Maggio 27th, 2016 Riccardo Fucile
IL CANDIDATO SINDACO PARLA DI “ILLEGALITA’ IN CASE POPOLARI”, MA HA IN LISTA MARCO OSNATO, GENERO DI ROMANO LA RUSSA, CONDANNATO A SEI MESI PER AVER IMPOSTO DI FRAZIONARE LE GARE DI PULIZIA ONDE EVITARE L’APPALTO
Il candidato sindaco di Milano Stefano Parisi continua a inciampare sulla legalità . Dopo essere stato travolto dalle critiche per il suo affondo sulla Commissione comunale antimafia, è tornato all’attacco accusando la giunta Pisapia: a Milano “bisogna riportare molta legalità , che è stata un po’ dimenticata negli ultimi cinque anni”, ha affermato da Barbara D’Urso a Domenica live.
Un’opinione come un altra se non fosse per l’esempio citato, le case popolari: “Ci sono palazzi dove il 40 per cento degli appartamenti è occupato”.
Non è questa, però, l’unica situazione di illegalità che si riscontra nella gestione degli alloggi riservati ai cittadini più bisognosi.
Proprio nella lista di Fratelli d’Italia, che sostiene Parisi, compare Marco Osnato, condannato in primo grado a sei mesi di reclusione per turbata libertà del procedimento di scelta del contraente.
Proprio in qualità di direttore dell’area gestionale di Aler, l’ente regionale che si occupa di edilizia residenziale pubblica.
Secondo l’accusa, rappresentata dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, Osnato ha imposto a cinque service manager — professionisti che l’azienda pubblica aveva incaricato di gestire alcuni servizi — di frazionare le gare per le pulizie e la gestione del verde condominiale in modo che restassero sotto la soglia di 193mila euro (per i servizi) e 200mila euro (per i lavori), oltre i quali la legge prevede una gara d’appalto. Tutti i disciplinari d’incarico portano la firma dello stesso Osnato.
Già assessore a Trezzano sul Naviglio, in consiglio comunale a Milano dal 2006 con Allenaza nazionale e poi con il Pdl, genero di Romano La Russa (fratello dell’ex ministro Ignazio), l’attuale candidato del partito di Giorgia Meloni ha ammesso di aver impartito quelle direttive.
Al processo, come si legge nelle motivazioni della sentenza firmata dal giudice Mariarosa Busacca, Osnato ha affermato di “essere convinto della liceità delle decisioni assunte”.
Ma, nota il giudice, mentre gli amministratori di condominio promossi sul campo “service manager” potevano invocare l’ignoranza delle norme sugli appalti pubblici, lo stesso non si poteva accettare per Osnato, non solo per la sua “qualifica ed esperienza professionale”, ma anche perchè “era stato espressamente allertato in relazione a un rischio di violazione di legge, connessa al frazionamento di contratti, dal parere dell’ufficio legale” dell’azienda.
Dall’inchiesta è emerso inoltre che con il nuovo meccanismo dei service manager — un progetto coordinato da Osnato che intendeva responsabilizzare gli inquilini nella gestione dei condomini — i costi sostenuti da Aler per pulizie e verde sono aumentati di circa il 30 per cento in un anno, cioè un milione tondo tondo: dai 2.470.256 euro del 2009 ai 3.431.786 del 2010.
A processo, diversi imputati lo hanno giustificato con un aumento della qualità dei servizi.
Non basta. Uno del service manager coinvolti, Luca Reale Ruffino, ha finanziato la campagna elettorale dello stesso Osnato nel 2011 (con stampa di manifesti e santini a proprie spese per 2.500 euro), oltre a quelle di Romano La Russa (regionali del 2010 e provinciali di Vercelli del 2011) e di un terzo politico di centrodestra, Gianfranco Baldassarre.
Ruffino, ex segretario cittadino dell’Udc, è stato condannato in primo grado a cinque mesi per violazione della legge sul finanziamento ai partiti, perchè il contributo non era stato deliberata dalla società Constructa dello stesso Reale Ruffino, che poi aveva saldato al fattura allo stampatore.
La Russa è sttao assolto in abbreviato, Osnato e Baldassare prosciolti perchè “non risulta provata la consapevolezza da parte degli stessi che il contributo fornito da Reale Ruffini alla loro campagna elettorale non fosse a titolo personale”.
