Maggio 14th, 2016 Riccardo Fucile
A MASSELLO, SULLE MONTAGNE TORINESI, E’ RECORD DI ASPIRANTI CONSIGLIERI COMUNALI, MA GLI ABITANTI SONO SOLO 61
Un candidato ogni due elettori. Sulle montagne del Torinese c’è un paesino dimenticato da Dio e dagli
uomini, ma non dai politici.
È il minuscolo comune di Massello, abbarbicato sopra i mille metri tra i boschi dell’alta Val Germanasca: qui la corsa al municipio è una faida tra parenti.
Per le elezioni del 5 giugno, a fronte di 61 anime aventi diritto al voto, sono in 32 a contendersi una seggiola in Comune.
E lo stupefacente rapporto elettori-aspiranti consiglieri è destinato ad assottigliarsi ulteriormente a causa dell’astensionismo: alle urne, cinque anni fa, andarono in 45.
La famiglia simbolo di questa contagiosa voglia di partecipazione collettiva è quella di Anita Riceli.
Lei è capogruppo della maggioranza che sostiene il sindaco uscente Antonio Chiadò. Il marito Ugo Tron è candidato con lo sfidante Willy Micol, già primo cittadino per due mandati tra il 1993 e il 2001.
I coniugi abitano a pochi metri dal municipio. La moglie si affaccia sull’uscio di casa e liquida la questione: «Di elezioni non parlo. Arrivederci». Da queste parti la politica si fa, ma non si dice.
Un secolo fa gli abitanti di Massello erano più di 500.
Oggi i tenaci discendenti, che non si sono arresi agli agi della bassa valle, vivono sparsi tra 16 borgate. Ognuna ha il suo mulino. Ma nient’altro: nessun bancomat, nessun negozio, nessun bar. Manca anche il dottore.
Le medicine invece si possono prenotare via fax alla farmacia più vicina, che spedisce quassù un medico per mezz’ora a settimana. Riceve il giovedì dalle 12.45 alle 13.15 nei locali della foresteria, unica traccia di vita oltre a camosci e aspiranti a sindaco.
Il paradosso del Comune dove mezzo paese brama di entrare in municipio è che la battaglia all’ultimo voto inasprisce i rapporti tra vicini di casa.
Il sindaco uscente Chiadò, ex dirigente d’azienda in pensione, sostiene che il programma di Micol è simile al suo: «Non so perchè si candida, chiedetelo a lui».
«E pensare che Chiadò negli Anni Novanta era stato mio assessore», replica lo sfidante, massellese doc, 63 anni, professione elettricista.
«Si è speso molto per Massello, ma ha perso il contatto con la gente», punge Micol. «Io non volevo candidarmi — racconta — sono stati i cittadini a chiedermelo».
Il sindaco giura però di aver cercato di coinvolgerlo: «Ho provato a chiamarlo, ma mi ha detto che non aveva tempo perchè doveva zappare il campo di patate». «Falso», replica stizzito Micol: «Chiadò è una vecchia volpe».
Quel che è certo è che a sedere sulla poltrona di sindaco sarà uno di loro.
Gli altri due candidati, infatti, seguono il detto attribuito al barone de Coubertin: l’importante non è vincere, ma partecipare.
Ivan Pascal Sella, 27 anni, guida una lista civica destrorsa. Consigliere uscente, a Massello si vede di rado perchè abita a Torino. E proprio alle comunali del capoluogo figura nelle liste di Fratelli d’Italia per la circoscrizione 6.
Dice: «Mi sono candidato per fare pulizia». Ma il punto è un altro: perchè un giovane consulente di marketing che vive a 70 km di distanza vuole diventare sindaco di un paesello dove – ammette lui stesso – fino al 2014 non aveva mai messo piede?
È lo stesso Sella a svelare il segreto di Pulcinella della fabbrica dei sindaci: «I partiti presentano liste un po’ ovunque». Soprattutto dove basta un pugno di voti per essere eletti. «Funziona così».
Cosa non si fa per tentare una carriera politica.
E infine anche i leghisti sono scesi nell’arena, tanto per marcare presenza. Alle ultime elezioni comunali l’allora candidato a sindaco del Carroccio, Marco Miletto, prese tre voti. Roba da franchi tiratori in famiglia.
Ma tanto bastò a spalancargli le porte della segreteria provinciale della Lega. Stavolta ci prova Franco Martinotti, 26 anni, anch’egli torinese.
A sostenerlo una squadra di perfetti sconosciuti. Da queste parti giurano di non averli mai visti.
Ma una poltroncina in consiglio comunale, seppur nei banchi della minoranza, non si nega a nessuno.
Gabriele Martini
(da “La Stampa”)
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Maggio 14th, 2016 Riccardo Fucile
GIOVANNI SERPELLONI E’ IL MEDICO PROIBIZIONISTA VICINO A GIOVANARDI: ACCUSATO DI AVER PRETESO PERCENTUALI E 100.000 EURO PER UN SOFTWARE IN USO NEI SERVIZI PER LE TOSSICODIPENDENZE
E’ finito agli arresti domiciliari per tentata concussione e turbativa d’asta Giovanni Serpelloni, capo capo del Dipartimento politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dal 2008 al 2014, medico vicino a Carlo Giovanardi e noto per le sue posizione proibizioniste e intransigenti in fatto di stupefacenti.
I fatti contestati riguardano il suo successivo incarico di direttore del Sert, il servizio tossicodipendenze, di Verona, per episodi accaduti tra il 2012 e il 2014.
