Novembre 30th, 2016 Riccardo Fucile
L’ANALISI DELLA MACCHINA DI AFFARI E DI PROPAGANDA IDEATA DA CASALEGGIO DA PARTE DI UN SITO CONSIDERATO UN’ISTITUZIONE DELL’INFORMAZIONE DIGITALE
Il titolo dell’articolo di BuzzFeed è un’accusa pesante ai Cinque Stelle: “Il più popolare partito
politico italiano è leader nel diffondere false notizie e fare propaganda per il Cremlino”.
Il pezzo firmato da Alberto Nardelli e Craig Silverman in realtà racconta ciò che da anni è stato ampiamente rilevato da giornali e libri, e cioè che la macchina di informazione e propaganda ideata da Gianroberto Casaleggio “include non solo i blog del partito e i profili social ufficiali che hanno milioni di seguaci, ma anche una serie di siti redditizi che si descrivono come fonti di ‘notizie indipendenti’, ma in realtà sono controllate dalla direzione del partito”.
A fare notizia è più che altro l’attenzione rivolta dal popolare sito americano, un’istituzione dell’informazione digitale; e l’attenzione riposta sulla “svolta putiniana” che avrebbe avuto il M5S.
Infatti BuzzFeed racconta di come l’atteggiamento del Movimento nei confronti della Russia sia cambiato nel corso del tempo.
Dalla critica alla Ue per non aver reagito all’invasione russa in Crimea al viaggio di Manlio Di Stefano a Mosca, ospite di Russia Unita, il partito di Vladimir Putin.
Il sito americano ricorda anche i portali legati al M5S: La Fucina (definito “un sito di salute che riporta post su cure miracolose alimentando anche cospirazioni anti vaccini”), La Cosa, TzeTze e così via.
Un sistema capace di raggiungere milioni di utenti in rete: “Questi siti inesorabilmente rilanciano la campagna M5S, disinformazione e gli attacchi ai rivali politici – in particolare, il premier di centrosinistra Matteo Renzi. Uno di questi, Tzetze, ha 1,2 milioni di seguaci su Facebook”.
Alle domande specifiche sul tema inviate da BuzzFeed, la Casaleggio Associati non ha voluto rispondere. Ma anche a questo, in Italia, siamo abituati da tempo.
(da “La Repubblica”)
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Novembre 30th, 2016 Riccardo Fucile
TIZIANA PASSEROTTO DOPO CASTELLI, COTA E MARONI ORA POTRA’ DIRE LE STESSE COSE CON LA RAGGI, TANTO IL SISTEMA DI POTERE E’ LO STESSO
Entrerà nell’«Ufficio di diretta collaborazione della Sindaca», come si legge nella delibera dello scorso 18 novembre, con il compito di «coordinare i molteplici flussi comunicativi tra l’Organo di vertice e le strutture capitoline», tenendo conto della «complessità delle problematiche e della molteplicità delle informazioni da sistematizzare all’interno del predetto Ufficio».
L’ex spin doctor leghista è stata scelta dalla sindaca grillina dopo un’attenta «valutazione del suo percorso professionale e dell’esperienza maturata», viene precisato nel provvedimento.
I trascorsi- anche recentissimi — nelle fila della Lega, insomma, non hanno infastidito la prima cittadina del M5S,anzi.
Nella delibera viene sottolineata proprio la carriera della Passerotto sotto l’egida di Alberto da Giussano,quando si ricorda «l’attività presso la presidenza della Regione Piemonte», guidata da Roberto Cota, e poi «negli uffici dell’assessore all’Agricoltura della Regione Lombardia», a trazione leghista con il governatore Roberto Maroni.
E poi ancora il periodo alla guida della comunicazione nel gruppo parlamentare della Lega «presso la Camera dei Deputati», sempre con Cota presidente,e andando a ritroso la parentesi al «Ministero della Giustizia», dal 2004 al 2006, quando il responsabile del dicastero era il lumbard Roberto Castelli.
Le carte si stanno scoprendo poco a poco, noi l’avevamo capito da tempo.
(da agenzie)
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Novembre 30th, 2016 Riccardo Fucile
“FATTA FUORI DAL CERCHIO MAGICO CHE CIRCONDA LA RAGGI PERCHE’ DICEVO LA VERITA’ SU PERSONAGGI EQUIVOCI COME MARRA E ROMEO”
C’è uno strapotere che orbita attorno a Virginia Raggi e la indirizza. 
