Novembre 15th, 2016 Riccardo Fucile
AL GIORNALISTA DELLA GABBIA NON AZZECCA UNA RISPOSTA: “GLI ARTICOLI DELLA COSTITUZIONE? 147, ANZI 148” (SONO 139)… “I SENATORI? SONO 300” (SONO 315 + QUELLI A VITA) … E IL CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ECONOMIA E DEL LAVORO (CNEL) PER SALVINI E’ “IL COMITATO NAZIONALE ELABORAZIONE LEGISLATIVA”… INVECE DEL CNEL ABOLISCA SE STESSO
Il leader del Carroccio, intercettato da un giornalista de La Gabbia Open (La7) fuori da Montecitorio, fa una pessima figura in diritto costituzionale.
E, vista la sua scarsezza, il politico che ambisce alla guida del centrodestra farebbe bene a ripassare oppure a non sottoporsi a simili umiliazioni.
“Il numero di articoli? 147, anzi 148”, dice all’inviato che fa buon viso a cattivo gioco (gli articoli in realtà sono 139).
“I senatori? Sono 300” (invece sono 315 più i senatori a vita nominati dal Quirinale).
Ma la perla migliore la tira fuori sul Cnel, il Consiglio nazionale Economia e Lavoro che, nell’accezione salviniana, diventa “comitato nazionale elaborazione legislativa”.
C’è da dire che Matteo Salvini è in buona compagnia.
Mercoledì 16, in prima serata su La7, Gianluigi Paragone manderà in onda le riposte degli altri politici.
Certo che per uno che vuol fare il leader del centrodestra e ogni sera sproloquia di difesa della costituzione questa “competenza in materia ‘ una garanzia”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: LegaNord | Commenta »
Novembre 15th, 2016 Riccardo Fucile
IL CAV STAMANE AVEVA DETTO: “NON PUO’ ESSERE IL LEADER SE HA CONTRASTI CON LA LEGA”… PARISI: “FORZA ITALIA HA PERSO 10 MILIONI DI ELETTORI CHE SPERAVANO IN UNA RIVOLUZIONE LIBERAL-POPOLARE, DEVO RECUPERARE IL LORO CONSENSO, DI QUELLO DI SALVINI NE FACCIO A MENO”
Acque sempre più agitate nel centrodestra per la leadership della coalizione, con il coordinatore di Forza Italia Stefano Parisi e il segretario della Lega Matteo Salvini ormai ai ferri corti.
E le parole pronunciate stamattina da Silvio Berlusconi in un’intervista a Radio anch’io sono suonate come un altolà (ma c’è chi parla di un benservito) a Parisi, designato dallo stesso premier alla guida della sua creatura politica.
“Parisi sta cercando di avere un ruolo all’interno del centrodestra ma avendo questa situazione di contrasto con Salvini credo che questo ruolo non possa averlo”.
E in serata è arrivata la replica dell’ex candidato alla poltrona di sindaco di Milano: “Non si governa con gli slogan. Con le ruspe non si governa l’Italia”, ha detto Parisi nel salotto di Vespa, aggiungendo un lapidario: “Chi sta con Salvini perde le elezioni”.
Berlusconi e l’unità del centrodestra.
Quelli tra Stefano Parisi e Matteo Salvini sono solo “scontri personali”, non rotture definitive. Silvio Berlusconi in un’intervista a Radio anch’io però ha ribadito che il centrodestra deve rimanere unito: “Parisi sta sta cercando di avere un ruolo all’interno del centrodestra ma avendo questa situazione di contrasto con Salvini credo che questo ruolo non possa averlo”.
Per il leader di Forza Italia, “il centrodestra è compatto, aldilà di quello che appare negli ultimi giorni”. Sabato scorso, infatti, Padova e Firenze sono diventate nelle stesse ore le due anime del centrodestra, con le manifestazioni organizzate dal segretario della Lega Matteo Salvini e dal coordinatore di Forza Italia Stefano Parisi, che dalla città veneta ha lanciato un messaggio netto: “È arrivato il momento. Ora dobbiamo candidarci alla guida del Paese”. E ha aggiunto: “Noi non siamo quella roba che è a Firenze oggi”, prendendo le distanze dal segretario del Carroccio.
Nell’intervista radiofonica Berlusconi ha sottolineato che “tutti i partiti che fanno parte della coalizione sanno che, se la rompono, si condannano all’irrilevanza. Stiamo lavorando a un programma condiviso, il resto appartiene al teatrino delle schermaglie e delle ambizioni personali. La nostra è un’alternativa liberale alla politica di sinistra e al populismo di Grillo”.
La replica di Parisi a Porta a Porta.
