Novembre 17th, 2016 Riccardo Fucile
UNA PSEUDO-DESTRA MASOCHISTA DI SCONNESSI DALLA REALTA’ , “VIA RENZI, ELEZIONI SUBITO”: CERTO, PER FAR VINCERE I CINQUESTELLE
Confesso che ogni volta che sento una dichiarazione di Brunetta, di Salvini o della Meloni che sul referendum non sanno altro che starnazzare che dovremmo votare No “per mandare via Renzi”, il pensiero corre all’immagine di tacchini che ostentano felicità all’arrivo della notte di Natale, senza rendersi conto che è la giornata della loro dipartita.
Purtroppo il concetto vale per i tacchini, non per certi politici che sopravviveranno, nonostante tutto.
Ma l’immagine spiega perchè il centrodestra italiano è arrivato alla sua irrilevanza politica, incapace da un lato di “cavalcare la tigre” dei mutamenti sociali, dall’altro di rinnovarsi nella elite dirigente.
Fino alle pratiche masochiste di invocare elezioni subito per perderle con ignominia, come peraltro merita, visto gli imbecilli a cui si affida.
Oggi il centrodestra è composto da tre partiti in calo di consensi, insieme non arrivano a 4 punti sia dal Pd renziano che dal M5S: e questi vogliono le elezioni?
Oggi il centrodestra perderebbe al ballottaggio di 8 punti dal Pd e di 20 dal M5S: e stanno a invocare le urne?
Invece di sciogliersi per manifesta incapacità di proporre una qualsivoglia novità , visto che da anni continuano a proporre consunti slogan e formule fallimentari.
Per assurdo il più innovatore alla fine sembra l’ottantenne Cavaliere, è detto tutto.
Caratteristi, nullafacenti nella vita, che per farsi riconoscere devono il giorno pari definirsi lepenisti, il giorno dispari trumpisti: ma UNA CAZZO DI IDEA PROPRIA L’AVETE MAI?
Come nei vecchi manicomi c’è chi si sente Napoleone, chi Giovanna d’Arco, poi arrivano gli infermieri (in questo caso gli elettori), li riportano in corsia e li sedano.
Dovremmo votare NO al referendum per far vincere il MS5, capito: sarà una disposizione di Putin che appoggia entrambi, basta dirlo.
Dovremmo votare NO al referendum perchè Renzi vuole un Premier autoritario e decisionista. Sarà anche vero, ma non è forse quel modello per cui vi sbrodolate da anni, quello che ha permesso che “il potere in mano a uno” facesse transitare i lingotti della Lega in Tanzania o che tutti dovessimo votare che Ruby era effettivamente la nipote di Mubarak?
Dovremmo votare NO al referendum, ma nessuno nel Centrodestra ha un’idea di quale modello di sistema elettorale proporre in alternativa: maggioritario o proporzionale, con soglia di sbarramento o no, con premio di maggioranza o no?
Il capitano di lungo sorso urla “Renzi a casa”, la sorellina adottata fa il controcanto “Elezioni subito”, uno che rappresenta (forse) lo 0,1% strilla “Primarie subito”, insieme mettono in piazza Santa Croce un ventesimo delle persone che andavano ad ascoltare Berlusconi e Fini che non avevano bisogno di insultare nessuno per fare audience.
Se la destra italiana è questa, Renzi e Di Maio governeranno per 20 anni.
Chi è penalizzato è il popolo della Destra vera, quella che non va più a votare (sono almeno 5 milioni) o vota per altri, disgustato da questi cialtroni.
Il Parlamento in questi giorni sta discutendo nuove norme su come evitare le “molestie telefoniche” di chi fa squillare i vostri apparecchi dieci volte al giorno per proporvi i prodotti più impensabili, si faccia qualcosa per evitare che questi “molestatori politici sedicenti di destra” continuino a indurvi a pratiche sado-maso dolorose.
Natale è in arrivo, ma non tutti vogliono fare i tacchini sacrificali.
Arrostitevi da soli, se ci godete.
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Novembre 17th, 2016 Riccardo Fucile
LA GENTE E’ PIU’ INFLUENZABILE DALLE EMOZIONI CHE DALLA REALTA’
Una delle più struggenti storie della storica campagna elettorale americana del 2016 resta la profezia del musicista Kurt Cobain, nel 1993, un anno prima di suicidarsi: «Alla fine la mia generazione sorprenderà tutti. Sappiamo che i due partiti giocano insieme al centro e, quando matureremo, eleggeremo finalmente un uomo libero. Non sarei per nulla sorpreso se fosse un uomo d’affari, incorruttibile, che si dia davvero da fare per la gente. Un tipo alla Donald Trump, e non datemi del pazzo…».
