Maggio 11th, 2016 Riccardo Fucile
ECCO I PUNTI ESSENZIALI DELLA LEGGE PER LE COPPIE OMOSESSUALI
Diritti e doveri simili a quelli ottenuti con il matrimonio, tranne l’adozione. Sinteticamente, la legge sulle unioni civili riguarderà esclusivamente le coppie omosessuali mentre etero e gay grazie alla stessa normativa approvata mercoledì alla Camera possono finalmente accedere all’istituto delle coppie di fatto.
Reversibilità della pensione, obbligo di coabitazione ma non di essere fedeli: sono soltanto i punti più salienti della legge che porterà il nome della sua relatrice, la senatrice dem Monica Cirinnà , nonostante nell’ultimo tratto al Senato il testo sia stato riscritto da un maxi-emendamento del governo.
Non sono pochi i rilievi dei giuristi, secondo i quali la legge fortemente voluta dal Partito democratico è discriminatoria poichè per esempio consentirà la bigamia agli omosessuali uniti civilmente, mentre se uno degli appartenenti all’unione civile uccide l’altro non potrà essere punito con la stessa aggravante che colpisce chi uccide la moglie o il marito.
La legge non piace nemmeno a una parte della comunità lgbt, che avrebbe voluto almeno la stepchild adoption nel testo e cioè la possibilità di adottare il figlio biologico del partner.
Ecco dunque le principali caratteristiche delle unioni civili e come cambierà il diritto di famiglia:
Come si accede all’unione civile?
Le unioni civili dedicate esclusivamente alle coppie omosessuali sono definite nella legge Cirinnà “formazioni sociali specifiche” per non confonderle con il matrimonio. Tuttavia, come il matrimonio, l’unione civile si costituisce “di fronte all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni”. L’atto viene registrato “nell’archivio dello stato civile”.
Non potranno unirsi civilmente le persone ancora sposate, i parenti, chi ha commesso un omicidio o un tentato omicidio nei confronti di un precedente coniuge o membro di una unione civile.
Cosa succede con il cognome?
Le parti, “per la durata dell’unione civile, possono stabilire di assumere un cognome comune scegliendolo tra i loro cognomi. La parte può anteporre o posporre al cognome comune il proprio cognome”. La normativa è diversa per le persone che si sposano: la moglie è tenuta ad aggiungere quello del marito al suo
Obblighi come nel matrimonio
“Dall’unione deriva l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione”. Non c’è obbligo di fedeltà come invece nel matrimonio, un punto che ha scatenato una forte polemica tanto che il Partito democratico sta pensando di annullare l’obbligo di fedeltà anche per le coppie che si uniscono in matrimonio. “Entrambe le parti sono tenute ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni”.
Vita famigliare come nelle coppie sposate
“Le parti concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza comune; a ciascuna delle parti spetta il potere di attuare l’indirizzo concordato”. Il comma ricalca le norme del diritto di famiglia.
Le coppie gay potranno scegliere la comunione dei beni?
Sì. Come nel matrimonio. A meno che non scelgano la separazione dei beni.
Pensione, eredità e tfr
Con la nuova legge la pensione di reversibilità e il Tfr maturato spettano al partner dell’unione. Per la successione valgono le norme in vigore per i matrimoni: al partner superstite va la “legittima”, cioè il 50%, e il restante va agli eventuali figli.
Adozioni mai
Sul tema delle adozioni la legge si è arenata per mesi, provocando profonde spaccature all’interno dello stesso Partito democratico e nella maggioranza. La legge esclude esplicitamente l’adozione sia dei bambini abbandonati, sia del figlio biologico del partner (la cosiddetta stepchild adoption). Nel testo è stata inserita una dicitura: “resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozioni dalle norme vigenti”, che secondo taluni dovrebbe consentire ai singoli Tribunali, per via giurisprudenziale, di concedere la stepchild adoption ai singoli casi concreti come ormai sta accadendo.
Le maggiori differenze tra unione civile e matrimonio
Il matrimonio si differenzia per l’obbligo di usare il cognome dell’uomo come cognome comune, attendere un periodo di separazione da sei mesi a un anno prima di sciogliere l’unione (per le unioni civili ne bastano tre), la possibilità di sciogliere l’unione nel caso che non venga “consumata” e fare le “pubblicazioni” prima di contrarre l’unione. Nei matrimoni inoltre permane l’obbligo di fedeltà – anche se questo pilastro è sempre meno importante in tribunale ai fini della separazione – e le coppie sposate possono accedere all’adozione nazionale e internazionale.
La legge consentirà l’utero in affitto?
No. L’utero in affitto è espressamente vietato dalla legge 40. Allo stesso modo, sempre per la legge 40, le coppie omosessuali non potranno accedere alla procreazione medicalmente assistita.
Cosa succede in caso di cambio di sesso?
Se uno degli appartenenti all’unione civile cambia sesso, l’unione civile si scioglie automaticamente. Anche il matrimonio viene sciolto in caso di cambio di sesso, e la relazione diventa una unione civile.
Nella seconda parte della legge trovano spazio le convivenze di fatto, dedicate alle persone (etero oppure omosessuali) che desiderano una protezione attenuata rispetto al matrimonio:
Come si costituisce un “contratto di convivenza”?
