Maggio 5th, 2016 Riccardo Fucile
CHI C’E’ NELLE LISTE DEI VARI PARTITI IN CORSA PER IL CAMPIDOGLIO
Alla conquista di uno scranno dell’Aula Giulio Cesare.
Per chi sogna di sedersi in assemblea capitolina è fissata a questo sabato la deadline per la presentazione delle liste elettorali. È fissata infatti per il 7 maggio alle 12 la deadline per la presentazione delle candidature a sindaco e delle liste collegate.
Come da legge, c’è tempo dalle 8 di domani (30esimo giorno prima della data delle elezioni, fissate per decreto il 5 giugno) alle 12 di dopodomani (29esimo giorno) per ufficializzare i nomi per Campidoglio e Municipi, dopodichè i giochi saranno chiusi. Le liste andranno depositate presso l’Ufficio elettorale del Comune, in via Luigi Petroselli 50.
E tra gli aspiranti consiglieri comunali non mancano cognomi importanti della storia italiana: da Piera Levi Montalcini, nipote del Premio Nobel, a Maria Fida Moro, figlia del presidente della Dc Aldo, passando per Giuseppe Cossiga, figlio dell’ex presidente della Repubblica Francesco, fino alla sfida tra le nipoti di Benito Mussolini, le ‘sorellastre’ Alessandra e Rachele, la prima a guidare le fila di Forza Italia, la seconda candidata con Giorgia Meloni.
E non manca neanche un ex del Grande Fratello, Roberta Beta, veterana della prima edizione del reality show pronta ad entrare in Campidoglio seguendo Alfio Marchini. Entro il 7 maggio, dopodomani, le liste dovranno essere consegnate nella sede dell’ufficio elettorale del Campidoglio.
Primo ad avere pronta la lista, pubblicata su Facebook già il 21 aprile scorso, è stato il Movimento 5 Stelle. A sostenere la pentastellata Virginia Raggi i suoi ex colleghi d’aula Marcello De Vito, capolista, Daniele Frongia, Enrico Stefano e poi altri 45 aspiranti consiglieri scelti attraverso le ‘comunarie’ sul web.
In casa Pd, ad appoggiare la corsa di Roberto Giachetti, oltre a diversi ex consiglieri comunali dem che tenteranno il bis (da Valeria Baglio a Michela Di Biase a Giulia Tempesta), ci saranno Piera Levi Montalcini, che guiderà la lista dei democrat – al secondo posto l’ex deputata Paola Concia paladina dei diritti gay -, e Maria Fida Moro, figlia dello statista ucciso dalle Br, a capo della lista dei moderati ‘Più Roma’. Nella civica pro Giachetti lo scrittore Marco Lodoli, l’ex campionessa di nuoto Alessia Filippi e due ex fedeli al sindaco Ignazio Marino, Svetlana Celli e Franco Marino; i Verdi invece saranno capeggiati dal comico Giobbe Covatta.
Nathalie Naim, la consigliera ‘pasionaria anti-degrado’ del centro storico di Roma esclusa dalla lista civica Giachetti per una querela, sarà invece tra le fila dei Radicali insieme al loro segretario Riccardo Magi.
Nel centrodestra si preannuncia una sfida tra due nipoti del Duce. Alessandra Mussolini sarà la capolista di Forza Italia che appoggia Marchini.
Come avversaria avrà Rachele, candidata da Giorgia Meloni: Rachele Jr, omonima della nonna è nata dal secondo matrimonio di Romano Mussolini, padre anche di Alessandra Mussolini,
Nella lista Fdi anche i consiglieri uscenti Fabrizio Ghera e Lavinia Mennuni, mentre quella in appoggio di ‘Noi con Salvini’ sarà capeggiata da Irene Pivetti. Sempre per Meloni, nella lista Federazione popolare per la libertà , correrà anche Giovanni Cossiga, figlio del ‘picconatore’ Dc.
A sostenere il “cuore spezzato” di Marchini ci saranno cinque o forse più liste civiche. La prima, la lista civica Marchini, avrà il cuore nel simbolo e sarà capeggiata dall’ex capogruppo Alessandro Onorato.
