Novembre 25th, 2016 Riccardo Fucile
RIECCOLI CON GLI ODIATI BANCHIERI… DI MAIO,TENUTO ALL’OSCURO, CI RIMANE MALE: I CONTATTI VUOLE TENERLI LUI
Nel Movimento 5 Stelle in tanti cercano uno spazio e studiano come allacciare rapporti e accreditarsi come forza di governo credibile sia sul piano nazionale e sia su quello internazionale.
Quindi, niente paura di sedersi al tavolo con quelli che da sempre M5S ha considerato “i poteri forti”
Luigi Di Maio costruisce la sua figura da candidato premier parlando con i giornali stranieri e incontrando, come ha fatto l’otto novembre scorso investitori a Londra. Mercoledì prossimo toccherà a Carla Ruocco e a Barbara Lezzi andare a cena – come riporta La Repubblica – con investitori stranieri portati da Mediobanca.
Occasione che però ha creato fastidio allo stesso Di Maio, in rotta con la Ruocco dai tempi del caso Roma.
Il vicepresidente della Camera non era infatti a conoscenza di questo meeting e si è quindi sentito scavalcato.
Se Ruocco e Lezzi abbiano concordato l’incontro direttamente con Grillo non è dato saperlo, sta di fatto che la fuga di notizie non è stata presa bene dal leader in pectore: “Non ne sono a conoscenza. Verifichiamo prima la notizia se esiste l’incontro. Detto questo, c’è tanta curiosità verso il M5S in questo momento storico del paese. Se esiste la cena sono sicuro che lo diranno pubblicamente”.
Quando Di Maio parla di sedi giuste si riferisce, con ogni probabilità , al fatto che una cena di pesce in un famoso ristorante nel centro di Roma forse non è il luogo più adatto per far sedere i 5Stelle.
Sta di fatto che Carla Ruocco conferma che l’incontro ci sarà . E ricorda di far parte della commissione Finanza, per questo l’invito è stato rivolto a lei.
In tanti, tra i 5Stelle, in questi giorni si danno da fare per conquistare terreno all’interno del Movimento ora che il Direttorio non esiste più.
Più di tutti è tornato a muoversi Luigi Di Maio. L’incontro a porte chiuse tra il vicepresidente della Camera e la società di lobbying Fb&Associati non era andato giù agli attivisti grillini e neanche a diversi colleghi parlamentari dal momento che il Movimento si contraddistingue per la volontà di trasmettere in streaming ogni evento che li riguarda.
Da allora Di Maio, complice anche il suo coinvolgimento nel caso che ha travolto l’assessore di Roma Paola Muraro, ha evitato incontri pubblici con i poteri che contano.
Quindi ha snobbato il Forum Ambrosetti di Cernobbio e poi ha dato forfait ai giovani di Confindustra a Capri.
Mosse che lo hanno tenuto lontano dai riflettori e al riparo da polemiche. Ma ora il vicepresidente della Camera e altri alla ribalta mostrano il volto dialogante del Movimento.
Quello che serve per rassicurare i mercati e i tanto odiati poteri forti
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 25th, 2016 Riccardo Fucile
SI TRATTA DI VITTORIA CRISOSTOMI, ARCHITETTA E DIRIGENTE DEL COMUNE, INDAGATA CON I COSTRUTTORI CERASI E NAVARRA PER LA LOTTIZZAZIONE DEL LAURENTINO… MA LA RAGGI NON ERA QUELLA CHE AVREBBE CACCIATO I PALAZZINARI?
Virginia Raggi ha affidato a Vittoria Crisostomi, 64 anni, architetto, dirigente del comune di Roma, la delega alla gestione dei finanziamenti pubblici per la riqualificazione urbana.
Una nomina curiosa visto che la Crisostomi è indagata per corruzione dalla procura di Roma con i costruttori Emiliano Cerasi e Luca Navarra impegnati in alcuni progetti di lottizzazione fra cui uno, imponente, nella zona sud di Roma (Laurentino).
La storia è nota e la racconta il Corriere della Sera: nella sua ordinanza (la 112) la sindaca scrive che «si ritiene opportuno affidare all’architetto Vittoria Crisostomi» l’incarico in questione.