Davanti al notaio oppure da un avvocato, in forma scritta. Il contratto può contenere: l’indicazione della residenza, le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo, il regime patrimoniale della comunione dei beni come da codice civile.
I conviventi di fatto possono assistere l’altro in ospedale?
Sì. I conviventi hanno gli stessi diritti dei coniugi nell’assistenza del partner in carcere e in ospedale. Allo stesso modo ciascun convivente “può designare l’altro quale suo rappresentante con poteri pieni o limitati in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute; e in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie.
Cosa succede alla casa se uno dei conviventi muore?
In caso di morte di uno dei partner, l’altro ha diritto di subentrare nel contratto di locazione. Se il deceduto è proprietario della casa, il convivente superstite ha diritto di continuare a vivere in quella abitazione tra i due e i cinque anni, a seconda della durata della convivenza. La convivenza di fatto è titolo, al pari del matrimonio, per essere inserito nelle graduatorie per le case popolari. Il diritto alla casa viene meno nel caso in cui il convivente superstite smetta di abitarvi stabilmente o in caso di matrimonio, di unione civile o di nuova convivenza di fatto.
Alimenti
In caso di cessazione della convivenza, “il giudice stabilisce il diritto del convivente di ricevere dall’altro convivente gli alimenti qualora versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento”. Gli alimenti sono assegnati in proporzione alla durata della convivenza.
Come si interrompe un contratto di convivenza?
Possono deciderlo entrambi o anche soltanto uno dei due. Il contratto si estingue in caso di matrimonio o unione civile di un membro della coppia di fatto, oppure in caso di morte. Quando il contratto di convivenza evapora, finisce anche la comunione dei beni. Il documento redatto dal notaio serve per gli atti di trasferimento di diritti reali immobiliari comunque discendenti dal contratto di convivenza. Nel caso in cui la casa familiare sia nella disponibilità esclusiva del recedente, la dichiarazione di recesso, a pena di nullità , deve contenere il termine, non inferiore a novanta giorni, concesso al convivente per lasciare l’abitazione.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 11th, 2016 Riccardo Fucile
SECONDO DAGOSPIA IL MINISTRO HA TENUTO NASCOSTI I REGALI… L’OROLOGIO AVREBBE UN VALORE DI 43.000, LA LEGGE VIETA DI ACCETTARE REGALI SUPERIORI A 150 EURO… LA REPLICA DELLA PINOTTI
Due gioielli — definiti “importanti” da una fonte araba — “destinati alle figlie” e un orologio, invece,
proprio per lei.
Per la precisione “un Rolex in oro bianco, tempestato di brillantini“.
Sarebbero questi, secondo quanto riporta Dagospia, i doni ricevuti dal ministro della Difesa Roberta Pinotti a seguito della “firma dell’accordo tra il Kuwait e Finmeccanica (oggi Leonardo) per la vendita di 28 caccia Eurofighter“.
Un’intesa che rappresenta “la più grossa commessa di Finmeccanica da sempre”, per il valore di 8 miliardi di euro.
Regali che la ministra “avrebbe tenuto segreti, benchè la legge la obblighi a non ricevere doni dal valore superiore ai 150 euro”.
Se la ricostruzione di Dagospia fosse veritiera, il modello di Rolex in questione sarebbe con tutta probabilità l’Oyster Perpetual Datejust 31: da donna, in oro bianco con una miriade di diamanti, zaffiri a comporre il numero romano sei, movimento meccanico a carica automatica. Un autentico gioiello.
Valore? Oltre 43mila euro secondo il sito della Rolex.
Ma questa non è la prima volta in cui il governo Renzi sarebbe coinvolto in un episodio che riguarda il dono di rolex, sempre provenienti dalla penisola arabica: durante la trasferta a Ryad di novembre 2015, i delegati italiani si sono accapigliati per dei cronografi da migliaia di euro, un omaggio dei sovrani sauditi.
Per questo la delegazione del premier li aveva sequestrati.
All’epoca Palazzo Chigi in una nota aveva scritto: “Sono nella nostra disponibilità ”.
E oltre ai rolex, ci sarebbero anche altri regali “nascosti” da Renzi, tra cui la bicicletta del premier giapponese Shinzo Abe (costo superiore ai 300 euro) e gli orologi esibiti nei suoi interventi alla Leopolda, incluso un Audemars Piguet Royal Oak (se autentico vale 15mila euro).
Dall’ufficio stampa del ministro della Difesa è partita una nota di chiarimento sull’indiscrezione lanciata da Dagospia: “In ordine ad alcune presunte indiscrezioni apparse oggi su Dagospia – si legge nella nota – il Ministero della difesa rende noto che il ministro Pinotti ha sempre seguito le prescrizioni contenute nel Dpcm del 20.12.2007 riguardo i cosiddetti “doni di rappresentanza”. Ove ne ricorrono le condizioni detti doni vengono quindi presi in consegna e custoditi dall’Amministrazione Difesa. Sono perciò da considerare prive di qualsiasi fondamento le notizie apparse oggi su un sito web e riprese incautamente da altri”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 11th, 2016 Riccardo Fucile
CINQUE GIORNI DEDICATI AI LIBRI E ALLA CULTURA CON 1200 CONVEGNI NEI PADIGLIONI DEL LINGOTTO
“Quella del 2016 sarà un’edizione più interessante ed invogliante del solito con un programma culturale infinito”.