Carla Raineri racconta la sua breve esperienza in Campidoglio come capo di Gabinetto della Giunta Raggi in un memoriale depositato alla Procura di Roma, registrato con un protocollo riservato, di cui dà notizia la Repubblica.
Quarantacinque giorni in cui la giudice ha vissuto manovre, minacce, sotterfugi messi in atto dal cosiddetto “Raggio Magico”, che affianca e indirizza la sindaca M5S.
Un gruppo assai ristretto – il vice Daniele Frongia, il braccio destro Raffaele Marra e il capo segreteria Salvatore Romeo – che domina il Campidoglio.
“Avrò visto Raggi complessivamente un paio d’ore in un mese e solo in occasione delle riunioni di Giunta. Per contro lei era sempre chiusa nella sua stanza con Romeo e Marra, sempre informati in tempo reale”.
“Appena insediata in Campidoglio, il 29 luglio 2016, ho subito avvertito intorno a me una crescente ostilità . Ostilità sia perchè occupavo una casella cui palesemente ambivano altri soggetti molto cari alla Raggi (Frongia, Romeo, Marra) sia perchè, da subito, mi sono scontrata con la sindaco sulla procedura di nomina di Romeo, da me ritenuta assolutamente illegittima, e sulla indisponibilità di trattenere Marra nel Gabinetto. Mi sono quindi progressivamente trovata collocata (direi letteralmente schiacciata) tra Romeo e Marra. La sindaco, per limitare le mie prerogative, ha immediatamente concepito una Segreteria particolare, che era in realtà il “vero Gabinetto”, a capo del quale ha posto Romeo”.
Presenze costanti in Campidoglio, sempre al fianco della sindaca.
“Romeo era onnipresente, terribilmente invasivo e prevaricante. Dai diktat in merito alla organizzazione delle riunioni alla precettazione delle stanze. Addirittura villano e offensivo con la mia segreteria. Sempre protetto dalla sindaca che rimarcava, di fronte a tutti, la centralità del suo ruolo. Marra, dal canto suo, aveva la qualifica di vicecapo di Gabinetto. Con lui non ho mai avuto il piacere di condividere alcuna decisione. Riferiva direttamente alla sindaco. Il paradosso era che io non venivo convocata alla riunioni (per esempio sul terremoto) e nessuno mi avvertiva neppure delle urgenze. In compenso, il giorno del terremoto, mentre la protezione civile conferiva con Romeo (non con me) e con Frongia, io venivo richiesta ripetutamente e insistentemente di attivarmi per autorizzare l’assessore Bergamo a recarsi a spese del Campidoglio al Festival del cinema di Venezia”.
Raineri racconta come i suoi dubbi sulla nomina di Salvatore Romeo furono respinti dalla sindaca.
“La delibera è approdata direttamente in giunta il 9 agosto, senza passare al vaglio del Gabinetto, dove di norma vengono trasmesse alcuni giorni prima per un esame di legittimità “. La posizione di Romeo “era stata inserita all’interno di una più vasta delibera contenente altre due posizioni di collaboratori e l’emolumento non era esplicitato nel quantum, ma determinato con un rinvio a categorie contrattuali di non immediata percezione”. Quando Raineri se ne accorge, avverte Raggi che poteva configurarsi l’abuso d’ufficio se il fine fosse stato quello “di attribuire a un dipendente un vantaggio economico altrimenti non conseguibile (Romeo aveva più che triplicato il suo stipendio)”. Ma “trovai la sindaca totalmente impermeabile”.
Altro capitolo, Raffaele Marra.
“Nei primi giorni del mio insediamento Marra mi disse di aver dovuto trasferire la moglie e i suoi 4 figli a Malta, perchè minacciati dalla criminalità organizzata, e di avere rinunciato alla scorta personale nonostante anch’egli a rischio di incolumità “. Ancora: “Ufficiali della Gdf mi segnalarono l’inopportunità di trattenerlo nel Gabinetto. Minenna mi riferì di aver appreso dai vertici Gdf che fra le situazioni sospette che avevano determinato il suo demansionamento fino alla fuoriscita dal Corpo vi era un corso privato di pilota civile per il quale aveva sostenuto un costo di 90 milioni di cui non aveva documentato la provenienza”.