“Lui mi disse che se ne occupava personalmente”, ha spiegato Osnato al processo, “e le mie incombenze come candidato non prevedevano una rendicontazione o una raccolta di documentazione”.
Aler, per di più, è un ente controllato dalla Regione Lombardia, saldamente in mano del centrodestra berlusconian-leghista da almeno un paio di decenni.
Nel 2013 emerse “uno stato di sofferenza finanziaria quantificato, da oggi al 31 dicembre 2013, in 80,5 milioni di euro“, come annunciò il presidente leghista Roberto Maroni al termine di lavori di una apposita commissione. In quel quadro la giunta Pisapia decise di riprendersi gli alloggi di propria competenza e di affidarli, dal primo dicembre 2014, alla controllata Mm.
Un anno e mezzo fa, insomma.
E chi decide le nomine degli amministratori di Aler?
Lo spiega un’illuminante conversazione tra Mario Mantovani — ex vicepresidente della Regione da poco uscito dai domiciliari e in attesa di processo per corruzione e altri reati — e Silvio Berlusconi. In una telefonata del 22 dicembre 2013, quindi successiva all’ufficializzazione del buco da 80 milioni, il primo cerca di catturare l’attenzione del leader di Forza Italia spiegando che si tratta delle “nomine più importanti dell’anno”.
Non specifica se l’importanza sia legata all’alta missione sociale dell’ente o ad altro. Segue puntigliosa assegnazione delle poltrone a vari fedelissimi, a cominciare dal presidente, l’ex prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi.
Se Parisi sarà eletto e vorrà riportare legalità nel settore, avrà un bel da fare.
Mario Portanova
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 27th, 2016 Riccardo Fucile
ALBERTO BIANCHI E’ DIVENTATO UNO DEGLI UOMINI PIU’ POTENTI D’ITALIA…. CONSULENZE DA CENTINAIA DI MIGLIAIA DI EURO CON AZIENDE PUBBLICHE CONTROLLATE DAL GOVERNO
Alberto Bianchi, si sa, è l’avvocato personale di Matteo Renzi. Un autorevole membro del cda dell’Enel. E, soprattutto, il fondatore-presidente della Fondazione Open e il tesoriere della Leopolda.
Con Renzi a Palazzo Chigi, Bianchi è diventato di fatto uno degli uomini più potenti d’Italia. Il personaggio più influente e riservato del Giglio magico, l’unico di cui Renzi ascolta ciecamente consigli su nomine e gestione del potere.
Ma, come scrive “L’Espresso”, Bianchi resta anche un legale di successo, che ama fare affari con il suo studio e guadagnare ricche consulenze.
Business che rischiano di farlo inciampare in seri conflitti di interesse: alcuni contratti sono firmati infatti con società ed enti pubblici su cui il governo ha pieno controllo
Bianchi, per esempio, ha ottenuto negli ultimi tre anni consulenze legali per oltre 340 mila euro dalla Consip, una società controllata dal ministero dell’Economia che gestisce gli appalti per la pubblica amministrazione.
Per la cronaca da un anno amministratore delegato è Luigi Marroni, ex manager della Asl di Firenze e renziano di ferro.
Dalla banca dati del Tar risulta che Bianchi sia anche uno dei legali delle Ferrovie dello Stato. Il nuovo amministratore di Fs si chiama Renato Mazzoncini, promosso dal governo numero uno della spa dopo che, dal 2012, è stato numero uno di Bisutalia-Sita Nord.
Una società delle Fs che ha gestito anche la privatizzazione dell’Ataf, l’azienda tranviaria fiorentina, ai tempi in cui Renzi era sindaco.
Chi spunta fuori tra i legali di Busitalia, almeno a partire dal 2013? Ancora una volta, l’avvocato Bianchi.
Che ha come clienti anche la Alstom Ferroviaria, la Federservizi, la provincia di Siena, il comune di Campi Bisanzio e quello di Monteriggioni.
In passato Bianchi era stato attaccato per una consulenza da 22 mila euro avuta nel 2014 da Firenze Parcheggi, una spa controllata dal comune di Firenze e da Montepaschi. “L’Espresso” ne ha trovata un’altra da 27 mila euro datata agosto 2013, quando Bianchi era revisore dei conti del Consorzio operativo di Montepaschi e Marco Carrai, di cui l’avvocato è amico e testimone di nozze, amministratore delegato di Firenze Parcheggi.