Secondo le verifiche dei carabinieri del Noe, coordinati dai pubblici ministeri Stefano Pesci e Alberto Pioletti, la dirigente sarebbe intervenuta a favore di Cerasi con l’ex assessore all’urbanistica Giovanni Caudo.
Si trattava di far passare un intervento di correzione su una compensazione urbanistica: se da un lato si riducevano le cubature edificabili nell’area sud dall’altro si chiedeva di ampliare quella in via di costruzione a Roma nord. Alla Crisostomi sarebbe stata assegnata la delicata intermediazione fra Cerasi e Caudo.
Raggi ignora il coinvolgimento nell’inchiesta?
Oppure ha deciso di effettuare comunque la nomina?
Un nuovo caso per la sindaca già alle prese con la vicenda Muraro e la squadra incompleta: mancano ancora capo gabinetto e segretario generale, mentre la Ragioneria lavora con un interim fino al 30 novembre.
E pure la procedura di nomina di Salvatore Romeo a capo della segreteria politica è finita sotto il faro dei pm.
In più c’è il caso politico legato al nome di Raffaele Marra, questione che agita da tempo il Movimento ma che è stata congelata in virtù di una tregua fino al 4 dicembre.
L’indagine fa riferimento a tre diversi filoni d’inchiesta raccontati dai giornali a fine 2015. Second l’accusa, l’ingegnere Roberto Botta avrebbe ricevuto utilità dal costruttore Luca Navarra in cambio della soluzione dei problemi emersi nell’avvio dei lavori del ponte della Scafa, appalto vinto dalla società del costruttore.
La tangente si sarebbe concretizzata in un lavoro inerente una scala di legno all’interno di una dimora privata dell’indagato, già sotto inchiesta — insieme con il suo braccio destro Fabrizio Mazzenga — con l’accusa di aver alterato le gare indette dal Comune per favorire un cartello d’imprenditori nella manutenzione stradale.
Il ritorno economico di Navarra, secondo l’accusa, sarebbe l’impegno di Botta a evitare al costruttore il pagamento di 2milioni di euro per «i lavori di saggio archeologico» non ricompresi nel capitolato d’appalto ma all’improvviso resisi necessari.
«L’appartamento facente parte del complesso residenziale di via Marco Polo — rettificano da Italiana Costruzioni — nel quale abbiamo eseguito dei lavori è di proprietà di un soggetto privato che ha soltanto lo stesso cognome del funzionario comunale ingegner Roberto Botta.
Le false accuse in tal modo rappresentate ai lettori determinano dei danni enormi per la nostra azienda e per tutti coloro che si impegnano quotidianamente al suo interno», aveva rettificato all’epoca l’azienda.
Qui comunque entra in scena la Crisostomi:
A insospettire il gip sui «rapporti ambigui tra la famiglia Navarra e Botta» è la circostanza che l’imprenditore si senta libero d chiamare l’ingegnere al cellulare.
Insieme al capo del dipartimento — lo stesso che ha consigliato a Mazzenga di «turarsi il naso» sulle «offerte anomale» presentate dalle imprese durante le gare — a finire indagata per corruzione anche è l’architetto Vittoria Crisostomi, funzionaria del dipartimento programmazione e funzione urbanistica.
Stavolta la questione che preoccupa l’imprenditore, e il suo socio Emiliano Cerasi, pure lui sotto inchiesta, è la decisione della Giunta di non costruire più palazzi in via Colle della Strega — zona Laurentina — riducendo le cubature edificabili dai due costruttori edili da 72mila a 45 mila.
Un danno per Cerasi che si lamenta con la Crisostomi, cui chiede di compensare la perdita costruendo in zona Lucchina, vicino alla stazione Ottavia.
La risposta della dirigente è il riconoscimento del diritto due imprenditori.
Un altro caso sospetto riguarda infine l’assegnazione senza nessuna procedura dei lavori per la costruzione di un impianto di sollevamento delle acque reflue in via Procaccini, nella zona Giustiniana, all’«Opera srl». Responsabile unico del procedimento: il capo dipartimento, Roberto Botta.
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 25th, 2016 Riccardo Fucile
MINACCE DI MORTE, TELEFONATE NELLA NOTTE E INSULTI PER AVER DIFESO L’ONESTA: DEMOCRAZIA A CINQUESTELLE
Una sorveglianza leggera, ma pur sempre una forma di tutela e protezione.