Parole di Ernesto Ferrero e Giovanna Milella, rispettivamente, direttore e presidente del Salone del Libro di Torino che, dopo il concerto inaugurale previsto per questa sera e trasmesso anche in eurovisione, domani mattina daranno il via a questa 29esima edizione in programma fino al 16 maggio prossimo.
Saranno cinque giorni dedicati ai libri e alla cultura, con 1200 tra convegni, presentazioni e dibattiti nei vari padiglioni del Lingotto che per l’occasione sarà occupato da più di mille espositori e da settanta nuovi editori.
Un’intera città in festa, a cominciare dal suo simbolo, la Mole Antonelliana, illuminata di blu, per un Salone che quest’anno, più che mai, vuole guardare lontano, dimenticando tutte le polemiche che ci sono state nei mesi passati, dai buchi di bilancio alle dimissioni a sorpresa, per spingersi oltre e dedicarsi alle ‘Visioni’, come recita il titolo scelto per questa edizione, con un’immagine-simbolo realizzata dall’artista campano Mimmo Paladino dove un libro alato azzurro sembra galleggiare all’infinito.
E sarà proprio quel simbolo — che John Wallis utilizzò per primo nel 1655 — ad accogliervi una volta dentro il Padiglione 5, nello spazio del Bookstock Village: una grande installazione in forma di ‘Terzo Paradiso’ (un infinito con tre occhi) costruita con diecimila libri e realizzata da un altro grande artista italiano, Michelangelo Pistoletto. Migliaia di libri che lunedì prossimo, giorno di chiusura, dalle ore 18, saranno regalati al pubblico presente.
Tra le novità di quest’anno, la scelta di non avere un Paese ospite, ma una cultura, quella araba, dal Maghreb all’Iraq dando una particolare attenzione a temi attuali come le migrazioni, il dialogo, la ribellione contro i regimi brutali, il confronto, la letteratura come rifugio e l’integrazione.
Tra gli ospiti più attesi, Thar Ben Jelloun — con il suo nuovo libro, Matrimonio di piacere (La Nave di Teseo edizioni) — il poeta siriano/libanese Adonis che parlerà del vero messaggio del Corano presentando il suo libro, Violenza e Islam (Guanda), il direttore del Museo del Bardo di Tunisi, Moncef Ben Moussa, il giovane esordiente Saleem Haddad (con Ultimo giro a Guapa, e/o edizioni) e la prima donna musulmana a ricevere il Premio Nobel per la Pace, Shirin Ebadi, che presenterà Finchè non saremo liberi (Bompiani).
Domenica, invece, un altro incontro da non perdere è quello con il giornalista Antoine Leiris (ore 15,30, Arena Bookstock) che ha perso la moglie nell’attentato al Bataclan di Parigi, ma che ha scritto un libro emblematico sin dal titolo, Non avrete il mio odio, pubblicato da Corbaccio.
Il concerto inaugurale
Saranno le note della suite sinfonica dalla “Lady Macbeth del distretto di Msensk” di Sostakovic, interpretata dall’Orchestra Sinfonica della Rai, a salutare questa ventinovesima edizione.
L’appuntamento è previsto alle ore 20 e 50 di oggi in diretta per la prima volta su Rai5, Radio3, Euroradio e in streaming. Sul podio, l’americano James Conlon – attuale direttore musicale della Los Angeles Opera e nuovo direttore principale dell’Orchestra Rai dal prossimo ottobre — alla sua prima esibizione torinese.
L’apertura con Franceschini. L’inizio con Napolitano
Venerdì mattina, dalle 10 e 30, l’apertura ufficiale con il ministro per i Beni e le Attività Culturali, Dario Franceschini che visiterà gli stand, mentre nel pomeriggio il presidente emerito Giorgio Napolitano presenterà (Sala Gialla ore 17) il suo libro, Europa, Politica e Passione (Feltrinelli). Si continua, poi, con l’incontro con Francesco Guccini, un ricordo di Gianmaria Testa e le letture di Giuseppe Battiston.
Gli autori stranieri
Nello stesso giorno del già citato Jelloun, ci sarà anche l’indiano Amitav Ghosh, che proprio 13 maggio alle 18 presenterà l’ultimo volume della sua Trilogia della Ibis, Diluvio di fuoco (Neri Pozza).
Il premio Pulitzer Michael Cunningham, presenterà Un cigno selvatico (La nave di Teseo) di cui vi abbiamo parlato in anteprima poche settimane fa e altri autori come Muriel Barbèry, Saleem Haddad, Clara Sà¡nchez, Bernard Quiriny, Tommy Wieringa, e Jeffrey Deaver.
Gli autori italiani. Scalfari grande assente
Tanti, troppi, da elencare tutti. Vi consigliamo di visitare il sito ufficiale per avere una panoramica molto più dettagliata. Vi possiamo dire chi non ci sarà : il giornalista e fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, assente per motivi di salute. Avrebbe dovuto presentare sabato Il Labirinto, un libro che scrisse per la prima volta diciotto anni fa e che in questi giorni Einaudi ha ripubblicato con contenuti inediti.