Emiliano Fittipaldi
(da “L’Espresso”)
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Maggio 27th, 2016 Riccardo Fucile
ROMA, LE GOMME COMPRATE DA UN DIPENDENTE DELL’AZIENDA
Ci sono fatti che non possono accadere in un’azienda. Perchè se accadono, quella non è un’azienda normale. L’Atac, per esempio.
Può un suo dipendente in aspettativa dirigere la ditta privata che le fornisce gomme per milioni di euro l’anno?
Il fornitore dell’Atac in questione si chiama Gommeur e il funzionario dell’Atac che la dirige è Roberto Alviti: da tempo in aspettativa per «motivi personali». Incredibile.
Ma non come la reazione di incredulità del Nostro davanti alla lettera che preannunciava il suo licenziamento: «Perchè mi mandate via»?
Ben altre domande suscita però questa storia. Quanti suoi colleghi sapevano? E perchè non hanno mai parlato?
Tanto basta per dare l’idea della mostruosità della missione che il nuovo direttore generale Marco Rettighieri si è intestardito a compiere: ristabilire alcune regole elementari.
L’Atac è la municipalizzata più grande del Paese. Ha 11.871 dipendenti. Numero pari a quasi metà degli operai Fiat in Italia.
E in nessun’altra azienda pubblica l’impasto fra interessi affaristici, potere sindacale e interferenze politiche si presenta così torbido.
Al punto da costituire un partito trasversale, dove non c’è destra nè sinistra: perchè la ragione sociale è la difesa di interessi e privilegi a spese dei contribuenti.
Il dossier che il senatore democratico Stefano Esposito, ex assessore alla mobilità della giunta di Ignazio Marino, ha spedito al procuratore della Repubblica di Roma dopo averlo ricevuto anonimamente contiene cose spaventose
Cominciando proprio dalle gomme.
Nel periodo 2013-2015, a fronte di un contratto full service per un importo di 8 milioni 797.860 euro, l’Atac ne ha sborsati 16 milioni 758.257. Il doppio.
Motivo? Dice l’audit interno che per un parco di circa 12 mila pneumatici in tre anni ne sono stati sostituiti 11.400 per usura e ben 15.371 per rottura.
Le strade di Roma sono una groviera disastrosa, lo sappiamo. Ma questi numeri, sostengono gli ispettori, destano comunque serie perplessità in rapporto alle percorrenze medie dei bus, 45 mila chilometri l’anno: un terzo della durata media di 130 mila chilometri offerta dal fornitore in sede di gara.
Perplessità destinate ad aumentare considerando come «nel solo ultimo anno precedente al rinnovo contrattuale», ovvero il 2012, «erano già state sostituite 10 mila gomme per usura e 8.500 per rottura».
Per non parlare dell’acquisto di 4.800 gomme termiche e dei 337 nuovi autobus entrati in esercizio nel periodo, comprensivi di altri 2.500 pneumatici già pagati con il mezzo e per i quali è stato pagato anche il relativo canone full service.
E i distacchi sindacali? Nel relativo corposo capitolo del dossier si racconta che nel 2015 sono state concesse 111.664 ore di «agibilità sindacali», ben 11.283 più del monte a disposizione.
E che quest’anno, considerando anche i permessi retribuiti, si dovrebbe toccare quota 131 mila, corrispondenti al lavoro di 82 persone, con un costo per l’azienda di 3 milioni 772 mila euro.
Ciliegina sulla torta: «Risultano inoltre in distacco continuativo presso due sindacati, Cgil e Cisl, tre dipendenti per i quali non vi è alcuna giustificazione a partire dal 2015, in seguito all’interruzione del rapporto associativo dell’Atac con Asstra ( l’associazione delle aziende di trasporto, ndr )».
Altrettanti sono poi distaccati al dopolavoro, che in un’azienda così poco normale non poteva che avere una funzione anormale. Un’esagerazione?
Non esiste al mondo azienda pubblica o privata dove il servizio di mensa sia gestito da un dopolavoro: cioè dai sindacati. Tranne, naturalmente, l’Atac.
Tutte le 18 mense qui sono gestite dai sindacati, che per questo servizio incassano dall’azienda circa 4,2 milioni l’anno. Più 2 euro e dieci centesimi pagati da ciascun dipendente per ogni pasto.