Con le auto dei carabinieri che pattugliano casa sua sull’Appennino bolognese, a Vado di Monzuno, a intervalli regolari.
E’ la misura decisa dagli inquirenti per Stefano Adani, l’ex grillino autore dell’esposto contro la raccolta firme alle regionali 2014, bersagliato nei giorni scorsi da offese e minacce di morte sul web.
Adani, che potrebbe presto decidere di sporgere denuncia contro gli autori delle minacce, ne è stato informato giovedì sera, per telefono, dai carabinieri di Monzuno. Protezione anche per Paolo Pasquino, l’altro autore dell’esposto.
“Infame”, “Traditore”, “Spia”, alcuni degli epiteti che si è visto rivolgere da utenti Facebook, tramite messaggi privati oppure post sulla bacheca.
“Sei un grandissimo infame, spero che ti spacchino la faccia”, “Sul profilo metti la tua faccia invece del cane, o ti schifi da solo?” ,”Sei il nulla mischiato col niente”, “Anfame, quanto è bello fa la spia mortacci tua”.
Questi solo alcuni dei post. Adani ha inoltre ricevuto telefonate anonime e anche altre forme di intimidazione.
Non è la prima volta, a Bologna, che grillini ribelli vengono messi sotto protezione per ondate di insulti ricevuti sul web.
E’ successo a Giovanni Favia, prima, e poi all’ex consigliera comunale Federica Salsi. Il copione per i dissidenti è sempre lo stesso: minacce di morte, accuse, post al veleno sul web.
E’ la democrazia diretta a Cinquestelle
(da “La Repubblica“)
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Novembre 25th, 2016 Riccardo Fucile
DI MAIO: “A DIFFERENZA DEL PD, NOI CHIEDIAMO AUTOSOSPENSIONE DEGLI INDAGATI”… INFATTI NON SI AUTOSOSPENDE NESSUNO DOPO CHE L’HA CHIESTO
I deputati Riccardo Nuti e Claudia Mannino, iscritti nel registro degli indagati per il caso delle firme false di Palermo, sono in rottura totale con i vertici pentastellati.
Su di loro infatti il pressing del Direttivo del gruppo della Camera non ha funzionato. I due hanno deciso di non autosospendersi: “Faremmo un favore a chi ci accusa e sarebbe un’ammissione di colpa che invece non abbiamo”.
Questo il ragionamento fatto da Nuti e Mannino che si rifiutano di fare un passo indietro nonostante dalle dichiarazioni di Luigi Di Maio sembrerebbe cosa fatta: “La differenza tra noi e il Pd si vede dalla reazione. Noi chiediamo l’autosospensione degli indagati. Il Pd ha governatori che incitano al voto di scambio e tace”.
In realtà però le autosospensioni sono arrivate solo da parte di due deputati regionali, Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio, sui dieci grillini iscritti nel registro degli indagati.
Il leader pentastellato non vuole sporcarsi le mani lui direttamente e passa la palla al collegio dei probiviri -Riccardo Fraccaro, Paola Carinelli e Nunzia Catalfo – che appena entrerà nel pieno delle sue funzioni procederà alla sospensione, ma difficile che questo possa avvenire prima della marcia.
Intanto lunedì Nuti, che sarebbe stato presente la notte in cui vennero copiate le firme, e Claudia Mannino, accusata di aver materialmente ricopiato le firme da moduli non validi a causa di un vizio di forma in nuovi moduli corretti, saranno ascoltati in Procura a Palermo.
(da agenzie)
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Novembre 25th, 2016 Riccardo Fucile
NELL’EX VILLAGGIO OLIMPICO DOVE VIVONO 1500 MIGRANTI CHE DUE GIORNI FA SONO STATI BERSAGLIO DI BOMBE CARTE
«Ci insultavano: venite giù scimmie. Venite giù negri bastardi. E poi ci sono stati gli scoppi e noi abbiamo pensato che stavamo per morire tra le fiamme e le bombe. Ma qualcuno è sceso lo stesso. E quelli hanno continuato ad insultarci».
