Maggio 6th, 2016 Riccardo Fucile
PASSO INDIETRO DELLA LEONARDI NEL PAESE SIMBOLO DELLO STRAPOTERE DELLA ‘NDRANGHETA
Il Partito democratico rinuncia alla competizione elettorale nel paese del reggino divenuto simbolo dello strapotere della ‘ndrangheta sul territorio: Platì.
A poche ore dal termine ultimo per la presentazione delle liste, ha fatto un passo indietro Anna Rita Leonardi, giovane attivista dem calabrese che nei mesi scorsi aveva lanciato la propria candidatura direttamente dal palco della Leopolda.
“Giorni fa – scrive Leonardi sul suo profilo Facebook – a seguito di alcuni elementi emersi, sono stata convocata ad una riunione a Roma e insieme ai vertici del partito abbiamo dovuto constatare che non c’erano più le condizioni politiche e di agibilità per svolgere serenamente la campagna elettorale”.
Per quale motivo o a cosa si riferisca, Leonardi non lo spiega. Anzi, ancor più sibillina accenna a “vicende che, da un anno e per un anno, continuano a perdurare sul territorio Platiese” e a suo dire “rendono queste elezioni, ancora oggi, non un alto momento politico, ma una farsa degna del peggiore sceneggiatore.
Anche alla luce di questa consapevolezza, ascoltati cittadini e candidati, ho ritenuto doveroso fare un passo indietro”. Un messaggio che, a dispetto della forma velata, lascia trasparire una profonda amarezza.
Nelle ultime settimane, l’allora aspirante sindaco di Platì, arrivata alla vigilia della presentazione delle liste, si era trovata senza candidati su cui puntare.
Per questo aveva chiesto aiuto al suo partito. Su sollecitazione dei vertici nazionali anche il segretario calabrese Ernesto Magorno si era occupato del caso, finito al centro di una riunione a Reggio Calabria, alla presenza dei massimi rappresentati locali del partito. Ma l’auspicata soluzione non è arrivata.
I quattro giovani che avevano pubblicamente dato la propria disponibilità – Alfonso Romeo, Rocco Garreffa, Lucia Romeo ed Elisa Raco – rapidamente si ritirano, perchè “dal nulla – scrivono in una nota – sembra venire fuori uno strano congegno che partorisce, senza alcuna gestazione, un continuo di nomi da proporre e contrapporre, senza un programma o un progetto politico che li rappresenti”.
Leonardi, che un anno fa aveva deciso di annunciare la propria candidatura sui social network e di saltare così tutte le camere di compensazione locali e di partito, sceglie Facebook per annunciare l’abbandono.
E nel paese che l’anno scorso non è andato a elezioni per mancanza di candidati, il Partito democratico si tira fuori dalla mischia.
(da agenzie)
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Maggio 6th, 2016 Riccardo Fucile
LA VERGOGNA DI AVERE COME ALLEATI GLI ERDOGAN E GLI AL SISI
Fare il giornalista in Turchia non è mai stato così rischioso. Sparisce dalle edicole Zaman, il
principale quotidiano di opposizione al presidente Recep Tayyip Erdogan, commissariato da Ankara a inizio marzo, mentre si fa sempre più forte la stretta su Cumhuriyet, con il direttore sotto processo con l’accusa di spionaggio e addirittura sfuggito a un attentato.
Uno scenario che inquieta ancor di più perchè avviene in un momento in cui Erdogan sta aumentando progressivamente il suo potere, fino al punto di rompere i rapporti con il premier Ahmet Davutoglu costringendolo al ritiro.
I media turchi hanno lanciato la notizia della chiusura di Zaman il prossimo 15 maggio. Voci smentite dagli amministratori del quotidiano, i quali spiegano che “non abbiamo un piano per la chiusura, abbiamo lavorato per la pubblicazione e la crescita di questo giornale, e continueremo a farlo”.
Di fatto, però, Zaman non è più lo stesso ormai da mesi: principale voce dell’opposizione a Erdogan, a inizio marzo era stato deciso il sequestro giudiziario per presunti legami con il magnate e imam Fethullah Gulen, ex alleato ma oggi nemico giurato del presidente turco.