L’Atac mette anche a disposizione gratis i locali, paga luce, gas, pulizie e tassa sui rifiuti. Il dopolavoro gestisce pure i bar aziendali e 151 distributori di bevande e snack.
Da quale contratto derivi questa singolarissima rendita di posizione, non è dato sapere. Si sa solo che tutto nasce nel 1974, ma carte non ce ne sono. Nè esiste rendicontazione dei pasti effettivamente distribuiti.
Ci fermiamo qua. Limitandoci a suggerire ai vari candidati sindaco maggiore cautela in certe dichiarazioni, tipo quella secondo cui l’Atac dovrebbe essere «un fiore all’occhiello» della Capitale.
E a chi insiste sul tabù della proprietà municipale, per la paura di perdere voti, ricordiamo che se si vuole risanare un’azienda ridotta così serve innanzitutto un coraggio da leoni. Certo non la difesa, che invece quasi tutti pare abbiano a cuore, dello status quo.
Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)
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Maggio 27th, 2016 Riccardo Fucile
NEL SOTTOPANCIA SOLO I NOMI, SENZA PARTITI… RAGGI ATTACCA GIACHETTI E MELONI: “SI VERGOGNANO DI ESSERE INDICATI COME CENTROSINISTRA E CENTRODESTRA”…LA REPLICA: “A LEI SCRIVIAMO “CASALEGGIO ASSOCIATI”
Nei rispettivi comitati elettorali, stavano tutti preparando il mega-confronto. Niente simulazioni, niente House of Cards. Ma c’è chi andava a correre, chi «ripassava» il programma, chi pensava alla chiusa finale.
Ma poi, sulla sfida televisiva su Sky, martedì prossimo, tra i cinque principali aspiranti sindaco di Roma (Stefano Fassina, Roberto Giachetti, Alfio Marchini, Giorgia Meloni, Virginia Raggi), è arrivato il momento del sorteggio – postazioni, ordine delle risposte, domanda da fare ad un avversario – ed è scoppiata una lite in piena regola su un tema cruciale: cosa mettere nei «sottopancia», la scritta che appare sotto il nome del candidato? La Raggi attacca: «Giachetti si vergogna del Pd. Ha voluto essere indicato come candidato del “centrosinistra”, minacciando anche di non partecipare al confronto».
Non solo: «Anche la Meloni, anzichè FdI, voleva centrodestra».
E giù una serie di affondi sul Pd che si vergognerebbe «di Mafia Capitale, di Buzzi e Carminati, di essersi mangiato la città insieme alla destra».
Beppe Grillo le dà manforte: «Il Pd si vergogna perchè ha preso soldi da Buzzi. I manifesti di Giachetti tutti senza logo Pd».
«Bobo» replica: «Sono il candidato di una coalizione, ma se lo sono solo del Pd allora sotto la Raggi bisogna mettere Casaleggio associati».
Matteo Orfini aggiunge: «La Raggi si candida a responsabile dei sottopancia? Manco le basi, con noi ci sono anche altre liste…».
Pure la Meloni ribatte: «Vergognarmi? Ma se sono presidente di un partito. Anch’io ho altri alleati».
Resta il fatto che il sorteggio, di solito una formalità che si sbriga in un quarto d’ora, si è trasformato in un affare di Stato, addirittura in due tappe.
La prima mercoledì pomeriggio, quando Luciano Nobili – braccio destro di Giachetti – chiede di mettere nel sottopancia «centrosinistra».
E, a quel punto, scatta il portavoce della Raggi, Augusto Rubei: «Non metti il Pd? Hai paura, ti vergogni».
«Abbiamo fatto le primarie di coalizione», la replica. «Sì, le primarie! Eravate sempre voi». Ancora Nobili: «Se è così, non partecipiamo».
Nel caos, si inserisce il rappresentante della Meloni: «Allora noi siamo il centrodestra». Ma, a quel punto, storcono la bocca quelli di Marchini: «Meloni centrodestra non va bene. Noi abbiamo FI e Storace».
Da Sky hanno cercato una conciliazione («Usiamo la stessa dicitura di altre trasmissioni»), fino alla mediazione finale: per ogni candidato verranno citate le liste che lo sostengono, ma nel «sottopancia» ci sarà solo nome e cognome.
Da sinistra a destra, si vedranno Meloni (ha chiesto gli sgabelli per sedersi), Giachetti, Fassina, Marchini e Raggi.