Peccato che la citazione del leader dei Nirvana, che ha fatto il giro dei social media, Twitter, Facebook, Google, sia inventata, forse in Russia, forse in America, da trolls che inquinano di menzogne i paesi democratici.
Bene ha fatto dunque ieri l’Oxford Dictionary a dichiarare «Parola dell’anno 2016», «Post truth» la post verità , diffidenza per le opinioni diffuse e credulità per bugie condivise da siti a noi cari.
La battaglia Trump-Clinton ha vissuto di post verità , dall’attore Denzel Washington paladino di Trump, alla bambina di 12 anni che accusa il neo presidente di stupro.
Falsità che milioni di cittadini amano tuttavia credere.
Aristotele aveva legato «verità » e «realtà », facendo dire secoli dopo al logico Alfred Tarski che «La frase “La neve è bianca” è vera se, e solo se, la neve è bianca».
Questa è nozione di verità che impariamo da bambini, ma la crisi dell’autorità nel secondo Novecento, mettendo in discussione politica, famiglia, tradizioni, cultura, religione, ha frantumato la fede nel nesso Verità -Realtà , dapprima con un salutare moto critico, poi sprofondando nel nichilismo.
Il filosofo Carlo Sini sintetizza la sindrome con una battuta macabra «La verità è la tomba dei filosofi…la Signora è decisamente invecchiata»
Quando l’insegnamento del filosofo Derrida si diffonde ovunque, la «signora Verità » si consuma in bolsa «narrativa», che ciascuno piega a suo gusto.
Ma i filosofi, non è purtroppo la prima volta, non avevano previsto che quando la mattanza della verità lascia le sofisticate torri accademiche per investire il web, le «menzogne», o false notizie, avrebbero impestato, come un’epidemia, il dibattito.
Già nel 2014 il World Economic Forum denunciava i falsi online «uno dei pericoli del nostro tempo», studiosi come Farida Vis e Walter Quattrociocchi catalogavano casi gravi di menzogne diventate «vere», ma intanto il virus della bugia veniva militarizzato da stati e nuclei terroristici.
Oggi il presidente cinese Xi Jinping, in un messaggio alla Conferenza internazionale sul web di Wuzhen, ricorda la necessità del controllo statale sulla rete, contro i falsi: medicina drastica da società autoritarie, non da democrazia.
Così da Mosca Putin scatena seminatori di zizzania digitale, da un laboratorio di San Pietroburgo, 50 di via Savushkina, e giovani macedoni spacciano falsi online in America, mano d’opera a basso costo.
Secondo le rivelazioni su «La Stampa» di ieri, a firma Jacopo Iacoboni, metodi di post verità politica sarebbero in uso anche tra i 5 Stelle, e del resto al fondatore Casaleggio veniva fatto dire «Ciò che è virale è vero», massima forse apocrifa ma calzante.
Ciascuno di noi crede ai propri «fatti», su vaccini, calcio, clima, politica, e l’algoritmo dei social ci respinge tra i nostri simili.
Ora il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, cerca di difendersi assicurando che «il 99% di quello che gira da noi è vero, il falso solo l’1%» e dichiara di non volersi fare lui «arbitro del vero».
Purtroppo l’ex collaboratore Garcia Martinez lo smentisce dicendo che i funzionari provano a vendere pubblicità politica agendo giusto da «arbitri del vero».
Quel 99 a 1 che a Zuckerberg sembra innocuo è letale, perchè non sappiamo «dove» si nasconda, e quindi finiamo con il dubitare dell’insieme.
«Ex falso sequitur quodlibet», dal falso deriva ogni cosa in modo indifferente: la massima medievale anticipa l’era della post verità , un solo 1% di falso basta a rendere incredibile il 99% di vero.