Un’altra riconducibile a Ncd e al ministro Beatrice Lorenzin, avrà come primo candidato l’ex senatore Stefano De Lillo: tra gli altri nomi che tenteranno la scalata verso l’Aula Giulio Cesare Roberta Beta, ex gieffina e conduttrice radiofonica.
Per Stefano Fassina, candidato di Si-Sel scenderanno in campo Tiziana Perrone, lavoratrice di Almaviva, e Gianluca Peciola, ex capogruppo Sel in assemblea capitolina.
(da “il Sole24Ore“)
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Maggio 5th, 2016 Riccardo Fucile
LO STUDIO PUBBLICATO DA HANDELSBLATT: IL 95% E’ SERVITO A SALVARE LE BANCHE
Le cifre di partenza sono da capogiro: oltre 240 miliardi di euro.
A tanto ammontano i prestiti concordati alla Grecia attraverso i due piani di salvataggio, nel 2010 e nel 2012, nel pieno della crisi che ha messo in ginocchio Atene.
Di questi fondi però, soltanto una quota minima sarebbe finito concretamente nelle casse del governo ellenico, e quindi ai suoi cittadini.
Il resto sarebbe servito a ripagare altri debiti e ricapitalizzare le banche del Paese.
A rivelarlo è uno studio della European School of Management and Technology visionato dal quotidiano economico tedesco Handelsblatt.
Nel dettaglio, dei 215 miliardi effettivamente concessi sul totale stabilito, appena 9,7 miliardi sarebbero stati destinati al budget governativo, 86,9 miliardi sarebbero stati utilizzati per restituire altri prestiti e 52,3 miliardi per pagare gli interessi del debito. 37,3 miliardi sarebbero invece stati destinati agli istituti di credito.
Ossigeno che però nei fatti è però si è disperso molto in fretta, visto che come rileva Handelsblatt le banche hanno visto in Borsa erodere il proprio valore del 98%.
“Il pacchetto di aiuti è servito principalmente per salvare le banche europee”, ammette Jà¶rg Rocholl, presidente dell’ European School of Management and Technology al quotidiano.
“I contribuenti europei hanno salvato gli investitori privati”, rileva Rocholl che è anche consigliere del ministero delle Finanze tedesco.
(da Huffingtonpost”)
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Maggio 5th, 2016 Riccardo Fucile
L’SVD NON CORRE CON IL PD… CENTRODESTRA DIVISO IN DUE
Circa centomila cittadini del Trentino e dell’Alto Adige andranno domenica 8 maggio alle urne, dalle 7 alle 21, per l’elezione del sindaco e del consiglio comunale in 20 comuni, tra cui Bolzano.
A Bolzano gli elettori potranno scegliere tra un esercito di 497 candidati.
Le elezioni si svolgono ad un anno di distanza dall’appuntamento elettorale che aveva visto la vittoria, al ballottaggio, di Luigi Spagnolli, che, alla guida di una giunta Svp-Pd, non era stato in grado di trovare una maggioranza in consiglio ed aveva dovuto lasciare il posto ad un commissario.
Nonostante il fatto che nel frattempo la Regione abbia approvato una nuova legge elettorale, che per la prima volta a Bolzano introduce una seppur minima soglia di sbarramento per l’accesso al Consiglio, il panorama politico è ancora estremamente variegato: i partiti che si presentano alle elezioni, infatti, sono 17, con ben 13 persone che aspirano a divenire sindaco
A rappresentare i colori del Pd sarà Renzo Caramaschi, settantenne ex segretario generale del Comune, profondo conoscitore, dunque, della macchina amministrativa, scelto attraverso apposite primarie.
La Svp, che a Bolzano tradizionalmente è alleata al Pd, stavolta ha deciso di correre da sola, presentando candidato sindaco l’avvocato Christoph Baur.
Come nel resto del Paese, anche nel capoluogo altoatesino sono complesse le vicende che hanno attraversato lo schieramento del centro-destra.