Due premi Nobel al Salone 2016
Oltre alla già citata Shirin Ebadi, avvocato iraniano molto attenta alla difesa di donne e bambini, torna al Lingotto anche il Premio Nobel per la Letteratura Dario Fo con il suo nuovo libro-intervista, Dario e Dio (Guanda), scritto assieme a Giuseppina Manin.
Il lato ‘pop’ del Salone 2016 con Zalone e Ligabue
È la Puglia la regione ospite scelta per il questa edizione e tra i suoi rappresentanti avrà anche il comico Checco Zalone, il cui incontro pubblico è previsto per venerdì 13 alle 15.
Un altro artista molto amato è il musicista Ligabue, che presenterà il suo libro sabato 14 alle 21 in Auditorium. Si intitola Scusate il disordine ed è in uscita per Einaudi. Domenica, inoltre, ci saranno anche altri big storici della musica italiana nelle vesti più o meno inedite di scrittori: Roberto Vecchioni, Francesco De Gregori e Antonello Venditti.
Un Salone Gay Friendly
Nella città in cui da trentuno anni si svolge il Gay e Lesbian Film Festival ci sarà per la prima volta anche uno spazio al Salone dedicato interamente ai diritti Lgtb. Nell’Arena Piemonte sarà ospitato uno spazio dedicato ai diritti, gestito dal Coordinamento Torino Pride. L’inaugurazione è prevista per domani alle 12 alla presenza del presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino, del sindaco di Torino Piero Fassino.
Il Salone e il Vaticano
Anche quest’anno sarà presente il Vaticano con l’enorme stand della Libreria Editrice Vaticana: dai colori onirici dove spiccano i colori ‘pontifici’ giallo e bianco, vi sorprenderà per le dimensioni.
Al centro c’è una grande struttura che ruota per centodieci metri quadrati attorno a una barca a vela, evocatrice tanto della barca di Pietro come delle tante barche che da alcuni anni solcano i mari alla ricerca di patria e sicurezza.
Le mostre
Il Salone del Libro quest’anno ospita due importanti mostre.
Una è l’esposizione dei manoscritti autografi dei 33 Quaderni dal carcere di Antonio Gramsci, scritti fra il febbraio 1929 e l’agosto 1935; l’altra è La Guerra di Piero, che ricostruisce invece lo studio-biblioteca di Piero Melograni (1930-2012), storico e divulgatore. La mostra prende le mosse dalla sua Storia politica della grande guerra (1915-1918) e offre una particolare attenzione ai documenti, come la prima edizione dell’Alcova d’Acciaio di Filippo Tommaso Marinetti, alle foto e ai carteggi privati, come quelli fra Gabriele d’Annunzio e Arturo Toscanini.
Il Salone e i fumetti
Tra i più attesi, quello di sabato 14 maggio, alle 17, con Leo Ortolani presenterà una raccolta delle sue recensioni cinematografiche a fumetti, intitolata Il buio in sala (BAO Publishing) e quello con Zerocalcare, previsto per domenica 14 maggio, alle 16 e 30,.
Parlerà del suo ultimo fumetto, Kobane Calling, in cui racconta tre viaggi per lui molto importanti che lo hanno portato a toccare la Turchia, la Siria e l’ Iraq. Sempre domenica, alle 17 e 30, Paolo Bacilieri parlerà di more FUN (Coconino Press/Fandango).
Anniversari e celebrazioni
70 anni per tre. Per la Festa della Repubblica, anticipando così il due giugno, e per due case editrici: la Neri Pozza e la Longanesi. Dieci sono invece gli anni passati dall’uscita di Gomorra, il super bestseller di Roberto Saviano che torna in libreria con un suo testo inedito nei Nuovi Oscar Mondadori.
Lo scrittore napoletano parteciperà ad un incontro sabato 14 assieme a Marco D’Amore, attore della fortunata serie tv la cui seconda stagione è iniziata ieri in su Sky.
Tra gli altri anniversari, saranno ricordati i 500 anni della prima pubblicazione dell’Orlando Furioso, di scrittori come Miguel Cervantes e William Shakespeare (che morirono a un giorno di distanza nell’aprile del 1616), e i cento anni dalla scomparsa di Guido Gozzano e dalla nascita di Natalia Ginzburg.
Costi e biglietti
Tra le novità di quest’anno, il biglietto ridotto che da 9 euro scende a 8, mentre rimane invariato l’intero, 10 euro. Tutti i biglietti possono essere acquistati in prevendita online su salonelibro.it. Ci sarà anche il biglietto ridotto preserale a 5 euro e sarà valido dopo le ore 18.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 11th, 2016 Riccardo Fucile
DOPO IL NO DELLA COMMISSIONE ELETTORALE, ANCHE IL TAR RESPINGE IL RICORSO
Fratelli d’Italia e Fuxia People restano fuori dalla corsa per le elezioni comunali. ![](http://s32.postimg.org/osgur7lgl/meloni_perso_ytreno.jpg)
Il Tar lombardo ha bocciato le istanze di riammissione presentate dai due gruppi, l’ultima spiaggia per tentare di rientrare nella partita elettorale dopo gli errori materiali riscontrati dalla commissione e riconosciuti anche dai rappresentanti delle liste.
Fratelli d’Italia appoggia la candidatura a sindaco di Stefano Parisi per il centrodestra, mentre Fuxia People sostiene quella di Maria Teresa Baldini, la consigliera regionale nota per le sue crociate contro i migranti.