Gianni Riotta
(da “La Stampa”)
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Novembre 17th, 2016 Riccardo Fucile
IL DIRETTORE DI DEMOPOLIS: “MAI VISTO UN QUADRO COSI’, IL 25% DEGLI ELETTORI NON SI PRONUNCIA, TUTTO E’ POSSIBILE”
Ci sono dodici milioni di elettori, di cui sette milioni di incerti tra «Sì» e «No» e cinque di indecisi se andare a votare, e da loro, più che da quelli che hanno risposto schierandosi da una parte o dall’altra, dipende il risultato del referendum costituzionale del 4 dicembre. All’ultimo giro di boa (da questo momento in poi i risultati delle rilevazioni non possono più essere resi pubblici), questo è il dato più interessante del sondaggio di «Demopolis» illustrato ieri sera a «Otto e mezzo» su «La7».
E il direttore dell’istituto, Pietro Vento, confessa che «negli ultimi anni non ci si è mai trovati di fronte a un quadro come questo», con un quarto degli elettori che non si pronunciano, per cui la competizione tra i due schieramenti rimane, a poche settimane dal voto, molto aperta
Il «No» continua ad essere in vantaggio, con il 52 per cento dei votanti, contro il 48 del «Sì», che da aprile a ora ha perso dieci punti ed ha avuto un solo sussulto di ripresa subito dopo l’annuncio di alcune delle misure (vedi l’anticipo pensionistico e gli aumenti per le pensioni più basse) contenute nella legge di stabilità .
Ma in valori assoluti le due opzioni raccolgono, rispettivamente, il 39 e il 36 per cento dei voti, che sommati danno il 75 per cento dei votanti, mentre appunto il restante 25 per cento prende tempo per decidere ed è possibile che alla fine scelga di disertare le urne.
In altre parole, la tendenza favorevole al «No», che, va sottolineato, rimane costante, con questi numeri potrebbe essere capovolta da un ripensamento degli ultimi giorni, e la comunicazione di queste tre settimane sarà importantissima per scuotere le coscienze più pigre.
Ma ovviamente le stesse possibilità ce le hanno gli oppositori della riforma, e se riusciranno a conquistare la maggior parte degli indecisi, partendo da una posizione più forte, il «No» potrebbe andare a uno sfondamento, con conseguenze politiche ancora più imprevedibili, sebbene gli oppositori di Renzi si ostinino a dire che non sarà così, e un fine corsa del governo che a quel punto diverrebbe inevitabile.
Si spiega così l’attivismo di Renzi, che dopo la due giorni in Sicilia, regione in cui è atteso un risultato record del «No», ha messo in agenda la Sardegna, dove il «Sì» è in forte difficoltà .
Seppure la rimonta, certo, appare difficile, e gli elettori dichiarano che voteranno soprattutto sul governo e non sulla riforma, i giochi non sono ancora fatti.
(da “la Stampa”)
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Novembre 17th, 2016 Riccardo Fucile
IL REFERENDUM SEMPRE PIU’ UNA GUERRA PER BANDE
“Santoro, ho sempre tifato per te, ho mandato soldi per il tuo programma. Adesso sei un’altra delusione della mia vita. Auguri x il posticino in RAI che hai barattato con la tua dignità “.
E’ solo uno dei tanti messaggi apparsi sulla bacheca di Servizio Pubblico, la trasmissione che ha condotto Michele Santoro.
L’11 novembre il giornalista ha pubblicato una lettera nella quale esprime diverse critiche nei confronti del fronte del No.
Santoro, pur condividendo diverse perplessità sulla riforma costituzionale che sarà sottoposta al referendum il 4 dicembre, come le modalità di scelta dei senatori e, de relato, sulla legge elettorale, invita tuttavia a considerare che i punti deboli del ddl Boschi potranno poi essere successivamente modificati e di non votare per o contro il presidente del Consiglio.
La lettera si conclude così:
Fate finta che il No abbia già vinto e che Renzi sia scomparso dalla scena. E provate a immaginare cosa accadrà , in che maniera il Paese ne uscirà più forte e le istituzioni più solide e più democratiche. Con un’altra apocalisse? La riforma poteva essere più condivisa? Certo. Scritta meglio? Certo. Ma se vince il No i diritti di noi cittadini si rafforzeranno? La democrazia sarà più forte? Il governo più capace di affrontare le sfide internazionali? Vi prego, non rispondete con un’altra domanda. O col solito vaffanculo.
Da molti la lettera è stata interpretata come un’adesione alle ragioni del Sì.
E subito ha scatenato polemiche: “Ormai tu e Benigni siete visti come traditori….. Come se voi, ognuno nel suo genere grandi artisti e giornalisti, aveste bisogno di una forma di captatio benevolentiae, da parte del potente di turno”, commenta un utente.