Al termine di una battaglia caratterizzata da forti polemiche tra la commissaria di Forza Italia Elisabetta Gardini e la deputata locale Michaela Biancofiore, i candidati che il centro-destra presenta saranno due: il medico ospedaliero Mario Tagnin e l’ex deputato di area An Giorgio Holzmann
Con tutta probabilità dalla tornata elettorale di domenica non uscirà un vincitore e si dovrà andare al ballottaggio.
Potrebbe essere la tradizionale sfida centrosinistra – centrodestra, ma c’è anche chi ipotizza che il candidato Svp raggiunga un consenso tale da potersi presentare a contendere il posto di sindaco.
Sarà infine interessante vedere la performance dei partiti della destra di lingua tedesca. Nonostante l’elettorato di lingua tedesca a Bolzano sia tradizionalmente vicino a posizioni centriste, c’è chi ipotizza che i recenti successi della destra alle presidenziali Austria possano influenzare in qualche modo l’esito elettorale.
(da agenzie)
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Maggio 5th, 2016 Riccardo Fucile
IL RESTAURO FINANZIATO DAL GOVERNO TEDESCO…LA RICOSTRUZIONE DELLE VECCHIE CASE NON E’ MAI INIZIATA
Fece soltanto una cosa buona, ad Onna, il terremoto del 6 aprile 2009: buttando giù le travi e i muri della chiesa di San Pietro Apostolo, edificata la prima volta dai monaci cistercensi nel lontano 1230, permise di riscoprire casualmente un tesoro di affreschi risalenti al 1400 e attribuiti poi dagli studiosi alla Scuola di Giotto.
Un patrimonio immenso che sabato 7 maggio, a mezzogiorno, verrà presentato al mondo ufficialmente con l’inaugurazione della chiesa restaurata.
Ad Onna, la frazione dell’Aquila che contò da sola 40 vittime in quella notte tragica del 6 aprile, interverranno tra gli altri il sottosegretario ai Beni culturali del governo italiano, Ilaria Borletti Buitoni, insieme all’ambasciatore tedesco a Roma, Susanne Marianne Wasum-Rainer.
Eh sì, perchè è stato il governo tedesco a finanziare completamente l’opera «con circa 3 milioni e 700 mila euro», ricorda Wittfrida Mitterer, coordinatrice del piano di ricostruzione di Onna, il cui costo complessivo – quando mai sarà terminato – dovrebbe aggirarsi sui 60 milioni di euro.
La Witterer venne nominata, subito dopo il disastro, dall’allora ambasciatore tedesco Michael Steiner, incaricato personalmente da Angela Merkel di seguire la rinascita del paesino, dopo la visita che la Cancelliera stessa fece tra le rovine nel luglio 2009, accompagnata dall’ex premier Silvio Berlusconi: «Non vi abbandoneremo», promise la Merkel agli abitanti sostando davanti alla stele che ricordava le vittime dell’eccidio del giugno 1944, compiuto dai nazisti proprio ad Onna.
La Merkel, però, sabato 7 maggio non ci sarà . Ma sembra che abbia già assicurato la sua presenza per il giorno in cui sarà inaugurata un’altra struttura simbolo della storia locale: il vecchio forno del paese, risalente al primo Novecento, anch’esso danneggiato gravemente dal sisma, il cui restauro però dopo 7 anni stenta ancora a decollare.
«à‰ la burocrazia che ci uccide – lancia un appello la signora Mitterer – Pensate che i 240 superstiti della frazione vivono ancora nelle casette di legno del villaggio provvisorio creato nel 2009 dalla Croce Rossa italiana e da quella del Canada insieme con la Provincia autonoma di Trento. I vecchi edifici, invece, non sono ancora stati ricostruiti. à‰ tutto fermo. Speriamo che almeno il forno storico, che rinascerà su due piani con un’anima antisismica in legno massello, grazie all’Ance, a Formedil e alle parti sociali, sia pronto per la fine di quest’anno».