Marchini farà una domanda alla Raggi, la Raggi alla Meloni, Meloni a Fassina, Fassina a Giachetti, Giachetti a Marchini.
Lunedì tocca a Milano: Beppe Sala, Stefano Parisi e Gianluca Corrado.
Ma lì è facile: centrosinistra, centrodestra, M5s. Con buona pace di tutti, almeno sotto la Madonnina.
Ernesto Menicucci
(da “il Corriere della Sera”)
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Maggio 27th, 2016 Riccardo Fucile
BERSANI DENUNCIA IL SISTEMA RENZI
Per Matteo Renzi l’Italia ha ripreso la marcia, per Pier Luigi Bersani “gran parte della gente con quel segno più non ci campa. Consiglio di mostrarne consapevolezza”.
In un’intervista al Fatto Quotidiano l’ex segretario del Partito Democratico affila la spada contro il premier: “È impressionante che l’ossessione sia sempre quella di vincere, mai di risolvere”.
La questione vera, secondo Bersani, è trovare una soluzione a quello che manca rispetto al 2008: 200 miliardi di Pil e 6 milioni di posti di lavoro. “Dubito che sia facile rimettere le cose a posto”.
Bersani traccia un bilancio amaro del Jobs Act.
“Non avremo lavoro vero se non affrontiamo la questione degli investimenti. Oggi abbiamo meno contratti a tempo indeterminato che nel 2014. In compenso va forte il voucher, un mini-job all’italiana che accentua la precarizzazione del lavoro. Purtroppo in Italia piacciono norme che consentono comportamenti opportunistici” […] “Il Jobs act ci ha dato l’amara conferma che il problema non era l’articolo 18. L’Idea che ciò che fa bene all’impresa fa bene all’Italia è scivolosa. La Fiat non può dirci che cosa dobbiamo fare e pagare le tasse all’estero. Dia consigli dove paga le tasse. Vorrei vedere che cosa direbbe la cancelliera Merkel se Marchionne pagasse le tasse all’estero”.
C’è anche una denuncia del “sistema Renzi”, una rete di favori con i potenti e stampa compiacente.
“I 10 o 15 che contano nel capitalismo italiano si stanno aggiustando le cose loro, chiedono solo che il Governo sia amichevole, e se capita lo applaudono e si fanno applaudire. Poi hanno i giornali e c’è lo scambio, succedono cose che non sono potabili”.
Italia-Europa, Bersani si sarebbe mosso diversamente.
“Flessibilità ? Ce ne vorrebbe tanta, ma spesso sbagliamo la mira, per esempio nel cercare un rapporto diciamo così maschio con l’Europa. Il governatore della Bundesbank Jens Weidmann ha torto su tutto fuorchè quando afferma che non possiamo dire all’Europa che i nostri bilanci ce li facciamo noi e poi chiedere mutualità sul debito pubblico. Fa bene il Governo a battere i pugni sul tavolo a Bruxelles, ma anzichè sulla flessibilità da 2-3 miliardi di deficit dovevamo farlo sulle banche”.
Il quadro che dipinge l’ex segretario Pd è piuttosto fosco.
“Abbiamo perso pezzi di industria. Da 10 anni siamo sotto la media europea del Pil pro capite. La produttività non cresce. Si allarga la forbice dei redditi fra ricchi e poveri, nord e sud, vecchi e giovani. Cresciamo la metà dell’Europa. Le banche sono indotte a non mettersi a disposizione dell’industria ma a servire loro stesse, e a drenare il risparmio di cittadini che, tra l’altro, si sentono indifesi dalle prepotenze. Pare che serva la laurea in economia per entrare in banca. Il nostro sistema industriale non vede chiara la prospettiva, si indebita solo a breve termine, quindi non investe sul futuro. I consumi balbettano, la spesa alimentare si contrae”. […] “Decidiamo il ruolo futuro dell’Italia. Il Made in Italy non può essere solo la moda o il cibo di qualità . È un saper fare in tutti i settori. Non possiamo certo rinunciare alla siderurgia o alla chimica o all’automotive. Bisogna pensare a cosa fare in 10 anni, non in 10 mesi. Il governo chiami i sindacati, le imprese, le banche e proponga un patto per il lavoro e la produttività “.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 27th, 2016 Riccardo Fucile
FRATELLO ‘GNAZIO ORA SI ACCONTENTA DEL TERZO POSTO… LA PROPOSTA DI SCOMMESSA A BERLUSCONI E LA DESTINAZIONE DELLA VINCITA E’ ESILARANTE
Ignazio La Russa propone una scommessa su chi tra Giorgia Meloni, candidato sindaco per Fratelli d’Italia e sostenuta da Matteo Salvini, e Alfio Marchini, aspirante primo cittadino sponsorizzato dal Cav, prenderà più voti alle amministrative di Roma.
