Maggio 16th, 2016 Riccardo Fucile
CHAT INTERNA TRA I SINDACI DEI COMUNI GUIDATI DAI PENTASTELLATI: TUTTI CHIEDONO UN CONFRONTO PARMA-ROMA
“Quanti no comment ha ricevuto?”. L’imbarazzo per il caso Pizzarotti è palpabile fra i sindaci a 5 stelle.
A meno sei giorni dalla possibile espulsione del sindaco eretico, quello sospeso per la mancanza di trasparenza dopo essere stato indagato per la vicenda del Teatro Regio, la maggior parte dei cittadini pentastellati si trincea dietro ai no comment e chiede una sola cosa al direttorio: “Confronto”.
Non è detto che vada fatto in streaming, come vorrebbe Pizzarotti, ma il direttorio M5s “deve chiarirsi” (e viceversa) con il primo cittadino perchè “chi ne soffre in questa vicenda è il MoVimento. E fra un mese ci sono le elezioni” è il sunto del loro ragionamento.
Anche loro hanno provato a trovare una quadra sulla questione.
Dopo la sospensione di Pizzarotti infatti buona parte degli amministratori locali si sono confrontati fra loro via web.
Un fitto scambio di messaggi per tenere una posizione unita dopo lo scontro fra vertici e Parma. Di unito però fra i 16 titolari dei Comuni a M5s, eletti in questi ultimi quattro anni, c’è ben poco.
Gli espulsi, Marco Fabbri di Comacchio e Rosa Capuozzo di Quarto (ai quali va aggiunto Domenico Messinese di Gela), hanno già fatto sapere tutto il loro disappunto.
La Capuozzo non ci va morbida e parla di due pesi e due misure, dove l’M5s “pensa al nazionale e non ha interesse a governare i territori, abbandona i sindaci a loro stessi”.
In difesa di Pizzarotti era già intervenuto anche il sindaco di Pomezia Fabio Fucci, quello che ha raccontato di essere stato indagato (e poi archiviato) ma di non aver dato alcuna comunicazione al direttorio.
A ruota lo segue anche Antonio Cozzolino, primo cittadino di Civitavecchia, che sostiene che il parmigiano debba “restare. Questa vicenda ci danneggerà se non la chiudiamo prima del voto amministrativo” racconta a Repubblica.
“Non mi schiero, non mi faccia commentare” attacca al telefono con Huffpost Roberto Castiglion, sindaco grillino di Sarego.
“La situazione non è bella, io mi auguro solo che venga risolta. Non c’è la verità in tasca, l’unica cosa che vorrei è un confronto fra le parti” chiosa prima di riattaccare.
Il sardo Mario Puddu, sindaco di Assemini, sembra fargli eco. “Tra noi sindaci c’è molta solidarietà , condivisione. Io da che parte sto? Quella dell’M5s. Guardi, sono dispiaciuto e addolorato per Federico, che stimo e apprezzo moltissimo per come ha amministrato Parma. Ma io glielo avevo detto di non abboccare sempre al gioco dei media, di non mettersi sempre contro lo staff. Sapevo delle incomprensioni. Io e lui siamo diversi, io con lo staff non ho mai avuto problemi. E poi…anonime…quelle mail non sono, Federico lo sa. Mi chiede se lui dovrebbe rimanere? Sì. Ma io mi chiedo, lui davvero ci vuole rimanere? Si è percepito in questi anni il suo amore per M5s?”. Anche Puddu auspica “un confronto” e sostiene che la sospensione sia “inopportuna come tempistica, ma coerente alle regole”.
Se l’altro sindaco indagato, Filippo Nogarin di Livorno, si è già schierato apertamente sui social con Di Maio e direttorio, c’è chi invece preferisce non sbilanciarsi affatto, come il sindaco di Ragusa Federico Piccitto che dalla sua segreteria fa sapere di non voler rilasciare dichiarazioni.
Tra telefoni che squillano a vuoto e irreperibilità (vedi i sindaci di Venaria, Porto Torres, Mira, Pietraperzia, Montelabbate e Bagheria) c’è chi come Maria Concetta Di Pietro, sindaco grillino di Augusta, dice apertamente “io sto con Luigi (Di Maio, ndr)”. All’Huffpost anche lei, che conferma una comunicazione interna fra i sindaci, sottolinea la necessità di “un confronto, un chiarimento.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 16th, 2016 Riccardo Fucile
UNA PARTE DEL GRUPPO PARLAMENTARE CONTRO I VERTICI
Lo scontro tra una parte della base parlamentare e i vertici è sempre più duro.
Il Movimento 5 Stelle mai come in questo periodo, in cui è lanciato alla possibile conquista di alcune città importanti, è in preda a turbolenze.