Undici ore dopo l’aggressione al Moi, dopo le bombe lanciate contro l’ingresso delle palazzine colonizzate da quasi mille e 500 migranti, molti dei quali clandestini, in questo scampolo di città dove tutto è possibile, lecito e pure tollerato, la rabbia ha le parole di questo ragazzo del Camerun bagnato fradicio: «Siamo nulla per questa città . Siamo nel mirino di gente che non capisce che anche noi siamo ragazzi e vorremmo una vita decente». Lo dice gridando.
E la rabbia s’allarga, contagia anche chi, fino ad ora, aveva solo ascoltato i racconti e le proteste.
Su, al primo piano, invece, c’è ancora chi dorme. Hanno passato la notte in strada e adesso se ne stanno lì, sette, otto anche dieci per stanza, distesi su materassi recuperati chissà dove.
Separè di compensato, coperte fin sotto gli occhi, puzza di scarpe, di bagnato, di chiuso. Ma almeno qui c’è la luce.
«Sono del Ghana, io ieri sono sceso. Avevo paura, ma sono andato in strada» racconta. Hai il permesso di soggiorno? «Ho i documenti». In regola? «Sì, ma me li hanno presi».
Un’altra stanza. C’è più luce e una tv accesa su un canale arabo. Un letto, un’infilata di pentole e due ragazzi che non parlano con nessuno. Scale buie.
Si sale ancora di un piano: scalini sporchi, incrostati da anni di pulizie mai fatte. Ragazzi che salgono e scendono.
Quelli dell’immigrazione della Questura hanno parlato con molti di loro, per farsi un’idea di chi c’è lì dentro.
Gli hanno raccomandato di non uscire: «Non accettate provocazioni». Ma vallo a spiegare a questi ragazzoni ventenni o poco più. E in questa mattina di pioggia e di sirene, di divise, di curiosi e di gente del quartiere infuriata, le palazzine arancione, rosa, blu, verde e grigia, sono in fermento.
Non ha aperto nemmeno il chiosco dei panini – abusivo – che un profugo s’è inventato qualche settimana fa. E non c’è neppure il banco di scarpe usate, che di solito è sul retro della palazzina arancione, nel cortile.
Funzionano solo i negozi: sgabuzzini grossi un pugno, senza autorizzazioni partite Iva o contabilità registrata. Vendono bibite, patatine, saponi, shampoo, scatolette, dolci. «Mi dai del cioccolato per favore?» E la tavoletta di Lindt al latte passa di mano: «Un euro». Come fanno a guadagnare? Nessuno vuole o sa spiegartelo. Neanche il ragazzo che gestisce questo stranissimo spaccio al blocco blu.
Ecco, questo è il Moi: una comunità dove entri solo se ci fai parte. Una comunità staccata dalla città .
Abbandonata a se stessa ma anche impermeabile alle sollecitazioni di fuori. Chi arriva qui ci resta per anni. E forse uno degli esempi migliori è Abu, 32 anni, originario del Ghana. Una manciata di parole in Italiano e frasi che mescolano francese e inglese. Ma qui è una specie di guru e fa il barbiere.
Ripete: «In Africa avremmo avuto una possibilità di guadagnare qualcosa. Qui, invece, fuori dal Moi non c’è nulla per noi». E allora sta qui da tre anni. Taglia i capelli ai profughi per qualche euro. Non te lo aspetti, ma indossa la camicia bianca come i barbieri del centro, e sulla consolle ha lacche e shampoo e tutto quel che serve per un servizio da professionista.
Chi non ha inventiva va giù nei magazzini a smontare elettrodomestici trovati per strada e poi va a rivendere il ferro il rame e l’alluminio in fonderia. Ma c’è anche chi va a spacciare, certo.
E chi ha scelto di non fare nulla, 24 ore al giorno. Si lamenta e protesta, ma non va neanche alla scuola che quelli dell’associazione «PerMoi» – un gruppo di volenterosi ragazzi italiani – hanno aperto lì tra le palazzine.
Sarà poco, qualche ora di lezione al giorno, ma sarebbe il modo per uscire da questo inferno. Invece no, stanno lì. In questa casa che è un tugurio rovinato da anni di incuria.
Se resisti hai per premio luce e acqua gratis. Il gas non c’è, pazienza. Per scaldare le minestre o per un piatto di pasta bastano le bombole come fanno i ragazzi della palazzina grigia, l’ultima, sul retro.