I due gruppi si erano rivolti ai giudici amministrativi dopo che la commissione elettorale – l’organo misto che ha il compito di controllare la regolarità delle firme e dei documenti – aveva ribadito l’esclusione delle loro liste, respingendo le istanze di riammissione.
Proprio la mancanza di alcuni moduli aveva creato problemi alla formazione di Fratelli d’Italia, che ha schierato l’ex vice sindaco sceriffo Riccardo De Corato, ma anche la soubrette Simona Tagli.
Alcuni degli stessi candidati di Giorgia Meloni, però, erano convinti di poter ancora rientrare in partita, presentando o integrando i documenti che mancherebbero all’appello. In particolare quelli relativi alle disposizioni che regolamentano l’incandidabilità .
Ma il Tar stasera ha bocciato il loro rientro.
Ora è possibile che gli interessati facciano appello al Consiglio di Stato.
(da agenzie)
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Maggio 11th, 2016 Riccardo Fucile
ENTRO SABATO IL TAR DECIDERA’ SULL’ESCLUSIONE DELLA LISTA A MILANO… TUTTI I PRECEDENTI
Tre giorni di tempo per conoscere la sorte delta lista di Fratelli d’Italia alle prossime elezioni comunali.
Entro sabato, come prevede la legge, la terza sezione del Tar, presieduta dal giudice Ugo Di Benedetto, terrà l’udienza pubblica in cui verrà discusso il ricorso che il partito di Giorgia Meloni depositerà stamane contro la decisione della commissione elettorale mandamentale, che l’ha escluso dalla scheda per le amministrative del 5 giugno.
Una decisione che lunedì scorso la commissione elettorale ha ribadito, ritenendo irrimediabile il pasticcio combinato dai presentatori della lista, che non hanno allegato il modulo in cui i candidati attestano di non avere impedimenti legali per presentarsi, come prevede la legge Severino.
La decisione del Tar verrà presa immediatamente, al termine dell’udienza.
E da quel momento, se il Tar dovesse dargli torto, Fdi avrebbe solo 48 ore di tempo per l’ultima mossa, il ricorso al Consiglio di Stato.
Ma quante sono le possibilità che il ricorso venga accolto?
Lo studio dei precedenti lascia aperte tutte le soluzioni, ci sono stati in altre città casi in cui ai partiti esclusi è stato consentito rimediare all’errore commesso, e altri in cui invece è scattata l’esclusione definitiva dalla contese.
Negli ambienti milanesi di Fdi non si nasconde la preoccupazione, anche se si ribadisce che la dichiarazione era stata regolarmente firmata e che solo un effetto on voluto dell’impaginazione ha impedito che il modulo venisse stampato e depositato per intero.
Il ricorso al Tar verrà notificato anche alla Commissione elettorale comunale, cioè all’organo che ha respinto la lista, e che potrebbe scegliere di costituirsi in giudizio davanti al Tar per rivendicare la correttezza del proprio operato.
Il ricorso andrebbe notificato anche agli «eventuali controinteressati», ma è difficile che in questa definizione possano venire ricompresi anche i partiti che alle elezioni invece sono stati ammessi, e che potrebbero in questo modo opporsi al rientro in gara della lista di Fdi.
(da “il Giornale”)
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Maggio 11th, 2016 Riccardo Fucile
IL CANDIDATO “FIRMA” UN PATTO CON LE GERARCHIE VATICANE: IL NO ALLE NOZZE GAY E’ IL SEGNALE
Le unioni civili sono entrate prepotentemente nella campagna elettorale delle amministrative, in
particolare in quella di Roma.
A creare grande stupore è stato Alfio Marchini dichiarando che sarà , se eletto, un sindaco obiettore di coscienza.
«Non ho nulla contro il riconoscimento dei diritti civili, ma non è compito del sindaco fare queste cose per cui non celebrerò unioni gay se dovessi vincere le elezioni». Certo, ha aggiunto, «le leggi vanno rispettate, ma credo di esser libero di dire che non celebrerò matrimoni».
Figurarsi se non è libero, ma ecco la metamorfosi di «Arfio».
Niente male per un candidato che veniva accusato da Giorgia Meloni di essere troppo di sinistra (e per questo si è spezzato il centrodestra).
L’alfiere delle liste civiche con il «core de’ Roma» nel simbolo e lo slogan «liberi dai partiti», ora vira a destra. E non solo perchè alla fine ha trovato sulla sua strada un alleato inaspettato, Silvio Berlusconi che ha ritirato Guido Bertolaso, schizzando in alto nei sondaggi.
No, «Arfio», nonno partigiano che regalò a Togliatti il Bottegone, amico di Massimo D’Alema, ha capito che nella capitale può sfondare tra i cattolici.
Soprattutto avere una mano dai cattolici che ancora contano a Roma. E l’ha capito tre giorni fa quando è stato ricevuto in forma privata da Papa Francesco.
Marchini era accompagnato dal senatore Gaetano Quagliariello che in Vaticano ha molti agganci essendo stato in prima fila a tutti i Family Day e nelle battaglie contro l’utero in affitto, il caso Englaro e le unioni civili.
L’incontro con il Santo Padre ha funzionato come l’illuminazione sulla via di Damasco.