Una pattuglia di eletti, specialmente a Montecitorio, aveva chiesto un’assemblea, dei soli deputati o congiunta con i senatori, per discutere dell’ormai epurazione del sindaco di Parma Federico Pizzarotti.
Epurazione maldigerita da molti parlamentari nonchè dagli attivisti. Ma la riunione alla Camera, che solitamente si tiene il martedì sera, questa settimana non ci sarà , soprattutto perchè il Direttorio potrebbe finire sul banco degli imputati.
E in particolare Luigi Di Maio, leader in pectore, con delega agli Enti locali, colui che in pratica era stato contattato dal primo cittadino di Parma ma gli sms non hanno mai ricevuto risposta.
Lo stesso Pizzarotti aveva chiesto di prender parte a una riunione dei parlamentari, possibilmente da trasmettere in streaming per coinvolgere anche la base grillina, ma a questo punto è evidente che il confronto non ci sarà : “Come al solito – dice il sindaco all’Adnkronos – non sono io che mi sottraggo al dialogo”.
I malumori rimbalzano tuttavia nelle pagine Facebook oltrechè tra Montecitorio e Palazzo Madama.
La senatrice pizzarottiana Elisa Bulgarelli ormai esce allo scoperto e attacca.
Sui social parla di una “mutazione genetica da movimento a partito, forse peggio: da movimento a partito padronale col partito che viene passato da padre a figlio”.
È in quest’ultimo concetto, che Bulgarelli a nome anche di altri colleghi mette in chiaro, la chiave di tutto il malcontento grillino.
Da quando è morto Gianroberto Casaleggio molti parlamentari chiedono una riunione per essere informati sui nuovi assetti, quindi sulla nuova piattaforma Rousseau e sul ruolo di Casaleggio jr.
Alcuni deputati e senatori lo chiamano “l’invisibile”, perchè c’è ma non si fa vedere. Che non ami apparire è ormai un fatto noto, ma dietro a ogni decisione, compresa la cacciata di Pizzarotti, c’è lui: Davide Casaleggio.
Per questo l’erede non è soltanto colui che “gestisce la piattaforma informatica” ma è molto di più.
Da lui dipendono epurazioni e nomine. Ovviamente prese di concerto con Beppe Grillo che, da quando Gianroberto non c’è più, è venuto meno al suo “passo di lato” e si occupa – come promesso qualche settimana prima della morte all’amico cofondatore del Movimento durante una riunione a Milano – un po’ di più della loro creatura e delle decisioni politiche, che a volte bypassano lo stesso Direttorio.
Come ad esempio la decisione presa da Casaleggio jr senza informare nessuno di nominare due fedelissimi ai vertici della neonata Associazione Rousseau.
Si tratta dell’europarlamentare veneto Davide Borrelli e del candidato sindaco di Bologna, nemico di Pizzarotti, Max Bugani.
Non fanno parte dell’Associazione invece i cinque del Direttorio, rimasti anzi sorpresi dai due ingressi.
Segno che il cuore del Movimento rimane a Milano. Anzi, si può dire che viaggi sulla linea telefonica Milano-Genova, quindi Casaleggio jr-Beppe Grillo.
Sulla questione Pizzarotti, per esempio, Grillo e Davide Casaleggio hanno consultato Di Maio, Di Battista e Fico, i tre del Direttorio che hanno un ruolo più da protagonisti (Sibilia e Ruocco sono più defilati).
Il primo ha mostrato qualche dubbio, avrebbe preso tempo per evitare spaccature, che poi si sono verificate, in piena campagna elettorale.
Fico invece, il più ortodosso del Direttorio, non aveva dubbi sull’utilizzo della linea dura. Alla fine, scavalcate le remore di Di Maio, il sigillo lo hanno messo, anche questa volta, Grillo e Casaleggio con buona pace del Direttorio.
Al Direttorio però tocca affrontare i gruppi parlamentari in subbuglio.
In subbuglio soprattutto perchè molti singoli deputati e senatori non vedono valorizzato il loro lavoro quotidiano, mentre aumenta il protagonismo in tv di Di Maio e Di Battista in particolare.
“Vanno sempre nelle trasmissioni televisive ma non si preoccupano di informare noi deputati di ciò che succede e delle decisioni che vengono prese”, dice in sostanza più di qualcuno che vede ormai come un lontano ricordo la vecchia regola dell’uno vale uno.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 16th, 2016 Riccardo Fucile
FONDI LEGA NORD, A GIUDIZIO 19 LEGHISTI: C’E’ ANCHE LA EX “ZECCA ROSSA” LUCIA BORGONZONI, OLTRE A RANIERI E ALESSANDRI… SI TRATTA DI 150.000 EURO PRELEVATI DALLE CASSE DEL PARTITO PER BUFFET, RIMBORSI CHILOMETRICI E MULTE
Lucia Borgonzoni, la candidata della Lega Nord per la poltrona di primo cittadino a Bologna, è tra i destinatari della citazione diretta a giudizio della procura di Reggio Emilia contro 19 esponenti (o ex) del Carroccio.