La Guardia di Finanza ha notificato il provvedimento a lui e ad altri due dirigenti dell’Ulss 20: Maurizio Gomma e Oliviero Bosco.
Altre tre persone sono indagate per gli stessi reati. Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica e condotte dai finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Verona, riguardano l’appalto del software gestionale utilizzato in Sert (i servizi pubblici per le dipendenze) di tutta Italia.
Secondo l’accusa, gli indagati avrebbero preteso illegittimamente dalla società assegnataria dell’assistenza e manutenzione del software prima una percentuale sulle somme incassate e successivamente, a nome dell’Ulss 20 ma all’insaputa della direzione generale, 100mila euro a titolo risarcitorio, minacciando la revoca dell’incarico.
Nel corso delle indagini è emerso che la successiva gara sarebbe risultata essere stata turbata, e assegnata, con collusione e mezzi fraudolenti, a una società compiacente; i soci-amministratori risultano a loro volta indagati nel procedimento.
Al di là dei contenuti dell’indagine, spicca tra gli arrestati il nome di Serpelloni: laureato in medicina con specializzazione in Medicina Interna, oltre al Dipartimento antidroga della presidenza del Consiglio ha diretto il Centro di Medicina Preventiva dell’Azienda Ulss 20 di Verona e il Dipartimento delle Dipendenze della stessa Azienda.
Dal 2003 al 2007 è stato direttore dell’Osservatorio Regionale sulle Dipendenze della Regione Veneto, per poi approdare a Roma alla guida del Dpa, chiamato dall’allora responsabile governativo della lotta alle dipendenze, Carlo Giovanardi.
Nel corso della sua permanenza alla guida del Dipartimento, il medico veneto è stato duramente contestato da molte associazioni che si occupano di dipendenze, che lo accusavano di un approccio ideologico e fortemente proibizionista alla questione droghe. Serpelloni ha realizzato progetti in ambito Aids, dipendenze da sostanze e sistemi informatici avanzati per il flusso dati in ambito sanitario per conto del Ministero della Salute, del Ministero del Welfare, del Dpa, della Commissione Europea e della Regione Veneto.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 14th, 2016 Riccardo Fucile
DUE SI PRESENTANO IN QUESTURA A TERNI, GLI ALTRI A TORINO…PROCEDURA DIFFERENTE PER I DUE TEDESCHI
Si sono già aperte le porte del carcere per i quattro dirigenti italiani della Thyssen le cui condanne, per il
rogo in cui persero la vita sette operai nel dicembre 2007, sono diventate definitive.
La procura generale di Torino ha emesso stamane gli ordini di carcerazione per i quattro per i quali ieri sera la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Torino.
Le condanne sono sei: la pena più alta è quella di 9 anni e 8 mesi inflitta all’ad Harald Espenhahn, quella più bassa, di 6 anni e 3 mesi, per i manager Marco Pucci e Gerald Priegnitz.
Condannati inoltre gli altri dirigenti Daniele Moroni a 7 anni e 6 mesi, Raffaele Salerno a 7 anni e 2 mesi e Cosimo Cafueri a 6 anni e 8 mesi.
I quattro si sono già presentati alle forze dell’ordine per la notifica del provvedimento e il successivo ingresso in carcere.
Marco Pucci e Daniele Moroni, dirigenti della Ast-Acciat Speciali Terni, si sono consegnati in questura a Terni poco dopo le 9,30 e, al termine delle formalità di rito, sono stati condotti nel carcere ternano di Vocabolo Sabbione.
Anche il torinese Raffaele Salerno si è presentato al commissariato di Rivoli, alle porte del capoluogo piemontese, dove sono in corso le pratiche per il trasferimento in prigione.
Per i due imputati tedeschi si seguirà una procedura differente. Il quarto, Cosimo Cafueri, si è costituito infine ai carabinieri della stazione di Castiglione Torinese.
Diversa invece la procedura per i due condannati tedeschi, Hespenhahn e Priegnitz. Per loro sarà emesso un Mae (Mandato di cattura europeo) che, con tutta l’indispensabile documentazione che lo accompagna, sarà messo a punto dalla procura generale di Torino.
Ad occuparsene, in seguito, sarà l’autorità giudiziaria tedesca. Un effetto del Mae è che se i due condannati lasciano il loro Paese possono essere arrestati immediatamente.
Questa mattina, proprio all’indomani della sentenza che chiude un travagliato e doloroso iter giudiziario durato oltre otto anni, le vittime della Thyssen sono state commemorate a Torino.
“La conferma della sentenza ha finalmente fatto giustizia” ha detto il sindaco Piero Fassino in occasione della tappa torinese del tour nazionale della sicurezza Anmil di Bruno Galvani, che con la sua carrozzina motorizzata sta girando l’Italia per sensibilizzare sui temi della sicurezza del lavoro.
“Il dramma accaduto a Torino nel 2007 ci ricorda che sono ancora troppe le vittime sul lavoro – ha sottolineato il primo cittadino -. Il lavoro da compiere per rendere sicuro e dignitoso il lavoro è ancora molto e grazie al tour dell’Anmil si sottolinea proprio l’importanza della sensibilizzazione, anche degli stessi lavoratori”. Il tour Anmil prosegue oggi al Salone del Libro e poi a Fossano, in ricordo per le vittime dell’incendio del Molino.
(da “La Repubblica”“)
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