Novembre 6th, 2016 Riccardo Fucile
M5S 30,8%, PD 29,7%, FORZA ITALIA 12,1%, LEGA 11,3%, FDI 5,2%, NCD 4%, SIN. ITAL. 3,5%
Lo scenario politico ci restituisce una situazione di sostanziale parità tra le grandi forze: il Movimento 5 Stelle vicino al 31%, il Partito democratico poco sotto il 30%, il centrodestra nel suo insieme vicino al 28%.
Il tripolarismo consegnatoci dalle elezioni 2013 rimane la condizione stabile.
In questo difficile contesto, sia il governo sia il presidente del Consiglio migliorano lievemente le valutazioni registrate un mese fa.
Entrambi crescono di tre punti nell’indice di gradimento.
L’aumento può dipendere da molti fattori: da alcune misure previste dalla legge di Stabilità alla «voce grossa» contro l’Europa su deficit e migranti.
Molto probabilmente si aggiunge l’effetto referendum. Gli elettori vicini, in occasione di una scadenza elettorale rilevante, tendono a ricompattarsi.
Le voci critiche rientrano e ci si stringe intorno al proprio rappresentante. Il risultato è una evidente polarizzazione.
La trasversalità iniziale di Renzi, capace di conquistare consensi al di là della propria area, è rientrata.
Anche se segnali di apprezzamento vengono altresì dal centrodestra, in particolare da Forza Italia (un elettore su quattro).
Quanto al voto per i partiti, va notato, nel centrodestra, il ridimensionamento della Lega. Le ipotesi nazionali e «lepeniste» di Salvini dopo aver raggiunto il tetto massimo dei consensi, ormai tendono a diminuire.
Salvini è in forte difficoltà : troppo debole per diventare il leader di tutto il centrodestra.
Il Pd mantiene i propri risultati con segnali di contrazione rispetto all’inizio dell’anno. La battaglia referendaria ha accentuato le divisioni interne. Questo non produce crolli nel consenso (la «fronda» sembra essere interna al partito e poco presente nell’elettorato) ma non aiuta a espandere la propria forza.
Il Movimento conferma di aver superato senza sostanziali contraccolpi le difficoltà della giunta romana e del direttorio.
Il voto per questa formazione è motivato in misura principale dalle insofferenze verso il sistema politico. In questo senso la capacità effettiva di governo passa spesso in secondo piano e si perdonano errori e ingenuità con la motivazione della freschezza dei suoi esponenti. Ma il test di governo, oggi che dirige alcune grandi città , resta un passaggio importante.
Il Movimento ottiene consensi trasversalmente nel Paese. Nelle classi di età giovani e centrali primeggia, lasciando lo scettro al Pd nelle classi di età più elevate.
Ha sottratto l’egemonia nell’area dei lavoratori autonomi al centrodestra. Ottiene consensi importanti anche nei ceti scolarizzati e non solo nei ceti popolari.
Il problema è che questo insieme non diventa, per ora, «blocco sociale»: cioè non diventa proposta programmatica e di governo in grado di saldare questo ampio fronte.
Le ipotesi di ballottaggio (previste dall’Italicum) confermano la prevalenza dei 5 Stelle che prevarrebbero nettamente sia sul Pd sia sul centrodestra unito.
E il ballottaggio Pd/centrodestra conferma lo stacco netto a favore del primo.
Tutto questo spiega anche il dibattito sviluppato intorno alla legge elettorale, dove avanzano proposte alternative all’Italicum orientate a ipotesi proporzionalistiche o coalizionali.
L’ipotesi proporzionalistica avrebbe, in questo contesto, come prospettiva presumibilmente unica, una grande coalizione, difficile da praticare, tra Pd e parti del centrodestra.
Lasciando tra l’altro ai 5 Stelle il monopolio dell’opposizione.
L’ipotesi di coalizioni, ventilata da altri, da un lato consentirebbe di riaggregare forze più ampie al primo turno, ma dall’altro rischierebbe di produrre, come si è già visto nella storia recente, effetti negativi sulla coesione del governo.
Insomma, siamo di nuovo alla dicotomia rappresentanza/governabilità .
