Maggio 18th, 2016 Riccardo Fucile
SINDACI E DIRIGENTI REGIONALI BLOCCANO LA TRUFFA DEI FONDI EUROPEI E I MAFIOSI SPARANO… ANTOCI NON HA PAURA: ” DOBBIAMO CAMBIARLA TUTTI INSIEME QUESTA TERRA, IO STO FACENDO SOLO IL MIO DOVERE”
Quando ha visto che le ripetute minacce non hanno avuto alcun effetto, la mafia ha deciso di colpire in maniera inequivocabile con un agguato che doveva essere mortale. Cosa nostra ha messo nel mirino il presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, perchè si è vista soffiare un giro d’affari di diversi milioni di euro.
Infatti, a fronte di una spesa di 30 euro ad ettaro per un terreno pubblico destinato a pascolo, chi ottiene la concessione dagli enti prende un contributo europeo di circa 3 mila euro a ettaro.
È questo il business che sta dietro agli affari della mafia dei pascoli con interessi nel Parco dei Nebrodi che abbraccia tre territori, quelli di Messina, Catania ed Enna.
Si tratta di centinaia di milioni di euro, affari, sostengono Crocetta e Lumia, messi a rischio dalle revoche delle concessioni avviate da tempo dal presidente del Parco Antoci, scampato a un agguato, applicando il protocollo di legalità firmato con la Prefettura di Messina a marzo del 2015.
Un agguato a colpi di fucile verificatosi la notte scorsa, mentre Antoci tornava a casa con la scorta dopo una cena lungo strada provinciale tra i comuni di Cesarò e San Fratello, nel messinese.
“Quello subito da Antoci – ha commentato Lumia – è stato un agguato militare di alto livello che non ha raggiunto lo scopo solo grazie all’intervento del dottor Manganaro, che ha sgominato il piano degli attentatori e li ha costretti a lasciare il campo”.
Il senatore del Pd ha aggiunto: “Ieri si è consumato un atto di guerra che mancava da anni in Sicilia. Se è guerra, guerra sia. Un atto di guerra ha bisogno di una risposta altrettanto rigorosa. Antoci è provato ma non piegato. Lo Stato non sottovaluti questa sfida di portata generale, cui tutti dobbiamo dare una risposta adeguata. Per mafiosi e collusi non ci sarà pace, faremo la guerra con nomi e cognomi”.
Antoci, dopo essere stato sentito dagli magistrati, ha rivendicato il proprio lavoro: “Questa esperienza traumatica – ha affermato – mi ha dato la conferma che quello che abbiamo toccato sono interessi enormi. Cosa nostra si finanziava con i fondi europei, dopo che li abbiamo messi in difficoltà ha reagito”.
“Siamo certi – ha aggiunto – che questo attentato viene dalle persone alle quali abbiamo fatto perdere un affare milionario”.
“Abbiamo fatto un protocollo di legalità con la prefettura di Messina – ha spiegato il presidente del Parco dei Nebrodi – che ha disarcionato interessi mafiosi per diversi milioni di euro. Le ultime sentenze del Tar ci hanno poi dato ragione e questo ha dato loro fastidio”.
Antoci ha poi ribadito di essere determinato ad andare avanti: “Io non mi sento solo già tra qualche giorno riprenderò il mio lavoro, lo Stato mi è stato vicino, ma lo Stato siamo noi tutti: dalla magistratura, alle forze dell’ordine, ai cittadini. Dobbiamo cambiarla tutti insieme questa terra. Non sto facendo niente di speciale. Sto facendo solo il mio dovere”.
Con Antoci alla guida dell’ente (dal 2005 senza presidente, aveva visto susseguirsi quattro commissari), nell’area dei Nebrodi si è rotto quella sorta di “patto sociale” che andava avanti da decenni e che consentiva l’utilizzo per pascolo, a canoni irrisori, dei terreni demaniali.
Alla rottura ha contribuito non poco il giovane sindaco di Troina, Fabio Venezia, anche lui sotto scorta per le numerose minacce ricevute.