Posta in palio: 150mila euro.
La Russa, presente a Milano a un banchetto di FdI insieme all’assessore regionale Viviana Beccalossi e al consigliere comunale Marco Osnato, manda a dire a Berlusconi: «Io, Viviana e Marco Osnato abbiamo intenzione di fare una scommessa. Se per caso hai ragione tu, e la Meloni non supera Marchini, noi prendiamo 150mila euro, 50mila a testa, e li diamo a te, che magari li mandi in beneficenza. Se tu invece perdi paghi 150mila euro e noi ne diamo una parte in beneficenza, e con una parte copriamo le spese di campagna elettorale».
La notizia si presta e tre considerazioni:
1) Il cattivo gusto di La Russa che parla di 150.000 euro come se si trattasse di noccioline, quando 10 milioni di italiani faticano ad arrivare a fine mese. E poi dicono che la politica dovrebbe dare il buon esempio…
2) Speriamo che abbia almeno ottenuto il consenso della Beccalossi e di Ornato nello staccare l’assegno di 50.000 eurini a testa, prima di spararla a favore dei giornalisti, perchè prassi vuole che la posta venga depositata presso un notaio, in attesa dell’esito della disputa. Fossimo in Silvio chiederemmo garanzie.
3) La Russa si limita a scommettere sull’ipotesi che Meloni superi Marchini. Ma come, non doveva la Meloni battere la Raggi e diventare sindaco di Roma? Ora siamo alla soluzione minimalista di conquistare la coppa del nonno del terzo posto? Un autogol che la dice lunga…
4) E’ divertente poi che ‘Gnazio voglia anche decidere la destinazione della vincita o dela perdita. Se vince, Silvio deve dare i 150.000 euro in beneficienza. Se vincono La Russa e fratellini al seguito, danno solo una piccola parte in beneficienza, l’altra se la tengono per pagare le spese elettorali.
Ma guarda un po’ che scommessa disinteressata…
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Maggio 27th, 2016 Riccardo Fucile
CORSE CLANDESTINE: SOLO TERZO COMBAT DE TAUREAU
Non c’è Grand Prix ad oggi più atteso: sotto lo sguardo discreto della Madunina si sfidano due purosangue di altissimo livello.
Dopo aver vinto le corse eliminatorie interne alla sua scuderia, la squadra di Fan Idòle ha scelto di calare l’asso Fan Salle.
Il cavallo è molto noto in città , essendo stato Direttore dell’Ippodromo cittadino qualche anno fa e soprattutto Gran Cerimoniere dell’Esposizione Internazionale di Cavalli&Segugi che si è tenuta a Milano qualche mese fa.
Sarebbe stata per lui una galoppata di salute, se non fosse che Burlesque ci ha messo lo zampino.
Il simpatico fantino brianzolo, storico capo della scuderia Varenne, è riuscito a riunire attorno a un unico tavolo il nordico e bizzoso Groom de Bootz, il centrista Ipsòn de le Scipiòn e il destrorso Frères Tricòlor.
Scongiurato il rischio di corse separate come nel Grand Prix di Roma, i vecchi componenti della prestigiosa Maison Libertè hanno scelto di affidarsi alla sorpresa Parisiènne, un cavallo molto apprezzato dagli addetti ai lavori e con ottimi riscontri tra il pubblico che sta affollando i suoi allenamenti al grido “Io trotto per Milano”.
Il risultato della mossa di Burlesque si è visto subito e nella corsa a cui abbiamo assistito la partita del primo giro è finita in assoluta parità .
Nemmeno i cronometristi dell’ippodromo sono stati in grado di risolvere l’arcano e hanno dovuto ufficializzare la parità : Parisiènne e Fan Salle sono arrivati sul traguardo entrambi in 38 secondi netti.