Secondo l’accusa avrebbe utilizzato in maniera irregolare 764 euro del partito.
A processo il 22 settembre, tra gli altri andranno anche Fabio Rainieri, ex senatore e oggi vicepresidente del consiglio regionale dell’Emilia-Romagna e Angelo Alessandri.
Quest’ultimo, ex deputato, ex presidente federale della Lega, era considerato uno dei più fedeli collaboratori di Umberto Bossi e per un decennio uomo forte del Carroccio tra Piacenza e Bologna.
Per tutti e 19 l’accusa è quella di appropriazione indebita proprio ai danni del partito: i pm contestano in totale circa 150mila euro spesi in buffet elettorali, incontri di partito, rimborsi chilometrici, multe stradali, tra il 2009 e il 2012.
L’inchiesta, condotta dal procuratore capo Giorgio Grandinetti e dal sostituto Stefania Pigozzi, prese le mosse proprio nella primavera del 2012 quando con lo scoppio del ‘caso Belsito’ la Lega Nord guidata dal Senatur fu travolta dalle inchieste proprio per l’utilizzo dei fondi.
Non fu risparmiata neppure la componente emiliana (la cui sede è a Reggio).
A fare partire le inchieste in Emilia fu Marco Lusetti, ex braccio destro di Alessandri, espulso dal partito due anni prima, che denunciò un presunto uso improprio dei soldi del partito.
Ora anche a Lusetti sono contestate alcune spese e anche lui andrà a processo.
Ad Alessandri (che uscì dalla Lega nel novembre 2012) sono contestate invece alcune multe prese nei suoi spostamenti in auto quando era parlamentare e messe in conto alla Lega Nord.
A Lucia Borgonzoni oltre a 264 euro di spese sostenute durante la campagna elettorale per le provinciali del 2009 e chieste a rimborso, c’è la contestazione di un assegno da 500 euro.
Ad ogni modo, per gran parte degli imputati la prescrizione dovrebbe arrivare già durante il processo di primo grado.
Gli altri imputati sono Franco Spadoni, Giacomo Giovannini, Matteo Bulgarelli, Nadia Monticelli, Fabio Ferrari, Gianfranco e Daniel Barigazzi, padre e figlio, Federica Boccaletti, Aldo Manfredini, Giovanni Tombolato, Medardo Zanetti, Antonio Vizzaccaro, Marco Canavesi, Rita Casula e Christian Morselli.
David Marceddu
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 16th, 2016 Riccardo Fucile
IN RECUPERO LETTIERI E APPENDINO… BALLOTTAGGI SEMPRE PIU’ INCERTI
L’ultimo sondaggio appena sfornato dall’istituto Indez Reasearch sulle città di Napoli e Torino presenta delle indubbie novità circa un’esito tutt’altro che scontato.
Le ultime “uscite” di De Magistris non pare gli abbiano giovato: attualmente è dato in calo al 32% contro il 27% del suo principale sfidante Lettieri. Range che si ridurrebbe ulteriormente al ballottaggio.
Fuori gioco la Valente (Pd) con il 22% e Brambilla (M5S) con il 15%
A Torino Fassino ha perso il 4% dei consensi e ora è dato al 39,5% contro il 30,5% della Appendino che sta guadagnando strada grazie a una immagine moderata, fuori dagli schemi grillini.
Al terzo posto l’esponente di sinistra Airaudo con il 9% delle preferenze dei torinesi, seguono i due candidati del centrodestra diviso.
Fassino prevarrebbe ancora al ballottaggio ma la forbice si è ridotta e la Appendino spera nel recupero.
(da agenzie)
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Maggio 16th, 2016 Riccardo Fucile
“PARAGONARE KHAN A UN TERRORISTA POTREBBE COSTARE CARO AL M5S IN CERCA DI CREDIBILITA’ INTERNAZIONALE”
La squallida battutaccia di Beppe Grillo sul nuovo sindaco musulmano della capitale britannica finisce su tutti i più importanti giornali inglesi.
“Grillo provoca scandalo con una spiritosaggine sul sindaco di Londra Khan terrorista”, titola il Financial Times.
“Beppe Grillo causa sdegno con uno scherzo sul sindaco di Londra Sadiq Khan terrorista”, scrive il Daily Telegraph.