Non è che il Pontefice gli abbia promesso qualcosa in termini di sostegno alla campagna elettorale. Nulla di tutto questo. Di questo non si parla con Francesco. Tuttavia essere ammesso a visita privata non è poca cosa, non è da tutti.
È un segnale ben preciso, una sorta di viatico. Come se le alte e altissime sfere Oltretevere gli avessero detto «vai, figliolo, siamo con te».
Marchini ha lavorato tosto a quell’incontro di tre giorni fa; per accreditarlo nella sacre stanze sono stati in molti. Quagliariello, certo, e Gianni Letta. Ma anche Guido Bertolaso, che entrature nei palazzi vaticani ne ha tantissime, dai tempi in cui gestiva con Francesco Rutelli il Giubileo.
Ne era al corrente certamente monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana che, guarda caso, proprio ieri alla vigilia del voto sulle unioni civili ha detto: «Il voto di fiducia può rappresentare anche una sconfitta per tutti».
Allora Marchini si è «convertito» e la forza dei cattolici a Roma sarà messa a sua disposizione.
E il primo obolo da pagare è stato dichiarare che sarà un sindaco obiettore di coscienza. «Arfio» ora crede di poter salire la scalinata michelangiolesca del Campidoglio; o quantomeno di andare al ballottaggio.
Anche perchè i suoi concorrenti non sono visti bene Oltretevere.
Roberto Giachetti, con il suo passato e presente di radicale, è considerato un mangiapreti.
Virginia Raggi neanche a parlarne. Pochi giorni fa la grillina ha detto che vuole ricavare 400 milioni facendo pagare l’Imu alle strutture del Vaticano usate per esercizi commerciali.
Giorgia Meloni? Per amor di Dio: è alleata con Matteo Salvini che ne dice di tutti i colori al Papa e poi anche lei, come i leghisti, vuole cacciare i migranti.
Stefano Fassina? Troppo di sinistra. Marione Adinolfi? Troppo integralista.
Allora «Arfio» in paradiso.
Amedeo La Mattina
(da “La Stampa”)
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Maggio 11th, 2016 Riccardo Fucile
LA RELAZIONE DEL COMMISSARIO SANTONI: “VERTICI INERTI E INCAPACI, I SOLDI SPARIVANO E NON DIVENTAVANO SOFFERENZE”
Chi ha spinto Banca Etruria nel baratro concedeva prestiti a grandi gruppi amici coi conti disastrati, senza criteri ragionevoli.
«Incapacità generalizzata a gestire il credito», la definisce il commissario Giuseppe Santoni nella relazione finale sull’insolvenza. I soldi uscivano, e non rientravano. Chi compilava i bilanci, poi, non li inseriva «tempestivamente » tra le sofferenze.
Col risultato che i soci dell’istituto vedevano una cassa più sostanziosa di quanto fosse nella realtà .
In più di 150 pagine, Santoni mette nero su bianco le ragioni del fallimento della vecchia Banca Etruria, senza risparmiare i vertici: «Nonostante le pressanti indicazioni di Bankitalia, restavano singolarmente inerti».
Aggiunge «difetti nei controlli di primo e secondo livello sui conti transitori, e anomalie nelle verifiche anti-riciclaggio».
È un documento essenziale, perchè serve al pool di magistrati di Arezzo per definire le ipotesi della bancarotta fraudolenta. A cominciare dalla gestione disastrosa dei grandi creditori
Santoni ne cita diversi, ma si concentra sui quattro che, insieme, hanno accumulato un’esposizione superiore a cento milioni.
Denaro che l’Etruria non ha mai più visto.
Si tratta del gruppo Sacci spa (50 milioni), storica azienda del cemento di proprietà della famiglia Federici ritenuta vicina a Gianni Letta.
Augusto Federici è stato anche nel cda della banca fino al 2011.
Poi la Privilege Yard spa, che ha avuto una ventina di milioni per il famoso progetto dello yacht più grande del mondo: fallito prima del completamento dell’imbarcazione, che giace mestamente in un cantiere di Civitavecchia.
Altri 20 milioni evaporati sono andati a Villa San Carlo Borromeo, una srl che possiede l’omonimo hotel cinque stelle di Senago fallita l’11 giugno scorso.
Aveva ottenuto un mutuo ipotecario dalla direzione generale dell’Etruria grazie all’imprenditore 71enne Armando Verdiglione, finito più volte in carcere.
La storia giudiziaria di Verdiglione meritava un approccio più cauto da parte di chi ha autorizzato il fido.
Lo stesso vale per l’immobiliarista Pierino Isoldi, anche lui con diversi guai con la giustizia, che ha ottenuto una quindicina di milioni di euro nel 2010 per la Isoldi Holding spa, poco prima di finire in amministrazione controllata.
Santoni allarga il ventaglio dei fidi dati in conflitto d’interesse.
Oltre a quelli individuati da Bankitalia (sono indagati l’ex presidente Rosi e l’ex consigliere Nataloni), ne sono saltati fuori altri due riferiti a due ex consiglieri, e tra le società beneficiarie spunta ancora la Sacci.
Starà ai magistrati valutare la consistenza delle garanzie offerte e se i vecchi manager di Etruria hanno provato a recuperare il denaro.
Sulle responsabilità addossate ai due cda sotto inchiesta Santoni distingue.