Nando Pagnoncelli
(da “il Corriere dela Sera”)
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Novembre 6th, 2016 Riccardo Fucile
ADRIANO MELONI AL “MESSAGGERO” RESPINGE LE PRESSIONI DEL M5S
Durante i voti salva-bancarellari impegnati del Consiglio Comunale per mozioni e provvedimenti che a poco o nulla sarebbero comunque serviti, l’assessore al Commercio Adriano Meloni, che già aveva detto no a una nuova festa in Piazza Navona, pubblicava uno status su Facebook contro il “commercio abusivo”, dando l’impressione di parlare a suocera affinchè nuora intendesse.
Oggi Meloni rilascia un’intervista al Messaggero in cui toglie ogni dubbio sul suo contrasto con la maggioranza M5S nel consiglio comunale.
Quella andata in scena in aula Giulio Cesare è stata solo una pantomima?
«Le ripeto, anch’io credo che i piccoli imprenditori debbano essere difesi, non ho ancora approfondito il testo della mozione, ma io sono del parere che le leggi, siano esse nazionali o comunitarie, non solo vanno lette ma vanno recepite e applicate».
Tradotto?
«Non escludo che mi troverò costretto a rifiutare elegantemente l’invito perorato nella mozione…».
Questa “diversità di vedute” tra lei e la maggioranza nasconde una frattura in seno a M5S?
(Silenzio)
Non ha nulla da dire in proposito? Eppure avrà avuto modo di notare che quella mozione è stata rinominata mozione “pro-Tredicine”.
«Per me Tredicine può far rima con quattordicine o quindicine: non mi interessa questo.Ma finora nella Capitale il sistema dell’assegnazione delle licenze è stato abbastanza stravagante».
Ci faccia degli esempi
«Intanto accerteremo che i titoli non vengano concessi a dei prestanome, poi regoleremo in maniera corretta le postazioni a rotazione. Nei controlli dei giorni scorsi ad esempio ho notato che un ambulante che doveva essere in via Tiburtina sostava da 4 anni in viale Regina Elena. Non è possibile. Inoltre, è assurdo che esista un monopolio per il commercio su area pubblica. Se riscontreremo quest’anomalia, dal momento che stiamo cercando anche di capire a chi sono state assegnate le licenze in passato, stia certa,nel futuro finirà ».
Ma, in sostanza, in materia di Bolkestein cosa ha fatto e cosa pensa di fare
«Nella giunta di fine ottobre è passata la memoria che ho preparato per applicare la direttiva europea nei tempi utili. La Regione Lazio ci ha concesso una proroga al 28 febbraio per la redazione dei bandi che non riusciremo a chiudere entro dicembre come invece avremmo voluto»
Assessore, la maggioranza, capeggiata dal presidente della commissione Commercio Andrea Coia,sostiene che i tempi per applicare la Bolkestein non ci sono.
«Non è vero. È chiaro che il lavoro è molto complesso e richiederà uno sforzo di risorse aggiuntivo ma io sto lavorando con oltre 200 persone al dipartimento. La linea è tracciata. Inoltre, se non procederemo entro luglio 2017 all’applicazione della Bolkestein tutti gli ambulanti risulterebbero abusivi, proprio perchè il prossimo anno scadranno tutte le licenze. Le dobbiamo rinnovare,punto. Di abusivismo Roma è già ampiamente satura».
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 6th, 2016 Riccardo Fucile
PAOLA TAVERNA: “L’INTERVISTA SI COMMENTA DA SOLA”… E GRILLO, PRESSATO DAI PARLAMENTARI, RINVIA TUTTO AL DOPO REFERENDUM
“L’intervista si commenta da sola, questo è il dottor Marra”: le parole di Paola Taverna al Fatto sull’intervista rilasciata al quotidiano di Travaglio dal dirigente vicino a Virginia Raggi dimostrano che la senatrice è una delle poche, nel MoVimento 5 Stelle, ad avere il coraggio di dire quello che pensa.
In superficie c’è poco altro, a parte il “mi piace” tattico di Roberta Lombardi allo status dell’ex senatore Elio Lannutti, da sempre vicino e simpatizzante del M5S ma anche da sempre critico nei confronti di Marra:
“L’ intervista generosamente concessa dallo sponsor Travaglio a Raffaele Marra,conferma la più assoluta incompatibilità con i valori e gli ideali del M5S. Monsignor D’Ercole e le raccomandazioni di un Vescovo chiacchierato, Panzironi (brava persona) coinvolto con Mafia Capitale, Scarpellini e la casa acquistata, Mauro Masi e la Rai (giudizio positivo), Polverini ed Alemanno, piena di non sapevo, non ricordo, non c’ero, e se c’ero dormivo, che fa rivalutare il governatore del Lazio Zingaretti che gli revocò l’incarico in Regione e lo cacciò, ratifica l’incompatibilità più assoluta. Continuerò ad informare e mettere in guardia il M5S da infiltrati in cerca di comode poltrone.”