Era stato nominato un direttore pro-Erdogan, fra le proteste generali sedate dalle forze dell’ordine.
Da allora per Zaman è stato un crollo verticale delle vendite: prima del commissariamento aveva una tiratura media quotidiana di oltre mezzo milione di copie, oggi ne circolano poco più di 2 mila.
Non è una prima volta, se si tiene conto che il crollo delle vendite aveva portato in precedenza alla chiusura di tv, radio e giornali del gruppo editoriale Ipek, anch’esso commissariato alla vigilia delle elezioni di novembre, sempre per presunti legami con Gulen.
Di altro tenore le vicende che stanno riguardando la testata Cumhuriyet. Il direttore Can Dundar, insieme al capo della redazione di Ankara Erdem Gul, è accusato di spionaggio, minaccia alla sicurezza e sostegno a gruppi terroristici armati per aver dato notizia di un camion dell’intelligence carico di armi pronto ad attraversare il confine con la Siria, ed è stato condannato a 5 anni e 10 mesi di prigione.
Non solo, ma lo stesso direttore Dundar è scampato a un attentato davanti al tribunale di Istanbul. Nell’attacco è rimasto ferito a una gamba, in modo non grave, un reporter di Ntv, Yagiz Senkal, che si trovava nelle vicinanze.
“L’attacco era rivolto a me, ma non so chi sia l’assalitore”, ha commentato Dundar, rimasto illeso.
Bulent Utku, avvocato dei due giornalisti, aveva affermato di aspettarsi la loro assoluzione. “Ma con i processi politici non si sa mai”, aveva precisato.
Per Dundar la procura aveva chiesto 31 anni e sei mesi di carcere, mentre per Gul aveva chiesto 10 anni.
L’arresto di Dundar e Gul, ordinato dal tribunale di Istanbul lo scorso 26 novembre, ha infiammato la polemica sulla libertà di stampa in Turchia.
Il 26 febbraio, dopo 92 giorni in carcere, la Corte costituzionale ha stabilito che la loro detenzione era illegittima e dopo poche ore il tribunale di Istanbul ha dovuto ordinare la scarcerazione, pur vietando l’espatrio.
La questione ha avuto strascichi politici pesanti, con il presidente Recep Tayyip Erdogan che ha affermato di non riconoscere la sentenza della Corte costituzionale, mentre il governo ha annunciato di voler emendare la legge che permette ai cittadini di ricorrere direttamente alla Corte costituzionale, adottata dallo stesso Erdogan quando era premier, nel quadro nei negoziati di adesione all’Unione europea.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 6th, 2016 Riccardo Fucile
“CHE COSA TI E’ SUCCESSO EUROPA, SVEGLIATI!”
Ha raccontato un sogno oggi papa Francesco, parlando ai leader europei arrivati in Vaticano per assistere alla cerimonia del Premio internazionale Carlo Magno.
Che è stato assegnato al Santo Padre per il suo ” impegno a favore della pace, della comprensione e della misericordia in una società europea di valori”. Ha raccontato il sogno di un’Europa che è stata, e che ora non è più.
“Con la mente e con il cuore, con speranza e senza vane nostalgie, come un figlio che ritrova nella madre Europa le sue radici di vita e di fede, sogno un nuovo umanesimo europeo”, ha detto il Papa.
“Sogno un’Europa giovane, capace di essere ancora madre”, ha affermato.
“Sogno un’Europa che si prende cura del bambino, che soccorre come un fratello il povero e chi arriva in cerca di accoglienza perchè non ha più nulla e chiede riparo”. “Sogno un’Europa, in cui essere migrante non sia delitto bensì un invito ad un maggior impegno con la dignità di tutto l’essere umano”.
Un discorso infuocato quello del Papa argentino, pronunciato davanti una platea di leader, re, ambasciatori, rappresentanti politici e internazionali di un’Europa che ha definito “stanca”.
Vecchia, una “nonna, vecchia e sterile” senza più ricordi. “La creatività , l’ingegno, la capacità di rialzarsi e di uscire dai propri limiti appartengono all’anima dell’Europa”, ha affermato il Pontefice. Che poi però, rivolgendosi ai leader presenti, ha aggiunto: “Che cosa ti è successo, Europa?”