“Beppe Grillo provoca indignazione con una battuta su Sadiq Khan bombarolo”, è il titolo del Guardian.
Commenti quasi identici, dunque, per il quotidiano finanziario, per una testata filo conservatrice e per un giornale di sinistra.
Tutti notano che il leader del Movimento 5 Stelle aveva inizialmente parlato in termini positivi della vittoria di Khan nelle elezioni per sindaco di Londra, pur sbagliando, osserva la stampa londinese, a definirlo “un bengalese”, quando invece è un cittadino britannico di origine pakistana (dove sono nati i genitori – mentre lui è nato in Inghilterra).
Ma poi i tre quotidiani riferiscono le reazioni critiche del mondo politico italiano per una battuta giudicata offensiva e inappropriata (“voglio vedere quando si farà saltare in aria a Westminster”), riferendo le accuse di “razzismo” rivolte a Grillo da vari esponenti del Partito Democratico.
Il Telegraph scrive che la polemica potrebbe danneggiare le chances della candidata del M5s nelle elezioni per diventare sindaca di Roma.
Il Financial Times ha interpellato in proposito l’ufficio del neo-sindaco Khan, ma un portavoce ha preferito non fare commenti.
Il quotidiano della City nota che l’incidente potrebbe creare problemi a Nigel Farage, il leader dell’Ukip, il partito anti-europeo britannico, che ha stretto un’alleanza con il M5S al parlamento di Strasburgo ed è “relativamente vicino a Grillo”.
Tutti e tre i quotidiani di Londra osservano inoltre che l’episodio può creare un ostacolo per la nuova generazione di leader del M5s, “come il 29enne Luigi Di Maio che sta cercando di conquistare credibilità internazionale”, scrive il Ft.
(da agenzie)
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Maggio 16th, 2016 Riccardo Fucile
LA NUOVA FRONTIERA DEL PRECARIATO: LE CIFRE FORNITE DA INPS E VENETO LAVORO DIMOSTRANO CHE NEL 23% DEI CASI I BUONI SONO USATI PER PAGARE EX OCCUPATI DI ETA’ MEDIA DI 37 ANNI… IN DUE ANNI SONO RADDOPPIATI
Non solo dipendenti in cerca di un secondo impiego per arrotondare o pensionati impegnati in un lavoretto saltuario.
Come dimostrano le cifre fornite da Inps e Veneto Lavoro, nel 2015 i voucher, strumento pensato per retribuire il lavoro accessorio, nel 23% dei casi sono usati per pagare lavoratori dell’età media di 37 anni, ex occupati, che in buona parte hanno perso il posto nei due anni precedenti.
E un’altra fetta importante fetta di persone, il 14%, non è mai stata occupata. Risultato: nel 37% dei casi, quasi uno su quattro, quello retribuito a voucher è l’unico reddito da lavoro.
E si tratta di un’entrata non certo sufficiente a mantenere una persona.
Secondo la relazione, l’85% dei lavoratori che ha avuto almeno un buono è rimasto al di sotto dei mille euro annui. Il dato rivela una netta deriva dello strumento rispetto al suo intento originario, cioè quello di facilitare l’emersione dal lavoro nero e pagare prestazioni occasionali per occupazioni saltuarie come il giardinaggio o i mestieri domestici: lo stesso presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha definito questo strumento “la nuova frontiera del precariato“.
Non a caso, nei prossimi giorni il governo varerà un decreto per introdurre la tracciabilità dei buoni lavoro e limitarne la crescita esponenziale. Ma i sindacati hanno già spiegato come questo intervento non sia sufficiente per eliminare gli abusi, ma sia necessario escludere interi settori e fissare un tetto di ore oltre il quale i buoni non si possono usare.
Nel dettaglio, il rapporto di Inps e Veneto Lavoro fornisce un quadro dei percettori di voucher nel 2015.
Tra 2013 e 2015 i prestatori sono più che raddoppiati, nell’ordine del 137%.
I silenti, cioè gli ex occupati, sono attorno al 23%. L’età media è pari a 37 anni e la quota di donne è pari al 57%.
Di queste persone circa il 40% è risultato attivo, occupato o beneficiario di ammortizzatori sociali, nel 2014. Un altro 20% nel 2013.
I soggetti mai occupati, per lo più giovani intorno ai vent’anni, sono pari al 14%, meno di 200mila. In questo caso, la presenza di donne sfiora il 60%, mentre il 30% ha già percepito voucher negli anni precedenti.
Gli occupati, che hanno un secondo lavoro retribuito a voucher, rappresentano il 37% dei casi.
All’interno di questa quota, il 29% lavorano presso aziende private, mentre l’8% sono lavoratori domestici, parasubordinati, operai agricoli, lavoratori autonomi, casse professionali, dipendenti pubblici.