In serata è arrivata la replica del coordinatore di Forza Italia dal salotto di Porta a Porta. Replica che Stefano Parisi ha tenuto su toni netti: “Io passi indietro non ne faccio, vado avanti. Mi sono preso la responsabilità di rappresentare un’area politica popolare che oggi nel paese ha la maggioranza. Io sono convinto che Berlusconi mi sosterrà . Berlusconi non mi molla, non si fa guidare da Salvini, sono convinto che non cambierà idea, non credo che in un weekend si cambia linea”, ha detto il manager che non ha lasciato passare sotto silenzio la sostanziale sconfessione piovutagli addosso in mattinata dal leader del centrodestra.
Parisi si è richiamato alle parole con le quali l’ex presidente del Consiglio ha marcato la differenza tra destra e liberali e popolari, contenute in un’intervista di venerdì.
“Poi – ha lasciato cadere – non so cosa è accaduto tra venerdì ed oggi, ma so che bisogna essere stabili perchè altrimenti si genera confusione e sconcerto, la gente non capisce e poi resta a casa quando si tratta di andare a votare”.
Il leader di ‘Energie per il rinnovamento’ ha glissato davanti alle insistenze di Bruno Vespa che ha parlato più volte di una sorta di lettera di licenziamento dell’ex Cavaliere, ma la replica di Parisi è stata netta: “Il problema non è recuperare il consenso di Salvini o di qualche altro leader del centrodestra. Il fatto è che Forza Italia ha perso dieci milioni di voto ed io cerco di recuperare la fiducia degli italiani. Il problema – ha continuato Parisi – non è se ho il sostegno di qualcuno ma se il centrodestra ha il sostegno delle persone. Con le ruspe – avverte ancora – non si governa l’Italia”.
Dunque, Parisi ha mostrato fiducia sul reale sostegno da parte di Berlusconi, ma non ha perso l’occasione per ribadire che “agli italiani non interessa quanto io sia d’accordo o meno con Salvini. Certe cose succedono nei palazzi, nelle cene, nel mondo del potere, ma sono cose – ha accusato ancora – che gli italiani non capiscono più”.
Ecco perchè la risposta che Parisi ha spedito ad Arcore dal salotto tv di Bruno Vespa è che “se Berlusconi vuole Salvini leader può stare con lui, solo che così il centrodestra perde le elezioni perchè l’Italia non è lepenista e su questo non c’è dubbio”.
Anche per quanto riguarda il referendum Parisi è stato netto: “Non concordo con chi dice che si vota ‘No’ per cacciare Renzi. Renzi deve andare via con delle elezioni democratiche.”
“Io – ha spiegato – sono per il ‘No’ la referendum perchè questa riforma genererà confusione nel nostro sistema. Per fare così è meglio non fare nulla”.
Vespa ha poi chiesto a Parisi cosa accadrà in caso di vittoria del No: “A Renzi non piace galleggiare ma gli piace fare campagna elettorale. Se vince il no Mattarella prende in mano la situazione e il premier deciderà se fare una campagna elettorale da premier o da segretario del Pd, lui è molto scaltro e saprà cosa fare. Quello che è importante è avere una buona legge elettorale”.
(da agenzie)
argomento: Forza Italia | Commenta »
Novembre 15th, 2016 Riccardo Fucile
COMUNARIE A UN PASSO DAL SALTARE
Tutti contro tutti.
Il Movimento 5 Stelle a Palermo è una polveriera pronta a esplodere quando, la prossima settimana, saranno ascoltate dalla Procura le persone iscritte nel registro degli indagati nell’ambito del caso relativo alle firme copiate a sostegno della lista per le elezioni comunali del 2012, che vedeva come candidato sindaco Riccardo Nuti, attuale deputato.
Tra accusatori, accusati e attivisti che si sono autodenunciati, le ‘Comunarie’ per scegliere chi correrà alle amministrative di aprile sono a un passo dal saltare definitivamente.
Per adesso sono state congelate, dopo che ad agosto scorso erano state già raccolte le adesioni, 120 circa, e i video dei partecipanti, ma considerando le faide interne più di qualcuno conferma che “non è il clima adatto per la selezione dei candidati in Rete. Dovrebbe farlo Beppe Grillo direttamente e comunque bisogna aspettare almeno la fine delle indagini per capire meglio”.
Indagini che potrebbe tuttavia essere a una svolta dopo che lo stesso leader 5Stelle ha schiacciato sull’acceleratore dicendo ai suoi “Chi sa parli”.
Così la deputata regionale Claudia La Rocca, poi iscritta nel registro degli indagati, ha deciso di presentarsi davanti ai magistrati e raccontare tutto.
Ovvero che nella notte prima della presentazione delle liste, in una stanza della sede M5S c’erano, fra gli altri, Claudia Mannino, poi eletta deputato nazionale, e Samantha Busalacchi, oggi aspirante alla candidatura come sindaco di Palermo.