Quando Troina si è aggiunta agli originari comuni del Parco, ha portato “in dote” 4.200 ettari di terreni a pascolo che il primo cittadino ha rifiutato di concedere alle solite condizioni.
Il presidente del parco dei Nebrodi ha trovato un alleato e ha cominciato la serrata verifica dei contratti.
L’allargamento dei controlli (il Parco ha un’estensione di 86 mila ettari e comprende 24 comuni) e la richiesta di certificazione antimafia e dei carichi pendenti è avvenuto anche per chi intende stipulare o rinnovare contratti di piccolo importo, e comunque ben al di sotto della soglia prevista per legge.
Come ricorda un articolo pubblicato dal quotidiano la Repubblica il 15 gennaio sulle 25 certificazioni chieste, 23 hanno avuto lo stop dalle prefetture di Enna e Messina per reati come l’associazione mafiosa e per legami con i più potenti clan mafiosi dell’Isola, quelli dei Bontempo Scavo, dei Conti Taguali, dei Santapola e dei clan “tortoriciani” e di Cesarò.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 18th, 2016 Riccardo Fucile
PROSEGUE LA CORSA DEI VOUCHER: + 45% IN UN ANNO
Gli effetti positivi della decontribuzione per i nuovi assunti nel 2015 continuano a farsi sentire, ma in negativo, sul 2016.
Secondo i dati trimestrali difffusi oggi dall’Inps nel primo trimestre del 2016 il saldo positivo dei contratti a tempo indeterminato è pari a 51.087, in calo del 77% rispetto ai 224.929 contratti stabili dei primi tre mesi 2015, quando l’esonero contributivo era appena entrato in vigore.
Se poi da questi dati si esclusono le trasformazioni e le assunzioni con contratto di apprendistato, nello stesso periodo di tempo il saldo netto dei nuovi contratti stabili risulta negativo per circa 53 mila unità .
Complessivamente, rileva l’Inps, nei primi tre mesi dell’anno il saldo dei contratti è pari a +241.000, inferiore a quello del corrispondente trimestre del 2015 (+326.000). Tale differenza – sottolinea l’istituto di previdenza – è totalmente attribuibile alle posizioni di lavoro a tempo indeterminato.
Per i contratti a tempo determinato, nel primo trimestre del 2016, si registrano 814.000 assunzioni, una dimensione del tutto analoga a quella degli anni precedenti (-1,7% sul 2015 e -1,1% sul 2014).
Le assunzioni con contratto di apprendistato sono state quasi 50.000, stabili rispetto al 2015.
Quanto alle cessazioni, complessivamente risultano diminuite dell’8,8%; per quelle a tempo indeterminato la riduzione è pari al 5,3%.
Prosegue intanto senza sosta la corsa dei voucher.
Nel primo trimestre 2016 sono stati venduti 31.5 milioni di voucher destinati al pagamento delle prestazioni di lavoro accessorio, del valore nominale di 10 euro, con un incremento, rispetto al primo trimestre 2015, pari al 45,6%.
Lo rileva l’Inps sottolineando che nel primo trimestre del 2015, la crescita dell’utilizzo dei voucher, rispetto al 2014, era stata pari al 75,4%.
(da agenzie)
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Maggio 18th, 2016 Riccardo Fucile
ORA E’ IN BUONA COMPAGNIA CON LA COREA DEL NORD, LA SIRIA E LO ZIMBABWE…. NESSUNA PAROLA DI CONDANNA PER GLI ASSASSINI DEI DISSIDENTI DEL REGIME DI PUTIN
Il consiglio regionale del Veneto a trazione leghista si schiera contro l’Unione Europea e contro il governo italiano, ma sta in bella compagnia di Corea del Nord, Zimbabwe, Uganda, Kyrgyzstan e Siria.
Oggetto della contesa, che sta già diventando un caso internazionale, è la Crimea.
O meglio, il riconoscimento del diritto di autodeterminazione di quel paese che ha deciso di entrare nella Federazione Russa, scatenando una crisi regionale dove la Ue è contrapposta a Mosca.