Francesco ha invocato quella “umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà “. “Che cosa ti è successo, Europa terra di poeti, filosofi, artisti, musicisti, letterati? Che cosa ti è successo, Europa madre di popoli e nazioni, madre di grandi uomini e donne che hanno saputo difendere e dare la vita per la dignità dei loro fratelli?”. La domanda è risuonata nella sala regia gremita di chi sta disegnando un destino di muri e barriere. Infrangendo sogni, di migranti, di Papi, infangando il passaggio di uomini in fuga da guerre e disperazione.
Bergoglio ha ricordato antichi ideali ormai, “spenti, e noi figli di quel sogno siamo tentati di cedere ai nostri egoismi, guardando al proprio utile e pensando di costruire recinti particolari”.
E’ ora, ha detto il Papa, che l’Europa si risvegli. “A tal fine ci farà bene evocare i padri fondatori dell’Europa. Seppero cercare strade alternative, innovative in un contesto segnato dalle ferite della guerra. Essi osarono cercare soluzioni multilaterali ai problemi che poco a poco diventavano comuni. I progetti dei padri fondatori, araldi della pace e profeti dell’avvenire, non sono superati: ispirano, oggi più che mai, a costruire ponti e abbattere muri. Sembrano esprimere un accorato invito a non accontentarsi di ritocchi cosmetici o di compromessi tortuosi per correggere qualche trattato, ma a porre coraggiosamente basi nuove, fortemente radicate”.
Il Papa ha tentato di risvegliare un sogno comune.
Perchè “L’identità Europea è, ed è sempre stata, un’identità dinamica e multiculturale”. “La bellezza radicata in molte delle nostre città “, ha detto Francesco, “si deve al fatto che sono riuscite a conservare nel tempo le differenze di epoche, di nazioni, di stili, di visioni”. Mentre “l’esclusione provoca viltà , ristrettezza e brutalità . Lungi dal dare nobiltà allo spirito, gli apporta meschinità “.
La chiesa aiuterà , collaborerà , parteciperà , ma l’Europa intanto deve “passare da un’economia liquida, che tende a favorire la corruzione come mezzo per ottenere profitti, a un’economia sociale. Da un’economia che punta al reddito e al profitto in base alla speculazione e al prestito a interesse a un’economia sociale che investa sulle persone creando posti di lavoro e qualificazione” ha continuato Francesco che – citando parole di Giovanni Paolo II – ha indicato alla Ue l’obiettivio di “un’economia sociale di mercato, incoraggiata anche dai miei predecessori”. Un passaggio che, ha concluso, “non solo darà nuove prospettive e opportunità concrete di integrazione e inclusione, ma ci aprirà nuovamente la capacità di sognare quell’umanesimo, di cui l’Europa è stata culla esorgente”.
Oggi era la quarta volta che il Papa incontrava la Angela Merkel in Vaticano. Ma la cancelliera tedesca non era sola, con lei al Palazzo apostolico sono arrivati i leader europei ad ascoltare, questa volta, la parola di Francesco sui migranti e il suo appello per l’Europa.
Alla cerimonia Matteo Renzi per l’Italia, il re di Spagna Felipe IV, i tre presidenti europei Schulz, Juncker e Tusk. Presenti anche il governatore della Bce, Mario Draghi, e il fondatore di Sant’Egidio Andrea Riccardi, che hanno ricevuto il Premio Carlo Magno nelle scorse edizioni. Altri capi di Stato (tra i quali il Granduca di Lussemburgo e il presidente della Lituania) e numerosi ambasciatori hanno assicurato la loro presenza.
(da “La Repubblica”)
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Maggio 6th, 2016 Riccardo Fucile
MILANO: PARISI 38,3% SALA 37,6%… ROMA: RAGGI 28,2%, GIACHETTI 20,6%, MARCHINI 20,3%, MELONI 19,6%… AL BALLOTTAGGIO PARITA’ SOLO TRA RAGGI E MARCHINI, CON LA MELONI LA RAGGI VINCEREBBE 53,6 CONTRO 46,4%
Stefano Parisi ha sorpassato Beppe Sala nei sondaggi sulle amministrative realizzati da Tecnè per
TgCom24.