Sarebbero state loro, anche secondo la testimonianza di Vincenzo Pintagro, le autrici delle firme ricopiate da moduli non validi per un vizio di forma in moduli corretti.
Il caso firme ha travolto i meet up locali subito dopo la kermesse di Italia 5Stelle che si è celebrata proprio nel capoluogo siciliano e che doveva servire a tirare la volata in vista anche delle elezioni regionali dell’autunno prossimo. La rabbia sul web monta sempre di più.
Un attivista della prima ora, Massimiliano Trezza, si schiera: “Il Movimento cinque stelle è stato infangato da voi ‘ricopiatori’ seriali! Fuori dal M5S i ‘poltronisti’ a tutti i costi”, dice Trezza che di recente aveva chiesto un’assemblea per discutere dell’argomento. Assemblea che non c’è stata.
Poi l’attivista palermitano cita anche i nomi che, a suo avviso, avrebbero “infangato” il Movimento: “Nuti dimettiti, Mannino dimettiti. Busalacchi fuori dall’Ars”.
I vertici del Movimento continuano a sperare che le indagini della Procura finiscano il prima possibile, così da chiudere il caso ed espellere o sospendere le persone accusate in tempo per partecipare alle elezioni di aprile con o senza comunarie.
Intanto però sarebbero state tirate in ballo una trentina di persone, che rischiano l’incriminazione, tra cui deputati nazionali.
Il testo unico del 1960 che disciplina la materia elettorale prevede infatti che il reato di alterazione di un atto collegato a una consultazione popolare venga contestato non solo a chi materialmente lo commette ma anche a chi ha tratto consapevolmente beneficio da quelle falsificazioni. Per adesso sono state ascoltate solo le persone informate sui fatti, ma la prossima settimana si entrerà nel vivo degli interrogatori.
Sui nomi degli iscritti nel registro degli indagati il Movimento mantiene il massimo riserbo, ma non è escluso che ci possano essere parlamentari.
Riccardo Nuti, interpellato, preferisce non fare “dichiarazioni per rispetto del lavoro della magistratura” e in ogni caso — dice — “naturalmente sono a disposizione dei magistrati per essere ascoltato”.
Quanto alle amministrative di Palermo del 2017 interviene Giancarlo Cancellieri, in pole per essere candidato presidente alle elezioni regionali: “Faremo certamente una lista anche per il Comune di Palermo, è impensabile che il Movimento Cinque Stelle non partecipi alle prossime elezioni comunali del capoluogo siciliano. Ci saremo assolutamente”.
Di certo appare difficile immaginare le Comunarie.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Grillo | Commenta »
Novembre 15th, 2016 Riccardo Fucile
I DUBBI DI SANTORO, IL NO DI EMILIANO… DIVERSI SINDACI DI CENTRODESTRA, DA PERUGIA A UDINE, VOTERANNO SI’
L’ultimo arrivato nelle file di “quelli che sparigliano” al referendum costituzionale è Michele Santoro. «Cari amici nessuna riforma è perfetta, così come non lo era quella del 1948 — scrive in un post su Facebook indirizzato alla sua community – ma il nocciolo della questione è l’alternativa a questa riforma costituzionale: quale sarebbe? Un nuovo improbabile patto della crostata targato D’Alema-Berlusconi? Un accordo tra Sinistra italiana e Casa Pound? Io dovrei votare No e non avere timore di cosa accadrà dopo. Aspettando Trump».
Subito arruolato nel fronte del Sì dal comitato ”BastaunSì”
Santoro non ci sta all’abbraccio: «Non ho ancora deciso cosa votare il 4 dicembre, ma voglio spostare l’attenzione sul “dopo”», spiega. Però una cosa gli piace tanto, che è del resto nelle sue corde: «Sono eretico, e anche sconcertato».
Tra gli eretici, tra coloro che ci si attende per fede politica su tutt’altro fronte e che invece si smarcano, c’è quindi Santoro, il giornalista delle piazze.
Questa volta alla sua analisi online accompagna invece una esortazione: «Vi prego non rispondetemi con un’altra domanda. O con il solito vaffanculo ».
Il gruppo degli eretici è folto. Molto apprezzati da entrambi i fronti del Sì e del No, perchè chi si smarca fa notizia e ha un effetto traino.
Ecco che nella manifestazione “i sindaci in piazza” del 29 novembre – ciascuno nelle città a spiegare le ragioni del Sì – l’elenco vede in testa i primi cittadini del centrodestra che si sono staccati dal fronte dei contrari: Domenico Masone di Pietrelcina, Loredana Devietti Goggia di Ciriè, Furio Honsell di Udine, Federico Borgna di Cuneo.
Eretico è anche il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, a capo di una giunta di centrodestra e che ha rivendicato la «scelta personale » per il Sì.