Terribile la reazione “quando apprese che non intendevo confermargli il ruolo di vice: si adirò alzando la voce e minacciando ritorsioni”.
Raineri racconta il suo scontro con Virginia Raggi.
Pose tre condizioni per la permanenza nel suo incarico di capo di Gabinetto: allontanare Marra dal Gabinetto e nominare al suo posto un colonnello dei Carabinieri; rivedere la nomina di Romeo; restituire dignità all’ufficio di Gabinetto, limitando le interferenze.
“Chiesi un appuntamento a Raggi al ritorno dalle sue vacanze. Il 25 agosto, in occasione di un duro confronto, le riferii che me ne sarei andata se le cose non fossero cambiate. Raggi rimase più che contrariata. Ricordo ancora il suo sguardo pieno d’odio”.
Poi il 31 agosto, a seguito del parere dell’Anac, fu convocata in Campidoglio e costretta a lasciare da Raggi, il cui comportamento, scrive Raineri, fu “improntato dal preordinato intento di danneggiare la mia immagine e determinare le mie dimissioni”.
“Un’iniziativa ritorsiva – scrive Raineri – concepita subito dopo il colloquio del 25 agosto, allorchè la sindaco apprese la mia indisponibilità ad avallare la delibera di Romeo e trattenere Marra nel Gabinetto, e consumata in riunioni segrete con Marra e Romeo”.
Il Messaggero scrive oggi che dentro M5S si sta aprendo uno scontro proprio attorno al Campidoglio di Virginia Raggi.
Uno scontro che riguarda proprio le nomine della sindaca, una vicenda che potrebbe presto finire sul tavolo dei probiviri, chiamati in questi giorni a risolvere le grane legate alle firme false a Palermo e Bologna.
Raggi ha però ricevuto il sostegno di Luigi Di Maio, che ieri si è recato in Campidoglio per incontrarla, un segnale di distensione in un periodo convulso.
Per Il Foglio, invece, Beppe Grillo vuole addirittura porre termine all’esperienza della sindaca: “il destino di Virginia Raggi si consuma in una clessidra che sarà girata da Beppe Grillo un minuto dopo il referendum del 4 dicembre, specialmente se dovesse vincere il No, e se insomma la legislatura dovesse avvitarsi precipitando verso le elezioni anticipate”.
(da “Huffingtonpost“)
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Novembre 30th, 2016 Riccardo Fucile
NON SI ACCONTENTA DELLA SOSPENSIONE TARDIVA DEI PROBIVIRI
La base del MoVimento 5 Stelle a Palermo non si accontenta della sospensione comminata dal collegio dei probiviri ai tre deputati (Riccardo Nuti, Claudia Mannino, Giulia Di Vita) e all’impiegata dell’ARS nel gruppo grillino Samantha Busalacchi. Anzi, c’è chi chiede una sfiducia ai vertici:
Una frangia, guidata dal cinquestelle Daniele Romano e dal meet-up “Attivisti liberi”, ha lanciato una sorta di “sfiducia ai vertici” attraverso una pagina Facebook e in 31 vi hanno aderito.
Il gruppo sta pensando di convocare una riunione formale per sfiduciare non solo gli indagati ma anche deputati nazionali e regionali palermitani Loredana Lupo, Chiara Di Benedetto e Gianpiero Trizzino.
Insomma, il caso firme false rischia di provocare un terremoto nel movimento proprio alla vigilia di impegni elettorali delicati, a partire dalle amministrative a Palermo: non a caso rimane sospesa la procedura delle “comunarie” che aveva visto l’adesione di oltre 120 aspiranti candidati consiglieri comunali e sindaco.
Procedure che stavano gestendo proprio i due parlamentari sospesi d’imperio, Nuti e Mannino, che si sono chiusi nel silenzio più assoluto. Chi invece ha parlato ieri, anche se solo su Facebook, è stata la Di Vita: «Tengo solo a precisare che io non ho fatto un bel niente, per il resto si vedrà ».
Ma chi può guidare adesso il Movimento a Palermo?