Al primo turno il candidato del centrodestra sarebbe avanti dello 0,7 per cento, attestandosi al 38,3.
A prima vista si tratterebbe di un vero e proprio travaso di voti perchè rispetto all’ultima rilevazione di 10 giorni fa l’ex manager di Expo ha perso lo 0,4 per cento e la stessa quota è andata invece a incrementare le preferenze per l’ex dirigente aziendale sostenuto dall’intero centrodestra e da Ncd .
Da notare che Basilio Rizzo, candidato dell’area di sinistra, raccoglie circa il 5 per cento dei voti( (che di fatto sottrae a Sala)*
Il vantaggio di Parisi su Sala si confermerebbe, anche se con una distanza inferiore, al ballottaggio: Parisi al 50,3, Sala al 49,7.
La cosa certa è che si tratterà di un testa a testa.
Meno sorprendente — rispetto a tutti i sondaggi degli ultimi mesi — il dato di Tecnè per le Comunali di Roma.
Qui è in vantaggio la candidata a sindaco del Movimento Cinque Stelle Virginia Raggi che anzi aumenta il suo bacino di voti virtuale dello 0,6 per cento. Raggi è data ora al 28,2 (contro il 27,6 del 27 aprile).
La Raggi è l’unica certa di conquistare il secondo turno delle amministrative nella Capitale.
Gli altri candidati: Roberto Giachetti (Pd) è al 20,6, Alfio Marchini è al 20,3%, Giorgia Meloni è al 19,6%.
Nel caso di un ballottaggio tra Raggi e Giachetti, la candidata grillina è in vantaggio di oltre 20 punti percentuali (finirebbe ad oggi 60,4 a 39,6).
Tirata al massimo, invece, l’eventuale sfida tra la stessa Raggi e Marchini: 50,1 a 49,9.
Il ballottaggio tra la candidata dei 5 Stelle e la Meloni vedrebbe infine la Raggi al 53,6% contro il 46,4% della leader di Fratelli d’Italia.
(da agenzie)
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Maggio 6th, 2016 Riccardo Fucile
“SCI E SCARPONI LI DA’ IN AFFITTO IL M5S?”…”E UNA RUOTA PANORAMICA DIETRO IL CUPOLONE?”
Uno dei più gravi problemi di Roma? Il traffico. E i mezzi pubblici che funzionano male (quando funzionano).
“Serve un cambio di marcia” deve aver pensato la candidata sindaco dei 5 Stelle nella Capitale, Virginia Raggi.
Qualcosa di rivoluzionario che non sia, come diceva Verdone in Gallo Cedrone, “prosciugare il Tevere perchè così il traffico score”.
Quindi? Una funivia.
Sì, una di quelle cose coi piloni, la fune e le cabine che viaggiano qualche metro sopra il suolo. Quelle che si usano per andare sui monti a sciare.
Invece, qui, sarebbe in pianura: tra Casalotti e Boccea, secondo la Raggi.
“Un professore universitario ha studiato un sistema di funivia adatto alla pianura per portare i cittadini dall’estrema periferia alla fermata della metropolitana Battistini. Si tratterebbe di porre semplicemente i piloni della funivia e di calibrare bil numero delle cabine a seconda dell’afflusso dei passeggeri nelle varie fasce orarie” ha spiegato al Senato, ripresa dal quotidiano “Il Messaggero”.
Funivie in città già esistono: a parte quella famosissima che sale al Pan di Zucchero a Rio, ce ne sono a Bercellona e a Singapore. ma hanno finalità per lo più turistiche. “Ma i costi di una funivia sono un decimo di quelli di un tram” insiste la Raggi.
L’idea, però, ha suscitato per lo più ironia e ilarità sui social network.
Ecco alcuni dei commenti su Twitter, riportati sempre da “Il Messaggero”: “A quando il teletrasporto?”. Oppure: “E una bella ruota panoramica dietro al Cupolone?”. E ancora: “Ma questa @virginiaraggi si rende conto che dentro una funivia non entra lo stesso numero di persone che va in un treno?”.