Come l’ex leghista Flavio Tosi, sindaco di Verona. Stessa scelta del primo cittadino di Perugia, il forzista Andrea Romizi.
L’elenco si allunga con i tentati dal Sì della sinistra vendoliana strenua combattente per il No con Vendola in testa: Massimo Zedda e Marco Doria, sindaci rispettivamente di Cagliari e di Genova mantengono il profilo basso e istituzionale, però sono critici con il No.
Discorso a parte per Giuliano Pisapia, leader della sinistra, che ha dichiarato: «Il No non mi convince»; l’ex sindaco di Milano è preoccupato per le conseguenze che il conflitto all’OK Corral potrà avere sul “dopo”.
Sul fronte del No, l’eretico di maggior rilievo è il democratico Michele Emiliano.
Il governatore della Puglia ha riflettuto a lungo, poi ha fatto capire che questa riforma costituzionale non gli sta bene e che finirà col votare No al referendum.
Convinto inoltre di avere i pugliesi dalla sua, sia perchè il referendum sulle trivelle ha esacerbato gli animi sia perchè vorrebbe mantenere la competenza sul turismo .
Emiliano ha partecipato a numerose manifestazioni per il No, anche con l’ex capogruppo Roberto Speranza
Con il No è schierato anche Paolo Prodi, il fratello dell’ex premier Romano.
Storico di 84 anni, ex rettore dell’università di Trento, che con perfidia Ciriaco De Mita definiva la «vera mente» della famiglia Prodi, si è speso per la bocciatura della riforma: «È scritta molto male e incomprensibile », ha detto.
Accanto allo strappo della minoranza dem di Bersani e Speranza (per il No) e allo strappo allo strappo di Cuperlo (convinto al Sì da un patto con Renzi per cambiare la legge elettorale, l’ Italicum), covano dissensi in ordine sparso: ad esempio, quello di Paolo Fontanelli, cuperliano, questore della Camera, che però resta sulla posizione del No. Infine, Rosy Bindi. Eretica per definizione, Bindi evita endorsement tanto per il Sì come le chiede il suo partito, il Pd, che per il No, come le chiede la minoranza dem di cui fa parte.
Ricorda il suo ruolo di presidente della commissione antimafia: silenzio istituzionale.
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica“)
argomento: Referendum | Commenta »
Novembre 15th, 2016 Riccardo Fucile
SONDAGGIO PAGNONCELLI: IL PREMIER CONVINCE DUE ELETTORI SU TRE E INCASSA IL SOSTEGNO DEGLI ELETTORI DI FORZA ITALIA E DEL M5S
I sondaggi sul referendum non sono favorevoli, la popolarità del premier è in ribasso eppure c’è un tema che fa spopolare Matteo Renzi nei sondaggi: la guerra con l’Europa.
In una rilevazione pubblicata oggi da Nando Pagnoncelli sul Corriere della Sera si sostiene che la linea anti-UE del premier convince due elettori su tre e sul punto Renzi incassa il sostegno degli elettori di Forza Italia e persino quelli del M5S.
D’altronde, ricorda Pagnoncelli, questa è un’Europa che negli ultimi anni ha visto assottigliarsi la fiducia dei cittadini.
«Basta leggere i dati di Eurobarometro (primavera 2016): il 55% dei cittadini dei 28 Paesi dichiara di non avere fiducia nell’Ue, contro il 33% che si mostra fiducioso. Solo il 17% ritiene che l’Unione stia andando nella giusta direzione (con una diminuzione del 6% rispetto all’anno precedente).
E i cittadini italiani esprimono valutazioni molto simili.
Inoltre, soprattutto in Italia, si affievolisce il senso di appartenenza (il 49% si sente europeo mentre un altro 49% è di parere opposto) e solo il 23% ritiene che la propria voce conti in Europa. In un Paese tradizionalmente filo-europeo come il nostro la critica all’Ue non è più un tabù».
Ecco perchè il Renzi anti UE piace: l’annuncio del premier che la legge di Bilancio, per sostenere la crescita, non rispetterà il tetto al deficit richiesto dall’Ue incontra il favore di una larga maggioranza, quasi due su tre (62%): il 23% è d’accordo incondizionatamente perchè ritiene che le politiche di austerità stiano creando gravi problemi al Paese e il 39% si dice d’accordo anche se chiede prudenza per tenere i nostri conti in ordine.
Nel complesso le critiche mosse all’Europa da Renzi hanno un consenso maggioritario: il 32% si dichiara molto d’accordo e il 35% abbastanza, contro l’11% poco e il 12% per nulla.