E la richiesta di mettere fine alle sanzioni economiche imposte dall’Europa, che a loro volta hanno innescato la risposta dell’embargo russo, causando un danno al tessuto produttivo veneto.
A Palazzo Ferro Fini, sede del consiglio regionale, va in votazione una risoluzione presentata da Stefano Valdegamberi, che nella precedente legislatura era dell’Udc, ma è poi passato armi e bagagli con la lista Zaia.
L’esito del voto è scontato, vista la schiacciante maggioranza formata da Lega Nord, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Siamo Veneto.
Non sarà certo il partito azzurro a mettersi di traverso, conoscendo la solida amicizia tra Silvio Berlusconi e il leader russo Vladimir Putin.
La risoluzione invita il governo italiano “a condannare la politica internazionale dell’Unione europea nei confronti della Crimea, fortemente discriminante ed ingiusta sotto il profilo dei principi del Diritto Internazionale, chiedendo di riconoscere la volontà espressa dal Parlamento di Crimea e dal popolo mediante un referendum”. E chiede “l’immediato ritiro delle inutili sanzioni alla Russia che stanno comportando gravi conseguenze all’economia del Veneto, i cui effetti sono destinati ad essere irreversibili e duraturi nel tempo”.
L’iniziativa ha una doppia valenza.
Ideologica, perchè afferma il principio all’autodeterminazione di un popolo.
Ed economica, visto il danno che le aziende venete subiscono.
“E’ un tema da libertà di coscienza — dichiara il governatore Luca Zaia — ma è anche il modo di dare la sveglia ai paesi europei. Noi siamo ligi a rispettare le sanzioni, mentre la Germania i suoi affari continua a farli. Il Veneto ha perso quasi un miliardo di euro in export verso la Russia, ci sono aziende che stanno fallendo per questo”.
Naturalmente il voto non è piaciuto all’Ucraina, l’altro soggetto internazionale coinvolto.
Indignato Yevhen Perelygin, ambasciatore in Italia. “E’ una risoluzione provocatoria, perchè la Crimea è parte integrante del territorio dell’Ucraina, occupata e annessa due anni fa alla Federazione Russa in violazione dei principi fondamentali del diritto internazionale e degli accordi bilaterali”.
L’ambasciatore denuncia “l’annessione” da parte della Russia attraverso “un referendum fasullo”.
A Venezia si è presentato anche il console generale dell’Ucraina a Milano, Andrii Kartysh, che ha incontrato il presidente del consiglio regionale, Roberto Ciambetti, rappresentandogli il disappunto del suo paese.
“Approveremo la risoluzione in una cornice in grande stile. — è la replica di Valdegamberi, che di recente si è recato al Forum Economico di Yalta — Ci saranno giornalisti e televisioni da tutta la Russia, c’è un entusiasmo pazzesco“.
Giuseppe Pietrobelli
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 18th, 2016 Riccardo Fucile
CONTINUA LA CAMPAGNA ELETTORALE RICCA DI CONTENUTI DEI LEPENOSI… LA MELONI ARRIVA IN RITARDO
Tensione alla periferia di Roma dove Matteo Salvini è andato per visitare il campo rom di via Candoni, nell’ambito del tour elettorale della candidata sindaco di Fratelli d’Italia.
La solita provocazione per essere contestati e avere spazio sui media, visto che di altri contenuti non se ne vedono.
«Vai via», «schifoso», «imbecille» “sciacallo” hanno urlato i rom al leader della Lega. Salvini ha preso il telefonino per fare una diretta via Facebook delle contestazioni. «Scemo, scemo» è stata la risposta dei rom.
Salvini, durante la contestazione, ha risposto agli insulti riprendendo i suoi ‘avversari’ con lo smartphone.
Insieme a Salvini l’ex presidente della Camera Irene Pivetti, ora candidata alle amministrative della Capitale.
Grida e malumori hanno preceduto l’arrivo dei due politici.
«Non è giusto che Meloni e Salvini vengano qui a fare campagna elettorale sulla nostra pelle», ha detto il capo del campo Rom parlando con i giornalisti.