Al primo (2009-2014, presidente Giuseppe Fornasari, tra i consiglieri Pier Luigi Boschi) viene addebitata «l’insufficiente consapevolezza della situazione della banca e gli interventi gestionali irrealistici, quali il premio da 2,1 milioni ai dipendenti, il riacqusito della sede della controllata Banca Federico del Vecchio per 29 milioni, il proliferare di consulenze (per oltre 15 milioni, ndr) a ex dipendenti e amministratori per lo più riferibili all’ex dg Luca Bronchi».
Al secondo (2014-febbraio 2015, presidente Luca Rosi, vicepresidenti Alfredo Berni e Boschi), «l’aver lasciato inevasa la richiesta della Banca d’Italia di integrarsi con un partner di elevato standing e l’assunzione del dg Cabiati irrispettosa delle policies aziendali ».
Tra gli investimenti «sbagliati » in partecipate «che hanno prodotto solo perdite» è citata, infine, la Banca Lecchese.
Fabio Tonacci
(da “La Repubblica”)
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Maggio 11th, 2016 Riccardo Fucile
IL DISEGNATORE SEMPRE PIU’ “RENZIANO”: “C’E’ QUALCOSA DI MEGLIO DI RENZI A SINISTRA?”
«Il Pd è diventato una porcilaia».![](http://s32.postimg.org/rzcpl0gf9/staino.jpg)
Ma come, Staino? Il Partito democratico una porcilaia?
«Ma sì, sono molto preoccupato. Si è perso il dna del nostro essere di sinistra».
Renzi vira troppo a destra?
«No, sto parlando della sinistra dem. Gente come Cuperlo dovrebbe avere lo stile di Berlinguer. Invece sono i peggiori: hanno distrutto il dialogo».
Loro dicono che l’ha distrutto Renzi il dialogo.
«Con Fassina che minaccia: o cambiate questo articolo o me ne vado? Avessero fatto così negli anni 50, con Togliatti, sarebbero già in Siberia».
La minoranza fa la minoranza.
«Se sei minoranza devi essere responsabile. E invece Cofferati ha buttato la Liguria in braccio ai leghisti e ora si prende le maledizioni».
Anche lei è spesso sotto accusa.
«Cos’è questa rabbia, questa cattiveria? Ci son compagni che mi trattano da fascista, ma che roba è?»
È considerato «renziano».
«Si è arrivati a usare l’aggettivo renziano come sinonimo di merdoso, traditore, figlio di puttana. Ma perchè? Io non sono renziano, come non sono stato prodiano, pur avendo appoggiato Prodi. Ma c’è qualcosa di meglio a sinistra di Renzi? Preferite Salvini o Grillo? Io scelgo Renzi, dov’è l’assassinio, dov’è il tradimento?».
L’alleanza con Verdini?
«Renzi si sarà pure venduto a Verdini, ma il primo a chiamare i Cecchi Gori, i Mastella, i Di Pietro, personaggi ambigui e tremendi, è stato D’Alema».
Che ora non ha ruoli.
«Ma è lì come un avvoltoio, non vede l’ora di tornare. Non lo voglio, serve gente nuova, cervelli nuovi, anime nuove».
Il nome Verdini a lei non provoca nessun fremito?
«Abbiamo storie diverse, ma non mi scandalizzo se cerchiamo i suoi voti. Abbiamo avuto Dini al governo. Dini!».
Per il ministro Boschi chi vota no al referendum vota come CasaPound.
«Avrebbe potuto dire: “Per voi, chi vota sì è come Verdini; io potrei dire lo stesso di chi vota no, che è come CasaPound. Ma non lo dico”».
L’Anpi, comunque, non l’ha presa bene.
«L’Anpi sta utilizzando il nome sacrosanto dei partigiani per fare una politica bertinottiana, rifondarola».
E Renzi?
«Fossi in lui, sarei più modesto. C’è un’altissima percentuale di probabilità che perda il referendum. Sta rischiando grosso».
Lei voterà a favore?
«Certo, rischiamo di finire nella spazzatura della destra europea. Vogliamo darci altre martellate sulle cosce? È una pazzia».
Giachetti le piace?
«È serio, modesto e radicale. Con il Vaticano qui, aiuta».
E Sala?
«Avrei preferito un altro. Ma quando si è imbecilli come a sinistra, che si moltiplicano i candidati, poi si perde. E allora ciucciatevi Sala».
Il Pd ha subito una mutazione genetica?
«Fassino e D’Alema hanno fatto il Pd perchè pensavano di mangiarsi la Margherita. E invece sono stati mangiati».
Anche Veltroni?
«Tanto di cappello. Almeno ha lasciato davvero. E ha scritto bei libri e bei film. Non vedo l’ora che se ne vadano Bersani e soprattutto D’Alema».
L’accuseranno di essere sdraiato.
«Le mie vignette non sono sdraiate. E neanche l’ Unità . Fossi direttore, un provocatore come Rondolino non lo prenderei. Ma perchè Cuperlo ha rifiutato la direzione de l’Unità ? Te la sei fatta addosso, Gianni? Troppo comodo».
Alessandro Trocino
(da “il Corriere della Sera”)
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Maggio 11th, 2016 Riccardo Fucile
LE DUE CANDIDATE M5S DI LOTTA E DI “SISTEMA”
Virginia interventista, Chiara più defilata. Virginia che si presenta con una conferenza alla stampa estera e catalizza l’interesse dei giornali stranieri, Chiara che fa meno uscite mediatiche e appuntamenti pubblici. Virginia che fa proposte dirompenti per i poteri romani, Chiara intenta a non spaventare la borghesia torinese.