Gli indennizzati, cioè percettori di ammortizzatori sociali (in larga maggioranza disoccupati beneficiari di Aspi, MiniAspi o Naspi, in minima parte percettori di cassa integrazione) sono il 18%, circa 252mila. In questo gruppo prevalgono i maschi e l’età media è 37 anni. I pensionati, infine, rappresentano l’8% dei casi.
Sul fronte degli importi guadagnati dai lavoratori, sono state 207mila le persone che hanno percepito più di mille euro netti nell’anno grazie ai voucher appena il 15% del totale.
Quasi un milione di lavoratori ha guadagnato meno di 500 euro mentre 213mila hanno percepito solo da uno a cinque voucher nell’intero anno.
Per quanto riguarda i committenti, invece, il rapporto sottolinea che sono raddoppiati (+100%) dal 2013 al 2015, passando a 473mila. Il 76% dei voucher sono stati pagati da aziende dell’industria e del terziario, attive soprattutto nel turismo e nel commercio. Il resto è formato da persone giuridiche e persone fisiche, artigiani e commercianti senza dipendenti, imprese agricole e agricoltori autonomi.
In totale, nel periodo 2008-2015, sono stati venduti 277,2 milioni di voucher da 10 euro per un valore complessivo di oltre 2,7 miliardi di euro.
Il numero di tagliandi è passato dai 500mila del 2008 ai 115 milioni del 2015. Su questa crescita esponenziale ha inciso soprattutto la legge Fornero, che ha liberalizzato l’utilizzo dello strumento in praticamente tutti i settori, ma anche il Jobs act, che nel 2015 alzato da 5mila a 7mila euro il limite del reddito percepibile da ogni lavoratore in voucher.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 16th, 2016 Riccardo Fucile
“LA MELONI PARLA DI LEGALITA’ E POI VUOLE LA SANATORIA. LE REGOLE VALGONO PER TUTTI E VANNO RISPETTATE”
«Chiedere al governo di riammettere le liste escluse per un errore materiale è semplicemente assurdo». Pensiero e parole di Francesco Storace, leader de La Destra in campo alle amministrative romane con una lista che porta il suo nome a sostegno del candidato sindaco Alfio Marchini.
Storace è uno che di liste se ne intende. La memoria corre veloce alle polemiche con Alessandra Mussolini e la sua Alternativa sociale ai tempi delle regionali del 2005 e allo psicodramma vissuto dal Pdl nel 2010, quando il famoso «panino» di Alfredo Milioni mise fuori gioco la lista provinciale romana della compagine berlusconiana non impedendo tuttavia a Renata Polverini di essere eletta governatrice.
Storace, Giorgia Meloni chiede che il governo vari un provvedimento d’urgenza per riammettere le liste escluse per errori materiali.
«La Meloni fa una politica strumentale in una vicenda in cui la politica non dovrebbe entrare. Su questioni giudiziarie la politica non entra.»
Perchè questa contrarietà nei confronti di un provvedimento di «clemenza» verso Stefano Fassina?
«Mi meraviglia che sia proprio la Meloni a chiedere al governo una cosa del genere. La leader di Fratelli d’Italia in questa campagna elettorale sta parlando di legalità e di rispetto delle regole. E ora cosa fa? Chiede un provvedimento per riammettere chi non ha rispettato le regole? ».
Lei di liste e di contenziosi giudiziari se ne intende…
«Appunto. Se fosse giusto il principio della Meloni io nel 2005 che cosa avrei dovuto fare? Avrei dovuto chiedere l’annullamento e la ripetizione delle elezioni regionali per la vicenda di Alternative Sociale? Pensi che per quella vicenda rinuncia persino alla causa civile. Quando ti capita una cosa del genere ti capita e basta».
Nel merito perchè è contrario a un provvedimento di riammissione che sani gli errori materiali delle liste?
«Presto detto. Secondo questo principio il governo dovrebbe intervenire per rimediare agli errori commessi dai partiti. Una cosa che non si è mai vista. Non si può far intervenire il governo per aiutare partiti che sbagliano. Quando un cittadino sbaglia come minimo gli arriva una cartella di Equitalia. Che principio passerebbe nell’opinione pubblica? Che i partiti che sbagliano vengono salvati e i cittadini puniti?».
Ma nell’Anno del Signore 2016 possibile che nessuno sappia più presentare una lista elettorale?
«Qualche dubbio in effetti mi sta venendo. Non ho mai visto i comunisti sbagliare nel presentare una lista. Oltretutto qui parliamo di partiti strutturati, con gruppi parlamentari, relativi fondi e dipendenti. Noi della lista Storace per Marchini non siamo presenti in Parlamento eppure con pochi mezzi abbiamo presentato correttamente la lista comunale e quelle municipali. Vede, qualcuno che sa ancora raccogliere le firme e presentare correttamente una lista c’è. Quello che non capisco è cosa gliene freghi alla Meloni di Fassina».