Un gruppo di bambini del campo, radunati fuori con altri rom ha iniziato a scandire lo slogan “No a Salvini, odio la Lega”.
I Rom hanno mostrato uno striscione con scritto “Non vogliamo Salvini”.
Intanto è arrivata una camionetta della polizia.
Meloni è arrivata in ritardo.
(da “il Messaggero”)
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Maggio 18th, 2016 Riccardo Fucile
LO STUDIO DELL’ECONOMISTA LEGRAIN SU MIGRANTI E PIL: I RIFUGIATI COSTANO ALL’EUROPA 69 MILIARDI, MA NE SPENDERANNO IL DOPPIO IN 5 ANNI
Accogliere i richiedenti asilo che provengono dall’Africa e dal Medio Oriente è una spesa enorme per l’Unione europea, ma il costo sarà ampiamente ripagato dagli stessi profughi che nei prossimi anni andranno a generare una ricchezza pari al doppio di quanto è costata l’accoglienza.
Il calcolo è stato effettuato dall’economista Philippe Legrain, ex consigliere alla presidenza della Commissione europea, secondo il quale i rifugiati che vengono usati come spauracchio dai movimenti populisti e xenofobi in realtà creeranno nuovi posti di lavoro, faranno crescere la domanda di prodotti e servizi e colmeranno la richiesta di forza lavoro non soddisfatta dagli europei.
Non solo: Legrain dimostra attraverso il suo studio che grazie al lavoro i profughi aiuteranno a rimpinguare le casse della previdenza sociale.
Più precisamente, l’accoglienza dei profughi incrementerà il debito pubblico dell’Unione europea nel suo complesso per 69 miliardi di euro entro il 2020, ma nello stesso periodo i profughi faranno crescere il Pil di 126,6 miliardi: per ogni euro speso per l’accoglienza e l’integrazione, dunque, l’Europa ne riceverà due.
Il dossier “Refugees Work: A Humanitarian Investment That Yields Economic Dividends” è stato presentato mercoledì dalla Tent Foundation, ong che si occupa di sfollati.
Il rapporto rovescia lo stereotipo del profugo che manda all’aria i conti dell’Unione europea e toglie il pane di bocca ai poveri del vecchio continente.
Numeri alla mano, è proprio il contrario: anzi conviene all’Europa investire sull’accoglienza poichè a breve termine riceverà dai profughi il 100% di quanto ha speso.
Come riporta il quotidiano britannico Guardian, Legrain è convinto che soltanto facendo i conti con la realtà potrà crollare il mito del rifugiato come un peso per la società : “E’ un pregiudizio condiviso anche da coloro che sono favorevoli ad accogliere i richiedenti asilo, secondo i quali sono molto costosi ma è giusto farli entrare”.
“Ma questo è sbagliato. Se naturalmente la motivazione primaria per accoglierli è che fuggono dalla morte, una volta arrivati possono contribuire all’economia”.
Dopo aver eroso il pregiudizio sui costi a fondo perduto dell’accoglienza, Legrain smonta anche quello sbandierato spesso dai partiti anti-migranti: quello secondo il quale gli immigrati rubano il lavoro ai locali.
“Per farla semplice: non c’è un numero fisso di posti di lavoro. I rifugiati che prendono dei posti di lavoro allo stesso tempo ne creano altri. Quando spendono quello che guadagnano, fanno crescere la domanda per le persone che producono i beni e i servizi che loro consumano. Allo stesso tempo creano lavoro in linee di produzione complementari: per esempio i rifugiati che diventano muratori creano lavoro per i locali che possono diventare supervisori oppure commercianti di prodotti per l’edilizia”.
L’arrivo dei profughi è una manna per la situazione demografica di una Europa sempre più anziana e sterile.
Questo è un altro punto che il dossier sottolinea.
Sempre Legrain: “Entro il 2030 la quota degli europei in età produttiva si ridurrà di un sesto (8,7 milioni di persone), mentre la popolazione anziana aumenterà di un quarto (4,7 milioni)”.