Fabrizio Caccia
(da “il Corriere della Sera”)
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Maggio 5th, 2016 Riccardo Fucile
LA FABIOZZI SOTTRATTA AL LINCIAGGIO, DUE AGENTI FERITI
Così come nei giorni scorsi a Raimondo Caputo – l’uomo accusato dell’omicidio della piccola Fortuna Loffredo – è accaduto di essere aggredito da alcuni reclusi nel carcere di Poggioreale, anche la sua compagna Marianna Fabozzi ha subìto una aggressione da parte di un gruppo di detenute nella casa circondariale di Pozzuoli.
La donna sarebbe stata colpita più volte con pugni e calci e solo l’intervento del personale della polizia penitenziaria avrebbe evitato che la situazione degenerasse, tanto che due agenti sono stati feriti.
Marianna Fabozzi non è accusata dell’omicidio di Fortuna – avvenuto nel giugno di due anni fa al Parco Verde di Caivano – ma in un’inchiesta parallela: quella sulle violenze sessuali che le figlie della Fabozzi avrebbero subito da Caputo.
Per questa vicenda, emersa durante le indagini sulla morte di Fortuna, sia l’uomo che la donna furono arrestati nel novembre scorso, ma lei successivamente ottenne il trasferimento ai domiciliari.
In questi giorni, però, ha rilasciato dichiarazioni a giornalisti che sono andati a intervistarla, venendo così meno all’obbligo di non comunicare con l’esterno cui è sottoposto chi è ristretto in casa, e il giudice di sorveglianza ha quindi deciso di revocare la misura attenuata e ha disposto il trasferimento della donna in carcere. Dove le altre recluse erano a conoscenza, per averlo appreso dalla tv, del ruolo che Marianna Fabozzi avrebbe avuto sia nella vicenda della violenza sulle figlie, sia in quella della morte di Fortuna (sarebbe stata a conoscenza delle responsabilità di Caputo ma lo avrebbe coperto) e per questo l’hanno picchiata.
(da agenzie)
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Maggio 5th, 2016 Riccardo Fucile
LE ASSOCIAZIONI: “FALSO, I NUMERI LO SMENTISCONO”… I SOLITI NEMICI DELLA SOLIDARIETA’
Non intralciare l’attività dei negozi e minimizzare la sottrazione di risorse alle attività commerciali.
Sono questi alcuni dei principi che hanno guidato la giunta regionale lombarda nella redazione del nuovo regolamento di disciplina delle “cessioni a fini solidaristici“.
Per intenderci, le vendite di beneficenza che vengono effettuate nelle piazze italiane per raccogliere fondi a favore di persone in difficoltà , ricerca su malattie e altro ancora. Insomma, da oggi in Lombardia sarà più complicato organizzare la vendita di arance o di azalee per raccogliere fondi per la ricerca sul cancro, oppure vendere torte o caldarroste per finanziare il progetto di una scuola o di un’associazione no profit.
La giunta Maroni, infatti, nel nuovo regolamento approvato lo scorso 18 aprile ha messo nuovi paletti e previsto adempimenti burocratici che sembrano andare nella direzione di recare il minor danno economico possibile a quelle attività commerciali che vendono prodotti simili a quelli ceduti estemporaneamente dalle associazioni no profit.
Ad esempio le aree pubbliche sulle quali le associazioni effettueranno le vendite a fini solidaristici dovranno essere individuate dai Comuni di riferimento “in accordo con le associazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative — si legge nel disciplinare — per il settore commercio su aree pubbliche, tenendo conto della densità delle attività commerciali e della intensità dei flussi di pubblico, così da evitare sia l’eccessiva concentrazione delle attività promozionali in vicinanza dei negozi, sia il confinamento delle attività di cessione in aree eccessivamente marginali in cui la raccolta di fondi risulterebbe troppo esigua”
Il comune tiene anche conto “dell’opportunità di indirizzare le attività verso aree dove già si riscontrano flussi significativi di pubblico” dovuti alla presenza di servizi non commerciali (ospedali, scuole, uffici, alberghi) con l’obiettivo di “massimizzare il risultato dell’attività di raccolta fondi minimizzando la sottrazione di risorse alle attività commerciali”.