Ma se Lannutti non si nasconde dietro un dito, il Fatto Quotidiano con Luca De Carolis racconta di telefonate pressanti all’indirizzo di Beppe Grillo:
“Beppe, tu sei il garante, devi fare qualcosa”. Il sabato mattina di Beppe Grillo, fondatore e capo politico del M5s, inizia di buon’ora.
E inizia al telefono, con le chiamate furibonde di tanti parlamentari, romani e non. Ce l’hanno con Raffaele Marra, il capo del Personale del Comune di Roma, per la sua intervista al Fatto. […]
LE PRIME a chiamare sono le parlamentari romane di punta: Paola Taverna e Roberta Lombardi (entrambe ex del mini-direttorio). E Carla Ruocco, forse la più arrabbiata. Ma si muovono anche alcuni senatori, mentre nelle chat interne rimbalza il malumore di due membri del Direttorio come Roberto Fico e Carlo Sibilia.
I parlamentari inveiscono contro “un ‘intervista scandalosa, allucinante”. E tornano a chiedere al fondatore misure forti: “Marra non è uno di noi, bisogna prendere provvedimenti”. Ossia spostarlo a un ruolo residuale, fuori dalla cabina di regia del Comune. Di più non si può fare, essendo Marra un dirigente assunto a tempo indeterminato.
Grillo risponde a tutti, e ammette subito: “Marra non doveva dire quelle cose, doveva solo rispondere alle accuse dei giornali, spiegare che non ha procedimenti a carico”.
È visibilmente arrabbiato. Ma prende ancora tempo.
Ripete che i consiglieri comunali, da lui sentiti uno per uno nei giorni scorsi, gli hanno manifestato apprezzamento per il dirigente, o comunque hanno negato di avere problemi con lui.
“Su questo sono compatti” ribadisce il garante, che ai suoi chiede silenzio: “Siamo in piena campagna per il referendum, non possiamo mostrarci divisi”.
Ma i parlamentari insistono: “Scrivi almeno sul blog che l’intervista non rispecchia i valori del Movimento ”.
Lui rifiuta, sempre nel timore di contraccolpi. E tra un colloquio e l’altro,si arriva a un punto di caduta. “Aspettiamo fino al referendum del 4 dicembre: poi ne riparleremo”è (in sostanza) l’indicazione di Grillo.
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 6th, 2016 Riccardo Fucile
L’ESPERIENZA DELLE COPPIE CHE ACCOLGONO… BYAGUI, APPRODATO A LAMPEDUSA A 17 ANNI DAL MALI: “E’ MOLTO PROTETTIVO NEI CONFRONTI DEI DUE FIGLI PIU’ PICCOLI”
Se Alassane nel mercato di una cittadina del Mali non avesse incontrato la mendicante cieca, in Italia forse non sarebbe mai arrivato.
Oggi ha 19 anni, ma a 14, dalla Guinea dov’è nato, ha iniziato a vagare per l’Africa: la nonna, presso la quale si era rifugiato per sfuggire al padre violento, era morta e lui si era messo a camminare.
Burkina, Niger, Mali. In Niger, poco più che bambino, era stato rapinato più volte di ciò che riusciva a guadagnare nei campi.
Per questo il Mali, con quel lavoretto al mercato da due-tre euro al giorno, gli era sembrato un posto buono per restare.
«Al mercato c’era un’anziana cieca e Alassane aveva preso l’abitudine di darle l’elemosina. Un giorno lei gli ha chiesto: perchè tu che sei povero mi aiuti? Io posso lavorare, tu no, le ha risposto. Allora l’anziana gli ha detto di non preoccuparsi per lei, di cercare una vita migliore. Lui ha pensato all’Italia».
A raccontare sono Gianfranco e Liliam, quarantenni (funzionario lui, impiegata lei) in attesa di un bimbo.