L’età media dei rifugiati è bassa, spesso si tratta di persone tra i venti e i trent’anni che possono contribuire a fare figli svecchiando la popolazione europea e contribuendo a pagare le pensioni degli europei.
(da “Huffingtonpost“)
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Maggio 18th, 2016 Riccardo Fucile
LA FAMIGLIA IN CAMPO PER SALVARE I CONTI DI FORZA ITALIA, I CINQUE FIGLI STACCANO ASSEGNI
La famiglia Berlusconi scende in campo per salvare i conti di Forza Italia: i cinque figli dell’ex Cavaliere, Barbara, Eleonora, Luigi, Marina e PierSilvio, hanno staccato ciascuno un assegno di 100.000 euro nel 2015 in favore delle Casse “azzurre”.
È quanto emerge dalle dichiarazioni congiunte, con i finanziamenti che i privati danno ai partiti e che devono essere depositate alla Camera.
In soccorso di Forza Italia sono arrivati anche Paolo Berlusconi, nonchè Fedele Confalonieri e Bruno Ermolli con altri tre contributi di 100.000 euro a cui se ne è aggiunto uno della Fininvest sede di Roma.
Ben più onerosi gli impegni di Silvio Berlusconi in favore del suo partito, con tre maxi-assegni per estinguere altrettante fidejussioni: il primo di 23,28 milioni di euro per un fido di Mps del 2001; il secondo di 10,38 milioni di euro per un fido del Banco Popolare di Sondrio risalente al 1998; un terzo pari a 10,25 milioni per un fido del 2000 della Banca del Fucino sede di Roma.
Dalle dichiarazioni congiunte si apprende che il contenzioso tra Forza Italia e Ncd sui soldi del Pdl si è chiuso con un accordo siglato il 22 ottobre 2014 (al momento della scissione) che ha portato il 15 marzo 2015 a Forza Italia una prima tranche di 900.000 mila euro; è seguita, il 24 aprile una “scrittura privata” che ha portato due altre tranche di 27.600 e di 6.815 euro.
Sempre dal Pdl sono arrivati altre risorse in termini di beni e servizi: 92.458,97 sono giunti dal “distacco parziale di personale dipendente” e 8.200 per la “messa a disposizione di locali con contratto di comodato”.
In fuga, invece, i grandi imprenditori come Gavio, Arvedi o Riva, che nel passato avevano aiutato Forza Italia o il Pdl.
Tra le imprese si registrano solo la Sant’Angelo, una società immobiliare di Roma (30.000 euro) e la Italgraf (23.000) sempre della Capitale.
Il resto arriva tutto dagli eletti, con Paolo Romani che si dimostra il più prodigo (66.800 euro).
Ma la fuga di imprese e privati dal sostegno economico ai partiti è generalizzato.
Anche il Pd non può più contare sul tradizionale contributo delle Coop; solo a Ravenna se ne sono registrate due: la Coop Alice, che ha donato 6.000 euro e la Legacoop che ha versato 10.000.
Il Pd quindi ricorre quasi esclusivamente ai finanziamenti dei propri eletti, con una curiosità : tra i nomi dei “big” che hanno versato la loro quota al partito non figura Matteo Renzi, mentre ci sono i suoi due vice, Lorenzo Guerini (18.000 euro) e Debora Serracchiani (15.600 euro) e soprattutto tutti gli esponenti dell’opposizione interna, capitanati da Pierluigi Bersani (20.300). L’unico ad aver finanziato due partiti diversi è Pippo Civati: prima ha versato la sua quota al Pd (6.000 euro) e dopo la sua uscita dai Dem ha dato 5.579 euro al suo nuovo partito, Possibile.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 18th, 2016 Riccardo Fucile
L’EX PRESIDENTE: “L’UNICA EUROPA POSSIBILE E’ A GUIDA FRANCO-TEDESCA”
Nicolas Sarkozy, presidente dei Repubblicani francesi, chiede di «rifondare profondamente il progetto europeo» attraverso un nuovo trattato di cui dettaglia il contenuto, alla vigilia dell’incontro sull’Europa organizzato dal suo partito per oggi.