Chi potrebbe prenderne le redini è Trizzino, considerando che si sono autosospesi anche Giorgio Ciaccio e Claudia La Rocca, entrambi indagati ma gli unici che collaborano con i magistrati.
Trizzino gode della fiducia e del sostegno del leader regionale Giancarlo Cancelleri e dell’astro nascente, l’eurodeputato Ignazio Corrao.
Fuori i “monaci” nutiani, adesso è questo il fronte che ha preso le redini del Movimento, anche se tra i volti nuovi a Palermo crescono le quotazioni di Ugo Forello, l’avvocato fondatore di Addiopizzo che punta a essere candidato a sindaco di Palermo.
Sebastiano Messina su Repubblica dettaglia il fatto che la storiaccia di Palermo ha messo i Cinquestelle con le spalle al muro: può essere ancora difeso chi si rifiuta di dare una prova calligrafica, chi invoca davanti al magistrato – nella terra dell’omertà – il diritto a rimanere in silenzio?
E basta dare un’occhiata all’ironia che si scatena su Facebook, dove Nuti è diventato «Muti», e soprattutto ai commenti sul blog di Grillo per accorgersi che i militanti sono furibondi, e non si accontentano affatto della «sospensione cautelare» inflitta ai quattro incriminati (declassati dai probiviri da «portavoce» a «signori»).
Ma come, scrivono in tanti, tutto qui? «Espulsione senza se e senza ma» detta, lapidario, Marzio. «Bisognava cacciarli e basta! Perchè non siamo stati interpellati?» domanda Daniele. Li avete sospesi per 12 mesi, scrive Ivan, ma «in questo periodo loro percepiranno gli stipendi e i rimborsi spese? E dovranno rendicontare?».
Anche sul sito del Fatto, il giornale amico, tra i 1557 commenti alla notizia delle sospensioni affiora l’ira dei grillini: «Sospesi dal Movimento, però continuano a percepire gli stipendi e indennità , e non dovranno versare nulla, cioè si terranno tutto lo stipendio per intero» commenta “g.d.m.” che evidentemente conosce a memoria il decalogo del portavoce.
Molti, è naturale, trasformano la sanzione in prova della diversità , perchè il Movimento sospende gli inquisiti mentre gli altri no, ma l’analisi più dura è quella di un post anonimo: «Si comincia col copiare il compito e si arriva alle firme false, alle raccomandazioni e alle tangenti. Siamo un popolo di furbi, che vivono di raggiri e tante piccole bugie. Renzi è un bugiardo? È un gran bugiardo. Ma lo siamo anche tutti noi».
(da agenzie)
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Novembre 30th, 2016 Riccardo Fucile
LA FIRMA DI UNA ITALO-BRITANNICA CHE ERA ALL’ESTERO… FINORA CONTROLLATE SOLO 190 FIRME SU 1.200
Ci sarebbero delle firme false, o di sicuro ci sono delle persone che davanti ai Carabinieri non
http://s15.postimg.org/bzlv5pf9n/bologna.jpgriconoscono la propria firma.
Nell’inchiesta che vede indagato anche il vice-presidente del consiglio comunale di Bologna, Marco Piazza del Movimento 5 stelle, ci sarebbe qualcosa in più rispetto alle sole irregolarità nella autenticazione di firme vere.
Sulle 200 persone sentite dai militari dell’Arma, infatti, ci sarebbe chi non ha riconosciuto la propria grafia tra quei moduli necessari alla presentazione delle liste per le Regionali del 2014.
L’indagine va avanti nel più stretto riserbo. Ma qualcosa trapela.
L’edizione bolognese del quotidiano La Repubblica racconta di una donna italo-britannica che, al momento della sottoscrizione, si sarebbe trovata all’estero e di altri tre uomini che non avrebbero riconosciuto la propria firma.
Tra loro quella della donna italo-britannica e quella di un altro signore: a quest’ultimo, abituato a firmare anteponendo il cognome, sarebbe stata mostrata dai militari una firma che inizia con il nome.
Ci sarebbero inoltre delle altre firme (non più di due) riconosciute come proprie dagli elettori, i quali però erano convinti di avere sottoscritto altre iniziative, non le liste per le Regionali.
Ma gli investigatori potrebbero anche decidere di andare più a fondo.