Pure su Facebook i commenti sulla funivia a 5 Stelle sono stati un poco corrosivi. Alberto: “Sci e scarponi li dà in affitto il M5s”. Daniele: “Più parapendii e deltaplani per i romani vota Raggi”. Marcello: “Perchè non una bella funivia fino a Ostia direttamente sulla spiaggia?”.
(da agenzie)
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Maggio 6th, 2016 Riccardo Fucile
“RENZI HA TRASFORMATO IL DIBATTITO IN UN INCONTRO DI PUGILATO, MA LA LEGGE AIUTA MIGLIAIA DI PERSONE”
Mara Carfagna voterà sì alle unioni civili in dissenso dal suo partito. E’ delusa di un partito che si
professa liberale?
«Avrei preferito una posizione più aperta. Quello che mi auguro però è il rispetto reciproco, nonostante Renzi abbia trasformato questa legge in un incontro di pugilato. Si tratta di cancellare discriminazioni e pregiudizi. Peccato che il premier abbia seguito la logica della polemica, come fa spesso, perdendo l’occasione di coltivare il dialogo anzichè lo scontro frontale. Ma io non posso votare contro questa legge: esprime un principio per cui mi batto da anni. E’ una rosa con tante spine che bisogna cogliere comunque perchè ne godranno migliaia di persone».
Quella di Fi è una posizione da campagna elettorale?
«Nel mio partito è prevalsa la reazione alla violenza di Renzi che ha posto la fiducia. Una cosa che non si è mai vista su temi etici. Non credo che c’entri la campagna elettorale perchè questa posizione Fi l’aveva maturata a novembre».
Come capolista a Napoli teme di perdere consensi votando sì?
«Sarebbe un errore seguire questa logica: ci sono questioni che devono essere sottratte alla campagna elettorale. Non sono preoccupata del consenso quando credo in certi principi e valori. Sono un legislatore, ho una mia visione della società e la porto avanti anche in dissenso al mio partito».
Lei aveva proposto una legge sui diritti degli omosessuali che sembrava avere il gradimento di molti suoi colleghi di partito. Fi sembra ondivaga, anche sul garantismo: ora molti sono diventati giustizialisti nei confronti degli esponenti del Pd.
«Io parlo per me. Fi non deve rinnegare la sua storia sull’altare dell’opposizione a Renzi. Non si è colpevoli per un avviso di garanzia»
Parliamo di amministrative. A Napoli, Roma e Torino il centrodestra è diviso. Come immagina si possa rimettere insieme i cocci dell’alleanza per le elezioni politiche?
«E’ necessario pensare Roma, Napoli e Torino come un incidente di percorso. Io sono per creare un centrodestra unito e allargato anche a tutti coloro che sono andati via. Dobbiamo creare un’alternativa a Renzi, a un governo che sa solo occupare il potere militarmente e prende in giro gli italiani con propaganda e false promesse. Pensi che quando è venuto a Napoli alcuni mesi fa ha detto che il centro della Apple avrebbe creato 600 posti lavori ma si è scoperto che si trattava di stage. Non si può scherzare sulla pelle della gente, soprattutto a Napoli dove il lavoro fa la differenza tra la vita e la morte. È da irresponsabili»
Salvini vuole essere il leader del centrodestra, considera Berlusconi un rudere.
«La leadership si conquista sul campo. Pensare di ricostruire il centrodestra prescindendo da Berlusconi è velleitario. Non condivido i toni di Salvini. Vorrei che ci fosse rispetto».
La candidatura di Marchini a Roma, di Lettieri a Napoli e di Parisi a Milano potrebbe far nascere un’aggregazione di centro moderato alternativo a Renzi e distante da Salvini?
«Lo vedremo dopo le amministrative. Misureremo il campo del centrodestra con i voti, non a tavolino. Non angosciamo gli elettori sulla leadership».
A Napoli De Magistris è in forte vantaggio dai sondaggi. Ha fatto bene il sindaco?
«De Magistris ha dimostrato di essere inefficiente, inadeguato, non ha mantenuto nessuna promessa, la città è più insicura, più sporca e più indebitata. Non ha tagliato sprechi ma ha dilazionato i debiti per 30 anni con un trucco contabile. Ha promesso il reddito di cittadinanza senza prevedere le copertura. Non abbiamo bisogno di rivoluzionari, ma di persone serie».