Da giugno accolgono Alassane con il «Rifugio diffuso in famiglia» del progetto Sprar gestito dalla Pastorale Migranti diocesana, una delle 28 famiglie che nel 2016 si sono rese disponibili per ospitare un rifugiato.
«Alassane è arrivato due anni fa ed è entrato in un progetto per minori. Noi, intanto, eravamo rimasti colpiti da una trasmissione sui rifugiati in famiglia – racconta la coppia – e avevamo preso contatto con la Migranti. Dopo dieci mesi e ci hanno proposto Alassane. Proprio allora abbiamo scoperto che avremmo avuto un bimbo. Ci siamo detti: il bimbo nascerà tra nove mesi, nel frattempo c’è posto per questo ragazzo».
Alassane si è dato da fare da subito, ha studiato italiano, cucina, meccanica.
«Ora lavora in un ristorante. Lo stiamo aiutando a trovare casa, a fare la patente. È un ragazzo che ha fatto esperienze terribili. Ha visto ammazzare, ha visto persone cadere dal camion. Qui sta recuperando un po’ di adolescenza. L’abbiamo portato in vacanza: la prima della sua vita».
Affetto, partecipazione alla costruzione di una persona, come un figlio da crescere.
«Sono sentimenti comuni alle famiglie che accolgono i giovani rifugiati. Spesso i 413 euro che ricevono per vitto e alloggio li mettono da parte per quando i ragazzi diventeranno autonomi», dice Marcella Rodino della Pastorale Migranti, che cura gli abbinamenti rifugiato-famiglia.
Un altro incontro felice è quello tra la famiglia di Sabrina, insegnante di inglese, tre figli, mamma affidataria del Progetto neonati del Comune di Torino, e Byagui, 20 anni, del Mali.
«Byagui era stato mandato dai genitori a casa di amici, in Libia, per studiare, ma una volta là è scoppiata la guerra. Lui sarebbe tornato in Mali ma non c’erano mezzi. Qualcuno gli ha detto che una nave l’avrebbe portato in Costa d’Avorio. Invece è sbarcato a Lampedusa».
Byagui è stato accolto in una comunità per minori prima di approdare a Pessione, a casa di Sabrina.
«Quando ci siamo conosciuti, non era contento di venire qui, non voleva lasciare gli amici a Torino. Ma ha accettato. Dopo pochi giorni siamo andati a Roma dal Papa. Lui è musulmano, ma è entusiasta di Francesco».
A Pessione Byagui si è ambientato, si è affezionato ai figli di Sabrina (il maggiore ha la sua età ), ha imparato a prendere il treno per raggiungere l’officina dove ha buone probabilità di essere assunto.
«La domenica vuole lavare i pavimenti, e l’erba non è mai stata così in ordine. Da noi non accetta denaro. In estate, mentre il tirocinio era sospeso, dopo molte insistenze sono riuscita a dargli 50 euro. Con il primo stipendio di 120 me li ha restituiti. Presto andrà a vivere da solo, con lo stipendio potrà pagarsi l’affitto. Ha scelto di restare a Pessione e su di noi potrà sempre contare».
Maria Teresa Martinengo
(da “La Stampa”)
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Novembre 6th, 2016 Riccardo Fucile
ACCOLTI IN CITTA’ CON STRISCIONI DI BENVENUTO HANNO VOLUTO RICAMBIARE IL GESTO
Uno striscione con la scritta Forza Napoli e “grazie” scritto in diverse lingue.
Così si sono presentati allo stadio San paolo i 25 migranti giunti a Napoli una settimana fa e che sono stati ospitati dal Napoli su iniziativa dell’amministrazione comunale per assistere al match contro la Lazio.
I 25 giovani migranti sono stati accolti nel Centro polifunzionale di San Francesco a Marechiaro e al termine della gara hanno incontrato alcuni giocatori azzurri, tra cui Kalidou Koulibaly, Faouzi Ghoulam ed Elseid Hysaj.
I primi due sono africani Koulibaly del Senegal pur essendo nato e cresciuto in Francia, Ghoulam è invece originario dell’Algeria), mentre il padre di Hysaj giunse nel nostro paese dal’Albania a bordo di un gommone.
Gli immigrati delle cose africane sbarcati a Napoli due settimane fa vennero accolti dalla cittadinanza con striscioni di benvenuto e con una raccolta di indumenti ed altro materiale utile per garantire loro un minimo di conforto.
