra vita e forse c’è anche qualche questione economica.
Si ritroveranno 14 anni dopo: «Ci siamo abbracciati».
L’Aurelio è la quintessenza del leghista dell’era classica. La sua passione politica nasce con Bossi, prima di lui nessuno aveva dato rappresentanza a quel sentimento neppure pronunciabile: la Nord-nazione. La Padania.
L’Aurelio è lì, bergamasco come la val Seriana, prelevato dal Capo nel vivaio orobico da cui ha sempre scelto la sua guardia pretoria. Per anni troneggia gigantesco, sempre un passo dietro a Bossi, sempre muto: «Sono un soldato».
Se gli chiedi l’ora, non te la dice. Se la dice, aggiunge il solito: «Guai se lo scrivi».
Il destino, si sa, è beffardo. Dopo la malattia di Bossi, l’Aurelio viene accusato dal cerchio magico di intelligenza con il nemico: avrebbe parlato con i giornalisti.
È il mondo alla rovescia. Ma lui, come un soldato, accetta la fatwa e si fa da parte.
Ma Salvini sa: e infatti, appena eletto segretario lombardo, lo prende come suo autista. Con il «Capitano» non sono soltanto folle festanti.
Quasi ogni giorno, sono contestazioni dure. Imprevedibilmente, lui si dimostra capace di reprimersi.
In politica, inaugura un filone: il candidato che non vuole si parli di lui.
Marco Cremonesi
(da “il Corriere della Sera”)
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Maggio 10th, 2016 Riccardo Fucile
LA STOCCATA: “SE LEI LA SMETTE DI DIRE BUGIE SU DI ME, IO SMETTERO’ DI DIRE LA VERITA’ SU DI LEI”
Il gusto per la battuta Francesco Storace non l’ha perso. Nemmeno ora che, lasciata la corsa al
Campidoglio per appoggiare Alfio Marchini, è al centro di schermaglie quotidiane con i «cugini» di Fdi, fermi sulla candidatura di Giorgia Meloni, con buona pace dell’unità del centrodestra.
«Se permettete – esordisce il leader de La Destra – stavolta il voto utile lo rivendico io. Anche perchè Roma corre davvero dei rischi».
Chiunque vinca?
«Mi riferisco a Giachetti e alla Raggi. Se vince la sinistra, visto l’autogol di Fassina, c’è il pericolo che si ricrei l’asse Pd-Sel, che si rivelerebbe catastrofico per la città . Se la spuntano i grillini sarà l’inizio di un’avventura che nessuno può immaginare come finirà . Io dico che è meglio una soluzione che ha il crisma del civismo e dell’amministrazione locale, per puntare le carte con convinzione su chi può vincere».
Ma l’unità del centrodestra, a Roma, è rimasta un miraggio.
«Ci sono partiti – come noi e come Fi con Bertolaso – che hanno rinunciato al proprio candidato per convergere sullo stesso nome. Fuori c’è rimasta solo Giorgia Meloni che, stando a quanto dichiarano Matteoli e Gasparri, ha scelto di correre per il Campidoglio come conseguenza della mia discesa in campo».
E ha scelto di continuare nonostante il suo «passo indietro».
«È stata lei a non volere l’appoggio della nostra lista, arrivando a cacciare dal partito quanti chiedevano di ragionare su un sostegno alla mia candidatura. Quanto a Marchini, a differenza del sottoscritto il suo nome era tra i sette sulla scheda del referendum interno di Fdi per la scelta del candidato sindaco».
Ma l’ha appoggiato lei.
«Per tre mesi ho perso la voce per lanciare appelli all’unità del centrodestra. Una volta che ci si è aggregati sul nome di Marchini, che mi ha chiamato per chiedere di appoggiarlo con la nostra lista, e che ha sottoscritto il nostro decalogo di proposte per Roma, come potevo non convergere pure io? Tornando a Fdi, mi chiedo quanto gli convenga questa continua vis polemica contro di noi. Ricordo che c’era pluralità nel Msi, che aveva 3 milioni di elettori, e c’erano correnti in An, che prendeva 6 milioni di voti: Fdi non rappresenta l’intero mondo della destra. Ma se mi lasciano in pace e non dicono bugie su di me, prometto di smetterla di dire la verità su di loro».
Un bel segnale di pace…
«Mi limito a rispondere. E invito al rispetto per una storia comune. Semmai attacchino Giachetti, o la Raggi. Tanto al ballottaggio ci dovremo ritrovare, no? Spero che quando la Meloni ha detto che avrebbe votato Raggi al secondo turno sia stato solo un infortunio».
Massimo Malpica
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