(da “La Stampa”)
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Maggio 6th, 2016 Riccardo Fucile
LA VITTORIA DI SADIQ KHAN E’ LA SCONFITTA DI DUE FRONTI ALLEATI, QUELLO DEGLI ESTREMISTI ISLAMICI E QUELLO DEGLI ISLAMOFOBI, CHE SI ALIMENTANO A VICENDA
Negli ultimi anni abbiamo sprecato litri di inchiostro a chiederci se l’Islam sia compatibile con la democrazia, se la violenza e l’odio siano parti inestricabili di quella religione, se i “valori occidentali” siano in pericolo di fronte alla crescente presenza di comunità musulmane nelle nostre città .
Tutte queste domande potrebbero trovare finalmente una risposta definitiva oggi, quando la capitale inglese si è svegliata con un sindaco musulmano: Sadiq Khan, figlio di immigrati pachistani, cresciuto in un alloggio popolare al sud di Londra sarebbe il primo esponente della propria religione a ricoprire l’incarico di sindaco in una delle capitali europee.
Un primato a cui Khan dovrebbe essere abituato, dato che è stato il primo musulmano a far parte del Cabinet (il Consiglio dei Ministri); ma in quel caso si trattava di uno tra molti, mentre in questo caso sarebbe il primo cittadino, il rappresentante della città , direttamente eletto da una popolazione di 8 milioni di abitanti (che ne fa, dopo il Presidente della Repubblica francese e quello polacco, la figura istituzionale eletta dal maggiore bacino elettorale in Europa).
Per questo, in aggiunta alle sue proposte politiche per agevolare la residenza, migliorare il trasporti pubblici, promuovere la mobilità su due ruote, proteggere i parchi pubblici, mantenere Londra nell’Unione Europea, Sadiq Khan porta anche un messaggio più generale di speranza ed inclusione.
Un messaggio che, peraltro, arriva anche in diretta contrapposizione alla campagna di aggressione e insulti che il candidato conservatore Zac Goldsmith ha portato avanti nei mesi scorsi, senza risparmiare colpi bassi, accuse di collusione con gli estremisti, cercando di fare colpo sull’ignoranza e il pregiudizio diffuso tra l’elettorato.
A queste accuse Khan ha risposto con il lavoro sul campo, visitando chiese e community centre, celebrando Passover con la comunità ebraica e incontrando i cittadini europei che vivono e lavorano a Londra.
Un lavoro di costruzione di ponti, di valorizzazione delle diversità , di rafforzamento dei legami di coesione e integrazione che caratterizzano la città di Londra. E in questo modo è riuscito pure a tenersi alla larga dalle polemiche sull’antisemitismo nel Labour party che hanno coinvolto nelle scorse ore il suo predecessore Ken Livingstone.
In un periodo in cui il discorso pubblico è caratterizzato da diffidenza e chiusura verso gli immigrati, in un periodo in cui l’islamofobia è in crescita e non sono rari, in tutta Europa, episodi di discriminazione e violenza verso i cittadini di religione musulmana, l’elezione di Sadiq Khan a sindaco di Londra è un messaggio fortissimo contro tutti i pregiudizi, un messaggio di inclusione e tolleranza.
La vittoria di Khan è un colpo non solo verso coloro che nelle città occidentali ancora considerano qualsiasi musulmano come un possibile nemico del nostro sistema, ma anche verso quegli estremisti che in medio-oriente propagano odio e violenza spiegando che non c’è futuro per i musulmani in Europa, perchè l’occidente intrinsecamente li odia.
L’elezione di Khan è un simbolo non solo per Londra, è un messaggio globale contro la marginalizzazione dei cittadini musulmani e contro l’estremismo.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 6th, 2016 Riccardo Fucile
UN MUSULMANO NELLA CITY: IL LABURISTA MODERATO FIGLIO DI UN AUTISTA DI BUS E DI UNA SARTA, PALADINO DELL’EUROPA, SIMBOLO DI UNA CITTA’ COSMOPOLITA E’ IL NUOVO SINDACO DI LONDRA
Per l’annuncio ufficiale bisognerà aspettare ancora un po’, ma Londra sembra aver scelto il suo
nuovo sindaco: il laburista Sadiq Khan ha dieci punti di vantaggio sullo sfidante conservatore Zac Goldsmith, secondo quanto riferisce Bbc citando i dati dello spoglio elettorale.