Secondo Frontex, ad aprile sono arrivati in Grecia 2.700 rifugiati, dieci volte meno rispetto a marzo. L’accordo tra l’Europa e la Turchia è un successo, dunque?
«No. Non bisogna confondere ciò che è congiunturale con ciò che è strutturale. Il crollo della Siria provoca un afflusso di popolazione verso l’Europa. Inoltre, in trent’anni l’Africa raddoppierà la sua popolazione. Pensare che la Turchia possa gestire e risolvere questi problemi in una prospettiva a lungo termine è un errore. L’Europa può fidarsi di un potere turco, che si evolve sempre più verso un regime autoritario? Io non credo».
Angela Merkel si è sbagliata durante la crisi dei rifugiati?
«Uno dei maggiori problemi in Europa oggi è la totale assenza di leadership. Ora ce n’è solo una possibile: la leadership franco-tedesca. Prima di essere eletto presidente nel 2007 ne dubitavo. Pensavo che avremmo potuto avere una leadership condivisa tra cinque o sei Paesi. Molto rapidamente mi sono reso conto che non funzionava e che l’accordo franco-tedesco era essenziale. È per questo che non voglio criticare la Merkel e la politica tedesca. Ma ciò che mi ha colpito è vedere la cancelliera negoziare da sola con il governo turco. Dov’era Hollande? Dov’è la voce della Francia? Quando Barack Obama è venuto in Europa, ha incontrato la cancelliera tedesca, dopo essersi fermato nel Regno Unito. La Francia è scomparsa dall’agenda diplomatica? Che umiliazione! Deploro non tanto il primato della Merkel quanto la cancellazione di Hollande».
Merkel ha favorito la crescita dell’estrema destra con la sua politica di accoglienza dei rifugiati?
«L’estrema destra cresce ovunque in Europa. Non siamo noi francesi a dover dare lezioni. Ma c’è una differenza tra la retorica e la realtà tedesca. Alcune espressioni della cancelliera potrebbero far pensare che la Germania abbia sottovalutato il problema, mentre Donald Tusk (il presidente del Consiglio europeo, ndr) nello stesso periodo mi diceva che c’erano almeno 10 milioni di persone che si stavano spostando verso l’Europa. Ma dobbiamo riconoscere che, discorsi a parte, l’inasprimento delle norme tedesche è molto forte. Per me è stato un vero sollievo constatarlo».
Nel frattempo, l’estrema destra potrebbe vincere le elezioni presidenziali in Austria di domenica 22 maggio.
«La situazione in Austria è molto preoccupante. In questo Paese, compresa la capitale Vienna che quasi un secolo fa era il centro culturale dell’Europa, i partiti di governo hanno l’11% dei voti e l’estrema destra il 35%. E dovrà affrontare un ambientalista nel secondo turno delle elezioni presidenziali! L’Austria paga il fallimento delle grandi coalizioni così amate dalle èlite: quando non ci sono più nè destra nè sinistra, quando non c’è più dibattito, si lascia uno spazio enorme agli estremisti. Si tratta di un fraintendimento totale delle regole della democrazia, che richiede un dibattito appassionato e talvolta frontale. In Francia, da venticinque anni a questa parte non si può discutere d’immigrazione senza essere definiti razzista, di Islam senza essere trattati da islamofobici e d’Europa senza essere trattati da anti-europei. Quello che sta accadendo in Austria potrebbe accadere in Francia».
Non esclude una vittoria del Fn alle elezioni presidenziali?
«Io dico che una delle ragioni per cui sono tornato in politica è che la voce dell’opposizione era debole e lasciava al Fn il monopolio dell’opposizione alla politica di Hollande».
Al di là dell’Austria, viviamo una rottura dei valori condivisi con l’Europa centrale, incarnata dalla democrazia «illiberale» di Viktor Orban in Ungheria?
«Contesto questa interpretazione. Orban non è stato escluso dal Ppe e, per quanto ne so, ha sempre rispettato il responso delle urne. Ha vinto tre volte e una volta è stato battuto, non è il segno di una dittatura».