Quasi un plebiscito tra gli elettori del Pd (97%) e del centro (94%), consenso elevato anche nell’opposizione: 74% tra gli elettori di FI, 61% tra i grillini e 52% tra i leghisti.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Renzi | Commenta »
Novembre 15th, 2016 Riccardo Fucile
NEGLI ULTIMI 15 ANNI MOLTI POLITICI HANNO INVIATO MISSIVE AI CITTADINI
Matteo Renzi ostenta ottimismo sul referendum costituzionale del 4 dicembre e continua a girare l’Italia (oggi è in Sicilia) per convincere gli indecisi.
E, dopo la contestata lettera inviata agli italiani all’estero, prepara un’altra missiva diretta alle famiglie italiane.
Dovrebbe arrivare nel fine settimana o al massimo all’inizio della prossima per spiegare nel dettaglio il contenuto del ddl Boschi, facendo intendere che dire Sì alla riforma costituzionale vuol dire approvare il cambiamento, il No invece equivale a restare nella palude.
L’attuale premier non è stato certo il primo a inviare lettere ai cittadini.
Prima di lui lo hanno fatto altri personaggi come Silvio Berlusconi, Romano Prodi, Walter Veltroni e Pierluigi Bersani.
Insomma, la storia politica degli ultimi quindici anni è fatta anche di momenti epistolari, che qui proveremo a ripercorrere.
2001: l’epopea del cavaliere.
In principio fu Berlusconi a spedire nelle case degli italiani la sua biografia in formato rotocalco, dal titolo “Una storia italiana”, in vista delle elezioni politiche del 2001.
Un volume di 125 pagine a colori su carta patinata, pieno di testi e foto, che narrava l’epopea del cavaliere: dall’infanzia alle palazzine milanesi alla televisione, dai trionfi sportivi con il Milan fino alla discesa in campo in politica
Una trovata che pagò in termini elettorali: Berlusconi diventò per la seconda volta premier a capo della Casa delle libertà , la coalizione di centrodestra formata da Forza Italia, centristi, Lega Nord, Alleanza nazionale e socialisti.
In verità , forte degli sconti postali da editore, il leader di Forza Italia ci aveva già provato nel 2000 con una lettera per le amministrative.
E per il cambio della moneta nel gennaio 2002 l’allora presidente del Consiglio inviò a “16 milioni di famiglie” un euroconvertitore, che neppure arrivò a tutti.
Altra missiva fu spedita nel 2003 per far digerire agli italiani la riforma delle pensioni e lo “scalone” Maroni.
2006: il No di Prodi alla riforma costituzionale.
Romano Prodi, dopo la vittoria per una manciata di voti alle politiche dell’aprile 2006 contro Berlusconi, scrisse nel giugno dello stesso anno la sua unica lettera agli italiani da presidente del Consiglio, per chiedere loro di votare No al referendum sulla riforma costituzionale scritta dal centrodestra.
La missiva, inviata a una settimana dal voto referendario, cominciava così: “Dobbiamo opporci con convinzione a questa confusa riforma che stravolge la nostra Carta, nata dall’antifascismo e dalla lotta di liberazione nazionale. Togliamo di mezzo questo brutto pasticcio”. Anche il quel caso la lettera ebbe la sua efficacia: vinsero i No e la riforma costituzionale berlusconiana venne bocciata.
2008: Berlusconi e Veltroni scrivono agli italiani all’estero
In occasione delle politiche che si sarebbero svolte nell’aprile del 2008 dopo la caduta del governo Prodi, sia il leader del centrodestra che quello del centrosinistra scrissero agli elettori all’estero.
La lettera di Berlusconi, molto diretta, invitava a votare contro “il governo della sinistra che ha impoverito il Paese con una valanga di tasse”, danneggiandone l’immagine internazionale.
Quella di Veltroni, invece, più “filosofica” chiedeva il contributo dei connazionali nel mondo per “costruire un’Italia nuova, più moderna, serena, veloce e giusta”.
Alla fine vinse Berlusconi, che diede vita al suo quarto governo. Veltroni uscì sconfitto. Nel 2010 si dimise da segretario del Pd e in quell’occasione pubblicò un intervento sul Corriere della Sera, dal titolo “Lettera al mio Paese”.
…e nel 2013 lo fa anche Bersani.
Anche Pier Luigi Bersani, candidato premier del centrosinistra alle politiche del 2013, scrisse una lettera agli italiani all’estero, forse memore del contributo decisivo che il voto dei connazionali nel mondo aveva dato alla vittoria di Prodi nel 2006.
Nel testo Bersani non prometteva “nuovi miracoli italiani, ma impegni chiari e precisi per creare occupazione, garantire serenità alle famiglie, dare un lavoro e un’opportunità ai giovani senza costringerli a scappare”.
L’epilogo è noto a tutti: il centrosinistra vinse le elezioni ma senza ottenere la maggioranza assoluta al Senato. E l’ex segretario Pd non riuscì a formare un governo.