L’indagine infatti è stata condotta dai Carabinieri di Vergato solo su 190 firme sulle 1.200 depositate dal Movimento 5 stelle.
Le altre mille devono essere ancora analizzate.
Intanto delle 190 firme sono meno di trenta quelle sospette: il caso più ricorrente riguarda firme che sarebbero state raccolte fuori regione (l’esposto che ha fatto partire l’inchiesta parlava del raduno romano al Circo Massimo); oppure a Bologna, ma, secondo l’accusa, in assenza dei certificatori (Marco Piazza era uno di questi).
Presto intanto potrebbero partire i primi inviti a comparire per gli indagati: oltre a Piazza gli altri nomi sono quelli di Stefano Negroni, Tania Fiorini e Giuseppina Maracino.
Per tutti il reato contestato dalla pm Michela Guidi, è quello previsto dal Dpr 570 del 1960, il testo speciale sulla disciplina elettorale che punisce all’articolo 90 (comma due) chi commette irregolarità nella formazione delle liste
(da agenzie)
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Novembre 30th, 2016 Riccardo Fucile
FORZATURE E NOTIZIA FALSE DA UNA PARTE E DALL’ALTRA… IL KIT ANTI-BUGIE DI RENZI: “L’ULTIMA E’ SU MIA MOGLIE”
Ci sono le bufale-satira, che puntano a smontare gli allarmismi: Gigi D’Alessio col cartello che dice “Se vince il No smetto di cantare”.
E ci sono le bufale semiserie, quelle più o meno anonime del web, in cui si rischia anche di cadere: “Non lasciare che cancellino il tuo voto, non usare le matite del seggio, portati la biro!”.
Oppure: “Trovate a Rignano, paese di Renzi, cinquecentomila schede già segnate col Sì”. È una di quelle contro cui il premier si è scagliato ieri sera, nella sua diretta social #matteorisponde, lanciando il suo kit anti-bufale sulla riforma.
Lui ne ha elencate una ventina: dalla lunghezza dell’articolo 70 alla deriva autoritaria fino all’immunità parlamentare. “L’ultima è quella su mia moglie, Agnese che vota No”.
E per smontare la tesi del Senato “dopolavoro di non eletti” Renzi ha mostrato un fac-simile della scheda con cui i cittadini sceglierebbero i senatori. Anche se la legge, come lui stesso ha ricordato, ancora non c’è.
Insomma bufale e forzature spuntano anche nella propaganda ufficiale, controfirmata dai comitati del Sì e del No. Ecco quelle più vistose.
LE BUFALE DEL SàŒ
I tagli. “Con la riforma si risparmieranno almeno 490 milioni l’anno”.
L’ha detto la ministra Maria Elena Boschi, lo spiega così il vademecum del Sì: “Abolite le indennità dei senatori (80 milioni); razionalizzazione dei servizi del Senato (70 milioni); superamento delle Province (320 milioni); soppressione del Cnel (20 milioni)”.
Peccato che siano cifre senza riscontri. L’unica stima che ha il bollino della Ragioneria generale dello Stato quantifica in 57 milioni l’abolizione delle indennità dei senatori.
Lo stop alle Province invece è già previsto dalla legge Delrio del 2014. A ricordarlo è anche Roberto Perotti, ex consigliere economico del governo Renzi che, sulla Lavoce.info, ha stimato in 161 milioni annui i tagli della riforma: 131 milioni in tutto dal Senato, 3 dall’abolizione del Cnel, 17 dagli stipendi dei consiglieri regionali, 10 dall’azzeramento dei fondi ai gruppi regionali.
Il Pil. “Se vince il Sì aumenta il Pil”.
Lo dice il sito Bastaunsì, ma è un automatismo impossibile da dimostrare, anche se le previsioni di Confindustria (contestatissime) vanno in questa direzione.
Certo la vittoria del Sì potrebbe assicurare stabilità e quindi effetti positivi sulla crescita, che dipende però da molti altri fattori. A settembre l’Ocse abbassava le stime sul Pil (0,8% nel 2017) affermando: “Non siamo in grado di pronunciarci sugli effetti potenziali” del referendum. Nelle ultime previsioni la riforma viene definita “un passo avanti” ma, a prescindere dall’esito referendario, la stima sale a + 0,9%.