Già . Cosa gli importa? Forse teme che i voti di Sinistra Italiana vadano a Giachetti?
«Forse pensa che un provvedimento che sani gli errori materiali non riammetta solo Fassina ma anche FdI a Milano e in VIII Municipio. Magari glielo ha suggerito La Russa. Se invece la Meloni teme che l’esclusione di Fassina faccia un favore a Giachetti ha solo un modo per evitarlo: sostenere come noi Alfio Marchini. Faccia un gesto di generosità nei confronti del centrodestra e dica: votate la lista di Fratelli d’Italia e Marchini sindaco. Invece Salvini dice che al ballottaggio voterebbe la Raggi. Assurdo. Io lo dico senza tentennamenti: se al secondo turno andrà Giorgia Meloni io voterò convintamente Giorgia Meloni».
Ma secondo lei i voti di Fassina andranno o no a Giachetti?
«Ma no! Si perderanno nell’astensionismo. Come fa Sel a mobilitare la propria base per Giachetti, magari anche solo per il ballottaggio, quando la candidatura di Fassina è nata per non mandarcelo proprio il candidato sindaco del Pd al secondo turno? E poi scusi: se uno vota Giachetti lo fa per far vincere la Raggi, votare Roberto vuol dire votare M5S. L’unico che può battere i grillini è Marchini».
Contento che oggi il Consiglio dei ministri potrebbe decidere che per le amministrative e il referendum costituzionale si voterà anche di lunedì?
«È la prima cosa giusta che fanno. La risposta all’incapacità della politica nel presentare le liste arriva dal governo. Gusto votare anche di lunedì per far in modo che un pezzo di elettorato che magari non sarebbe andato a votare si rechi ai seggi. L’astensionismo va combattuto. A guadagnarci sarà il voto d’opinione».
A proposito, la campagna elettorale a Roma va a rilento. Pochi appuntamenti pubblici, si preferiscono tv, radio e social network. Pochi soldi o paura del confronto con la gente?
«Noi da mesi cerchiamo il confronto con i romani. Le dico di più: mentre la politica scappa dalla piazza i prossimi 28 e 29 maggio organizzzeremo due giorni di Festa Tricolore a borgata Palmarola».
(da “il Tempo“)
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Maggio 16th, 2016 Riccardo Fucile
LA LISTA DI MARCO DI BIASE (PD) PRESENTATA DAL PORTAVOCE REGIONALE DI FORZA ITALIA, GIA’ COINVOLTO NELL’INCHIESTA SULL’ASL DI BENEVENTO
La lista Bojano Futura non è solo una questione politica che riguarda i circa 8000 abitanti del centro molisano di Bojano, ma diventa una cartina tornasole per una lettura globale della politica regionale e per certi versi anche nazionale.
Succede che nel piccolo centro in provincia di Campobasso alle elezioni amministrative, tra le cinque liste in campo entrai in scena Marco Di Biase per correre alla carica di sindaco con una coalizione civica di centrosinistra, espressione del presidente regionale del Pd, Paolo di Laura Frattura.
Fin qui tutto nella normalità se non fosse che al momento della presentazione della lista di Di Biase si sia presentato come primo sottoscrittore e sostenitore il portavoce regionale di Forza Italia Giacomo Papa.
Lo stesso avvocato Papa braccio destro dell’ex ministra Ncd alle politiche agricole alimentari e forestali, e attuale deputata di Forza Italia, Nunzia De Girolamo; con la quale è coinvolto nella affaire appalti e clientele dell’Asl di Benevento.
La De Girolamo e Papa sono accusati di associazione a delinquere assieme ai manager della sanità sannita in carica nell’estate del 2012.
Nonostante la sua figura di rilievo in Forza Italia Molise, Papa non ha esitato a sostenete un uomo del centrosinistra alle amministrative di Bojano.
Una coincidenza che evidenzia l’asse ormai consolidato in Molise tra Pd e Forza Italia che vede da un lato Frattura e dall’altro l’eurodeputato Aldo Patriciello, cognato del Presidente del Consiglio Regionale molisano e già più volte criticato per la sua vicinanza alla presidenza del dem Frattura.
Lo stesso candidato Marco Di Biase, non è di primo pelo nella politica regionale. Difatti il suo attivismo politico emerge già nel 2013 a sostegno della coalizione civica di chiara espressione di centrosinistra Molise di Tutti.