Quella che guarda dritto negli occhi ciò che non ti aspetteresti in questa desolazione: la sede del Coni e un ostello. Che sono lì, a cinque metri, e dalle loro finestre vedi balconi con le parabole puntate verso l’Africa, i mobili accatastati sui balconi, le tapparelle storte perchè rotte da tempo e mai riparate.
Insomma, è l’altro Moi, quello che s’è salvato dalle occupazioni. E che sogna uno sgombero impossibile. O almeno improbabile, perchè mille e 500 persone da sistemare non sono uno scherzo. A sera, quando finalmente riapre il paninaro clandestino la calma sembra essere tornata. «Ma voi italiani adesso dite ai vostri figli che non siamo cani. Teneteli tranquilli, perchè la nostra pazienza prima o poi finirà ”
Lodovico Poletto
(da “La Stampa”)
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Novembre 25th, 2016 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DELLA MADRE CHE ACCUSA SALA: “CI STA RISUCCHIANDO NELLA PAURA DELLA DIVERSITA'”…. MAZZALI: “A FORZA DI DIRE CHE VIA PADOVA E’ BEIRUT, POI QUALCUNO CI CREDE DAVVERO”
Una mamma denuncia su Facebook i controlli severi sul figlio adolescente bloccato in piazzale Loreto da tre poliziotti.
La donna chiama in causa la ‘militarizzazione’ del quartiere e gli annunci del sindaco Giuseppe Sala sui maggiori controlli necessari per la sicurezza delle periferie.
E la sua denuncia fa il giro del web in poche ore.
“Piazza Loreto, uscita metrò. Polizia schierata. Tre, dico tre, poliziotti fermano mio figlio, lo attorniano nemmeno fosse un delinquente pericoloso, lo intimidiscono con domande assurde del tipo ‘Ti droghi?’, ‘Che lavoro fai?’, ‘Cosa ci fai qui?’, ‘Siediti!’. Richiesta di perquisizione. Spray per smettere di fumare (bomboletta minuscola, vedi pubblicità su TV) intesa come spray al peperoncino, Richiesta di dichiarare i reati commessi… mi fermo qui”, scrive la donna in un post molto condiviso e commentato, anche da parte di esponenti politici.
Fra questi l’avvocato Mirko Mazzali, nominato proprio dal sindaco Sala delegato alle periferie.
La donna spiega che il figlio, ieri sera, durante il fermo le ha telefonato: “Spaventato, umiliato mi chiama durante l’interrogatorio per chiedere aiuto. La mamma è giornalista, dice aggrappandosi alla parola magica che li ha sempre sollevati da antiche e non sopportabili persecuzioni. Orribile! Perchè proprio lui nella folla? Perchè è nero, moriscos se preferite”.
Infine l’appello che la mamma invia al primo cittadino: “Sindaco Sala, siamo tornati ai tempi di De Corato? I tempi nei quali i miei bambini, sì bambini, avevano paura di uscire? Pisapia ci aveva liberati dall’incubo razziale, ora che accidenti sta facendo lei signor sindaco? Ci risucchia nella paura della diversità ?”.
Sulla sua pagina Facebook Mirko Mazzali commenta: “Sarebbe troppo facile e non servirebbe accusare i tre poliziotti e generalizzare, nulla c’entrano anche i militari e l’intervento era legittimo formalmente, mentre gravemente inopportuno nei modi. La domanda che occorre porsi è quanto ha influito quello che è accaduto in queste ultime settimana a Milano? Dove, dal punto di vista oggettivo, stiamo parlando di una rissa terminata, purtroppo, con un morto. .
L’avvocato delegato del Comune sulle periferie insiste polemicamente, pur non mettendo sotto accusa il sindaco, ma lasciando capire la sua forte perplessità : “Sono iniziati i posti di blocco, aumentate le pattuglie, i parenti che non abitavano a Milano hanno iniziato a telefonare ai loro cari chiedendo come stavano, neanche fossero in guerra. Gli abitanti di via Padova hanno cominciato a scrivere, a protestare, a incazzarsi. Qualcuno ha addirittura scoperto che in via Padova gli italiani affittano in neri agli immigrati. Tutto questo per una rissa. Ecco fermiamo un attimo questa specie di grande Fratello del crimine prima che sia troppo tardi, perchè, a forza di dire che via Padova è Beirut, alla fine ci credono tutti. E poi via Padova diventa veramente Beirut”.