Con loro anche l’assessore al welfare Roberta Gaeta che ha organizzato la serata speciale per i migranti che sono apparsi contentissimi e hanno raccontato agli altri tifosi di come Napoli li abbia accolti con calore e senza alcun pregiudizio.
I giovani, tra cui anche qualcuno che gioca al calcio a livello dilettantistico nel proprio Paese, si sono seduti in tribuna accanto ai ragazzi delle scuole.
Come racconta Napolicalciolive, i migranti sono giunti a Napoli lo scorso 23 ottobre ed al momento vengono ospitati nel centro “San Francesco” a Marechiaro.
(da agenzie)
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Novembre 6th, 2016 Riccardo Fucile
LA FRASE DELLA BOSCHI ERA UN’ALTRA, NESSUNA CURA MIRACOLOSA PER IL TUMORE
Gira in rete un video che sta facendo molto discutere e indignare.
Si tratta di pochi secondi estrapolati da un’intervista di Maria Elena Boschi a UnoMattina, su Rai1.
Il ministro delle Riforme, che dà il nome alla discussa riforma costituzionale sulla quale voteremo il 4 dicembre, snocciola le ragioni per cui, a suo avviso, dovremmo votare Sì, toccando un tema molto delicato: la Sanità .
Secondo alcuni, tra cui la Lega di Matteo Salvini, Maria Elena Boschi avrebbe detto che, se passerà la riforma della Costituzione, il governo darà cure migliori ai malati di cancro.
Peccato che la Boschi non abbia detto questo.
«Se passerà la riforma avremo il dovere che ci sia lo stesso tipo di diritti a prescindere dalla Regione» dice Boschi.
Nessuna cura miracolosa per il cancro (come aveva promesso tempo addietro Silvio Berlusconi). Boschi si riferisce a una delle modifiche al famigerato Titolo V della Costituzione.
La riforma, infatti, riscrive parte dell’articolo 117, quello che precisa i confini della «legislazione esclusiva» dello Stato nel rapporto con le Regioni e che al comma m cambia così :
«determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, per le politiche sociali e per la sicurezza alimentare»
La domanda che sorge spontanea è: che bisogno c’era di aggiungere questa precisazione visto che la Costituzione, già all’articolo 32, dice chiaramente che «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività , e garantisce cure gratuite agli indigenti»?
La risposta sta in un’altra riforma costituzionale, quella del 2001, che modificando sempre il Titolo V attribuiva alle Regioni l’autonomia legislativa nelle materie non specificate dall’articolo 117.
Insomma, inserire la «tutela della salute» nell’articolo 117 riporta parte del potere legislativo su questi temi nelle mani dello Stato.
Rimane in carico alle Regioni, invece, la «programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali».
Il Movimento 5 Stelle ha risposto alla Boschi facendo presente che tutte le Regioni devono attenersi ai Lea, i livelli essenziali di assistenza, e che le sue parole suonano come una resa del governo all’impossibilità di gestire la Sanità pubblica.
Il ministro Boschi, però, non è la sola a sostenere che la differenza tra Regioni sia un problema reale: ne è convinto anche l’Ocse, che nella revisione sulla qualità dell’assistenza sanitaria dell’anno scorso ha evidenziato proprio le discrepanze territoriali tra i problemi principali della Sanità italiana.
Francesco Zaffarano
(da “La Stampa”)
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Novembre 6th, 2016 Riccardo Fucile
CHI E COME SI VOTA ALLE PRESIDENZIALI USA
Rimbalzo di Hillary Clinton che a 48 ore dal voto per le presidenziali Usa 2016, secondo l’ultima rilevazione di Abc/Washington Post, torna a comandare di cinque punti su Donald Trump: 48% a 43 per cento.
Anche per Politico/Morning Consult la candidata democratica è avanti di tre punti: 45% a 42 per cento.
Sono in molti a chiedersi in Italia chi e come si vota alle presidenziali Usa.
In quanti votano per il Presidente Usa?
A differenza del nostro Paese, negli Stati Uniti non basta avere il diritto di voto per votare. Bisogna anche registrarsi.
Il concetto di elettore, avente diritto, potenziale o effettivo, può essere di difficile comprensione per il lettore italiano perchè le regole sono molto diverse qui negli Stati Uniti.