2013: il cavaliere e l’Imu.
Sempre in vista della tornata elettorale del 2013, Berlusconi scrisse l’ennesima lettera alle famiglie, questa volta per spiegare come avrebbe fatto a restituire i soldi spesi per l’Imu. La missiva aveva quasi l’aspetto di un modulo di richiesta di rimborso.
E infatti in alto campeggiava una scritta in neretto: “Modalità per accedere nel 2013 al rimborso dell’Imu pagata nel 2012 sulla prima casa, sui terreni e sui fabbricati agricoli”. E sulla busta un occhiello mendace: “Avviso importante: rimborso Imu 2012″.
Al punto da meritarsi l’accusa di “truffa” da parte di Bersani.
(da “La Repubblica”)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 15th, 2016 Riccardo Fucile
UN CAPOPATTUGLIA DELLA VOLANTE: “SE IN QUESTA STRADA CAGA UN PICCIONE FA AUDIENCE”… SERVIREBBE L’ESERCITO? SI’ MA QUELLO DELLA SALVEZZA
Ogni città ha le sue cicatrici, via Padova sanguina dal 1999, quando i “nove morti in nove giorni” portarono Milano alla ribalta mondiale della cronaca nera.
Tra i morti ammazzati, c’era Ezio Bartocci, uno stimato gioielliere, in via Padova si tennero fiaccolate contro l’immigrazione africana e albanese, finchè l’allora sostituto procuratore Ilda Boccassini fece arrestare la banda.
Erano tutti bianchi, italiani, capeggiati da un giovane olandese.
Ma da allora, ciclicamente, questa strada – cicatrice, lunga quattro chilometri, attraversata dai ponti ferroviari, che finisce in un gomitolo di cavalcavia, “sanguina “, immersa com’è nelle polemiche politiche sulla sicurezza.
È successo anche ieri, quando il sindaco Giuseppe Sala, parlando dell’agguato in piazzale Loreto, costato una vittima, pare nell’infinita battaglia tra spacciatori, ha chiesto di utilizzare in via Padova una parte dei soldati “disoccupati” dopo il Giubileo.
Sono invece più che condivise nel quartiere le parole di Piero Leodi, rappresentante di uno dei tanti comitati che animano la strada, quello degli “Amici di via Idro”: “Una persona che non conosce la nostra via, e legge quello che tanti dicono, crede che sia un Bronx. Invece qui – spiega – la malattia è seria, non è però il cancro, se posso usare la brutta metafora. Sa come si chiama il male di via Padova? Si chiama abbandono, perchè qui nessun politico ha fatto niente di serio e duraturo, compresi Gabriele Albertini e Letizia Moratti”.
Passa una volante, il cronista conosce da tempo il capopattuglia, che riassume brutalmente così: “Se in questa strada caga un piccione, fa audience”.
Sottovaluta la situazione? Non pare, anzi conosce i bar di copertura dei gangster calabresi, sa anche dell’ultima retata, in via Mosso, con tre spacciatori portati via.
È che tutti i dettagli più neri di questa “via da telegiornale ” sono arci-noti e inalterati da decenni.
A cominciare da quello più datato e citato, le case di via Arquà , che con via Clitumno e via Chavez, rappresentano letteralmente una linea d’ombra: nessuno che abita in questa parte di città ci passa volentieri.
Sono vie desertificate, sulle quali si affacciano condomini che hanno bollette inevase della luce ormai superiori ai 400mila euro.
Perciò le scale sono buie anche con la luna piena e i pianerottoli restano misteriosi. Gli inquilini, quasi tutti maschi, vanno su e giù di notte con le torce, come minatori. Gli estranei non sono graditi, si ritrovano lungamente scrutati.
In queste “ca’ de ringhera”, case di ringhiera, abitavano immigrati meridionali poveri, adesso arrivano da altre guerre e altre carestie gli immigrati del mondo, ancora più poveri: quando un “padrone di casa” prende il posto dell’altro, preferisce disfarsi dei mobili, e chiunque, guardando quei truciolati sfondati e quelle stoffe bucate, può farsi un’idea della miseria di queste strade.
Letti, coperte, cuscini vanno in affitto a 15, 20 euro a notte, per decine e decine di persone, di fantasmi senza nome.
Non pochi disperati di notte sciamano verso quella che qui, scherzando sul macabro, viene chiamata “la movida di via Mosso”.
Ora, la “movida” cosiddetta è, a Milano, quella dei Navigli, dei cocktail, della “nightlife” (vita di notte, notte di vita), del glamour, dei locali di moda.
In questo angolo di via Padova, due transessuali – sia detto senza sessismo, è un dato di cronaca – smerciano piatti di carne e zuppe, li portano con un carrello del supermercato, sovraccarico di pentole, con una bombola di gas da campeggio a far da fornello.