(da “La Repubblica”)
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Novembre 25th, 2016 Riccardo Fucile
BRESCIA, UNA 87ENNE SIMULA DI ESSERE STATA VIOLENTATA MA IL TEST DEL DNA RIVELA CHE LE TRACCE SONO DI SUO AMICO 69ENNE
Il romeno padre di due figli arrestato a Chiari nel Bresciano un mese fa per violenza sessuale su una donna di 87 anni e poi scarcerato, perchè il Dna trovato non è il suo, sarebbe vittima di una messinscena. È quanto emerge dagli inquirenti dopo che esami di laboratorio hanno stabilito che le tracce trovate sulle lenzuola del letto della donna e sull’intimo sono riconducibili al 69enne vicino di casa della stessa 87enne.
I due, dopo aver consumato un rapporto sessuale, avrebbero voluto incastrare il romeno, residente nella loro stessa palazzina, con il quale la donna aveva avuto contrasti in passato.
“Ora li denunciamo per calunnia e simulazione di reato”, commenta l’avvocato Cristian Mongodi, legale del 32enne romeno tornato in libertà .
La donna aveva denunciato il presunto stupratore 24 ore dopo il fatto e aveva raccontato di essere stata minacciata con un coltello dall’uomo che prima di abusare di lei le aveva tappato la bocca.
Ora tutta questa ricostruzione è annientata dalle prove raccolte.
(da agenzie)
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Novembre 25th, 2016 Riccardo Fucile
LA CONSULTA BOCCIA UNA PARTE DELLA RIFORMA MADIA: SI LITIGA SU CHI DEVE SEDERSI SULLE POLTRONE
La riforma Madia sulla pubblica amministrazione è “parzialmente illegittima”. Secondo la Consulta, il testo viola principi di quella Costituzione che Matteo Renzi vuole modificare con il referendum del 4 dicembre prossimo.
Per questo, incassato il colpo, il premier volge a proprio favore la sentenza: “E poi mi dicono che non devo cambiare le regole del Titolo V”.
Ma resta uno stop a una delle riforme cardine dell’amministrazione Renzi. Una sentenza che dà forza alla posizione delle Regioni, che vedono proprio nel Titolo V della Costituzione uno dei maggiori riconoscimenti di potere.
La bocciatura della Corte Costituzionale alla riforma della P.A. che porta il nome del ministro Marianna Madia riguarda i meccanismi di attuazione della riforma, attraverso i decreti legislativi: in particolare, a seguito di un ricorso della Regione Veneto a guida leghista, stabilisce che non è sufficiente il semplice parere della Conferenza Stato-Regioni o Unificata, ma serve un’intesa preventiva fra le parti.
I paletti alzati riguardano la legge ‘madre’, la delega, e non i provvedimenti ‘figli’, ma arginare gli effetti è impresa ardua, vista anche la tempistica.
Nel mirino ci sono le novità in fatto di dirigenza e di servizi pubblici locali, fresche di via libera in Consiglio dei ministri.
E poi ci sono tre decreti che sono già legge: su partecipate, dirigenti medici e licenziamenti lampo per i furbetti del cartellino.
La pronuncia della Consulta arriva a un anno e qualche mese dall’entrata in vigore della legge Madia, il ricorso della Regione Veneto era stato presentato nell’ottobre dello scorso anno.
Per i decreti che sono già in circolazione si potrebbe intervenire con dei correttivi, che recepirebbero gli accordi da raggiungere con le Regioni.
Lavoro che potrebbe risultare poi non così complesso, visto che i decreti in questione hanno in buona parte assorbito le osservazioni della Conferenza unificata.
Per quelli che devono venire, e stiamo parlando del Testo Unico sul pubblico impiego, invece i tempi per adeguarsi alla sentenza ci sono (fino a febbraio). Tuttavia il rischio caos non manca.
Per fare un esempio concreto, la riforma Madia aveva sottratto alle Regioni il potere di scelta dei direttori generali delle aziende ospedaliere, affidandolo di fatto a una commissione di nomina governativa.
Anche per questo il ricorrente, il governatore del Veneto Luca Zaia, esulta per il dietrofront e parla di “sentenza storica” che dà un “colpo al centralismo sanitario governativo”.