Saranno loro due, quindi, a sfidarsi per la seconda manche che assegnerà l’oro del Grand Prix di Milano e visto l’equilibrio, tutto può succedere.
Terza piazza per il pentastellato Combat de Taureau: il candidato di Igor Brick chiude il miglio in 16 secondi, un tempo in media con quello che i pronostici gli assegnavano.
Quarto posto, molto distaccato dai primi per Basilic Bouclès: il candidato che parte dalla sinistra dello schieramento rosicchia secondi preziosi a Fan Salle, chiude in 5″ netti, ma non sembra in grado di impensierire i cavalli più veloci.
ORDINE D’ARRIVO
Parisiènne 38″
Fan Salle 38″
Combat de Taureau 16″
(da “The RightNation”)
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Maggio 27th, 2016 Riccardo Fucile
CORSE CLANDESTINE: BAGARRE PER IL TERZO POSTO TRA GRIIM DE MORAN, PARTENOPIENNE E GENERAL DU AIRAUX
Primo appuntamento stagionale per i cavalli impegnati nel classico Grand Prix di Torino che si sono sfidati qualche sera fa per una sgambata di preparazione al GP Municipal di domenica 5 giugno.
In un Ippodromo di Nord Est riempito per poco più di metà della sua capienza, hanno incrociato gli zoccoli ben sei purosangue italiani dall’indubbio pedigree.
Ha vinto il favorito, l’esperto Fan Grissìn che con 42 secondi netti ha staccato la non agguerritissima concorrenza.
Per il cavallo della scuderia Fan Idòle si tratta di un’affermazione importante ma che non esclude, purtroppo per lui, la fatica di una seconda manche.
Se la vedrà con Igor Cintre, vivace cavalla pentastellata data in grande forma su questo circuito: chiude il miglio in 26” e si assicura la qualificazione al turno successivo.
Dietro è bagarre per il terzo posto.
La prestigiosa scuderia di Maison Libertè arriva all’appuntamento divisa e litigiosa. Corrono, infatti, ben tre cavalli che un tempo erano alleati di Varenne e che oggi corrono in solitaria per un dignitoso terzo posto all’ombra della mole.
Nella corsa a cui abbiamo assistito il bronzo va al notabile sabaudo Groom de Morà n che con 9 secondi batte sul rettilineo finale Partenopiènne, il cavallo sostenuto da Varenne, che chiude il giro a 7,5”.
Dietro di lui sprinta General du Airaux che con 7 secondi si dimostra più in forma di quanto Fan Grissin potesse immaginare, rosicchiando un bel po’ di secondi a sinistra del favorito.
Buon ultimo Rob Rouge che trotta stabilmente a 4” sul miglio e non sembra poter diventare un fattore decisivo in grado di impensierire i battistrada.
ORDINE D’ARRIVO
Fan Grissìn 42”
Igor Cintre 26
Groom de Morà n 9”
Partenopiènne 7,5”
General du Airaux 7”
Rob Rouge 4”
(da “TheRightNation”)
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Maggio 27th, 2016 Riccardo Fucile
CORSE CLANDESTINE: TERZO IGOR TROUAN
All’ombra delle due Torri si corre il Grand Prix che meno interessa gli appassionati allibratori.
Il campione uscente Fan Merolòn è certo di bissare il successo di cinque anni fa, anche se rimangono molti dubbi sulla sua capacità di vincere subito al primo giro. Nella corsa preparatoria al GP di Bologna che si è corsa all’Ippodromo del Nord Est, il purosangue della scuderia Fan Idòle si è fermato ad un passo dal trionfo immediato, chiudendo il miglio in 49 secondi e costringendo i suoi tifosi a ritornare all’impianto per un secondo giro di pista .
Dietro di lui, staccatissima, c’è la nordica Groom de Borgeouis che, doppiata, chiude la gara in 22”.
Un tempo comunque utile a garantirsi la sfida a due della seconda manche e che permette alla scuderia guidata dall’istrionico Peu Sauf di tentare l’assalto al dominio di Fan Idòle nel capoluogo emiliano.
Terzo, a distanza di sicurezza, c’è il pentastellato Igor Trouà n: per lui, accreditato di un giro di pista in 16” netti, pochissime possibilità di qualificarsi al secondo turno.
ORDINE D’ARRIVO
Fan Merolòn 49”
Groom de Borgeouis 22”
Igor Trouà n 16”
(da “The RightNation“)
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