“Ti ho sempre ammirato ma non capisco il tuo “si” al referendum..”, aggiunge un altro. Scrive un altro utente”:Ma può essere così smaccatamente di parte (PD) un “giornalista” che dovrebbe avere una trasmissione nella rete pubblica?”.
Le critiche sono diverse tant’è che ieri Santoro ha pubblicato un post su Facebook in cui afferma che “dopo la mia lettera di venerdì, sono arrivati una valanga di commenti che sto leggendo uno per uno. Per il momento voglio ringraziarvi per il tono generale di questa discussione e invitarvi a non prendere in considerazione le strumentalizzazioni politiche che di essa si fanno. Grazie ancora e continuiamo a discutere liberamente, rispettando le idee di tutti”.
La posizione di Santoro ha diviso a metà la platea dei fan che seguono il giornalista.
Ci sono infatti anche diverse persone che si dicono d’accordo con lui: “Condivido totalmente. Poi nessuno si ricorderà più perchè ha votato o fatto propaganda per il no. E passeremo altri decenni a fare squisite analisi filosofiche, mentre il mondo cambierà ancora e altre generazioni aspetteranno …”, scrive Giuseppina.
E Anna: “Bravo Santoro e come sempre ha ragione. La rabbia è la cattiva consigliera , porta alle scelte sbagliate. Tra tutti i nostri politici Renzi è più capace . Il nostro nemico pubblico non è Renzi ma il grande debito pubblico che tanti ignorano e non sanno di che si tratta. Voterò SI”.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 17th, 2016 Riccardo Fucile
E’ UN EX ATTIVISTA FATTO FUORI DAL M5S DURANTE LA MATTANZA DI FINE 2014, QUANDO UN GRAN NUMERO DI ISCRITTI VENNE ESPULSO PERCHE’ SI CONTRAPPONEVANO AGLI ELETTI
Un terzo pentito nella storia delle firme false a 5 Stelle a Palermo nel 2012.
Questa volta però si tratta di un ex attivista, uno dei tanti che ha abbandonato o è stato fatto fuori dal MoVimento 5 Stelle durante la mattanza di fine 2014, quando un numero importante di attivisti venne espulso nell’isola (insieme ad altri romani e bolognesi) perchè si contrapponevano agli eletti in parlamento e all’Assemblea Regionale Siciliana. Dopo Claudia La Rocca e l’attivista, anche un ex quindi testimonia su come sono andate le cose all’epoca della candidatura di Riccardo Nuti detto Il Grillo a sindaco di Palermo
Il terzo pentito delle firme false di Palermo
Ieri infatti si parlava di altre firme false «in parte ricopiate per errori formali, ma forse integrate prendendo a caso perfino i nomi dei condomini di un palazzo. Voce da verificare come quella di nomi con dati anagrafici e relativi documenti estratti da un database.
E il fatto che allora un futuro deputato lavorasse in un negozio di telefonia stipulando contratti ad acquirenti di smartphone alimenta chiacchiere, ovviamente a rischio querela», come raccontava il Corriere della Sera.
Che oggi ribadisce il clima di omertà diffusosi in questi giorni di guai siciliani:
Perchè adesso nei palazzi della politica echeggia il soddisfatto sfogo sussurrato ai suoi più stretti amici dalla stessa La Rocca che non vuol parlare con i cronisti: «Non so se gli altri due hanno fatto i nomi, a me interessa che abbiamo riconosciuto il fatto storico. È un riscontro. Poi, bisognerà vedere se in questo clima di omertà i nuovi testi diranno chi altri c’era attorno al tavolo. O se si limiteranno ad ammettere la loro presenza, senza coinvolgere le persone di cui ho parlato…»
Implicito nello sfogo echeggiato fra i suoi amici il riferimento alla deputata Claudia Mannino, alla collaboratrice Samantha Busalacchi, già data in corsa a Palermo come candidata a sindaco per il 2017, e ad altri personaggi ancora nell’ombra ma non troppo.
A cominciare dal candidato a sindaco del 2012, l’attuale deputato Riccardo Nuti che ieri ha chiesto di essere sentito, anche se in Procura preferiscono prima raccogliere altre testimonianze.
Comprese quelle di tanti cittadini in fila per riconoscere o per negare di avere firmato i fogli di accompagnamento alle liste del 2012.