La reazione di Renzi alla notizia è evidentemente di fastidio. Non sono le sue parole a provare a nasconderlo. “Questo Paese è bloccato” afferma il premier. “Noi avevamo fatto un decreto per rendere licenziabile il dirigente che non si comporta bene e la Consulta ha detto che siccome non c’è intesa con le Regioni la norma è illegittima. E poi mi dicono che non devo cambiare le regole del Titolo V. Questo Paese è bloccato”.
La sentenza della Consulta diventa così -anche se con difficoltà – arma di campagna elettorale per spingere sull’acceleratore del cambiamento.
Il Comitato Basta un Sì fa immediatamente notare che la riforma costituzionale su cui si pronunceranno gli italiani “permetterebbe di superare” il conflitto Stato-Regioni, “riportando la gestione della pubblica amministrazione, com’è giusto che sia, alla competenza dello Stato, evitando dannosi conflitti con le Regioni. Un motivo in più, insomma, per votare Sì al referendum del 4 dicembre” dicono
(da “Huffingtonpost“)
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Novembre 25th, 2016 Riccardo Fucile
SE CERTA FECCIA VENISSE PRELEVATA A CASA E FATTA MARCIRE IN GALERA, VEDRESTE CHE SUL WEB TORNEREBBE ANCHE L’ EDUCAZIONE: LA DESTRA E’ RISPETTO
È sul web che si combatte una delle battaglie contro il sessismo e per questo, nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, Laura Boldrini decide di rendere pubblici i nomi di chi perseguita lei e altre sul web.
Oggi, la presidente della Camera pubblica sulla sua pagina Facebook una selezione degli insulti che ha ricevuto da quando è a Montecitorio, senza omettere gli autori delle violenze verbali.
Boldrini spiega così la sua denuncia mediatica: “Non dobbiamo essere noi donne a vergognarci perchè subiamo quotidianamente violenze e insulti, ma gli individui squallidi che li scrivono”.
Boldrini coglie l’occasione della mobilitazione generale, alla vigilia della grande manifestazione di Roma, per riportare alla ribalta il suo impegno contro l’istigazione all’odio sui social, un fenomeno che colpisce soprattutto le donne.
Ieri a Montecitorio, la presidente ha ricevuto una delegazione dei centri di ascolto di uomini maltrattanti e ha ricordato come, secondo i dati dell’Osservatorio italiano sui diritti, le destinatarie principali di insulti sui social siano le donne, alle quali è rivolto il 63 per cento di tutti i contenuti offensivi. Boldrini ha osservato cche a seguito di tali violenze, “molte donne devono scegliere se rinunciare al dibattito sull’agorà digitale o chinare il capo e subire violenze inaudite”.
Non è la prima volta che la presidente della Camera rende noti gli insulti che le vengono rivolti; alcuni le sono arrivati da esponenti politici, come quando il leader della Lega Matteo Salvini l’ha paragonata a una bambola gonfiabile o Beppe Grillo ha invitato i lettori del suo blog a dire cosa avrebbero fatto in auto con la presidente della Camera, scatenando una valanga di insulti sessisti.
E purtroppo basta scorrere le pagine dei social più usati per imbattersi subito in commenti e insulti irripetibili, sfogatoi di violenti protetti dall’anonimato. “Se pubblico gli insulti è per dire ai gestori dei social che è anche loro responsabilità agire contro l’incitamento all’odio. Vi pare libertà di espressione? – ha proseguito Boldrini – Sono contraria alla censura, ma questa violenza non ha nulla a che fare con la libertà “.
Una semplice osservazione: in questo caso non si tratta di censura, ma di perseguire un reato e la magistratura deve essere messa nelle condizioni di applicare la legge nei confronti di quella feccia umana che sul web pensa di godere di immunità .
Queste persone devono solo capire che la pagheranno cara e l’unico esempio è prelevarli a casa, processarli per direttissima in stato detentivo, prevedere una condanna minima a 10 anni di reclusione e una multa di almeno 100.000 euro con pignoramento dei beni, nonchè togliere loro, nel caso, la patria potestà perche un figlio ha diritto a non avere una merda come padre (o madre).
E in un mese sul web, state tranquilli, tornerebbe l’educazione verso le donne, politiche e non.
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