Un uomo che ha mosso i primi passi con il Governatore Pd e che ora si ritrova ad essere sostenuto dal portavoce di Forza Italia Giacomo Papa e di conseguenza anche dal commissario regionale del partito di Berlusconi, Nunzia De Girolamo.
Ma i giochi della politica molisana non finiscono qui.
C’è l’ombra degli interessi legati alla sanità . Difatti il candidato Marco Di Biase, è il titolare della clinica privata di Bojano, Villa Ester; tra le poche strutture a non essere state toccate nella riorganizzazione sanitaria pianificata dal Governatore Frattura, che ha visto ingenti tagli alla sanità molisana.
All’ospedale Cardarelli di Campobasso non esisterà più il reparto di Geriatria; stesso discorso per Oncologia affidata in esclusiva alla Fondazione Giovanni Paolo
II sempre del capoluogo molisano, che diventa struttura pubblico-privata.
Tutto questo avviene nonostante il pubblico eroghi attualmente il 60% delle prestazioni. E non è tutto. I presidii ospedalieri di Larino e Venafro sono stati cassati senza che nel frattempo venisse predisposta un minimo di struttura in grado di sostituirli sul territorio, tant’è che i cittadini di queste due città rimarranno persino senza il primo intervento.
Il candidato battezzato da Pd-Fi sarà ostacolato a Bojano da Massimo Romano (ex consigliere regionale con il Governatore del Pdl, Michele Iorio combattuto nel suo stesso partito proprio da Aldo Patriciello) che oggi si candida nel piccolo comune con la civica Bojano Domani.
Assieme a Romano cercheranno di sfilare la poltrona a Di Biase anche Alfonso Mainelli, con la Lista ‘Area Matese’, Gaetano Policella e il pentastellato Dario Patullo che scende in campo con il simbolo del Movimento Cinque Stelle.
Andrea Gisoldi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 16th, 2016 Riccardo Fucile
DEGRADO. LADRI E SPAZZATURA NELLE POMPEI D’ITALIA
La “lista rossa” dell’immenso patrimonio artistico e culturale in stato di rovina e abbandono è il grido di dolore ripetuto da Italia Nostra a ogni aggiornamento dell’elenco: uno squarcio nell’anima del Bel Paese che si allarga sempre di più da Trieste ad Augusta, da Alessandria a Caserta.
“La stragrande maggioranza delle segnalazioni — si sfoga l’avvocato Marco Parini, presidente di Italia Nostra — a Stato, Regioni e Comuni, non trova risposta. Quello che servirebbe è un piano nazionale di restauro, conservazione e destinazione d’uso dei beni che rischiano di sparire per sempre”.
L’elenco è sterminato, il valore del patrimonio italiano in pericolo in termini economici è inestimabile. Le Pompei d’Italia, tra crolli e incuria, non sono un problema soltanto del Sud, di un’area o di una regione in particolare, le situazioni d’allarme rosso sono diffuse su tutto il territorio nazionale. Proviamo a fare un viaggio dal Nord al Mezzogiorno, attraverso gli ultimi siti aggiunti da Italia Nostra alla “lista rossa”.
L’Acquedotto Carolino di Caserta
Non solo la Reggia, l’architetto Luigi Vanvitelli nel Settecento regalò all’umanità , per il re di Napoli Carlo di Borbone, la meraviglia dell’Acquedotto inserito nel 1997 nella World Heritage List dell’Unesco. L’Acquedotto Carolino è l’elemento unificante di un sistema di giardini, parchi, riserve di caccia, edifici di pregio e tenute agricole che andrebbe completamente recuperato. Secondo il rapporto di Italia Nostra “quello che è considerato uno dei monumenti più significativi del Settecento è in balia dell’inciviltà e della monnezza“.
Castello Alfonsino a Brindisi
Alfonso V d’Aragona nel 1445 ordinò la costruzione della prima torre sull’isola di Sant’Andrea, golfo di Brindisi. Oggi ci è rimasta una fortezza di straordinaria bellezza, ma dopo anni di restauri chiusa a marzo dalla Sovrintendenza. Purtroppo dopo i lavori — finanziati con 2 milioni e trecento mila euro con i proventi di Lottomatica destinati ai Beni culturali tra il 2004 e il 2006, legge Rutelli — invece di valorizzare il Castello, denuncia Italia Nostra, “si è preferito abbandonarlo a se stesso ed è stato preso d’assalto da vandali e ladri: hanno rubato persino tutto l’impianto d’illuminazione”.