Quelle a quanto pare corrette o integrate per arrivare al numero di 2 mila firme, come rivelato in Tv alle Iene dal primo accusatore, Vincenzo Pintagro. E come ripete ironico il premier Renzi: «Grillo ha detto che sono copiate. Provate a copiare una banconota da 10 euro… secondo me è reato».
C’è da segnalare che il reato sarà prescritto comunque nel 2017. Peccato che non si sia indagato a dovere nel 2013, dopo la prima segnalazione
Gli interrogatori di ieri
Ieri pomeriggio sono stati interrogati dal procuratore Dino Petralia e dalla pm Claudia Ferrari anche Giampiero Trizzino, Giannina Ciancio e Stefano Zito, tutti colleghi di Claudia La Rocca all’Assemblea regionale, oltre a Giancarlo Cancelleri, che avrebbe spinto la parlamentare a parlare con i magistrati dopo aver saputo della questione.
Intanto nel M5S siciliano rimane aperta ogni ipotesi sul dopo: “Non presentare lista alle comunali a Palermo per me è impensabile, ma questa è una mia opinione. Io la presenterei”,ha detto il deputato grillino Giancarlo Cancelleri in attesa di essere sentito dai pm che indagano sul caso delle firme false per la presentazione delle liste del M5S alle comunali del 2012.
Le comunarie di Palermo, comunque, restano al palo in attesa dell’evoluzione dell’indagine dal momento che anche alcuni dei potenziali candidati sarebbero coinvolti nell’inchiesta.
E sulle eventuali sospensioni ed espulsioni Cancelleri ha ribadito: “Deciderà Grillo che è il garante nazionale. E già subito dopo le prime notizie sulla vicenda si è espresso chiaramente invitando, ad esempio, chiunque sapesse qualcosa sul caso a rivolgersi ai magistrati”.
Questo però è contrario al regolamento appena votato dai grillini.
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 17th, 2016 Riccardo Fucile
LA GIUNTA CHE DEVE DECIDERE SULL’ARRESTO DEL TESORIERE DI FRATELLI D’ITALIA E’ COMPOSTA DAL PRESIDENTE LA RUSSA, DA 10 PD, 3 M5S, 1 FORZA ITALIA, 1 SINISTRA ITALIANA, 1 SCELTA CIVICA, 3 DEL GRUPPO MISTO
E’ iniziato oggi alla Camera l’iter per la richiesta di autorizzazione a procedere all’arresto del deputato pontino Pasquale Maietta (Fratelli d’Italia).
Solo una comunicazione del presidente della giunta, Ignazio La Russa, dello stesso partito di Maietta, che ha informato gli altri 20 componenti dell’esistenza della richiesta da parte del gip di Latina Mara Mattioli.
Nei prossimi giorni la pratica sarà affidata a uno dei deputati che fanno parte della giunta, quindi si dovrà verificare se esiste o meno un intento persecutorio nei confronti del parlamentare ovvero se ci sono le esigenze cautelari così come indicate dal giudice.
La richiesta e l’ordinanza di custodia che riguarda Pasquale Maietta e gli altri 16 indagati nell’operazione Olimpia è integralmente pubblicata sul sito della Camera .
Nella Giunta c’è Ignazio La Russa (presidente), l’ex ministro Nunzia De Girolamo (FI), dieci esponenti del Pd, tre del M5S, tre del gruppo misto, uno di Scelta civica e uno di Sinistra Italiana.
Nell’inchiesta che ha portato a 15 arresti eccellenti, tra i quali l’ex sindaco di Latina Giovanni Di Giorgi, Maietta è accusato di aver in sostanza utilizzato il Comune per i propri interessi, legati soprattutto alla società del Latina Calcio.
Di Giorgi, “succube” del parlamentare, avrebbe favorito la società di calcio a svantaggio di altri importanti proceggi per la città , come la ristrutturazione dell’ex Albergo Italia in piazza del Popolo.
Per favorire il Latina Calcio furono mobilitati anche funzionari e dirigenti comunali collusi, pronti a impegnare soldi pubblici a favore della società sportiva.
Emblematiche, in tal senso, le parole usate dal giudice Mara Mattioli che nell’ordinaza di custodia cautelare parla di «un’amministrazione totalmente piegata al Maietta che non è ancora soddisfatto dopo avere “dissanguato le casse comunali” (affermazione del funzionario Nicola Deodato) e “incassato l’ira di Dio di soldi” (affermazione di Elena Lusena) strumentalizzando anche la tifoseria per l’ampliamento delle tribune».