Partiamo da un dato sulla popolazione complessiva: i residenti sono 325 milioni. Togliendo i minorenni che non hanno diritto di voto, la popolazione da 18 anni in su è di circa 240 milioni.
Fra questi però i cittadini Usa sono 220 milioni (gli stranieri, anche se legalmente residenti con Green Card, non hanno diritto di voto).
È da qui in poi che le statistiche prendono una piega diversa da quelle italiane e di molti altri paesi europei.
Oltre che cittadino bisogna essere “eligible”, cioè avente diritto a votare. Il diritto di voto può decadere come pena complementare ad una condanna penale.
In certi casi – molto più rari – il diritto può essere tolto anche per malattia mentale.
Avendo gli Stati Uniti la più vasta popolazione carceraria del mondo, lo scarto è consistente: passando dai cittadini agli aventi diritto si scende di colpo a 208 milioni
Infine, un altro passaggio che non esiste in molte altre democrazie.
Negli Stati Uniti non basta essere un cittadino avente diritto, per essere iscritto nel registro elettorale del proprio seggio nel luogo di residenza.
Bisogna anche iscriversi, “registrarsi” come elettore, in certi Stati dichiarando anche la propria affiliazione (democratico o repubblicano o indipendente).
Ci si registra, tipicamente, negli stessi uffici dove si fa la patente di guida; ma anche per corrispondenza oppure online, sugli appositi siti governativi; o infine riempiendo un modulo al momento della cerimonia di naturalizzazione .
Ed ecco che gli iscritti scendono parecchio: a soli 142 milioni.
Va aggiunto, ed è particolarmente importante in questa elezione, che da anni infuria una controversia sui documenti necessari per effettuare la registrazione.
In una nazione dove non esiste l’obbligo di avere una carta d’identità , e quindi molti non la possiedono, i repubblicani tentano sistematicamente di renderla una condizione essenziale per la registrazione elettorale, passaggio che crea ostacoli ai più poveri, in particolare a neri e ispanici che votano massicciamente per i democratici.
Infine, ricordando che nelle elezioni presidenziali si registra la massima affluenza al voto (molto più alta che nelle mid-term, elezioni solo legislative), il dato resta pur sempre molto basso.
Nell’ultimo voto presidenziale, 2012, l’affluenza fu del 55% circa, in 66 milioni votarono per Obama, 61 milioni per Romney. Totale 127 milioni.
(da agenzie)
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Novembre 6th, 2016 Riccardo Fucile
TRAVAGLIO: “RENZI METTE TRISTEZZA, E’ UN PICCOLO PROVINCIALE SCESO A ROMA CON LA SUA CORTE”
“Ci sono leoni da tastiera che si credono bravi a scrivere, ma poi quando c’è da guardarti negli occhi non hanno il coraggio e abbassano lo sguardo. Ogni riferimento a Travaglio è puramente cercato”.
Lo ha detto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, dal palco della Leopolda, criticando duramente il giornalista, direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio.
“Ho rubato a Recalcati – ha continuato Renzi – la metafora di Telemaco ma lo avevo avvertito. Lo dico perchè altrimenti domani il Fatto quotidiano scrive: ‘Renzi apre al furto autorizzato'”, ironizza in un altro passaggio.
“Quello che mette tristezza di questo premier è che perda tempo con queste sciocchezze, figuriamoci se altri capi di Stato si mettono a perdere tempo così e non a occuparsi di cose più serie”.
Lo ha detto Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano, ospite a In Mezz’ora, rispondendo al duro attacco ricevuto da parte del premier che durante il suo intervento conclusivo alla Leopolda lo ha definito “un leone da tastiera”.
“E’ curioso che Renzi debba convincere quelli della sua corrente, perchè la Leopolda è una riunione di corrente, che quello che dico io non è vero”, ha detto Travaglio.
“Io non sono schierato con questo o quel partito, ho letto la riforma prima di contrastarla, non è che la contrasto perchè l’ha fatta Renzi – ha proseguito Travaglio -. D’Alema e altri fanno parte di interessi di partito, e giudicano la riforma in base a Renzi. A me di Renzi non importa nulla, mi interessa il contenuto della riforma”.