La vittoria del laburista musulmano lancia messaggi che si propagano in cerchi concentrici.
Il primo cerchio è quello di Londra, che si conferma città cosmopolita e multietnica per eccellenza, desiderosa di una svolta nelle politiche abitative e di una maggiore equità sociale, temi al centro della campagna elettorale di Khan.
Dalla capitale arriva anche un forte no all’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, come dimostra il sostegno accordato dalla maggioranza degli elettori a un paladino anti-Brexit come Khan.
Il secondo cerchio si allarga al Regno, indicando ai laburisti in difficoltà una possibile strada per il dopo-Corbyn: una via meno ideologica, più moderata ma al tempo stesso rispondente ai reali bisogni dei cittadini.
Infine, c’è il terzo livello di significato, quello che mostra al mondo intero un esempio finora inedito di integrazione e convivenza, in aperto contrasto con gli Stati Uniti immaginati da Donald Trump – in cui i musulmani non potrebbero neppure entrare. Da questo punto di vista, è impossibile negare la svolta rappresentata dall’elezione di un musulmano praticante — che prega cinque volte al giorno — a primo cittadino della più grande città d’Europa e della piazza finanziaria più importante al mondo insieme a New York. Con tutte le sue potenzialità ma anche con tutte le sue incognite.
Figlio di un conducente d’autobus e di una sarta pachistani, la storia di Khan inizia 45 anni fa a Tooting, quartiere popolare nel sud di Londra dove è stato eletto deputato e dove vive ancora oggi con la moglie e le due figlie.
Dopo la laurea in giurisprudenza e l’avvocatura, è entrato in politica, prima con Gordon Brown e poi nel governo ombra di Ed Miliband.
È considerato un esponente moderato del Labour, equidistante sia dai circoli vicini a Jeremy Corbyn che dai nostalgici dell’era Blair.
Avvocato per i diritti umani, Khan è un sostenitore delle nozze gay, posizione che gli è valsa anche una fatwa da parte dell’imam di Bradford nel 2013.
In campagna elettorale i conservatori lo hanno accusato di essere amico di estremisti e terroristi. Per settimane il suo sfidante, il conservatore Zac Goldsmith, si è concentrato sulla sua religione, contestandogli le apparizioni al fianco di relatori musulmani radicali.
Lui, di fronte alle accuse, ha spiegato più volte di aver sì incontrato degli estremisti, ma in virtù della sua vecchia professione di avvocato per i diritti umani.
“Ho già detto molto chiaramente che considero i loro punti di vista ripugnanti”, si è difeso Khan, tenendo a sottolineare di aver combattuto l’estremismo per tutta la sua vita
E i londinesi hanno scelto di credergli, confermando con il voto un vantaggio già ampiamente previsto dai sondaggi.
“La storia di Londra”, della Londra di oggi, “è la mia storia”, ha scritto orgogliosamente sul suo sito.
“La mia visione – ha insistito quasi a sottolineare quel fiume che lo separa da Goldsmith – è semplice: dare le stesse opportunità a tutti i Londoners”.
Opportunità che in tanti si attendono da lui nelle zone a sud e a est della capitale in cui i musulmani sono il 20-30% e gli inglesi bianchi (non più del 45% di tutta la popolazione urbana attuale) una minoranza quasi residuale.
La scelta della Londra cosmopolita non poteva che ricadere su di lui.
Per capirne il motivo basta dare uno sguardo alla composizione demografica della città : il 55% della popolazione è censito come “non bianchi, britannici”, il 35% è nato all’estero, un londinese su otto è musulmano, ovvero più di un milione di residenti, i centri di preghiera islamici sono oltre trecento, nella sola area di Tower Hamlet le moschee sono 41, nella centralissima Westminster i musulmani sono 40 mila, i cristiani 97 mila.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 6th, 2016 Riccardo Fucile
RICERCA CHOC DELL’IRES: L’INTOLLERANZA OMOFOBA E’ RADDOPPIATA NEGLI ULTIMI DUE ANNI
No, come vicini di casa i gay non li voglio. Inaspettato. Per alcuni aspetti incredibile: persino in Piemonte – e nella civilissima e sempre attenta ai diritti civili Torino – crescono il fastidio e l’intolleranza verso i gay.