Marco Cusumano
(da “il Messaggero”)
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Novembre 17th, 2016 Riccardo Fucile
L’ACCUSA AVEVA CHIESTO 16 ANNI
L’ex sottosegretario Nicola Cosentino è stato condannato a nove anni. E’ questa la sentenza letta in aula alle sei della sera.
Unico imputato, l’ex sottosegretario rispondeva di concorso esterno in associazione mafiosa, a giudizio da quasi sei anni davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Nel pomeriggio, intorno alle 17.30, Cosentino, i figli e i fratelli erano andati via dal tribunale e non hanno assistito alla lettura della sentenza.
La pubblica accusa aveva chiesto una pena superiore. Ma ora un passo indietro per rivivere l’ultima giornata di un caso che scosse la politica nazionale.
La cronaca
“Il collegio si ritira per deliberare”. E’ cominciata alle 14 la camera di consiglio, nel Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, aula A, piano terra, alla vigilia della sentenza di primo grado sul processo Eco 4 per Nicola Cosentino, l’ex sottosegretario, parlamentare e coordinatore regionale del (fu) partito di Silvio Berlusconi, prima Fi poi Pdl, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. La sentenza arriva dopo 5 anni e 8 mesi di dibattimento.
E’ il count down che prepara il (primo) più importante verdetto dopo la lunga azione giudiziaria che vede attualmente l’ex deputato coinvolto, complessivamente tra il distretto napoletano e quello romano, in cinque processi.
Cosentino in aula con i figli
Accanto ai suoi legali, ecco seduto nel primo banco Nicola Cosentino (oggi agli arresti domiciliari, dopo complessivi due anni e mezzo di carcere), che ascolta , a tratti scuote la testa o fa cenni di assenso ai toni fermi e talvolta rispettosamente taglienti con cui i suoi legali accompagnano l’interlocuzione con il pubblico ministero. Sono presenti anche, nei banchi in fondo dedicati al pubblico, alcuni amici e conoscenti del politico, ed i suoi figli gemelli 22enni, Silvio e Mario, che siedono in silenzio.
Si limitano solo a dire Repubblica: “Il nostro auspicio è scontato, per questa sentenza. Ma aspettiamo rispettosamente, vogliamo stare accanto a lui. Nostro padre ha sempre fatto politica con pulizia e passione”.
La richiesta dell’accusa
Nell’udienza dello scorso ottobre, il pm Alessandro Milita ha chiesto per lui 16 anni di carcere, chiosando: “E’ il processo più grave che c’è oggi in Italia. Nicola Cosentino era legato ai Casalesi da un saldo accordo politico-mafioso che, come si evince dal racconto dei collaboratori di giustizia, risaliva al padre e che permane ancora. È facile fare carriera così, fare i soldi così, ma si finisce in carcere. Spero che la sentenza ponga la parola fine alla storia di Cosentino, e che nessuno a lui collegato lo emuli”. Dal loro canto, la difesa rappresentata dagli avvocati Stefano Montone e Agostino De Caro, ribadendo l’innocenza dell’imputato, e il suo “essere stato già condannato dal suo atto di nascita che lo radica a Casal di Principe”, hanno messo in luce “le numerosissime contraddizioni e incoerenze in cui cade la ricostruzione della pubblica accusa, le infondate dichiarizioni di molti pentiti” e la “cultura del sospetto” cui sembra essere improntata la tesi accusatoria: fino a prevedere che sarà “la corte di giustizia europea a dire parole chiare su questa estensione del concetto di concorso esterno in associazione mafiosa”. Concetto ribadito dai legali anche poche ore fa, nell’ultimo duello in aula tra pm e difensori.
L’ultimo duello
Il pm Milita ha ricordato, con toni gravi e un passaggio che farà discutere, anche la circostanza che, una volta emersa la notizia di indagini in corso sull’allora potente Cosentino nel 2008, si provò a “dividere la Dda di Napoli, immaginando una sezione della distrettuale antimafia a Santa Maria Capua Vetere, con proposta di legge firmata da Cosentino”: un progetto che, sottolinea Milita, aveva il sostegno del suo collega Donato Ceglie, magistrato attualmente coinvolto in alcune vicende giudiziarie ma di recente assolto a Roma dall’accusa di concussione.