Nei giardinetti i clienti non mancano, poco lontano c’è un “bene sottratto alle mafie”: sarebbe il caso di farci arrivare qualcuno della Procura e delle associazioni antimafia. Almeno per vedere.
I cancelli sono stati aperti, là dentro di notte “c’è chi dorme, chi si droga, chi si vende”, il prato spelacchiato è una discarica. Da mesi e mesi. Sempre uguale.
Come racconta sfiduciato Paolo Pinardi, del giornale “Ilponte”, prima su carta, ora on line: “Ormai dei convegni su via Padova ho perso il conto, ma un intervento serio per mettere a posto la zona, come è accaduto a Torino con Porta Palazzo, recupero privato sotto regia pubblica, comunale, non c’è mai stato. Sarebbe bastato, noi che abitiamo in zona lo sappiamo bene”.
Sì, viene da dire, servirebbe davvero un bell’esercito: l’esercito della salvezza, però, e non dei fucili.
Piero Colaprico
(da “La Repubblica”)
argomento: Milano | Commenta »
Novembre 15th, 2016 Riccardo Fucile
LI FACCIANO PAGARE IN QUOTA A CHI HA VOTATO PER USCIRE
Lasciare l’Unione Europea potrebbe costare al Regno Unito 60 miliardi di euro.
A tanto ammonta, secondo il ‘Financial Times’, il “conguaglio” che la Commissione Europea potrebbe chiedere di sborsare a Londra una volta che il governo guidato da Theresa May avrà fatto scattare l’Articolo 50 del trattato di Lisbona, che definisce le procedure per l’abbandono volontario della Ue.
La cifra – hanno spiegato fonti comunitarie al quotidiano della City – include garanzie sui prestiti, risorse per il welfare, fondi per progetti europei stanziati a favore della Gran Bretagna e tutti gli stanziamenti per iniziative comunitarie che a Londra spetta pagare, anche alla luce degli ammanchi che verranno creati dal suo addio.
Il commissario agli Affari Interni, il francese Michel Barnier, tra i principali negoziatori della Ue per la Brexit, non intende quindi fare alcuno sconto al Regno Unito.
Anche in virtù dei tentennamenti che hanno esasperato Bruxelles nei mesi successivi al referendum dello scorso 23 giugno, per Londra (che, secondo i documenti rivelati oggi dal ‘Times’, non avrebbe ancora una “Brexit strategy” compiuta) si profila quindi la strada di una ‘Hard Brexit’.
I funzionari europei che hanno parlato al ‘Financial Times’ hanno infatti chiarito che, prima di parlare di regime di transizione o di nuovi accordi commerciali, dovrà essere prima chiuso il divorzio.
La forma di compromesso più probabile, scrive la testata albionica, vedrebbe il Regno Unito continuare a partecipare al bilancio Ue per alcuni anni in modo da non dover pagare l’intero conto in un’unica soluzione.
E’ questa l’opzione per la quale banche e aziende stanno premendo da settimane con un’incessante campagna lobbistica.
Quella degli intransigenti, spiega il ‘Financial Times’, non è comunque l’unica fronda presente tra i negoziatori di Bruxelles.
“E’ tutto molto pericoloso”, ha dichiarato al quotidiano un non meglio specificato “delegato di alto livello”, segno che c’è anche una fazione moderata e pragmatica che spera ancora di poter gestire la separazione in maniera più amichevole.
Chi vuole uscire dalla Ue è avvisato, cominci a mettere mano al portafoglio.
(da agenzie)
argomento: Europa | Commenta »
Novembre 15th, 2016 Riccardo Fucile
IL GIP: “GESTIONE DELLA COSA PUBBLICA PER FINI ESCLUSIVAMNETE PRIVATI”… L’EX SINDACO DI GIORGI E L’ON. MAIETTA, ENTRAMBI DI FRATELLI D’ITALIA, TIRAVANO LE FILA DELLA ASSOCIAZIONE A DELINQUERE ACCERTATA DAGLI INQUIRENTI
Prima notte in carcere per gli otto arrestati nell’operazione Olimpia.
Latina, dopo un lunedì adrenalinico, si sveglia stordita da un’inchiesta che mette nero su bianco, collegandole fra loro, varie vicende cittadine che vanno dall’urbanistica agli appalti, i lavori allo stadio Francioni, le manutenzioni e le concessioni come quella per la piscina comunale di Via dei Mille.
Per dire che nel capoluogo, sotto la precedente amministrazione, operava un gruppo nutrito di persone (53 gli indagati oltre ai 16 destinatari delle ordinanze di custodia in carcere e ai domiciliari) che faceva affari e li faceva fare, con le modalità di un’associazione a delinquere.