La Commissione di Venezia, organo consultivo del Consiglio d’Europa, ha espresso riserve sulla nuova Costituzione…
«Non possiamo dire non c’è democrazia in Ungheria. È il difetto delle èlite francesi voler dare lezioni al mondo intero. In Polonia ho visto i fratelli Kaczynski al potere. Hanno rispettato le norme europee e quando sono stati sconfitti hanno lasciato. Dopo cinquant’anni di regime comunista, questi Paesi sono democrazie che funzionano pur subendo una fortissima pressione migratoria. Preferite che si rifaccia il Muro di Berlino?».
Il 23 giugno, i britannici votano per tenere il Regno Unito nell’Unione europea. Cosa fare in caso di «Brexit»?
«Sono totalmente contrario alla uscita del Regno Unito dall’Europa. La cosa peggiore sarebbe la Brexit e l’adesione della Turchia: il grande slam dell’errore! Ma Brexit o no, bisognerà in ogni caso ristrutturare profondamente il progetto europeo e questo passa per un trattato su cui la Francia dovrà prendere l’iniziativa prima dell’estate 2017».
Quali saranno le novità di questo nuovo trattato?
«La priorità sarà quella di porre le basi per un Schengen 2 perchè Schengen 1 è morto. Propongo la creazione di un’area euro-Schengen, vale a dire un governo composto dai ministri degli Interni dei Paesi membri di Schengen, con un presidente stabile, che avrebbe autorità su Frontex. La libertà di movimento degli extracomunitari non deve essere permessa nell’Ue finchè non sarà adottata Schengen 2. Aderire a Schengen 2 presupporrà l’adozione preliminare di una politica comune dell’immigrazione con benefici sociali armonizzati per i richiedenti asilo. Al di là di questo, qualsiasi nuovo immigrato in Europa non toccherà assegno sociale prima di un periodo di cinque anni. Ogni Paese avrà anche la stessa lista di «Paesi sicuri». Solo dopo aver attuato questa armonizzazione potremo abolire le frontiere interne in Europa».
E in che modo questo nuovo trattato permetterà di affrontare la crisi dei rifugiati?
«Sono fortemente contrario alla politica delle quote. È un errore installare gli hot spot in Europa, perchè così i rifugiati hanno già attraversato il Mediterraneo. Devono essere collocati a sud del Mediterraneo e finanziati dagli europei. I fascicoli dei richiedenti asilo saranno studiati lì e i Paesi che non accetteranno la presenza di hot spot sul loro territorio potrebbero vedersi negare il visto».
Se è favorevole agli hot spot al di fuori dell’Europa, perchè condanna l’accordo con la Turchia?
«Contesto l’abolizione dei visti, irresponsabile nell’attuale situazione sotto il profilo della sicurezza, e il rilancio dei negoziati di adesione, incomprensibili data l’evoluzione del governo turco sulle libertà civili».
(da “Le Monde“)
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Maggio 18th, 2016 Riccardo Fucile
FINISCE PER SPINGERE PER LE UNIONI GAY E NON E’ RICONOSCENTE NEANCHE VERSO I CENTRISTI
I cardinali, diversamente dal Papa, non sono infallibili.
Possono sbagliare come tutti gli altri esseri umani, e quando gli capita hanno diritto pure loro a un po’ di misericordia.
Per esempio al presidente della Cei Bagnasco, che considera le unioni civili alla stregua di matrimoni gay mascherati, vanno perdonati un paio di errori tattici non da poco, chiamiamoli se si preferisce autogol.
Primo autogol: sostenendo che tra unioni e matrimoni le differenze sono minime, «piccoli espedienti nominalistici», anzi «artifici giuridici facilmente aggirabili», Bagnasco spiana senza volere la strada alle adozioni gay.
Perchè quei tribunali che già le ammettono saranno incoraggiati dell’interpretazione estensiva del cardinale; e quelli che non le avevano ancora consentite si sentiranno legittimati in futuro.