Di contro, gli avvocati hanno replicato con durezza: “Se questa è la cultura del sospetto che muove le teorie dell’ufficio di Procura, allora dobbiamo rifiutarci di discutere in questo processo? Chiediamo invece che il collegio riconosca l’innocenza dell’imputato e che liberi Cosentino da questo calvario”.
I rifiuti e il clan
Si consuma dunque oggi, a Santa Maria Capua Vetere, l’ultimo pezzo di strada per il dibattimento-principe che colpì al cuore la stagione politica di Cosentino: ipotizzando che sia stato lui la figura di riferimento e di cerniera “politico-amministrativa” del gotha criminale di Gomorra, radicato a Casal di Principe, ma con interessi e traffici diffusi in vari punti della Regione, e in particolare nel settore rifiuti.
Tutto il processo ruota infatti intorno alla reale titolarità e gestione della Eco 4, l’ex consorzio dei rifiuti di cui, stando alle dichiarazioni del potente stake older criminale dei rifiuti, Gaetano Vassallo, poi pentito, Cosentino era l’unico e solo deus ex machina.
“L’Eco 4 è una mia creatura, la Eco 4 song’io”, avrebbe detto l’ex parlamentare a Vassallo. Non solo. Stando ad alcuni passaggi dell’ordinanza di misura cautelare in carcere , Vassallo – che rappresentava l’ala imprenditoriale dell’ala del boss Bidognetti – avrebbe incontrato Cosentino in alcune occasioni, e anche nella casa del politico, perchè egli assumesse ruoli di fatto in una società controllata dalla Eco 4.
Ma avrebbe trovato l’opposizione di Cosentino perchè il politico gli avrebbe spiegato che, in quel momento, gli interessi economici dei clan si erano spostati “a Santa Maria la Fossa e lì comandava il gruppo camorristico degli Schiavone”, con la conseguente esclusione dei Bidognetti.
I numeri del processo
Un esito che, a Santa Maria Capua Vetere, arriva dopo cinque anni e otto mesi di processo, 141 udienze dibattimentali, oltre 300 testimoni citati (ma 120 quelli ascoltati) , tra i quali politici di destra e di sinistra, e una ventina di pentiti di criminalità organizzata.
Lo strappo con Berlusconi
E’ l’inchiesta che spinse l’ex Cavaliere a liberarsi dell’ingombrante presenza di Cosentino, spuntando a poche ore dalla presentazione delle liste dei candidati, alle elezioni politiche del 2013, il nome del politico: l’ex suo sottosegretario all’Economia che pure gli aveva assicurato alcune signifiative vittorie amministrative e la soluzione di molte complicazioni legate all’offensiva e ai ricatti delle papi girl.
Una decisione che, di fatto, lo consegnò all’esecuzione della micura cautelare che pendeva sulle sue spalle da tempo, e quindi al carcere.
Dove Cosentino si consegnò allo scadere delle sua immunità di parlamentare. Ma nel gennaio 2013, nel corso di una lunga intervista a Repubblica, si sfogò contro il suo ex leader Berlusconi.
“Sono schifato, si è svenduto tutta la sua cultura garantista per un pugno di voti. Ma io non muovo un dito per questa campagna. Una delusione enorme. Prima mi chiedono di dare il sangue, fare le liste migliori, allenare la squadra, poi zac, fanno fuori l’allenatore”. Da allora, lui e Berlusconi non si sarebbero mai più incontrati.
(da “La Repubblica”)
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Novembre 17th, 2016 Riccardo Fucile
“E’ PROPRIO QUELLO CHE CHIEDE CHI CRITICA LA GESTIONE DELL’EMERGENZA PROFUGHI”
“Con la requisizione abbiamo impedito speculazioni. Proprio quello che chiede chi critica la gestione dell’immigrazione, anche qua in Polesine”.
Il prefetto di Rovigo, Enrico Caterino, spiega così il trasferimento dei 15 migranti da Cavanella Po all’hotel Lory di Ficarolo.
“C’era la necessità di alleggerire la struttura di Cavanella Po. Ora i migranti a Borgo Fiorito sono 105, ma l’obiettivo è di scendere a 70, per questo stiamo verificando altre strutture. Le prossime destinazioni saranno stabilite dopo la riunione dei sindaci polesani”.
Gli amministratori dei Comuni dovranno dare o meno la disponibilità a collaborare con la prefettura per l’accoglienza.