Se è vero che Raggi e Appendino sono le due frontwomen del Movimento cinque stelle – e forse le due frontwomen tout court – in questa campagna elettorale, difficilmente si potrebbero immaginare due stili, due personaggi e due campagne più diverse.
Raggi esordì annunciando, in caso di vittoria, una rivoluzione in Acea – l’azienda di servizi pubblici in cui il Comune di Roma è socio di Caltagirone – con l’azzeramento di tutte le cariche manageriali.
Il titolo a breve crollò in Borsa, ma a molti a Roma quell’uscita è parsa indice di un Movimento di lotta.
Raggi, con un’uscita alla Varoufakis, ha detto che il debito del Campidoglio con le banche non va pagato ma ristrutturato, altrimenti «faremo saltare il tavolo»: altra idea connotata e «sociale» che bilancia certa sua frequentazione assai ricorrente (e omessa) col mondo degli studi d’affari della destra romana (pratica legale di Previti a parte).
Naturalmente questo attivismo e interventismo le stanno procurando anche tante opposizioni interne.
Tra gli attivisti romani non si fa che parlare della guerra con Roberta Lombardi, ex faraona del Movimento. Alla biciclettata inaugurale della campagna della Raggi, Lombardi e il fedele consigliere Marcello De Vito non si sono neanche presentati; segno evidente di una spaccatura nel Movimento romano.
Non pregiudica probabilmente il risultato della Raggi in termini di voti, ma la condizionerà dopo, se vincesse: Raggi potrebbe trovarsi alla mercè di almeno quattro consiglieri che fanno capo alla sua nemica interna (che può tra l’altro contare su pacchetti di voti nel sindacato di base Usb).
Scenari già intuibili, di fronte ai quali però Virginia va avanti come un treno: attaccando, sfidando, rilanciando.
È stata la prima (Di Maio a parte) a salire alla Casaleggio associati per un faccia a faccia con Davide Casaleggio. Anche quando subisce attacchi clamorosamente ingiusti, come accadde con un video dell’Unità che insinuava falsamente trascorsi a cantare «meno male che Silvio c’è», esce dall’angolo senza perdere l’aplomb.
Persino Silvia Virgulti, consulente tv del movimento e fidanzata di Di Maio, cerca un canale con lei. Virginia è pesante, e potrebbe diventare qualcuno con cui avere davvero a che fare negli equilibri interni.
APPROCCIO SOFT
L’idea di fondo di Chiara Appendino è molto diversa. Innanzitutto non ha mai nutrito ambizioni nazionali, anzi. «Quasi non esco da Torino», ostenta.
Si è sempre fatta un vanto di non sentire Grillo o tantomeno Casaleggio – anche se naturalmente da quando è candidata le attenzioni su di lei a Milano sono cresciute. Però ha scelto una via opposta per gestirle, rispetto a Virginia.
Non attacca il rivale Piero Fassino sui debiti del Comune. Non centra la sua campagna su Iren, la potente azienda multiservizi dei Comuni del nord ovest (tutti a guida Pd), che vanta dal Comune un credito per 190 milioni su cui i piccoli azionisti hanno presentato un esposto in Consob denunciando un conflitto di interessi.
Piuttosto, su Iren lascia intervenire Beppe Grillo sul blog: «Non vorremmo ritrovarci a gestire i disastri causati da Chiamparino e Fassino, con Iren che magicamente, dopo essere stata per anni il bancomat del comune a guida Pd, andrà subito all’incasso della giunta a 5 Stelle».
LO STAFF
Se punta meno sui temi «sociali» e si defila dalla sinistra torinese, con cui pure era avviato un dialogo, ci sono state invece polemiche per alcune scelte di Appendino sullo staff.
Il ruolo molto forte del marito, imprenditore radicato nel mondo della media industria torinese. La figura del consigliere Paolo Giordana, già legato alla chiesa ortodossa, con una vasta e trasversale esperienza in tutta la politica cittadina precedente. Polemiche ha suscitato un articolo sul blog di Gabriele Ferraris, assai seguito in città : Giordana s’era candidato a un ruolo apicale, non ottenuto, nella Fondazione per la cultura, e ora la Appendino vuole invece resettare quella Fondazione.
Chiara non attacca sul reddito di cittadinanza, ma fa discutere la scelta di alcuni eventuali assessori considerati troppo «di sistema», per una del Movimento: al bilancio Sergio Rolando, proveniente da anni e anni ai vertici della Regione, con amministrazioni di destra e sinistra; al welfare Sonia Schellino, direttamente dalla Compagnia di San Paolo, architrave degli equilibri tra politica e finanza, il che fa storcere il naso ai puristi del M5S: la bocconiana Appendino vorrà per caso sostenere il terzo settore con le fondazioni bancarie? Nulla di male, ma un classico della politica torinese.
Sarebbe interessante, più che un confronto Raggi-Marchini, un incontro Raggi-Appendino.
Le due frontwomen, così legate, così distanti.
Jacopo Iacoboni, Giuseppe Salvaggiulo
(da “La Stampa“)
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