Se volesse davvero impedire la «stepchild adoption» e il cosiddetto utero in affitto, Bagnasco dovrebbe sostenere il contrario, che le differenze (pur lievi) ci sono e non giustificano dunque una equiparazione coi matrimoni. Probabile che la «vis polemica» l’abbia spinto un po’ oltre.
Secondo autogol: dipingendo le unioni civili come una battaglia infruttuosa, anzi una sconfitta epocale, il presidente della Cei molla un bel calcione a tutti quanti si erano battuti in Parlamento per contrastare la Cirinnà .
Li tratta come degli inetti, che sono riusciti a strappare a Renzi soltanto qualche contentino formale.
Alfano, che si è riconosciuto tra i bersagli del cardinale, l’ha presa molto a male. E non solo lui.
Tutti i centristi, che avevano sperato in un grazie dell’episcopato, non incassano neppure un briciolo di riconoscenza per i loro sforzi.
Servirà loro da lezione, così in futuro si regoleranno diversamente.
Ugo Magri
(da “La Stampa”)
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Maggio 18th, 2016 Riccardo Fucile
INDAGATO CALCAGNO, EX VESCOVO DI SAVONA
Un mega parcheggio dove sorgeva il parco di uno storico seminario savonese, appartamenti residenziali a Albissola nel palazzo che un’anima pia aveva donato alla Curia con il vincolo di destinarlo all’infanzia (a piano terra c’è una ludoteca e tanto basta) e soprattutto le Colonie Bergamasche di Celle Ligure, un’operazione immobiliare da 70 milioni di euro.
Affari per decine di milioni.
Queste e altre vicende minori sono sotto la lente della Procura savonese che ha indagato con l’accusa di malversazione l’ex vescovo di Savona Domenico Calcagno, oggi presidente dell’amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica, insieme con gli ex vertici dell’Istituto per il sostentamento del Clero, attraverso il quale la Curia conduceva i suoi investimenti. Non sempre fortunati. Tutt’altro.
L’acquisto da parte dell’Istituto, insieme con partner privati con cui ha costituito la società Punta dell’Olmo, delle Colonie Bergamasche con l’intenzione di trasformare l’ex struttura per i bambini lombardi in un complesso di lusso ha portato a un’esposizione bancaria poi sfociata in una causa civile.
Come ha scritto nella nota del 2015 con cui ha commissariato l’Istituto per il Clero l’attuale vescovo di Savona monsignor Lupi, questa e le altre operazioni hanno provocato «grave danno» alle finanze della Curia locale.
Le malversazioni contestate al monsignore e altre tre persone avrebbero avuto come conseguenza perdite per milioni di euro.
Ora la magistratura vuole vedere chiaro nel dossier sulle Colonie Bergamasche – su cui però monsignor Calcagno respinge ogni responsabilità perchè la vendita è avvenuta nel 2009 quando era a Roma – e su tutta l’intensa attività immobiliare che fa capo alla diocesi savonese a partire dal 2002
Indagati insieme con monsignore sono l’ex presidente dell’Istituto, don Pietro Tartarotti, ora parroco alle Fornaci, il vicepresidente Gianmichele Baldi e il figlio Gianmarco, due laici.
È la posizione di don Tartarotti a portare al monsignore: fu Calcagno infatti a chiamare don Pietro alla guida dell’Istituto e – secondo la Procura – ad avallare l’operato del sacerdote negli investimenti immobiliari.
Amante della buona tavola, produttore in proprio di un vino etichettato «vino del vescovo di Savona-Noli per gli amici», ottimo cuoco (celebri i suoi ravioli fatti a mano), buon cacciatore, collezionista di armi (il che gli è valso il soprannome di monsignor Rambo), l’ex vescovo di Savona è una personalità che ha lasciato il segno. Ha sempre detto che a Savona era arrivato per rimettere i conti in ordine (si era appena scoperto un pesante ammanco nelle casse della Caritas) e oggi si dice «sereno» e «fiducioso nell’operato della magistratura».
Erika Dellacasa
(da “il Corriere della Sera”)
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