I governi tecnici. La vittoria del No ci “condanna a governi tecnici in eterno”.
L’affermazione campeggia sul sito Bastaunsì. Ma un conto è dire che se la riforma viene bocciata c’è il rischio di un governo tecnico, altro è sostenere che non avremo altro da qui all’eternità . Se vince il No resta la Costituzione attuale, che in 70 anni ha consentito numerosi governi politici.
LE BUFALE DEL NO
Camere illegittime. “La riforma è stata approvata da un Parlamento illegittimo perchè eletto con una legge bocciata dalla Corte costituzionale”.
È una tesi frequente tra i sostenitori del No, ma in realtà è un giudizio politico non un fatto. La stessa sentenza della Consulta che ha dichiarato l’incostituzionalità del Porcellum conferma la piena legittimità delle Camere elette con quel sistema. “Le Camere”, scrivono i giudici, “sono organi costituzionalmente necessari ed indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare”.
L’elezione del Colle. “Sarà possibile eleggere il presidente della Repubblica con 10-15 voti”.
La tesi, falsa, è circolata nel fronte del No, ma i numeri sono stati corretti nel tempo. L’ultima versione è così: “Dal settimo scrutinio, quando il quorum scende a tre quinti dei votanti, basteranno 221 parlamentari per scegliere il capo dello Stato, a patto però che le opposizioni abbandonino l’aula”.
Ma perchè dovrebbero farlo visto che se sono tutti presenti di voti ne serviranno 439, cioè ben 99 in più dei 340 deputati che l’Italicum (se resta) assegna alla maggioranza?
Il referendum. “Con la riforma sarà più difficile proporre referendum abrogativi perchè aumenta il numero di firme per richiederlo”.
Non è vero. I requisiti attuali restano in vigore: 500 mila firme per presentare la richiesta, un quorum minimo della maggioranza degli aventi diritto perchè il risultato sia valido. Ma si aggiunge una nuova possibilità : se si raccolgono 800 mila firme il quorum scende alla maggioranza dei votanti alle ultime elezioni politiche.
(da “La Repubblica”)
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Novembre 30th, 2016 Riccardo Fucile
RIPARTE IL PROCESSO CONTRO IL PRESUNTO OMICIDA SCHIRIPPA
“Chiedo scusa alla Corte. Questo processo contro Schirripa è illegittimo e deve chiudersi”. Il vizio di
forma auto-denunciato dalla procura non consente di procedere con il dibattimento in corso.
Lo ha detto il pm, Marcello Tatangelo, prendendo la parola in udienza. “Alla luce della presenza di un precedente fascicolo è pacifico che gli atti siano inutilizzabili ed è preclusa l’azione penale. Visto che si può sbagliare ma siamo persone serie, abbiamo chiesto immediatamente la scarcerazione. Ma a nostro avviso le conseguenze della mancata riapertura non sono affatto letali per il processo: le prove che c’erano rimangono valide, almeno tutte quelle antecedenti al 25 novembre 2015, giorno dell’iscrizione al registro degli indagati. Abbiamo fatto quattro udienze che non dovevano essere fatte, me ne scuso – ha detto il pm, Marcello Tatangelo -, c’è giurisprudenza a sostegno della nostra idea che un processo a Schirripa si possa ancora fare. Anche se questo non è più un problema di questa Corte”.
A questo punto gli avvocati della difesa, Mauro Anetrini e Basilio Foti, si sono associati alla richiesta della procura di chiudere il processo.
Ma la parte civile, l’avvocato della famiglia Caccia, ha attaccato duramente il pm e i giudici, pretendendo che sia questa Corte a pronunciarsi sulla utilizzabilità delle prove raccolte in questo procedimento.
“Io non sbaglio e sono persona corretta – ha replicato Repici – in questa tragedia degli equivoci in cui il signor Schirripa che oggi è imputato e domani è indagato. Come la Corte sa che i processi devono essere una casa di vetro trasparente. Io voglio sapere da voi che avete la podestà sugli atti raccolti in questa sede se il nuovo processo che si va formando non è solo una toppa a un gravissimo errore commesso”.
La Corte si è ritirata per decidere.