Ma secondo Niccolò Contucci, direttore generale dell’Associazione italiana ricerca sul cancro (Airc) che l’8 maggio sarà in 3.700 piazze italiane a vendere per finanziare le proprie attività , il problema non esiste: “Airc si adegua ai regolamenti, e ci mancherebbe. Ma — spiega a ilfattoquotidiano.it — i numeri smentiscono qualsiasi ipotesi di concorrenza alle attività commerciali da parte delle nostre raccolte fondi effettuate nelle piazze. Dai dati in nostro possesso risulta che, in un anno, tutte le associazioni no profit che hanno effettuato vendite di fiori a scopo benefico sul territorio nazionale abbiano distribuito un milione di piante e fiori. Solo noi dell’Airc ne abbiamo venduti 600mila. Nel solo giorno della Festa della donna, l’8 marzo, i fioristi italiani hanno venduto oltre un milione di mimose. Per cui, mi sembra che la questione della nostra concorrenza proprio non si possa porre”.
Negativa invece la lettura del consigliere regionale del Pd, Marco Carra, fa delle intenzioni che hanno spinto la giunta Maroni a predisporre il regolamento: “Quando sei mesi fa fu approvata la legge — commenta — avevamo purtroppo visto giusto: la Regione mostra i muscoli sempre contro i più deboli. Sono tantissime le associazioni che raccolgono fondi con i banchetti, tante le persone che vi si dedicano gratuitamente per sostenere la ricerca contro le malattie o per finanziare attività per i ragazzi, per i disabili e per le persone in difficoltà . La Regione dovrebbe aiutarli, non complicargli la vita come sta facendo con questo regolamento. E c’è un fattore non secondario, che sono gli ulteriori adempimenti a carico dei comuni. Questi, inevitabilmente, si riverseranno sui cittadini che non capiranno per quale ragione per iniziative benefiche siano necessari tanta burocrazia e tanti paletti”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Sergio Silvotti, portavoce regionale del Forum per il Terzo Settore: “Un regolamento di cui non c’era nessun bisogno — dice a ilfattoquotidiano.it — e che fa riferimento a norme già esistenti, complicando, però, le attività di volontariato. Si parla tanto di sussidiarietà e poi si producono regolamenti che fanno passare la voglia di fare volontariato”.
Emanuele Salvato
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 5th, 2016 Riccardo Fucile
IL PARTITO GEMELLATO CON SALVINI VUOLE DISCRIMINARE GLI ITALIANI…C’E’ SEMPRE QUALCUNO PIU’ TERRONE DI TE
Una nuova stangata per i frontalieri arriva dalla proposta della Lega dei ticinesi, il cui parlamentare Lorenzo Quadri ha chiesto di imporre a loro carico una tassa di entrata in Svizzera.
Un balzello che appare come l’ennesima provocazione nella campagna contro i lavoratori che sono considerati come i colpevoli di quasi tutti i mali dell’economica del Canton Ticino.
La proposta è contenuta in una mozione che il deputato ha presentato al governo federale di Berna con l’intenzione – a suo dire – di difendere meglio l’occupazione locale: «In Ticino i frontalieri, oltre a essere fonte di problemi sul mercato del lavoro, usufruiscono di prestazioni finanziarie da parte dei contribuenti elvetici e causano alla collettività dei costi che non sono chiamati a coprire».
Afferma che gli oltre 60 mila frontalieri provocano un’importante usura alla rete viaria cantonale. A suo dire gli ingorghi prodotti dall’eccesso di traffico danneggiano l’economia del Ticino poichè la mobilità efficiente è una condizione importante per qualsiasi piazza economica.
Quadri arriva ad affermare che i frontalieri producono rifiuti solidi urbani, il cui smaltimento è a carico dei residenti.
Il deputato leghista ha anche quantificato la sua proposta: l’imposizione per ogni frontaliere dovrebbe essere almeno di 500 franchi all’anno, con un entrata per le casse del cantone di 30 milioni di franchi (circa 25 milioni di euro).