Le terme di Petriolo nel Senese
Non solo le sorgenti di acqua sulfurea, è a rischio tutto lo storico complesso, risalente al XIV secolo, con cinta muraria e chiesa di papa Pio II. Il sito termale, primo in assoluto in muratura, è conosciuto fin da epoca romana e citato in un’orazione di Cicerone. Durante il Rinascimento fu un luogo prestigioso e frequentato dai Medici e dai Gonzaga, “oggi il vicino cantiere — scrive Italia Nostra — per l’adeguamento a quattro corsie della strada statale Grosseto-Siena ne minaccia la sopravvivenza: il monumento è a rischio crollo e nessuna delle misure di sicurezza impartite dalla Sovrintendenza nel 2013 è stata rispettata”.
L’area di Dogaletto nella laguna di Venezia
Per gli ambientalisti è l’unica zona della gronda lagunare di Venezia rimasta quasi incontaminata, l’area di Dogaletto nel Comune di Mira: “Non hanno fatto in tempo ad acquistare un’importante quota del terminal passeggeri marittimi di Venezia e già le compagnie di crociera propongono di anticipare 60 milioni di euro per costruire un nuovo porto per le grandi navi scavando canali profondi oltre dodici metri e costruendo banchine portuali lunghe 400 metri con aree parcheggio di 45 mila metri quadri”: uno scempio annunciato sul quale Italia Nostra vuol tenere alta l’attenzione.
Il parco di Miramare e il porto di Trieste
Il parco di Miramare è considerato l’attrazione turistica più importante del Friuli Venezia Giulia, così Italia Nostra lancia l’allarme: “I boschi si sono infittiti con alberi e arbusti del sottobosco di specie cresciute spontaneamente e sono costellati di alberi morti ancora in piedi o di traverso sui sentieri, le stradine e le scalette sono dissestate e mal percorribili, mentre attendono un restauro completo le case abbandonate che risalgono alla seconda metà dell’Ottocento. È prioritario il recupero degli ambienti vegetali”.
A pochi chilometri si erge l’antico porto asburgico di Trieste: ventitrè magazzini ed edifici storici, di cui quattro già restaurati, la Centrale idrodinamica, che conserva ancora impianti originali unici al mondo, e la Sottostazione elettrica di riconversione. “Questo restauro è un obiettivo primario per l’archeologia industriale — spiega l’avvocato Parini — e in questo caso abbiamo una risposta del ministro Dario Franceschini che ha inserito il bene, con uno stanziamento di 50 milioni, nell’elenco del patrimonio da recuperare, ma vogliamo capire come e dove; e non è ancora così chiaro quali interventi saranno effettuati”.
Il cantiere monstre di Aquileia
Quello di Aquileia, in provincia di Udine, è un caso diverso. È proprio un’opera realizzata per tutelare il patrimonio artistico e culturale a far discutere e a preoccupare Italia Nostra: “L’intervento per la protezione e la fruizione del mosaico paleocristiano, e il relativo cantiere in aderenza alla Basilica di Santa Maria Assunta, non risponde ai dettami sulla tutela dei beni storici per le caratteristiche edilizie; l’opera poteva anche essere percepita come una vetrata panoramica, ma si sviluppa per trenta metri in aderenza al Battistero e alla Chiesa dei Pagani, fino a occludere parte del portico della Basilica, alterandone la configurazione e si palesa brutalmente come un intervento edilizio di cemento armato, del tutto incompatibile con il sito, compromettendone la millenaria immagine”. Il progetto, eppure, ha ottenuto il via libera dal competente comitato di settore del Ministero dei Beni culturali.
La Cascina Cluniacense di Trezzo d’Adda
Il viaggio prosegue al Nord, nel Milanese. A Trezzo d’Adda c’è una delle dimore contadine d’Italia più antiche e ricche di storia: la Cascina Cluniacense di San Benedetto, cinque ettari di terreni agricoli. Risalente al secolo XI, in origine monastero benedettino, nel Settecento il complesso fu confiscato dalla Repubblica Cisalpina e ceduto a privati. Passata poi la proprietà della Cascina, in epoca molto più recente, all’Opera Pia di San Benedetto, dopo il fallimento della stessa il bene è andato all’asta, ma versa in stato di totale abbandono e rischia di diventare un prezioso patrimonio della vita contadina italiana perduto e dimenticato per sempre.
Dal Forte di San Leo alle rovine de L’Aquila
È il febbraio 2014 quando un boato interrompe la quiete della Valle del Marecchia, in provincia di Rimini: un costone di roccia si stacca e il Forte di San Leo del XV secolo, che domina la valle dalla sommità della rupe, da quel momento è in serio pericolo. Ci sono decine di casi come questo, forse il più famoso è “la città che muore”, Civita di Bagnoregio, nel Viterbese. La “lista rossa” di Italia Nostra è una lunga ferita che attraversa tutto lo Stivale, il cui cuore squarciato, simbolico e reale, rimane, purtroppo, il centro storico de L’Aquila.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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