(da “La Repubblica”)
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Novembre 30th, 2016 Riccardo Fucile
MNUCHIN AL TESORO E ROSS AL COMMERCIO, DUE SOGGETTI BORDER LINE
Steven Mnuchin potrebbe essere il prossimo segretario al tesoro degli Stati Uniti, voluto fortemente dal neo-presidente Donald Trump.
Mnuchin è un ex executive di Goldman Sachs diventato poi un finanziatore di hollywood, ad aprile era diventato capo delle finanze della campagna del candidato repubblicano alle elezioni presidenziali dell’8 novembre scorso.
Mnuchin sarebbe il secondo ex dipendente di Goldman Sachs ad assumere un ruolo chiave nel prossimo governo Trump dopo Stephen Bannon, futuro stratega e consigliere capo del quarantacinquesimo capo di stato, espressione della destra antisistema e ultraconservatrice. Non solo.
Mnuchin sarebbe il terzo executive della banca di Wall Street a prendere il comando del dipartimento al Tesoro dalla metà degli anni ’90.
Laureatosi alla Yale University, ha subito iniziato a lavorare per Goldman Sachs, dove è rimasto per 17 anni per poi fondare un suo hedge fund, Mnuchin sarebbe il volto di un sistema finanziario fortemente criticato da Trump in campagna elettorale.
Basti pensare che in uno spot pubblicitario del candidato del Gop, il leader di Goldman veniva raffigurato come parte di una elite mondiale che “ha derubato la classe lavoratrice”.
Eppure Trump sembra non potere fare a meno di Wall Street, come dimostrato dal fatto che ieri alla Trump Tower è stato visto Gary Cohn, presidente di Goldman a cui potrebbe essere chiesto di ricoprire un incarico al Tesoro, all’ufficio management e budget della Casa Bianca o addirittura alla Federal Reserve.
Mnuchin sarà chiamato a occuparsi dei cavalli di battaglia di Trump: riformare il sistema tributario garantendo un taglio alle aliquote fiscali; rivalutare lo storico accordo sul nucleare siglato dalle potenze mondiali con l’Iran; rinegoziare accordi commerciali per mettere gli Usa al primo posto e magari definire la Cina come un manipolatore di valute.
Wilbur Ross verso il Commercio.
L’ex banchiere e investitore miliardario Wilbur Ross dovrebbe essere il nuovo segretario al Commercio degli Stati Uniti, nella futura amministrazione Trump. Lo riporta l’emittente Nbc.
Un uomo famoso per avere comprato aziende in crisi, poi ristrutturate e vendute con laute plusvalenze, il 79enne Ross è presidente e strategist numero uno della società di private equity w.L. Ross & co; un ex democratico, il suo patrimonio è stimato in 2,9 miliardi di dollari.
Se confermato, rappresenterà il volto dell’imprenditoria americana nel mondo. Come Mnuchin, anche Ross è un insider: ha fatto parte del team economico nella campagna di Trump.
La reputazione del miliardario è mista: è visto come uno speculatore disposto a farsi carico di molti rischi, un eroe per alcuni e un avvoltoio per altri.
Nel 2002 è stato lodato per avere salvato per esempio ltv, azienda di Cleveland finita in bancarotta che aveva chiuso una fabbrica di acciaio.
Ne fuse poi gli asset con Bethlehem Steel creando un nuovo gruppo, la International Steel group, poi ceduto due anni dopo a Mittal Steel per 4,5 miliardi di dollari.
Nel 2006 fu travolto invece dalle polemiche per l’esplosione costata la vita a 12 persone di una miniera in West Virginia che la sua azienda aveva comprato qualche settimana prima.
Due esempi che dimostrano una reputazione controversa ma che secondo lui dovrebbe essere rappresentata dalla fenice, uccello mitologico con cui vuole sottolineare il suo obiettivo di risollevare le aziende dalle loro stesse ceneri.
Esattamente quello che Ross ha aiutato Trump a fare con alcuni dei suoi casinò ad Atlantic City, New Jersey.
È lui – insieme a un altro investitore miliardario, Carl C. Icahn – ad avere permesso una ristrutturazione del debito del Trump Taj Mahal che ha permesso a Trump di salvare la faccia. E il suo marchio. Ora Ross deve tenere fede al motto del presidente eletto “Make America great again”.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 30th, 2016 Riccardo Fucile
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