Non sono mancate le reazioni. Il sindacalista comasco della Cisl Carlo Maderna ha subito ribattuto: «E noi siamo pronti a scioperare…».
Una risposta che non è piaciuta nemmeno ad Andrea Puglia, suo collega svizzero dell’Organizzazione cristiano-sociale: «L’intervento di Maderna è stato provocatorio, in risposta all’altrettanto provocatoria mozione di Quadri. Si tratta di misure entrambe inattuabili. La proposta di Quadri farebbe cadere gli accordi bilaterali fra i due Paesi e lo sciopero dei frontalieri provocherebbe la paralisi di buona parte dell’economia svizzera. Vedere i frontalieri come dei nemici è un grosso errore».
Teresio Valsesia
(da “La Stampa”)
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Maggio 5th, 2016 Riccardo Fucile
“OGGI 260 ONOREVOLI RICEVONO 150 MILIONI PIU’ DI QUANTO HANNO VERSATO”
Applicando le regole del sistema contributivo – oggi in vigore per tutti gli altri lavoratori italiani – all’intera carriera contributiva dei parlamentari, la spesa per vitalizi si ridurrebbe del 40%. In altre parole «i vitalizi dei parlamentari sono quasi il doppio di quanto sarebbe giustificato alla luce dei contributi versati». Lo afferma il presidente dell’Inps, Tito Boeri, in audizione nella commissione Affari costituzionali della Camera.
Tradotto: il sistema non regge più.
760 MILIONI DI RISPARMIO
Portando le prestazioni parlamentari ai valori normali, ragiona il presidente Inps, la spesa scenderebbe a 118 milioni, con un risparmio, dunque, di circa 76 milioni di euro all’anno (760 milioni nei prossimi 10 anni).
«I correttivi apportati più di recente alla normativa, pur avendo arrestato quella che sembrava una inarrestabile crescita della spesa – ha osservato Boeri – non sono in grado di evitare, come si vedrà , forti disavanzi anche nei prossimi 10 anni». «Oggi – ha continuato – ci sono circa 2.600 vitalizi in pagamento per cariche elettive alla Camera o al Senato per un costo stimato intorno a 193 milioni di euro, circa 150 milioni superiore rispetto ai contributi versati», ha spiegato Boeri.
SPESA MAGGIORE DEI CONTRIBUTI
Il numero uno dell’Inps ha poi sottolineato come la spesa negli ultimi 40 anni sia stata «sempre più alta dei contributi.
Normalmente un sistema a ripartizione (in cui i contributi pagano le pensioni in essere) alimenta inizialmente forti surplus perchè ci sono molti più contribuenti che percettori di rendite vitalizie.
Nel caso di deputati e senatori, invece, il disavanzo è stato cospicuo fin dal 1978, quando ancora i percettori di vitalizi erano poco più di 500, prova evidente di un sistema insostenibile».
(da agenzie)
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Maggio 5th, 2016 Riccardo Fucile
DA BEIRUT I SERVIZI SEGRETI AVVISARONO
Tutto nasce da una direttiva di Matteo Renzi, che ha fatto togliere il segreto a decine di migliaia di documenti sulle stragi italiane.
Nel mucchio, i consulenti della commissione d’inchiesta sul caso Moro hanno trovato una pepita d’oro: un cablo del Sismi, da Beirut, che risale al febbraio 1978, ossia un mese prima della strage di via Fani, in cui si mettono per iscritto le modalità del Lodo Moro.
Il Lodo Moro è quell’accordo informale tra italiani e palestinesi che risale al 1973 per cui noi sostenemmo in molti modi la loro lotta e in cambio l’Olp ma anche l’Fplp, i guerriglieri marxisti di George Habbash, avrebbero tenuto l’Italia al riparo da atti di terrorismo
Ebbene, partendo da quel cablo cifrato, alcuni parlamentari della commissione Moro hanno continuato a scavare. Loro e soltanto loro, che hanno i poteri dell’autorità giudiziaria, hanno potuto visionare l’intero carteggio di Beirut relativamente agli anni ’79 e ’80, ancora coperto dal timbro «segreto» o «segretissimo».