“A chi gli chiede se ritenga che il premier sia, dal suo punto di vista, ‘pericoloso’ come Berlusconi, Travaglio nega: “Renzi scimmiotta Berlusconi nella sua comunicazione, nella capacità di mentire come fa. Ma non ha il conflitto d’interessi di Berlusconi. Credo che sia pericoloso per la democrazia l’intreccio tra la legge elettorale, che ha scritto insieme a Berlusconi, e la riforma costituzionale, che ha scritto sempre insieme a Berlusconi e Verdini”.
Per Travaglio, “Renzi antropologicamente non è pericoloso. Antropologicamente non è nulla, un piccolo provinciale sceso a Roma con la sua corte e ha preso il Governo”.
Renzi è il “gattopardo, un giovane di bella presenza che restaura il peggio”, ha aggiunto Travaglio.
(da agenzie)
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Novembre 6th, 2016 Riccardo Fucile
DALLA CASA BIANCA AL TERREMOTO L’IMMAGINE DELLA MOGLIE RASSICURA
Quando, venerdì sera, tutti i fotografi lo hanno ripreso in prima fila all’inizio della Leopolda, Matteo Renzi sedeva accanto alla moglie Agnese.
Abito nero, un filo di trucco, ha elargito ai cronisti solo sorrisi.
Come d’abitudine, mai una parola di troppo, una dichiarazione fuori posto, un lamento che sarebbe stato meglio evitare.
Dalle parti di Renzi lo hanno notato: Agnese funziona.
Funziona la sua aria da giovane donna normale, da insegnante per anni precaria mamma di tre bambini. Funziona la sua immagine: una come tante, una sorella, una figlia.
Un’immagine pulita e «comune» che, hanno valutato nella war room del premier-segretario, può rivelarsi preziosa in campagna elettorale: non a caso — dalla Casa Bianca alla visita agli sfollati del terremoto – ha cominciato a comparire più spesso accanto a lui.
Perchè l’obiettivo, ora che restano meno di trenta giorni, è recuperare un po’ di normalità e solidità alla narrazione del governo.
«Basta con l’illusione del magico mondo di Matteo», riassume la strategia chi di questo ha parlato direttamente con lui, «bisogna riposizionare la comunicazione: dire sinceramente che non è tutto perfetto, ma questa è la via, la strada da percorrere».
Con una squadra che sappia trasmettere l’entusiasmo delle origini, quando essere renziani era un azzardo e le Leopolde non erano ripetitive kermesse con le guardie del corpo a circondare il tavolo di lavoro coordinato dal ministro dell’Economia, ma appuntamenti corsari e un po’ guasconi.
E così, l’obiettivo è di tornare a coinvolgere la vecchia guardia che in molti casi nel tempo è stata messa un po’ in disparte, come si è capito già ieri, aggirandosi per la grande navata della vecchia ex Stazione.
Sul palco a condurre i lavori erano Matteo Richetti e Simona Bonafè, renziani di antico conio che negli ultimi tempi erano stati inesorabilmente esclusi dal cerchio magico: il premier-segretario-primattore dell’appuntamento fiorentino, in maniche di camicia, sale sul palco e dedica un abbraccio a uno, un bacio all’altra.
Entrambi ricominceranno più spesso a comparire in tv.
Al deputato modenese, addirittura, all’altro Matteo che un anno fa di questi tempi si lamentava della rottamazione mancata, ha fatto aprire la serata a più alto tasso simbolico, quella di venerdì, e ha voluto che la chiudesse il ministro Graziano Delrio, pure lui uno che si fece convincere dalla prima ora renziana, poi caduto un po’ in disgrazia.
Tra i coordinatori dei tavoli tematici, due vecchi collaboratori con cui alterno è stato il rapporto, come il suo ex assessore fiorentino Giuliano Da Empoli e l’attuale sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, che ha dovuto unire due tavoli per accontentare tutti quelli che volevano parlare con lui (e oggi interverrà dal palco).
E di là , nel retropalco, trova posto anche Luigi De Siervo, ex manager Rai con cui Renzi è stato grande amico, prima di un lungo periodo di freddo (tanto che alla Leopolda dell’anno scorso si aggirava come un ospite qualsiasi, dopo anni di aiuto nell’organizzazione): è stato Renzi in persona a chiamarlo, qualche giorno fa.
Con la richiesta di tornare a esserci.
Francesca Schianchi
(da “La Stampa”)
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