IL SISTEMA LATINA
Nelle oltre 500 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare il gip Mara Mattioli sottolinea che in Comune a Latina esiste un collaudato sistema criminale ben radicato nei vertici politico amministrativi. “E’ un sistema incentrato sulla rigorosa applicazione di logiche affaristiche e clientelari in diversi settori o per ottenere posti dirigenziali o conferme delle nomine già avute, ossia una gestione della cosa pubblica per fini esclusivamente privati, con ingenti e irreversibili danni all’economia e al territorio del Comune di Latina”.
Il magistrato non ha dubbi: «Negli anni della Giunta Di Giorgi si è assistito ad un vero e proprio “saccheggio”della città , con ingentissimi danni sia economici sia ambientali, posizionando nei posti strategici persone “fedeli” nei settori nevralgici della pubblica amministrazione, in modo da operare liberamente per il perseguimento di interessi propri degli amministratori nei vari settori oggetto di indagine degli imprenditori collusi». I carabinieri diretti dal colonnello Eduardo Calvi hanno fatto un lavoro certosino, indicato atti, date e favoritismi.
I RAPPORTI MAIETTA – DI GIORGI
Nella misura restrittiva il magistrato analizza il rapporto tra l’ex sindaco di Latina e il deputato di Fdi Pasquale Maietta per il quale è stata depositata alla Camera la richiesta di autorizzazione a procedere.
“Di Giorgi è assoggettato al presidente Maietta — scrive il gip — che imprime nei suoi confronti una posizione di assoluta preminenza ottenendo indebiti vantaggi per la società calcistica adoperandosi Di Giorgi sia per tornaconto elettorale, sia per un proprio interesse economico nel Latina Calcio, nonchè per stretti rapporti di natura economica con Maietta stesso>.
Il presidente del Latina Calcio arriva anche a minacciare un dipendente comunale, si tratta di Nicola Deodato, indagato anche lui e arrestato nell’operazione Olimpia, per far acquistare a spese del Comune, un gruppo elettrogeno per lo stadio Francioni in vista delle partite in notturna. “Ma tu pensi di fare la guerra a me? Se tu me la vuoi fare, te la faccio io a te, informati bene chi sono”.
LA PRECEDENZA LO STADIO: “ALZAMO LE TASSE>”
Il rapporto tra Comune di Latina e società di calcio è strettissimo, quasi simbiotico. L’amministrazione ha investito 1.444.000 euro per i contributi al club nerazzurro che secondo il gip sono sovvenzionati in maniera indebita con soldi pubblici ma che per gli amministratori rappresentano la priorità assoluta anche se il Comune rischia il default.
Emblematica più che mai un’intercettazione del dirigente dell’Urbanistica Rino Monti: “Non c’è più una lira per piangere, non abbiamo mille euro per un pannello, se si rompe una finestra di una scuola non sappiamo che ca…o fare”.
Un funzionario è d’accordo con lui e gli risponde. “Rino ne abbiamo già parlato, abbiamo dato precedenza ad altre cose. Lo stadio era prima di tutto. Le scuole… si chiudono, le aule… si chiudono, si chiudono le palestre… si transennano le strade, se spengono le luci (…) è inutile che ce vengono a dire: manca lo sciacquone del cesso. (…) Le conseguenze so quelle de alzà le tasse al massimo… penso che ci siano pure gli effetti sul personale… saltano i concorsi…”.
IL FILO ROSSO PUBBLICO-PRIVATO
Un filo rosso che lega pubblico e privato e che ieri mattina all’alba ha portato in carcere l’ex sindaco Giovanni Di Giorgi, l’ex assessore all’urbanistica Giuseppe Di Rubbo, il dirigente comunale Ventura Monti e poi l’ex consigliere comunale Vincenzo Malvaso, gli imprenditori Massimo Riccardo e Silvano Spagnoli quest’ultimo anche ex consigliere provinciale AN, e ancora l’architetto Luca Baldini e il tecnico comunale ora in pensione Nicola Deodato.
DOMICILIARI
Altre otto persone sono finite agli arresti domiciliari: Elena Lusena ex dirigente dell’Ufficio Patrimonio e responsabile oggi del Suap; gli imprenditori Andrea e Sandra Capozzi, Antonio Di Girolamo, i fratelli del circo Fabio e Fabrizio Montico e Roberto Pellegrini nella Nuoto 2000 con Spagnoli. manca all’appello , perchè si trova all’estero, Alfio Gentili dirigente comunale da poco in pensione.
“Una grossa commistione tra pubblico e privato e una diffusa illegalità soprattutto nella materia degli appalti”, sottolinea il Procuratore Capo di Latina Andrea De Gasperis.
(da “LatinaToday”)
argomento: Giustizia | Commenta »