E ora sono convinti di avere trovato qualcosa di esplosivo. Ma non lo possono raccontare perchè c’è un assoluto divieto di divulgazione.
Chi ha potuto leggere quei documenti, spera ardentemente che Renzi faccia un passo più in là e liberalizzi il resto del carteggio.
Hanno presentato una prima interpellanza. «È davvero incomprensibile e scandaloso – scrivono i senatori Carlo Giovanardi, Luigi Compagna e Aldo Di Biagio – che, mentre continuano in Italia polemiche e dibattiti, con accuse pesantissime agli alleati francesi e statunitensi di essere responsabili dell’abbattimento del DC9 Itavia a Ustica nel giugno del 1980, l’opinione pubblica non sia messa a conoscenza di quanto chiaramente emerge dai documenti secretati in ordine a quella tragedia e più in generale degli attentati che insanguinarono l’Italia nel 1980, ivi compresa la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980»
Va raccontato innanzitutto l’antefatto: nelle settimane scorse, dopo un certo tira-e-molla con Palazzo Chigi, i commissari parlamentari sono stati ammessi tra mille cautele in una sede dei servizi segreti nel centro di Roma.
Dagli archivi della sede centrale, a Forte Braschi, erano stati prelevati alcuni faldoni con il marchio «segretissimo» e portati, con adeguata scorta, in un ufficio attrezzato per l’occasione.
Lì, finalmente, attorniati da 007, con divieto di fotocopiare, senza cellulari al seguito, ma solo una penna e qualche foglio di carta, hanno potuto prendere visione del carteggio tra Roma e Beirut che riporta al famoso colonnello Stefano Giovannone, il migliore uomo della nostra intelligence mai schierato in Medio Oriente.
Il punto è che i commissari parlamentari hanno trovato molto di più di quello che cercavano.
Volevano verificare se nel dossier ci fossero state notizie di fonte palestinese per il caso Moro, cioè documenti sul 1978.
Sono incappati invece in documenti che sorreggono – non comprovano, ovvio – la cosiddetta pista araba per le stragi di Ustica e di Bologna.
O meglio, a giudicare da quel che ormai è noto (si veda il recente libro «La strage dimenticata. Fiumicino 17 dicembre 1973» di Gabriele Paradisi e Rosario Priore) si dovrebbe parlare di una pista libico-araba, chè per molti anni c’è stato Gheddafi dietro alcune sigle del terrore.
C’era la Libia dietro Abu Nidal, per dire, come dietro Carlos, o i terroristi dell’Armata rossa giapponese
Giovanardi e altri cinque senatori hanno presentato ieri una nuova interpellanza. Ricordando le fasi buie di quel periodo, in un crescendo che va dall’arresto di Daniele Pifano a Ortona con due lanciamissili dei palestinesi dell’Fplp, agli omicidi di dissidenti libici ad opera di sicari di Gheddafi, alla firma dell’accordo italo-maltese che subentrava a un precedente accordo tra Libia e Malta sia per l’assistenza militare che per lo sfruttamento di giacimenti di petrolio, concludono: «I membri della Commissione di inchiesta sulla morte dell’on. Aldo Moro hanno potuto consultare il carteggio di quel periodo tra la nostra ambasciata a Beirut e i servizi segreti a Roma, materiale non più coperto dal segreto di Stato ma che, essendo stato classificato come segreto e segretissimo, non può essere divulgato; il terribile e drammatico conflitto fra l’Italia e alcune organizzazioni palestinesi controllate dai libici registra il suo apice la mattina del 27 giugno 1980».
Dice ora il senatore Giovanardi, che è fuoriuscito dal gruppo di Alfano e ha seguito Gaetano Quagliariello all’opposizione, ed è da sempre sostenitore della tesi di una bomba dietro la strage di Ustica: «Io capisco che ci debbano essere degli omissis sui rapporti con Paesi stranieri, ma spero che il governo renda immediatamente pubblici quei documenti».
Francesco Grignetti
(da “La Stampa”)
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