“In caso contrario – puntualizza Caterino – sarà la prefettura a decidere”.
Anzi il prefetto dice che proprio la presenza dei migranti può aiutare una ripresa economica dell’albergo “come in altre strutture. L’attività gestita dalle cooperative crea un indotto economico di cui può beneficiare il territorio”.
Per le cooperative quello dell’accoglienza è infatti anche un business, a loro restano infatti circa 137 euro al mese ogni sei profughi, detratte tutte le spese sostenute (dai 35 euro al giorno per migrante) per vitto, alloggio, mediazione culturale e personale.
Fatti due conti si tratta di circa 274 euro l’anno per richiedente asilo.
Un utile netto su 700 profughi di 191mila euro all’anno. I migranti alloggiati a Ficarolo sono seguiti dalla cooperativa Edeco, la stessa che si occupa di quelli a borgo Fiorito e a Loreo.
In Polesine, attualmente, i richiedenti asilo accolti nelle varie strutture sono 688, numero che però è in costante aggiornamento.
(da “RovigoOggi”)
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Novembre 17th, 2016 Riccardo Fucile
IL GIRONE DANTESCO DI TONDO, DOVE VIVONO 120.000 PERSONE, UNA BARACCOPOLI COSTRUITA SUI RIFIUTI, CAMMINANDO TRA TOPI E BAMBINI NUDI… CAMBIARE TESTA, CAMBIARE CUORE E COMBATTERE PER QUELLO CHE DAVVERO HA UN SENSO NELLA VITA
Voi non lo sapete, come non lo sapevo io, ma a Manila c’è un quartiere di 2 chilometri dove vivono 120mila persone, si chiama Tondo.
All’ingresso di questo girone dantesco c’è una insegna che dice Welcome BGRY HAPPYLAND 105.
È una baraccopoli costruita sui rifiuti, considerata area felice perchè il loro riciclo è molto remunerativo, ma di felice c’è ben poco.
Nei vicoli strettissimi tra le baracche vivono tanti, tantissimi bambini dal sorriso dorato e gli occhi pieni di speranza.
Una speranza priva di basi, perchè qui non c’è futuro. Non c’è censimento, istruzione, igiene, documenti. E onestamente non credo ci sia alcuna possibilità di essere in salute.
Ho camminato tra topi e cani morti, bambini nudi seduti su rigagnoli di acqua marrone, madri bambine sconvolte da miei capelli biondi, e un odore molto forte che rendeva molto difficile respirare.
Sono certa che non ci sia un senso a tutto ciò.
Ti chiedi perchè ci sia una spaccatura economica sul globo terrestre, chi l’abbia imposta e per quale scopo.
Benedici il miracolo del caso che ti ha fatto nascere in un contesto con possibilità di vita. Ti interroghi sulla ferocia di una mentalità criminale che impedisce un vero sostegno alle adozioni di meravigliose creature che meritano un’oasi di felicità .
Ti fustighi per il contagio della superficialità occidentale che sposta la tua attenzione e la tua forza su quello che non serve.
E ti chiedi cosa puoi fare. Cosa puoi davvero fare.
E a parte un aiuto economico costante alle onlus e un cambio di mentalità , seriamente non lo so.
So solo che il cuore si è sgretolato per l’ennesima volta e che sto trattenendo le mie lacrime dietro i miei occhiali da sole mentre il mio stomaco si attorciglia.
Anche se questi bambini che non hanno niente sono così felici di vederci, di giocare a basket con noi, di ricevere un lecca lecca come simbolo di amicizia.
Alcuni di loro hanno preso la mia mano e se la sono messa sulla fronte come se volessero essere benedetti da me.
Altri si divertivano a farsi una foto insieme assumendo pose che probabilmente hanno visto solo nei videoclip chissà dove, anche se deridevano il mio nuovo amichetto paffuto chiamandolo Big Chow, che immagino significhi qualcosa simile a ciccione.
Il clima è sereno e gioioso mentre il pericolo è dietro l’angolo, perchè oltre alle condizioni di miseria, nelle Filippine c’è un nuovo presidente, che impone una dittatura basata sul terrore, e spesso manda i suoi sicari a Tondo, ad uccidere persone solo per lasciare un segno.
Un segno davvero dovremmo lasciarlo noi.
Cambiando testa, cambiando cuore e combattendo per quello che davvero ha senso.
Crolina Crescentini
(da “il Corriere della Sera”)
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