Non si tratta di, per fortuna più che sporadici, aspetti di cronaca, ma di un dato eclatante che esce dalla ricerca dell’Ires Piemonte coordinata da Maurizio Maggi sul modello del radar della coesione sociale elaborato dalla Fondazione tedesca Bertelsmann.
Tra il 2014 e il 2016 è raddoppiata la percentuale di chi non vorrebbe avere gay e lesbiche come vicini di casa. Il che significa che, con ogni probabilità , tanto contento non sarebbe neppur di dover condividere con una persona di diversi orientamenti sessuali il banco di scuola o il posto di lavoro, per non parlare dello stesso gruppo di amici.
CALO DRASTICO
Fatto 100 il 2014 a due anni di distanza è diventato 200 l’indice di chi non vuole i gay come vicini o che li tollererebbe solo in base a «come si comportano» che poi è un modo gentile e socialmente meno riprovevole per dire «non li voglio».
Rimane il fatto positivo, se si vuole vedere il bicchiere mezzo pieno, che la maggioranza – e cioè il 53,1%- dei piemontesi non ha alcun problema a abitare vicino a gay; una percentuale che sale al 56% a Torino e provincia.
Ma non è poco che a non volerli sia rispettivamente il 47% e il 44%. E resta una realtà inquietante il fatto che solo nel 2014 fosse addirittura il 79% a convivere senza alcun problema.
I numeri si sono sgretolati proprio mentre nuove leggi hanno riconosciuto a gay e lesbiche nuovi diritti e altre si annunciano a colmare il gap con le legislazioni degli altri Paesi europei.
Nello stesso periodo è cresciuta pure l’intolleranza verso i cittadini di fede islamica, anche in questo caso fatto 100 il 2014 si è arrivati a 174 in Piemonte e a 168 a Torino. Ma è chiaro che qui giocano un ruolo potentissimo – ancorchè ingiustificato – le emozioni che si sono susseguite per la serie purtroppo drammatica di attentati in Europa e che in un caso – quello del Museo del Bardo a Tunisi – hanno coinvolto alcuni torinesi morti nell’attacco islamista.
Eppure, il tasso di crescita di intolleranza è minore rispetto a quello registrato per i gay. E in mesi ormai segnati da esodi e migrazioni epocali anche le difficoltà nei confronti degli extracomunitari – la domanda dell’Ires parla di cittadini provenienti da Africa, Asia, Europa dell’Est, Sud-America – cresce, ma senza picchi così eclatanti: fatto 100 il 2014 si è passati a 143 in Piemonte e 140 a Torino.
FASCE D’ETA’
Questo ritorno di un sentimento che forse è eccessivo definire di omofobia, ma che sicuramente non è di apertura, inoltre, è particolarmente incredibile perchè alberga soprattutto tra i più giovani.
Sembra incredibile, ma solo il 36% dei ragazzi tra 18 e 24 anni non ha problemi a avere dei gay come vicini di casa.
à‰ sorprendente anche il brusco ribaltamento nella fascia di età appena successiva: tra i 25 e i 34 anni il 54,2% è tollerante, ancor più tra i 35 e i 44 con un solido 55,2%.
Bene anche tra i 45 e i 54 con il 55% e la fascia 55-64 con il 54%. Flette, ma si attesta comunque al 51,5% per gli over 64, ma in questo occorre tener conto di persone probabilmente occupate da altri più quotidiani problemi e di retaggi che possono affondare addirittura nella prima parte del secolo scorso.
Quelli della ricerca del’Ires Piemonte sono dati che sorprendono perchè dimostrano che mai nulla è acquisito per sempre: nel 2014 era stato fonte di orgoglio cittadino la percentuale dell’80% di «tolleranti», oggi fa riflettere l’inversione di tendenza.
Ma non si deve dimenticare, come sottolineano i ricercatori, che la tendenza può ribaltarsi nuovamente. Anche all’improvviso.
Marina Cassi
(da “La Stampa”)
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